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ALFREDO DELL'ERA
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 ...ci invia una e-mail con un accorato, commosso ricordo dell'opera di TOMMASO DELL'ERA, che trascriviamo di seguito augurandoci che costituisca un piccolo contributo alla conoscenza dello scrittore-poeta.

ci segnala inoltre il Convegno
"OMAGGIO A TOMMASO DELL'ERA"
di cui riportiamo:
Agenda dei Lavori

Rassegna Stampa (estratto)

Servizio fotografico

Per ulteriori notizie potete contattare, direttamente via e-mail, Alfredo Dell'Era

 ritorno a "Accademia di Talia"

 

 

NOTIZIA SU TOMMASO DELL'ERA
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Insegna la sociologia della letteratura che il periodo di maggior rischio, per la sopravvivenza storica di un autore, è quello dei decenni immediatamente successivi alla sua morte. Ma c'è chi non corre rischi del genere, per la malinconica ragione che l'oblio non può colpire chi è già comunque ignorato.
A qualcuno, però, inopinatamente la fortuna arride post mortem. E' accaduto a Tomasi di Lampedusa, Morselli, Satta: ben più povera sarebbe, senza di loro, la letteratura italiana del secondo Novecento. Un po' più povera forse continua ad esserlo, senza Tommaso Dell'Era.
Qualche cenno biografico su questo scrittore. Nasce a Bari nel 1927, trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Modena, poi fa rientro alla città di origine; erano gli anni della guerra, perde il padre. Concluso il liceo cerca un impiego, lo trova al Genio civile; nel frattempo studia all'università, si laurea in lettere con Mario Sansone. Nessun evento di rilievo anche dopo: il matrimonio, i figli, il lavoro; l'età che avanza, i nipoti, la pensione. Nel 1994 si manifesta il male che lo porterà via, tre anni dopo. Funerali laici, per viatico le note del K477 di Mozart ("il più bel canto che mai la morte abbia ascoltato", l'aveva definito in un suo libro).
I suoi libri, dunque. Quattro pubblicati in vita, tutti da Schena di Fasano (www.schenaeditore.com):
Un ficcanaso, 1969; I cari baresi, 1971; e Mozart, 1991; I cavalieri di san Nicola, 1992.

Un ficcanaso
esce nel 1969, l'autore ha quarantadue anni: alquanto tardiva come prova di esordio, se tale realmente fosse. Di fatto Dell'Era aveva incominciato a scrivere assai prima: versi soprattutto, cui man mano s'erano andate affiancando esperienze narrative; forse intorno ai trentacinque anni, tacque il poeta, ne prese definitivamente il posto lo scrittore. Dell'Era fu critico severo di sé stesso, salvò poco della produzione giovanile in prosa e nulla di quella poetica (ma Attilio Momigliano aveva apprezzato i suoi versi).
Prima opera della maturità, Un ficcanaso, dunque, piuttosto che opera prima. E' il racconto di un viaggio compiuto dall'autore, due concitate settimane in giro per l'Italia, piene zeppe di luoghi, incontri, emozioni, quasi per trafugare al tempo la maggior vita possibile. Perché Dell'Era è conscio della sua finitezza ma vuole affermarla sino in fondo, altro non chiede che di riempire di vita il mucchio d'anni avuto in sorte:

Felice del guazzabuglio di sensi che mi fanno amare questa vitaccia; questa vitaccia che, mettila come vuoi, è mia e non mollo: cicca fra miriadi di falò, ma cicca che io solo aspiro.

L'opera, estranea com'era all'industria letteraria, passò quasi inosservata. I pochi che la lessero furono concordi nell'apprezzarla, Giancarlo Vigorelli la salutò come uno dei migliori libri del momento, poi tutto finì lì.
Dell'Era aveva in preparazione un volume di racconti - ne fa anche cenno in Un ficcanaso - ma dentro gli urgeva un nuovo lavoro: doveva narrare della sua terra, scrisse
I cari baresi
.
Apparso nel 1971, il libro è un indulgente pamphlet, ove l'autore "castigat ridendo mores" dei suoi concittadini (e, in controluce, quelli della borghesia nazionale dell'epoca). Ma è anche un'opera di forte sensibilità antropologica:

"Il barese non è un meridionale verace. Ha del sud i riflessi svegli, la bocca aperta alla risata e la tasca alla bisboccia, il culto dell'amicizia, della famiglia, dei morti; ma non ha del sud il languore, l'ira sanguigna, il genio doloroso. Ha del nord l'intraprendenza, l'arrivismo, l'effettiva realtà delle cose; ma del nord non ha la frigidità dei rapporti umani. E' progressista e conservatore, a metà strada fra il pragmatismo occidentale e la saggezza orientale."

