Severino Vareschi : " Profili biografici dei principali personaggi della casa Madruzzo"

Quella che passerà alla storia come famiglia Madruzzo va distinta da una omonima stirpe di dinasti trentini che in qualità di vassalli dei vescovi di Trento possedettero il feudo e il castello di Madruzzo dal secolo XII fino al 1389, con la quale i moderni Madruzzo sono solo lontanamente collegati. Questi ultimi erano insediati nel tardo Medioevo nella bassa val di Non ed erano i signori di Castel Nanno, originari di Denno.

 

Carlo Gaudenzio Madruzzo (1562-1629)

Carlo Gaudenzío Madruzzo (1562-1629) (1595-1600 coadiutore dello zio cardinale Ludovico; 1600-1629 principe vescovo di Trento) Figlio secondogenito di Giovanni Federico e di Isabella di Challant, Carlo Gaudenzio nacque nel castello avito di Issogne nella contea di Challant in valle d'Aosta nel 1562. Gli studi superiori furono accurati, anche se la ricostruzione precisa non è per ora possibile: si parla delle prime scuole a lvrea, poi a Trento e forse a Dóle in Borgogna, dove c'era un collegio gesuitico; quindi l'università a lngolstadt dal 1577 al 1582 in arti e filosofia, mentre nel semestre invernale del 1583 sarebbe stato Rector bonorarius; infine a Pavia per lo studio dei diritti dal 1584 al 1586, nei quali si laureò nel 1586 (per altri nel 1584)." Nel 1581 prese la tonsura e già durante gli studi divenne abate di S. Cristoforo di Nizza della Paglia nel Monferrato e nel 1592 ottenne il priorato (prepositura della collegiata) di S. Orso in Aosta. Nel 1582 era abate di S. Pietro in Monferrato e poco dopo aggiunse anche l'abbazia di S. Paolo nella diocesi di Besancon, per la cui chiesa nel 1589 fece fondere la campana maggiore con incisa la sua arma. Possedeva un canonicato a Trento e uno ad Augusta.92 Nel 1582 accompagnò lo zio cardinale Ludovico alla dieta di Augusta e di nuovo nel 1594 a Ratisbona. In questi anni dimorò per lo più al seguito di Ludovico a Roma.

Durante gli anni Novanta, via via che per i più diversi motivi si procrastinava il ritorno di Ludovico a Trento, diventava sempre più urgente provvedere la diocesi e il principato di una direzione meno aleatoria di quanto non potessero garantire i diversi ufficiali che Ludovico volonterosamente stipendiava tanto nel temporale quanto nello spirituale, senza contare che la salute del cardinale era assai precaria. Oltre a ciò i tempi erano difficili: gli anni Novanta del Cinquecento sono anni di carestia e di epidemie; come se ciò non bastasse, i turchi scatenarono guerra sul confine ungherese e il Trentino dovette sopportare continui passaggi e levate di truppe che lo dissanguavano. In questo contesto ci u anche una scalata della pressione fiscale e giurisdizionale tirolese sul principato vescovile. Nel 1592 Ludovico scriveva che già precedentemente aveva voluto dotare la diocesi di un coadiutore, ma il papa Sisto V non aveva approvato l'operazione." Con Clemente VIII Aldobrandiní andò meglio: egli stesso si unì a Rodolfo Il nel raccomandare ai canonici tridentini di aderire alla volontà del cardinale nell'eleggere Carlo Gaudenzío come coadiutore, cosa che questi fecero il 18 agosto 1595.11 Con bolla del 23 ottobre 1595 Clemente VIII confermò il clericus trentaduenne Carlo Gaudenzio come coadiutore tridentino nel temporale e nello spirituale con diritto di futura successione e con la ritenzione di certi benefici posseduti. Gli venne conferito il titolo di episcopus Smyrnensis '5 e venne consacrato il febbraiol596 dall'ausiliare di Trento Sebastiano Cattaneo e dai vescovi di Feltre e di Verona. Morto lo zio cardinale Ludovico a Roma il 20 aprile 1600, il 26 dello stesso mese Carlo Gaudenzio venne promosso e confermato vescovo di Trento; il 21 febbraio 1603 giurò le compattate e il 9 aprile prese possesso della diocesi. Il 26 febbraio dell'anno seguente gli vennero concesse le regalie dall'imperatore. Morto Ludovico, la carriera del nipote prevedeva ora conseguentemente il cardinalato. Dal 1596 in poi sono pochi gli anni in cui non vi sia da segnalare uno o più interventi di Rodolfo Il presso la Santa Sede per raccomandare la promozione del Madruzzo al cardinalato,11 il che avvenne il 9 giugno 1604 (latore del berretto rosso il conte Marx Sittico von Hohenems, il 30 dello stesso mese), con il titolo diaconale di S. Tommaso in Parione e successivamente quello presbiterale di S. Lorenzo in Lucina, che era stato anche di Ludovico, infine quello vescovile di S. Sabina.

