Con il termine brigantaggio, o meglio
repressione del brigantaggio, è passato alla storia ufficiale quel periodo
iniziato subito dopo la Spedizione dei Mille e conclusosi una decina d'anni
dopo. La storiografia ufficiale, quella per intenderci che si insegna sui
banchi di scuola, lo descrive come una specie di caccia ai banditi, con
carattere principale di operazioni di ordine pubblico su vasta scala.
Premesso che sono
torinese di nascita e piemontese puro da svariate generazioni, sono anche
amante di una cosa piuttosto rara: la verità storica! Da anni raccolgo
vari elementi che mi portano a considerare, ormai con certezza, il primo
decennio del nuovo Regno d'Italia, nato ufficialmente il 17 marzo 1861 (e che
nel 2011 festeggia i suoi 150 anni) come un periodo di < guerra civile >.
Come ho già scritto in
altre parti di questo sito e ad altro proposito, la storia viene sempre
scritta dai vincitori e purtroppo la maggior parte delle persone la prende per
buona pur di non fare lo sforzo di ragionare con la propria testa. Cerco ora
di esaminare i fatti nel modo più obbiettivo possibile, iniziando da queste
due semplici tavole:
MONETE DEGLI ANTICHI STATI ITALIANI AL
MOMENTO DELL'ANNESSIONE (1861)
(In Lire Italiane del 1861)
Lombardia
milioni
8,1
Ducato
di Modena e Reggio
milioni
0,4
Ducato
di Parma e Piacenza
milioni
1,2
Roma
milioni
35,3
Romagna,
Marche e Umbria
milioni
55,3
Regno
di Sardegna
milioni
27,0
Granducato
di Toscana
milioni
85,2
Veneto
milioni
12,7
Regno
delle Due Sicilie
milioni
443,2
TOTALE
MILIONI
668,4
POPOLAZIONE OCCUPATA
AL 1861
Compartimento Territoriale
Industria
Agricoltura
Commercio
Piemonte
e Liguria
345.563
1.341.867
110.477
Lombardia
465.003
1.086.028
103.543
Parma
e Piacenza
66.325
186.677
10.915
Modena,
Reggio e Massa
71.759
242.248
15.530
Romagna
130.062
357.867
28.360
Marche
16.344
381.966
18.747
Umbria
42.291
248.069
7.104
Toscana
266.698
571.409
59.057
Sardegna
31.392
159.239
8.645
ex
Regno delle Due Sicilie
1.595.359
3.133.261
272.069
Ai quali vanno aggiunti 534.485 liberi
professionisti, 130.597 impiegati della pubblica amministrazione 240.044
militari delle Forze Armate e delle Forze di Pubblica Sicurezza, 604.437
proprietari terrieri e 473.574 domestici.
Le due tavole sono tratte dal Primo
Censimento Generale del Regno d'Italia nel 1861, pubblicato nel libro "Scienza
delle Finanze" di Francesco Saverio Nitti, economista e statista lucano,
Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1919 al 1920; il testo viene
pubblicato nel 1903 dall'editore Pierro.
Inoltre l'ISTAT ci fornisce il dato
ufficiale di
22.171.946 abitanti nell'Italia del 1861.
Alcune considerazioni: se questi
dati sono autentici (nella storia ci sono purtroppo "rimaneggiamenti" di ogni
tipo), si evince che il solo Regno delle Due Sicilie disponeva di un "fondo
cassa" pari al doppio di tutte le altre regioni italiane messe insieme; poi
che il suo livello occupazionale era al primo posto nella nuova Italia; infine
che il Piemonte preunitario era sull'orlo del fallimento economico a causa dei
debiti di guerra contratti con la Francia.
Lo comprova il fatto che Camillo
Benso conte di Cavour, capo del governo nel Regno di Sardegna fu costretto a
cedere alla Francia l'intera regione della Savoia più la provincia ligure di
Nizza. Definito dagli storici il "fine tessitore", meritava ben altri epiteti!
Egli propone al re Vittorio Emanuele
II° di invadere il Regno delle Due Sicilie, governato dal giovane cugino del
re Francesco II° di Borbone, con la scusante di unificare l'Italia, ma in
realtà con l'intenzione di depredarne le casse dello stato e di impadronirsi
delle industrie portandole al nord. E, con ogni probabilità, l'idea è stata
passata a Cavour dall' "intelligence britannico", il quale era anche in
costante contatto con Garibaldi.
Il generale Giuseppe Garibaldi,
figura a metà tra l'eroe internazionale ed il mercenario, ha avuto un ruolo
notevole con la sua Spedizione dei Mille nel rovesciare il governo borbonico;
lo stesso Garibaldi affermerà nelle sue memorie: "le sofferenze patite dal
popolo meridionale sono state enormi". Durante la spedizione vengono anche
commessi atti poco onorevoli quali le fucilazioni di civili a
Bronte in
Sicilia.
Diversi alti ufficiali dell'Esercito
delle Due
Sicilie, dietro compensi monetari portati dallo stesso Garibaldi, hanno
agevolato le manovre dei garibaldini, spostando interi reparti dove non
servivano e vendendo la resa di alcuni presidi. Come spiegare
altrimenti che 1.088 uomini e una donna, per quanto tenaci, hanno potuto aver
ragione di 20-25.000 militari borbonici preposti alla difesa della Sicilia?
L'appoggio ricevuto dalla popolazione locale che combatte contro i Borboni e
accoglie a braccia aperte i "piemontesi" come liberatori suona peraltro molto
falso.