Come Un ficcanaso, anche I cari baresi ebbe pochi lettori; con la differenza che, dato l'argomento locale (sfuggiva il respiro più ampio), suscitò sì un minimo di interesse, ma solo nella città.
Tommaso Dell'Era aveva dato il meglio di sé in quei due libri, ma per uscire dall'anonimato questo non bastava. Capì, toccò con mano che il mercato editoriale è appunto un mercato, e lui non era fatto per produrre merce. Furono anni di silenziosa amarezza, che spesso traspare nelle opere di quel periodo.
Ma c'era il conforto della musica. Che non era solo un hobby, e nemmeno una passione: era la sua stessa strada, lo sarebbe stata se la vita non l'avesse lasciato orfano a sedici anni. Adesso dunque avrebbe scritto di musica - un libro su Mozart. Furono anni di studio, letture sterminate, tutto ciò che riguardasse il musicista e il suo tempo. Anni di viaggi, ricognizioni nei luoghi mozartiani, dai più noti ai più impensati. Nel 1991 esce
e Mozart
.
Una congiunzione all'inizio del titolo, minuscola per di più, richiama due termini da congiungere. Ma quale il primo? Lo definisce l'autore, nella quarta di copertina:

"Ah, il Settecento. Una musica l'Europa. Ai punti cardinali: Londra Napoli Parigi Pietroburgo, nell'infinità dei punti intermedi.
Cantavan tutti: i mercanti nelle contrattazioni, le servette nell'accapigliarsi; i penitenti nella confessione, i preti nell'assoluzione; il boia sul palco, il condannato sul ceppo. E cantava l'estinto nel mortorio.
Sonavan tutti: l'arpa o il colascione, il cembalo o il putipù. In cantina e sui tetti, nei lupanari e sui sagrati. Nelle regge. Gli stessi sovrani, fra una successione e una spartizione, staccavano dalla panoplia il loro strumento, trillavano arie fra un'allocuzione e un'orazione: da Sua Maestà Prussiana, Fritz flautista, a Sua Maestà Asburgica, la mater matuta cantatrice… e Mozart".

Mozart e il Settecento, dunque, secolo della musica oltre che secolo dei lumi. E tuttavia la spiegazione convince solo in parte: resta, in quell'e Mozart, la suggestione sottile di qualcosa in sospeso, l'ultima vibrazione di una nota cessata.
Tommaso Dell'Era scrive di musica da letterato e narra di un viaggio lungo i percorsi mozartiani, da Napoli a Vienna, alla ricerca dell'uomo e del musicista. Dalla visita dei luoghi scaturisce una biografia, tanto singolare quanto non cronologicamente ordinata; emergono ipotesi e osservazioni; nasce un saggio, una serie di piccoli saggi sulle persone e sull'ambiente. Tutto questo all'interno di una cornice che raccorda passato (la vita di Mozart) e presente (il viaggio dell'autore). L'opera sembra così collocarsi in una sorta di zona franca tra scrittura e musica, cronaca e storia, analisi e racconto: viene alla mente il Mittelglied pensato da Goethe, il felice "luogo di mezzo" sintesi di ogni processo artistico e culturale.
Anche e Mozart ebbe vita difficile. Qualche critico musicale lo lesse, l'apprezzò; pochi altri lettori, poi basta.
Ma Tommaso Dell'Era era già alle prese con il suo quarto libro,
I cavalieri di san Nicola
che scriverà e darà alle stampe in pochi mesi. E' un racconto lungo, la rievocazione storica e fantastica, commossa e sorridente del cosiddetto "sacro furto", il trafugamento delle reliquie di san Nicola. Protagonisti dell'impresa furono sessantadue marinai, ma l'autore preferisce chiamarli cavalieri perché s'avventurarono in una giostra rischiosa che, se vinta, li avrebbe premiati con le spoglie del santo. Accurata la struttura psicologica dei personaggi, e l'opera tuttavia ne risulta corale: le singole caratteristiche ricompongono nel loro insieme una mentalità collettiva, i cavalieri del Dell'Era parlano, pensano e si muovono in nome di un unico popolo. Ritratti fedeli di un'anima tutta barese, attori e autori di quell'epopea un po' truffaldina che è stata, nella storia della città, la traslazione di san Nicola.
Gli ultimi anni furono di inesausta scrittura, e in questa egli depositò forse le sue prove più alte; ma non è qui che si possa considerare la produzione inedita. Piuttosto, rimane da chiedersi, esiste una logica complessiva nei quattro libri pubblicati in vita? Chi scrive è di questo avviso. Allineati l'uno accanto all'altro, paiono infatti comporsi in un'architettura chiusa, simmetrica, stilisticamente omogenea: un libro di viaggi seguito da uno scritto sulla sua città; un lungo silenzio e poi ancora un libro di viaggi; a ridosso, un'altra opera di argomento barese.
Si parte per tornare, recita un vecchio adagio, forse la chiave di volta è lì.

