LA SPEDIZIONE DEI MILLE
Il 4 maggio 1860 a Torino, Garibaldi acquista dall'armatore Rubattino le due navi trasporto a vapore "Piemonte" e "Lombardo"; il debito è segretamente garantito dal governo del Regno di Sardegna.
La sera del giorno seguente i volontari si imbarcano presso lo scoglio di Quarto, che oggi è un quartiere di Genova e porta il nome di Quarto dei Mille; essi sono armati con fucili di vecchio modello, ma sono privi di munizioni e di polvere da sparo; Garibaldi sale a bordo della nave "Piemonte", mentre il suo luogotenente Nino Bixio comanda la "Lombardo".
Il 7 maggio le navi effettuano una sosta presso il Forte di Talamone, in provincia di Grosseto, e la guarnigione dell'Armata Sarda che lo presidia fornisce ai volontari un centinaio di carabine moderne, tre vecchi cannoni e una scorta di munizioni e polvere da sparo.
Il 9 maggio viene effettuata una seconda sosta a Porto Santo Stefano, sempre nella provincia di Grosseto, per rifornire le navi di carbone; Garibaldi ottiene i rifornimenti grazie al suo grado di maggiore generale del Regio Esercito, almeno ufficialmente.
Il 10 maggio i comandanti borbonici inviano una forte guarnigione da Marsala a Palermo per domare l'insurrezione popolare; alcuni sostengono che lo spostamento viene fatto di proposito, poichè i generali borbonici si sono fatti comprare.
La mattina dell'11 maggio i Mille possono sbarcare tranquillamente a Marsala, in provincia di Trapani; nel frattempo giungono due navi da guerra borboniche, ma tengono un atteggiamento incerto data la presenza di due navi da guerra britanniche che si trovano "opportunamente" in rada; solo a sbarco ultimato le navi borboniche aprono il fuoco contro il porto e la città di Marsala e continuano a cannoneggiare fino a quando cala il buio, senza però colpire alcun obiettivo di rilievo.
Il 14 maggio a Salemi, Garibaldi dichiara ufficialmente di assumere la dittatura della Sicilia in nome del re Vittorio Emanuele II°.
Il giorno successivo a Calatafimi si ha un primo scontro tra i garibaldini, rinforzati da circa cinquecento volontari siciliani, e 4.000 soldati borbonici; la battaglia sta volgendo alla sconfitta ed il vicecomandante garibaldino Bixio consiglia Garibaldi di ordinare la resa, ma egli risponde: "Qui si fa l'Italia o si muore!".
Tra il 27 e il 30 maggio la città di Palermo insorge contro i borboni e l'evento ne facilita la conquista da parte dei garibaldini.
Durante tutto il mese di giugno agli uomini di Garibaldi si aggiungono nuovi volontari provenienti da tutta l'Italia, nochè dall'estero e in particolare dall'Ungheria (compatrioti dell'ufficiale garibaldino Tuckory, si macchieranno di violenze e stupri a danno della popolazione civile), e sono inquadrati in quello che sarà poi denominato Esercito Meridionale.
Il 20 luglio a Milazzo, in provincia di Messina, le truppe borboniche sono sconfitte; solo la cittadella militare di Messina, con 4.300 effettivi agli ordini del maresciallo Gennaro Fergola, resisterà fino al 12 marzo 1861; i soldati borbonici si imbarcano per raggiungere il continente.
Il 19 agosto, mentre i borbonici attendono lo sbarco a Reggio Calabria, Garibaldi fa' allungare il tragitto alle sue navi e sbarca a Melito di Porto Salvo; ormai ha con sè oltre 20.000 uomini.
Il 30 agosto, dopo che alcuni reparti dell'Esercito delle Due Sicilie sono passati tra le file dei garibaldini, a Soveria Mannelli una colonna borbonica viene disarmata.
Il 7 settembre, dopo che il sovrano borbonico Francesco II° ha lasciato Napoli e, con ciò che resta del suo esercito, si è ritirato nella fortezza di Gaeta dove resisterà 102 giorni all'assedio, Garibaldi con pochissimi uomini entra in città accolto trionfalmente.
Ai primi di ottobre le truppe garibaldine respingono, presso il fiume Volturno, l'avanzata di 50.000 soldati borbonici, numero doppio rispetto a loro.
