seconda di copertina di STORIA
DI CRISTO con la firma autografa
dell'Autore (1926) |
Iniziò in modo del tutto
singolare, e assolutamente "futurista", l'avventura
del Futurismo in Toscana: da una rissa da bar. Nel giugno del
1911, su la Voce, Soffici aveva stroncato la mostra di Boccioni
e compagni vista al Padiglioni Ricordi di Milano. Una settimana
dopo Boccioni, Russolo, Marinetti e Carrà scendevano a
Firenze in assetto di guerra e al caffè delle Giubbe Rosse
ingaggiavano con i vociani la famosa "scazzottata",
presto seguita da una riconciliazione tanto intensa e sentita
che Lacerba, la rivista fondata nel gennaio del 1913 da Papini
e Soffici, già nei suoi primi numeri divenne di fatto
una sorta di organo ufficiale del Futurismo, e prestò
le sue colonne a un dibattito di alto livello, di respiro nazionale
e internazionale.
Firenze diventava così, con Milano e poi con Roma, uno
dei poli maggiori del Futurismo, che di qui si sarebbe irradiato
all'intera Toscana e, negli anni 30 a Livorno soprattutto. |
La mostra che la città
di Livorno, con la Fondazione Primo Conti di Fiesole, dedica
al Futurismo nei suoi sviluppi toscani, ripercorre dunque sentieri
"storici", battuti dai protagonisti di quell'avanguardia.
E lo fa esplorando per la prima volta tutti i versanti in cui
dilagò il Futurismo, nella sua volontà di radicale
"ricostruzione dell'universo". Così, nelle sale
opulente di Villa Mimbelli (allestite in modo eccellente, visto
che ori, stucchi e damaschi tardo ottocenteschi sono del tutto
neutralizzati, pur restando visibili sullo sfondo) sono di scena
i dipinti e le sculture, mentre negli altri edifici di quel complesso,
che è sede del Museo Fattori si dipanano i percorsi attraverso
l'architettura, la letteratura e la pubblicistica, il cinema,
il teatro e la musica. Quasi 700 pezzi, raccolti dai curatori
delle singole sezioni (Mauro Pratesi, Ezio Godoli, Giorgio Luti,
Mario Verdone e Daniele Lombardo) sotto la regia di Enrico Crispolti
e distribuiti lungo un trentennio, a partire dalla "Esposizione
di pittura futurista di Lacerba" dell'inverno 1913 e dalla
mostra fiorentina di sculture di Boccioni della primavera successiva
(documentata da bellissime fotografie d'epoca), passando attraverso
il lavoro di Soffici, con grandi pannelli murali che dipinse
per casa Papini a Bulciano, presso Arezzo; alle opere di Rosai,
Primo Conti, Russolo, Sironi, Balla, Baldessari, Depero, Evola,
tutti presenti nella grande mostra futurista che si tenne a Firenze
nel 1919, giù, attraverso gli anni 20 e 30, fino all'epilogo
del 1944, quando morì Marinetti e con lui si sciolse la
militanza dell'ultima generazione futurista.
Ecco allora Thayaht, (il fiorentino Ernesto Michaelles), autore
di sculture dall'aspetto futuribile e inventore della "tuta",
indumento rivoluzionario che battezzò così, levando
una lettera alla parola tutta ; il fratello Ram (Ruggero Alfred
Michaelles), eterodosso anch'egli, con le sue immagini futuriste
"contaminate" di novecentismo, e un personaggio singolare
come il livornese Virgilio Marchi. Architetto e scenografo, ideatore
di architetture sghembe e visionarie, fondate sui principi del
"dinamismo plastico":
Da non perdere, poi, la sezione della letteratura, ricca di documenti
preziosi: autografi, lettere e fotografie, tavole parolibere
e numeri della Voce e di Lacerba, dai quali Papini, Prezzolini,
Palazzeschi, Soffici, Folgore e compagni scagliavano i loro strali
contro il conformismo borghese.
- Catalogo Silvana Editoriale-
Da Il Sole 24ORE - Domenica
27 febbraio 2000 - di Ada Masoero
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