 

 

 Sabato 11 gennaio, a Trani, si è tenuto il convegno
"Omaggio a Tommaso Dell'Era"
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Il convegno è stato presieduto dal Magnifico Rettore dell'Università di Bari Prof. Giovanni Girone
ed ha visto le relazioni di:

Alfredo Dell'Era (giurista, figlio dello scrittore) - Tommaso Dell'Era: l'uomo, lo scrittore

Cosimo Strazzeri (storico della letteratura, dirigente scolastico) - "Un ficcanaso": la via italiana al "nouveau roman"

Pasquale Guaragnella (docente di Letteratura italiana, Università di Bari) - Le "opere baresi" fra antropologia e scrittura

Pierfranco Moliterni (docente di Storia della musica, Università di Bari) - In viaggio con Mozart

Corrado Petrocelli (docente di Filologia classica, Università di Bari) - Tommaso Dell'Era e il mondo classico

Daniele Giancane (docente di Letteratura per l'infanzia, Università di Bari) - Gli scritti "fantastici"

 Per informazioni:   0883/583646   dannunziotrani@libero.it

 

Rassegna Stampa



Sabato 11 gennaio 2003

Come dice bene Guy De Maupassant quando scrive: «La parola abbaglia e inganna, perché la si vede uscire dalle labbra; e le labbra piacciono e gli occhi seducono; ma la scrittura, le parole nere, sulla carta bianca, è l'anima nuda».
Un figlio devoto, per un padre, è davvero un dono del Signore, come è accaduto, come sta accadendo, da sempre, a Tommaso Dell'Era, con suo figlio Alfredo, per il quale i ricordi personali si stanno trasformando, si sono trasformati, in memoria di noi tutti.
Si usa dire: questa musica è divina! con il punto esclamativo finale. È certo che tra le arti, la musica è la più misteriosa, la più inafferrabile, la più concreta. Nella "Messa da Requiem" di Mozart c'è la presenza fisica di Dio, non come entità astratta, lontana, siderale, ma un Dio assolutamente concreto nella sua fisicità di spartito incompiuto. L'afflato religioso, mistico, magico che la pervade tende all'assoluto in modo semplice, diretto eterno. Alle spalle del maestro di Salisburgo il breve tempo della vita s'è dissolto e l'aspirazione alla luce del paradiso degli artisti tende ad il luminare la terribile, inevitabile presenza della morte imminente. E il musicista scrivendo sommerge il creato con le sue note immortali che s'innalzano in un forma assoluta, armonica, dove non ha più ragion d'essere il silenzio. L'eccelsa qualità del suono degli strumenti dell'orchestra, la voce del coro e quella dei solisti si compongono davanti all'altare dove qualcosa deve rispondere ora alla potenza creativa dell'uomo e l'umano diviene, per magia divina, infinito, si apre la volta del luogo sacro e la musica esplode in tutto il suo fulgore così il tempo breve dell'uomo è vinto per sempre.
E Tommaso Dell'Era, da appassionato melomane qual era, ha scritto anche una monografia su Mozart: assai profonda, vitale, fedele, minuziosa e informata. Che dire poi de "I cavalieri di San Nicola" dove, al racconto del trafugamento delle reliquie del santo, le incisioni di Claudio Vino, che illustrano il volume, fanno da straordinario supporto grafico? Il simbolo della parola si coniuga perfettamente con le immagini caste, precise, essenziali.