Nella piazzaforte di Gaeta si ritira
Francesco II° con la moglie Maria Sofia di Baviera (l'affascinante e coraggiosa sorella
dell'imperatrice Sissi d'Austria) con le ultime truppe rimastegli fedeli, tra
cui gli allievi della Scuola Militare "Nunziatella", orfani
undicenni-diciassettenni di militari. La resistenza dura 102 giorni; su Gaeta
piovono 160.000 granate d'artiglieria (il numero è riportato in vari testi),
poi la resa e l'esilio a Roma accolti da papa Pio IX.
Nell'ex Regno delle Due Sicilie
vengono impiegati 120.000 effettivi, pari a circa la metà del neonato Esercito
Italiano, oltre 80 paesi sono rasi al suolo e le vittime civili sono decine di
migliaia (Pontelandolfo e Casalduni rappresentano l'episodio più noto). Con quale coraggio si può definire tutto ciò come un'operazione di
ordine pubblico? Non è mai nascondendo o travisando la realtà che si possono
placare gli animi! Alcuni deputati della Camera piemontese affermano: "perchè
si può parlare degli insorti in Polonia e non di ciò che accade nelle nostre
province meridionali?".
Il ventitreenne Francesco II°, che
ha regnato un solo anno, dall'esilio romano assolda mercenari napoletani e
spagnoli per organizzare una guerriglia nel tentativo di riprendersi le sue
terre, incoraggiato dal carattere forte della consorte. Nasce
così quello che sarà definito "brigantaggio". I briganti veri esistono, al sud
come al nord, ma sono delinquenti comuni che mirano solo ad impadronirsi delle
ricchezze altrui con ogni mezzo.
Il latifondo nelle province
meridionali sarà ingrossato dal nuovo governo italiano, a maggioranza
piemontese, che assegnerà molte terre demaniali ai nobili del sud in cambio
della loro fedeltà, restaurando il sistema medioevale del vassallaggio.
Oggi alcune fazioni, tipo i
"neoborbonici", arrivano a sostenere che fu Mussolini ad insabbiare la realtà
del Risorgimento Italiano, in quanto voleva un'Italia unita con il suo posto
tra le potenze europee; l'opera di mistificazione storica è nata in
contemporanea all'idea della Spedizione dei Mille ed il Duce, dal canto suo,
può solo aver contribuito a mitizzare le varie figure risorgimentali (ma vi
ricordo che un mito della storia, come della canzone o come del calcio, esiste
solo nella fantasia di chi ci crede: quando emergono gli "scheletri
nell'armadio" i miti crollano! Chi ha bisogno di credere in qualcosa o in
qualcuno < ad ogni costo > deve solo rafforzare la fiducia in sè stesso).
I nostri bis-bisnonni, quelli del
nord e quelli del sud, hanno fatto conoscenza guardandosi attraverso il mirino
di un fucile e a volte si sono letteralmente fatti a pezzi; qualcuno, e
sicuramente la "santa romana chiesa cattolica" non è estranea alle manovre, ha
pensato bene che fosse meglio insabbiare tutta la questione, ma certe cose
prima o poi tornano a galla; ritengo quindi sia molto meglio affrontarle e
"digerirle" da persone adulte.
Ciò che gli italiani, o per lo meno
buona parte di essi, continuano a non comprendere è che, fino a quando la
Nazione era suddivisa in tanti piccoli stati, era per forza di cose in balia
degli Imperi Coloniali (leggi commerciali) britannico, francese, spagnolo,
austroungarico e germanico. Anche se appare un luogo comune e retorico è solo
l'Unità a darci un minimo di forza!
Un parallelismo: la Guerra di
Secessione americana, combattuta nello stesso periodo storico, vede i nordisti
opporsi per cinque anni ai
sudisti. A guerra finita si celebrano i caduti di entrambe le fazioni, si
erigono monumenti e si intitolano strade che ricordano sia gli uni che gli
altri, solo in Italia non avviene nulla di tutto ciò, anzi ufficialmente la
prima guerra civile italiana non è neppure mai avvenuta.
Pochi anni or sono gli americani
hanno ufficialmente riconosciuto di aver depredato le terre ai Pellirosse, di
averli massacrati e rinchiusi nelle riserve, ed hanno loro pubblicamente porto
le scuse ufficiali. Penso che chi ha avuto il coraggio di compiere un gesto
ufficiale di quella portata ha senz'altro contribuito a risollevare gli animi
e di riflesso, ha portato un po' più di pace nel mondo.
E in Italia? Chi e quando
avrà il coraggio di "rivedere" la storia, di considerare i tanti morti del
Regno delle Due Sicilie esattamente uguali a quelli del Regno di Sardegna? Di
onorare i caduti della Repubblica Sociale Italiana alla stessa maniera di
quelli della Resistenza? Solo così le tanto decantate celebrazioni per il 150°
anniversario dell'Unità d'Italia avranno un senso!
Citando la famosa frase "sono le
gocce a fare gli oceani", se ciascuno di noi compie anche un solo piccolo
gesto di tolleranza verso i propri vicini ( e questo vale per i settentrionali
nei confronti dei meridionali come nel caso opposto e vale anche nei confronti
degli immigrati stranieri) non serviranno altri 150
anni, o forse più, per < fare gli italiani >. E per coloro che
teorizzano un'Italia nuovamente divisa in due, o anche tre, repubbliche
distinte una sola domanda: vi sentite più forti da soli, o quando ricevete il
pieno appoggio da tutta la vostra famiglia?
Gli altri popoli di quell'Europa
Unita verso la quale ci stiamo dirigendo, sono forse migliori del popolo
italiano? O hanno solo qualche secolo in più di unità nazionale alle spalle?