Più difficile si sarebbe rivelato invece acquisire il medesimo ruolo dei primi due cardinali Madruzzo nella conduzione degli affari della sede apostolica. Nell'agosto del 1604 Carlo Gaudenzio si propose tempestivamente alla protettoria germanica (ufficio detenuto per molti anni da Ludovico), ma il cardinale Pallaviciní, che ne era titolare, non intese cedere il passo." Nel maggio 1608 Carlo Gaudenzio prese in affitto per 4000 scudi il palazzo in Borgo che avevano abitato già i suoi avi e nel marzo dell'anno seguente lo acquistò per 10.400 scudi dal Capitolo di S. Pietro e dalla Confraternita dell'Annunziata. La sua dimora era però per lo più a Trento, dove portò avanti una energica azione di riordino pastorale e amministrativo. A Roma tuttavia ci si attendeva da lui una vigilanza per la situazione religiosa dell'impero di fronte all'incancrenirsi dell'affare della successione a Rodolfo, il risvegliarsi virulento del contrasto confessionale e la politica non soddisfacente del cardinale Klesl a Vienna. Nel concístoro del 25 febbraio 1613 il papa Paolo V deputò Carlo Gaudenzio legato pontificio alla dieta imperiale di Ratisbona di quell'anno, avendo come punto principale della sua istruzione l'ordine di opporsi energicamente alla politica confessionalmente mediatrice del ministro imperiale, cardinale Klesl. Altre temi erano la guerra del Monferrato scoppiata l'anno prima e la questione di Wolf Díetrich von Raitenau a Salisburgo.99 Partito da Trento il 20 giugno 1613, Carlo Gaudenzio era a Ratisbona il 5 luglio, accompagnato da uno splendido seguito, tra cui il cugino Gianangelo Gaudenzío. Dalla città bavarese ripartì il 12 ottobre 1613.

Finalmente venne il tempo di utilizzare il suo palazzo romano: il 3 novembre 1620 Carlo Gaudenzio partì da Trento per stabilirsi definitivamente a Roma. I consoli si raccomandarono fervidamente al principe, che non dimenticasse il governo del suo Stato e anche il papa Paolo V nell'estate gli scriveva di disporre al meglio le sue cose prima di muovere alla volta di Roma. Furono le insistenza imperiali e spagnole a ricondurre anche il terzo Madruzzo alla curia. Negli anni 1620 e 1621 Carlo Gaudenzio svolse una ridotta attività di supplente negli affari della protettoria spagnola,'O' ma forse fu lo scoppio della guerra dei Trent'anni a far sentire agli Asburgo il bisogno di un rafforzamento della loro rappresentanza romana. Per il resto, viene segnalata la presenza di Carlo Gaudenzio nella congregazione dei Vescovi e Regolari nel 1626 e in quella per i Titoli nel 1627. Al tempo del papa Gregorio XV (1621-1623) Carlo Gaudenzio faceva parte della congregazione dell'Inquisizione romana. Senza avere mai possibilità di riuscita nei conclave del suo tempo, Carlo Gaudenzio fece parte d'ufficio della fazione favorevole agli interessi austro-spagnoli. Relativamente al conclave del 1623, da cui uscì papa Urbano VIII Barberi, il Pastori riferisce che "siccome si riteneva che egli più che un buon papa sarebbe per diventare un abile uomo di stato, le sue prospettive apparivano esigue" .102 Con una certa frequenza i cronisti sottolineano la franchezza del cardinale trentino nell'esprimere la sua opinione anche di fronte ai papi.