Intanto ci sono libri - rari, rarissimi - che sembrano davvero scritti "domani" come appunto "I cari baresi" pubblicato da Nunzio Schena nel 1971, che - credo bene - sia il suo capo d'opera. È il ritratto a tutto tondo (come si diceva un tempo) d'una città Bari e dei suoi abitanti, del loro modo di parlare, di vivere, dei loro caratteristici comportamenti per cui un barese è definito tale. E tutto questo, Dell'Era - magistralmente - lo guarda dal di fuori e dal didentro, immedesimandosi e distanziandosi, con un perfetto equilibrio, formale e sostanziale, per cui il ritratto è totale.
Luci e ombre; difetti e pregi; lingua e caratteristiche gergali, dialettali, abitudini avide; famiglia, lavoro, amori, amicizie; qualità della vita; religiosità, senso civico; il commercio, la mercatura, essere da sempre commercianti; i nonni, i padri e i figli; la strada, i vicoli; le chiese, la casa, i negozi;. le abitudini culinarie; il parlare, il gridare e il bestemmiare, la noia del quotidiano con la passeggiata al centro; le vacanze al mare o in montagna; le feste terribili; natale, capodanno, l'epifania; gli onomastici e i compleanni; i matrimoni e i fidanzamenti; il vestirsi: insomma l'apparire e l'essere del barese, di tutti noi; senza tanti fronzoli, con molta verità. Salutare. E per dare di questo, subito subito. un assaggio, riportiamo qui di seguito una paginetta del libro di Dell'Era.
«'N derre a la lanze.
Un nastro di cala, fra le assolate passeggiate, orlato di reti e di brezze. Palchetti di seppie, datteri di mare, calamaretti; scontrosi ciuffi di cozze, granchi rampanti, rossi fregi di ricci; candide sfilate di merluzzi, spirali di anguille dalle vaschette schiumose. Ombre guizzanti di pesciolini, da ingoiare, sentir vibrare nel palato. Suggere iridate vongole (schizzetto di limone), mordere rugiadosi polpi: polpi sbattuti con violenza sulla pietra, e ogni tonfo come un'eco di cristalline valli, ogni fremito di tentacoli un fluttuare di coralli. Vergini frutti scampati alla contaminazione degli orti marini: mangia, o antica riconoscenza dei liquidi numi per le preghiere e le offerte dei naviganti baresi. Forse le Oceanine, le bionde chiome trapunte di perle, ammiccano ai più rigogliosi giardini; forse Tritone versa le primizie dal corno della conchiglia; forse le Nereidi fanno scorta con gli ippocampi (e Nettuno chiude un occhio sotto la parrucca di alghe). O forse San Nicola: il suo prestigio presso la corte marina, nonostante la disparità d'opinioni».
Tutto qui. E non è davvero poco, per un dilettante, come qualche invidioso, definiva Tommaso Dell'Era. Benedetti siano i dilettanti, se dalle loro pagine pubblicate e non a noi lettori, vengono fuori effluvi, profumi, suoni; idee, suggerimenti che caratterizzano così bene una città, i suoi abitanti, il loro peculiare modo d'essere e d'agire. Lo stile di un autore è dovuto alla sua riconoscibilità: come il tono di una voce che si sente chiaramente, ma sotto tono, dietro ogni frase scritta. Siamo intesi?