Subito dopo giunge il corpo di spedizione dell'Armata Sarda, che ha attraversato Marche e Umbria, battendo le truppe pontificie a Castelfidardo, poi Abruzzo e Molise borbonici.
Il 21 ottobre ha luogo il plebiscito riguardante l'annessione dell'ex Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna; il risultato è favorevole con una schiacciante maggioranza; i "napoletani" (e con questo termine non si intendono i soli abitanti di Napoli, ma tutti i sudditi delle Due Sicilie), hanno scelto; il corretto svolgimento del plebiscito è però da mettere seriamente in dubbio.
Il 26 ottobre a Taverna della Catena, località presso Teano in provincia di Caserta, Garibaldi incontra il re Vittorio Emanuele II°; gli storici moderni però mettono in dubbio che tale incontro sia realmente avvenuto. Al momento dell'incontro tra esercito regolare e volontari garibaldini, questi ultimi schierano 24.000 uomini sul Volturno, in prevalenza settentrionali e toscani, più altri 26.000 meridionali e stranieri disseminati nelle retrovie e impegnati nelle operazioni contro i ribelli borbonici.
Il 6 novembre Garibaldi fa schierare, avanti la Reggia di Caserta, 14.000 soldati, 300 cavalli e 39 cannoni dell'Esercito Meridionale; essi attendono per molte ore l'arrivo del re, ma questi non si presenta affatto.
Il 7 novembre Vittorio Emanuele fa' il suo ingresso trionfale a Napoli, ex residenza di Francesco II°, ma la popolazione non gli riserva lo stesso trattamento festoso riservato a Garibaldi.
Il 4 novembre, sempre tramite plebiscito la cui correttezza è ancora da dimostrare, le Marche sono annesse al Regno di Sardegna ed il giorno successivo è la volta dell'Umbria: la spedizione dei Mille può quindi considerarsi conclusa.
Il 9 novembre Garibaldi torna a Caprera dopo aver promesso ai suoi uomini di riprendere la lotta in primavera; i generali garibaldini pianificano la sopravvivenza dell'Esercito Meridionale come un corpo autonomo su 5 divisioni, una sorta di Guardia Nazionale che, distribuita in tutta la penisola dovrebbe fungere da centro di raccolta dei volontari per una eventuale guerra contro l'Austria.
Un decreto del governo di Torino pubblicato il 16 novembre, ma retrodatato all'11, congeda di fatto i volontari: è loro offerta la scelta tra due anni di ferma e sei mesi di paga. Almeno 30.000 garibaldini optano per il congedo, mentre gli altri 20.000 accettano la ferma. L'Esercito Meridionale conta ben 7.300 ufficiali, però solo 1.700 di essi passeranno all'esercito regolare, tra i quali alcuni col grado di generale come Cosenz, Medici e Sirtori, dopo essere stati esaminati da una speciale e molto rigida commissione.
Nell'aprile 1861 Garibaldi propone, in un dibattito parlamentare, la costituzione di una Guardia Mobile della quale dovrebbero far parte tutti i cittadini del regno dai 18 ai 35 anni, che già non servano nell'esercito o nella marina, da ripartirsi in divisioni analoghe a quelle dell'esercito e da utilizzarsi per affiancare quest'ultimo in una guerra contro l'Austria. La proposta è bocciata a causa dell'ascendente che Garibaldi avrebbe su queste truppe e la paura della possibilità che le utilizzi per scopi diversi (tipo un "golpe" di matrice repubblicana destinato a scalzare la monarchia).
La legge del 4 agosto 1861 promulga la costituzione di una Guardia Nazionale su 220 battaglioni, ma esenta i minori di vent'anni e gli appartenenti a classi povere (legge ipocrita in quanto i giovani e i poveri sono già costretti alla leva con ferma di ben 5 anni!); questa forza militare presta un servizio limitato durante la guerra contro i ribelli borbonici e mobilita appena 2 battaglioni nella campagna del 1866 contro gli austriaci poi, sempre più trascurata, viene definitivamente soppressa nell'ordinamento Ricotti Magnani del 1873 e sostituita dalla Milizia Mobile su 1.030 compagnie destinate ad essere integrate nell'esercito in caso di mobilitazione e quindi con una struttura completamente differente.