Nel governo diocesano, nel quale poté giovarsi della valida collaborazione del vicario generale e suffraganeo Pietro Belli, Carlo Gaudenzio intensificò il programma di visite canoniche e di riforma ecclesiastica che era stato iniziato dal predecessore cardinale Ludovico. A esso aggiunse un tratto di severa vigilanza contro le eresie e la stregoneria. Contro le residue infiltrazioni di dottrine e soprattutto pubblicazioni eretiche a nord di Salorno poté giovarsi dell'efficace appoggio dell'arciduca del Tirolo Massimiliano, Gran Maestro dell'Ordine Teutonico e della collaborazione del cugino vescovo di Bressanone, Cristoforo Andrea Spaur, oltre che dell'opera dei cappuccini di Bolzano. In questo tempo ci fu anche nel Trentino una recrudescenza dei processi per stregoneria, alcuni dei quali con condanne capitali: in val di Non nel 1612, 1615 e 1617. All'epoca del suo successore Carlo Emanuele ve ne furono a Nogaredo nel 1646 e 1647. Fuori della diocesi di Trento ve ne furono in quei decenni anche in val di Fassa e nel Primiero. Nella sua relazione ad limina del 1615, Carlo Gaudenzio segnalava alla Curia romana la sua vigilanza contro i "malefici", il cui numero definiva "ingente" e l'istituzione in diocesi dell'ufficio dell'Inquisizione. Quanto alle visite pastorali, ve ne furono nel 1603 nelle Giudicarie, nel 1606 e poi nel 1616 nella zona tedesca della diocesi, nel 1616-1617 nella valli di Non e di Sole. Secondo la relazione status del 1610, i comunicanti in diocesi erano 170 meta. Sotto Carlo Gaudenzio si rafforzò l'istituto del seminario diocesano e ai religiosi presenti in diocesi si aggiunsero nel giugno 1618 i sommacchi, per la cura del seminario e per l'istruzione cittadina; seguirono nel 1625 i gesuiti, anche se, per la verità, la loro chiamata è da attribuire soprattutto all'iniziativa della città di Trento per il ginnasio cittadino. 1 gesuiti di Trento facevano parte della provincia dell'ordine della Germania Superiore.

Carlo Gaudenzio nazionalizzò l'arredo della cattedrale, facendo togliere gli altari addossati alle colonne e facendo spostare più in avanti verso il popolo l'altare maggiore sul presbiterio (vanghiano); recapitò alla curia romana relazioni sullo stato della diocesi nel 1602, 1610, 1615, 1618, 1622. "I Nel 1603 pose la prima pietra della chiesa dell'Inviolata in Riva, che resta il suo monumento. Carlo Gaudenzio mori il 14 agosto 1629 a Roma. Gravemente ammalato, il 15 marzo 1628 aveva fatto testamento in favore di Carlo Emanuele e il 4 gennaio 1629 rassegnò a lui il vescovado. Le esequie di Carlo Gaudenzio furono tenute nella chiesa di S. Maria dell'Anima e il 16 agosto la salma venne traslata e sepolta in S. Onofrio nella cappella Madruzzo. Sotto di lui si affermò ulteriormente la riforma cattolica in diocesi, assumendo i caratteristici tratti controríformistici e barocchi. Quanto alla sua opera in curia romana, studi più precisi devono ancora stabilire se si trattò di un originale contributo o semplicemente di una rendita di posizione ereditata dagli avi Cristoforo e Ludovico.

 

 

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