Giorgio Saponaro



Lunedì 20 gennaio 2003

Nella vita ci vuole fortuna. In letteratura, di più. Occorre non soltanto scrivere - magari anche dei capolavori - ma anche pubblicare, possibilmente con editori che vanno per la maggiore e, soprattutto, darsi da fare per promuovere le pubblicazioni, frequentare i circoli che contano, arruffianarsi coi critici, essere insomma presenti. Se non si fa tutto questo, difficilmente si riesce a divenire "visibili".
Così l'autore trascorre la vita quasi celato. in un angolo, tra depressioni e rifiuto. Però a volte capita che, dopo la morte - per caso. per l'interessamento di qualcuno che possa smuovere le acque dell'oblio- finalmente l'Autore venga conosciuto (e ri-conosciuto), si comincino a studiare i suoi scritti, a collocarli nella storia "maior" della letteratura. A volte i "casi" letterari post mortem sono stati eclatanti, basterà ricordare Morselli o Tomasi di Lampedusa, ignorati in vita ed esaltati dopo la dipartita.
Con questi sentimenti e con questi propositi si è tenuto nei giorni scorsi, al Monastero di Colonna, a Trani, il Convegno di studi "Omaggio a Dell'Era", organizzato dal Comune di Trani in collaborazione col III Circolo Didattico "D'Annunzio" e col patrocinio dell'Università di Bari, […]
Ma chi era davvero Tommaso Dell'Era, scrittore barese scomparso da sette anni, autore di quattro libri (tutti editi da Schena) che ebbero una ben modesta eco? Ricordiamoli: Un ficcanaso (1969), I cari baresi (1971), e Mozart (1991),I Cavalieri di San Nicola (1992), pubblicazioni di interessi sparsi - racconti, satira, passione musicale. identità cittadina fra culto di San Nicola, ironia, fantasia, viaggi - ma che trovano una straordinaria unità nelle situazioni (anche quando lo scrittore affronta temi, storici o musicali) e soprattutto a provocare scintille tra mito e quotidianità, osservazione del particolare e narrazione di grandi eventi umani.
Alfredo Dell'Era. figlio dello scrittore. ha ripercorso momenti significativi dell'esistenza di Tommaso, collegando fatti biografici e scrittura, la quale è da ritenere come il punto fondante di una serie di interessi ad ampio raggio: Dell'Era fu un intellettuale la cui pungente ironia e la forte coscienza critica tenevano inevitabilmente ai margini di un mondo letterario spesso superficiale e chiuso in se stesso. Non si trattava di una forma di eccessivo orgoglio, ma di mancanza di sintonia reale.
[…]

Daniele Giancane




Giovedì 9 gennaio 2003

Fu lui stesso a definirsi "un illustre sconosciuto", corredando una cornice vuota sul risvolto di uno dei suoi libri con la didascalia "La vacuità del riquadro non è ascrivibile a una deficienza tipografica o a una valutazione della personalità dell'autore. Al quale è parso conveniente non offuscare la pupilla del Lettore col solito volto, immancabilmente cogitabondo, di un illustre sconosciuto"... "Che sia il Lettore a ricostruire il nostro aspetto. E speriamo bellissimo. O bello. O bellino. Ma se brutto, inesorabilmente brutto, un brutto simpatico almeno"
[...]
Nato a Bari nel 1927, Tommaso Dell'Era trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Modena, per poi rientrare nella città natale negli anni della guerra. Si laurea in Lettere con Mario Sansone e nel frattempo lavora come impiegato al Genio Civile. Nel 1994 lo aggredisce il male che lo porterà via tre anni dopo; il funerale laico viene accompagnato dalle note del K477 di Mozart.
[...]
Le sue poesie giovanili, che erano piaciute Attilio Momigliano, furono dall'autore stesso distrutte.
Il Convegno di Trani si propone di riaprire il "caso Dell'Era". Di riportare l'attenzione su uno scrittore pugliese che nella sua produzione mai ha ceduto alla tentazione di produrre "merce" letteraria. E testimonianza dell'interesse che intorno a questo autore sta crescendo è l'alto numero di adesioni che sono giunte da tutta Italia per il convegno, tanto da doverne ipotizzare una prosecuzione a settembre, per un seminario di taglio però più specialistico.

Alessandra Falcolini



Martedì 4 febbraio 2003

Nel suo celebre sonetto "Le Guignon" (La disdetta), Baudelaire così tracciava il ritratto, per molti versi autobiografico, del genio solitario e ignorato:
"Qualche gioiello dorme sepolto
 Nelle tenebre e nell'oblio,
 Ben lontano da sonde e picconi,
 Qualche fior con rammarico effonde
 L'aroma dolce come un segreto
 Nelle solitudini profonde".
Questi splendidi versi potrebbero a buon titolo costituire l'epigrafe di una biografia dedicata allo scrittore barese Tommaso Dell'Era (1927-1997) poiché ne riassumono l'itinerario esistenziale, condotto tra la routine di un lavoro d'ufficio al Genio Civile (cui egli si adeguò nonostante avesse conseguito brillantemente la laurea in Lettere Classiche) e l'attività letteraria, quasi clandestina, coltivata con pazienza certosina tra le anguste pareti del suo studiolo domestico, quando le occupazioni familiari e le necessità materiali gliene lasciavano il tempo. Questo ritratto potrebbe ben adattarsi a quello di qualsiasi colto dilettante, ma Tommaso Dell'Era non può certo essere così definito poiché la sua opera, per vastità di interessi, qualità dello stile, capacità di penetrazione analitica è degna di stare alla pari con quella dei grandi della letteratura italiana del Novecento. Questo giudizio, che a prima vista potrebbe sembrare azzardato, trova una sua puntuale conferma non appena si analizzino attentamente le sue opere, che purtroppo furono perlopiù ignorate dalla critica o, addirittura, rimasero inedite. Il convegno "Omaggio a Tommaso Dell'Era" è nato. quindi, dalla certezza che l'opera di questo scrittore sia degna di considerazione e dal desiderio di riparare in qualche modo a questa situazione, purtroppo non infrequente nella storia della letteratura (basti pensare a "casi letterari" come Svevo, Tomasi di Lampedusa, Morselli). L'opera di Tommaso Dell'Era va quindi studiata e analizzata con estrema attenzione. ma soprattutto collocata in un contesto più ampio affinché possano essere messe in risalto la sua originalità estetica e la sua profondità teoretica, che costituiscono nello stesso tempo la radice della sua grandezza. ma anche la causa del suo misconoscimento.
Questo è quanto ha cercato di dimostrare l'autore di questo articolo nel suo intervento, mettendo in evidenza sorprendenti analogie tra alcune opere di Tommaso Dell'Era (in particolar modo quella d'esordio, "Un ficcanaso") e le modalità narrative del "Nouveau Roman", movimento letterario operante in Francia a partire dagli anni Cinquanta. Diciamo "sorprendenti" poiché lo scrittore barese non conosceva neppur per sentito dire i suoi colleghi d'oltralpe e quindi ebbe la capacità di compiere un percorso parallelo al loro nell'approfondire e rielaborare in maniera originale le intuizioni di Joyce, Kafka e Proust, autori che egli conosceva benissimo e amava.
Il professor Pasquale Guaragnella, invece, ha messo in evidenza nella sua relazione la "baresità" del nostro autore, ovvero la capacità di disegnare in due opere ("I cari baresi" e "I cavalieri di San Nicola") un ritratto arguto e ironico dei vizi e delle virtù dei suoi concittadini. Come si può vedere, quindi, Dell'Era riunisce in sé la complessità intellettuale di un autore di respiro europeo. ma nello stesso tempo rimane fedele alla sua identità geografico-antropologica, alla stessa maniera in cui Joyce nei "Dubliners" diede valore universale alle insignificanti vicende umane vissute nei quartieri periferici della sua "vecchia e sporca Dublino".
La capacità di Dell'Era nel cogliere il valore universale della classicità e applicarla alla comprensione del presente è stata brillantemente colta dal professor Corrado Petrocelli, che ha analizzato con finezza e scrupolo filologico due racconti appartenenti ad un'opera inedita, "Espero", i cui protagonisti assurgono al ruolo di simboli della condizione umana.
Il professor Pierfranco Moliterni, invece, ha analizzato alcuni passi di un'opera dedicata da Dell'Era a Mozart, sottolineando non solo la vastità dei suoi interessi musicali, ma anche la capacità di trasporre in termini di Scrittura la complessa armonia di questo grande musicista.
Il professor Daniele Giancane, infine, analizzando un'altra opera inedita, "Fiabe forse", ha messo in rilievo la particolarità di questi brevi racconti fantastici e il loro discostarsi dalle caratteristiche strutturali del genere fiabesco, ad esempio nell'evitare accuratamente il lieto fine o la narrazione degli antefatti, cui viene preferita, invece, una presentazione dei protagonisti con pochi e vividi tratti.
Il ritratto di Dell'Era come uomo è stato invece tratteggiato all'inizio dal figlio dell'autore, Alfredo, che ne ha ricordato la vastità degli interessi culturali, il temperamento combattivo e la profonda umanità: dalle sue parole emerge con forza l'immagine di un intellettuale che ha dedicato la sua vita ad una grande passione, ricevendone in cambio molto poco.
Il convegno dell'11 gennaio, però, ha fatto giustizia di tanti anni di oscurità e silenzio, ponendo le basi per un'azione di scoperta e di valorizzazione di questo grande scrittore italiano del Novecento. Fa ben sperare, in questo senso, l'azione di convergenza, quasi miracolosa, operatasi in breve tempo tra il Circolo Didattico "D'Annunzio" e il Comune di Trani, che hanno promosso l'iniziativa, e l'Università degli Studi di Bari, che vi ha partecipato con impegno, come dimostrano la presenza di ben quattro docenti in veste di relatori e dello stesso Rettore, Giovanni Girone, il quale ha svolto la funzione di presidente, coordinando gli interventi con grande autorevolezza.

Cosimo Strazzeri


Venerdì 24 gennaio 2003

Pioggia battente e vento furibondo sferzano le antiche gloriose mura del Monastero di Colonna in quel di Trani mentre una cospicua folla d'élite culturale s'affretta a riparare nella luce soffusa della Sala Convegni per assistere alla difficile operazione chirurgica su una persona due volte defunta: è forse lo spirito inquieto di Tommaso Dell'Era che batte là fuori mentre il figlio Alfredo, ricordando con accenni commossi le passioni e le amarezze paterne, incoraggia i cervelloni là riuniti a dare avvio al rito della rianimazione. Ed ecco la voce maschia del Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Bari Giovanni Girone che chiama a raccolta la sua schiera e distribuisce le parti.
Cosimo Strazzeri, storico della letteratura, bisticcia un po' col microfono, lo sostituisce, a metà discorso, perde un foglio della relazione, ma non si perde d'animo e parla a braccio con più efficacia e ci illustra mirabilmente con dovizia di argomentazioni e citazioni la vita italiana al Nouveau Roman trovata da Tommaso nel suo primo libro "Il ficcanaso": nelle citazioni gli presta la sua magnifica voce Donato Bottalico.
Lo spirito di Tommaso Dell'Era comincia ad alitare e s'insinua con forza nelle parole del secondo oratore, Pasquale Guaragnella, docente di Lingua e Letteratura Italiana all'Università di Bari, che ci illustra assai piacevolmente i due libri baresi dell'Autore, cioè "I cari baresi" e "I cavalieri di San Nicola": la caustica verve, le libere spregiudicate analisi antropologiche condotte con penna lieve e felice sollevano entusiastica partecipazione nell'uditorio attento e incantato.
Un breve intervallo per consumare uno stuzzichino un'olivetta innaffiati da acqua di sedano o di carota mentre nelle arcate si diffonde l'ineffabile melodia di Mozart, ed eccoci di nuovo inchiodati dalla travolgente oratoria di Pierfranco Moliterni, docente di Storia della Musica nella suddetta Università, che ci fa entrare a porte spalancate nella visione mozartiana dello scrittore, in quell' "e Mozart" che è la sua più complessa e riuscita scrittura pubblicata in vita: sarà la musica del grande Mozart, sarà l'eloquio alto dell'oratore, sarà la sua soffice chioma bianca che aggiunge autorevolezza alla voce rotonda e piena, certo è che Tommaso Dell'Era è bell'e resuscitato e tutti gli astanti ne avvertono il fiato, la presenza.
I due ultimi oratori, vivamente incoraggiati dal Magnifico Rettore, possono ora osare addirittura aprire le pagine segrete del redivivo e rivelarci due altre sue attitudini, una, per voce del bravissimo Corrado Petrocelli docente universitario di Filologia Classica, l'attenzione e lo studio del mondo classico con una bella prova recitativa di Donato Bottalico e di Raffaella Simone, l'altra con l'analisi attenta e plaudente di Daniele Giancane, docente di Letteratura per l'Infanzia presso l'Università suddetta, che ci dimostra di che levatura siano gli scritti fantastici di Dell'Era, non certo favole per bambini, ma fiabe per adulti vaccinati, come ci dimostrano subito dopo Raffaella Simone e Donato Bottalico che, a conclusione, ci leggono una gustosissima sapida pagina.
A Giovanni Girone l'ultima parola per dire che l'operazione è completamente riuscita, che il morto è resuscitato dall'oblio dei vivi, che anzi è uno dei nostri più grandi scrittori e che non cesseremo di interessarci di lui. All'uscita Tommaso ci accoglie con uno scroscio e uno sbruffo che piega gli ombrelli: è il solito dubbioso burlone!

Maria Marcone


Venerdì 21 febbraio 2003

Nella storia della letteratura mondiale sono frequenti i casi di scrittori, la cui opera è stata ingiustamente ignorata in vita per essere rivalutata post-mortem.
Uno di questi artisti negletti e incompresi fu lo scrittore barese Tommaso Dell'Era, scomparso a 70 anni nel 1997, cui è stato dedicato un convegno svoltosi al Monastero di Colonna. L 'iniziativa è stata organizzata dall'Assessorato alla Pubblica Istruzione dell'Amministrazione comunale, in collaborazione con il 3 ° circolo didattico "D'Annunzio" e con il patrocinio dell'Università degli Studi di Bari.
Il convegno è stato presieduto dal Magnifico Rettore dell'ateneo barese, prof. Giovanni Girone, che ha definito Tommaso Dell'Era "un ingegno poliedrico e versatile", abile nel trattare temi fra loro diversissimi, come i viaggi, la musica, la cultura classica e la favolistica. Il prof. Girone ha, inoltre, indicato nella funzione di analisi e di approfondimento dell'uomo e letterato Dell'Era la finalità principale di questo convegno durante il quale, attraverso le relazioni di illustri personalità del mondo culturale ed accademico pugliese, si è cercato di far luce su un personaggio (qual era Dell'Era), ignorato dal grande pubblico, sottovalutato dalla critica e alieno alle leggi del mercato editoriale.
I lavori sono stati inaugurati da Alfredo Dell'Era, giurista e figlio dello scrittore, che ha rievocato le tappe salienti della vita e della carriera del padre, la cui vena letteraria non si affievolì nemmeno quando la salute incominciò a vacillare. Infatti, nella fase conclusiva della sua vita, scrisse con un ritmo febbrile numerosi testi tuttora inediti.
Il battesimo letterario di Dell'Era avvenne tardi, nel 1969, a 42 anni, con "Un ficcanaso", opera commentata durante il convegno-omaggio da Cosimo Strazzeri, storico della letteratura e dirigente scolastico del 3° Circolo didattico "D'Annunzio". "Un ficcanaso" è il resoconto di un viaggio compiuto dall'autore in giro per l'Italia. Durante il viaggio l'autore vive esperienze nuove, visita luoghi sconosciuti e conosce molte persone, ma mantiene sempre l'atteggiamento anticonformista e anticonvenzionale, che lo contraddistingue.
Cosimo Strazzeri ha definito l'opera "originale, moderna ed interessante", perché riflette l'originalità estetica e la profondità di teorica, che costituiscono la radice della grandezza letteraria di Dell'Era. Il viaggio attraverso lo "stivale" spinge Dell'Era a un bilancio lucido e disincantato sulla sua vita, tra passato e presente.
Se Cosimo Strazzeri ha rievocato Tommaso Dell'Era come viaggiatore, Pasquale Guaragnella, docente di lingua e letteratura italiana, ha tratteggiato lo scrittore barese, in veste di antropologo. Infatti, Guaragnella nel suo intervento ha analizzato "I Cari Baresi" (1971) e "I Cavalieri di San Nicola"( 1992), editi (come tutte le opere di Dell'Era) presso l'editore Schena di Fasano. Il primo è un saggio umoristico e satirico sulla sua città, Bari e sui suoi abitanti, di cui coglie con occhio, insieme distaccato e partecipe, vizi e virtù, pregi e difetti. Il prof. Guaragnella ha evidenziato l'attualità di quest'opera, nonostante sia stata scritta oltre 30 anni fa. Il barese dei primi anni settanta è arrivista, polemico, presuntuoso, godereccio e affabile come quello del Terzo Millennio. Per entrambi la massima realizzazione è il successo negli affari. I baresi, suoi concittadini sono presenti anche ne "I Cavalieri di San Nicola" (1992), rievocazione storica e fantastica, commossa e sorridente del trafugamento delle reliquie del Santo.
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L'omaggio che Trani ha voluto tributare a Tommaso Dell'Era è il primo passo per un più ampio riconoscimento a livello nazionale del valore di quest'uomo, che nonostante il talento indiscusso e la vasta cultura, non riuscì mai ad uscire dall'anonimato.

S. V.



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