Chi l'avrebbe mai detto! Caterina Parrini,
classe di ferro 1940 (come dicevano i suoi fratelli), colf ad
ore, si trovava in prima fila proprio accanto al sindaco, al
parroco, e alle altre autorità. Non solo! Al momento del
taglio del nastro, il sindaco volle che fosse lei a farlo. Era
tutta rossa e tremava per l'emozione ma anche per la soddisfazione.
Si era fatta un cappotto nuovo, grigio spigato e sfoggiava un
colletto di pelliccia ampio che le aveva regalato la signora
presso la quale lavorava.
Il nastro cadde, tutti batterono le mani calorosamente ed entrarono
nel parco. Nel primo parco della loro cittadina.
Erano stati predisposti dei tavoli con un piccolo rinfresco;
al muro risplendevano, illuminati dal sole, i disegni a colori
vivacissimi dei bambini delle elementari.
Cominciarono alcuni discorsi di circostanza da parte del sindaco,
del parroco e della marchesa. Tutti fecero cenno all'attività
svolta da Caterina. Ogni volta che il suo nome veniva pronunciato
si levava uno scroscio di applausi. Finì per commuoversi
e mettersi a piangere. Per fortuna il rinfresco riportò
le cose alla normalità.
Con un bicchiere in mano ed un salatino in bocca, Caterina ammirò
il "suo" parco. Aveva la forma di un triangolo dai
lati quasi uguali. Era piccolo e forse non era il caso di chiamarlo
parco! Ma possedeva un bel boschetto di querce, delle siepi di
alloro che formavano una specie di stella, ed un prato assolato
di fronte ad una piccola costruzione. Il comune aveva provveduto
a mettere panchine e illuminazione e a sistemare i vialetti.
Sul cancello di ingresso era stato lasciato lo stemma della marchesa.
I cittadini avevano preso subito possesso del parco sciamando
ognidove. I più stavano sul prato al sole. La temperatura
era rigida, tipicamente invernale ma il sole aveva voluto essere
presente a questo avvenimento. Caterina godeva anche della bella
giornata; le sembrava che lì il sole fosse più
splendente e il cielo più terso, più azzurro. I
bambini erano, ovviamente, i più felici e già si
rincorrevano e giocavano. Pensò al nipotino che presto
l'avrebbe fatta nonna e per il quale si era gettata in quell'avventura.
Lontano andò la sua mente..... fino all'infanzia al mare.
Al suo paese proprio oggi festeggiavano "la primavera a
mare": le barche prendevano il largo e gettavano ghirlande
sotto gli occhi di tutti dalla riva. Poi sulla piazza veniva
distribuito pesce fritto, pane abbrustolito e condito con olio,
vino a volontà. Finiva sempre con balli, canti e scherzi.
Ma la vita era dura gli altri giorni e i suoi erano venuti in
questa cittadina più a nord. Qui si era fatta grande e
da marito.
Caterina sospirò più volte e riportò la
sua attenzione al parco.
Cercò il parroco; voleva fargli ammirare la meridiana
che c'era sulla costruzione e farsi tradurre la scritta in latino.
-Qui c'è l'ombra ed il sole, insomma c'è tutta
la vita cara Caterina. Ora che finalmente c'è un parco,
spero di campare un altro poco! Te che ne dici?- Era bello sentirsi
dire così dal Sig. Alfonso, maestro in pensione da tantissimi
anni, presto avrebbe festeggiato gli ottantanni.
Tutti avevano da dirle qualcosa, da farle festa e complimenti:
una sottile malinconia si stava impadronendo di lei, già
la sua mente ritornava al vivere quotidiano carico di affanni
e di problemi. E proprio dal più grosso, enorme, terribile,
pazzesco, problema della sua vita era nata anche una vita tutta
nuova. Ma di questo Caterina parlava malvolentieri, eran cose
tanto delicate e riservate che toccavano nel profondo.
La festeggiata non era solo lei ma anche le altre donne che strada
facendo aveva incontrato e coinvolto nell'impresa "parco".
E anche diversi uomini dai quali avevano avuto aiuto, consigli.
Pochi, a dire il vero, avevano creduto in loro. Certo qualcuno
si era dimostrato "stupito" quando alle loro riunioni
non aveva sentito chiacchiere da donne come pensava......
Come tutte le feste anche questa era finita; alla spicciolata
tutti uscirono e per oggi il parco rimarrà ancora chiuso,
ma da domani ognuno potrà scegliere di stare all'ombra
od al sole.
Nella vita non era così, pensava Caterina, si vorrebbe
stare sempre al sole, ma arrivano anche tante ombre: a volte
sono cercate.... più spesso.... arrivano e basta.
Le donne del Comitato si abbracciarono e baciarono. Luana fatti
pochi passi si fermò di botto, si girò indietro
per chiedere: -quando ci troviamo?- Le parole le morirono in
gola. Non c'era più da trovarsi, l'obbiettivo era stato
raggiunto; già non c'era più motivo di trovarsi.
Eppure...
L'incontro con Caterina era stato proprio buffo! Si erano scontrate
ad una angolo con le biciclette; tutte e due cariche di sporte
della spesa, tutte due di corsa e già con la mente a cosa
cucinare: la spesa dell'una e dell'altra si era sparsa per ogni
dove per la strada, fermando il traffico. In fretta e alla rinfusa
avevano raccolto insieme mettendo tutto nelle borse senza dividere.
Luana aveva invitato a casa sua Caterina per riprendersi ognuna
la sua spesa. In casa avevano finito per ridere della scena,
per medicarsi e per presentarsi. E chissà come venne fuori
la storia del parco donato dalla marchesa al Comune ma che nessuno
si decideva a far sistemare ed aprire.
-Perché, lei che è professoressa non scrive una
letterina ben fatta al Comune. Lei ha studiato, lei saprà
di sicuro anche a chi mandarla.-
-Lo chiederò alla mia amica Piera; lavora proprio in Comune.-
Luana fu di parola e poiché Piera abitava proprio nelle
vicinanze del parco, si dette subito da fare, la cosa la interessava
da vicino. E così erano già in tre, anzi in quattro
perché Caterina giorno dopo giorno, aveva rimesso entusiasmo
anche nella marchesa, la donatrice.
Per fortuna la casa era ancora silenziosa;
Caterina si levò in fretta i vestiti della festa e indossò
una vecchia gonna lunga e il solito golf bordeaux. Seduta sul
letto cominciò a scrivere una lettera alla sua amica.
" Cara Antonietta
quello che mi è capitato oggi è stato così
bello che o pensato di fartelo sapere. O fatto aprire io il parco
che la marchesa dove lavoro aveva regalato al comune ma lui non
ne faceva nulla lo teneva lì a riempirsi di erbacce e
poi cascava anche il muro di cinta. Quando sarà nato il
mio primo nipotino lo potrò portare a prendere una boccata
d'aria visto che in casa siamo tanto stretti non ciabbiamo nemmeno
un terrazzino. Come sai o dovuto cambiare casa questa è
tutta umida e piena di muffa. Ma, ringraziando il Signore, sempre
una casa è; non siamo per la strada come i disgraziati.
Credo di aver fatta la mia bella figura accanto a tutte le persone
importanti della città e il nastro lo tagliato con le
mie mani, sai il nastro che mettono per le nagurazioni come si
vede alla televisione che fanno anche i ministri. Sinceramente
non sono stata solo io a farlo aprire, io ho avuto l'idea per
via del mio nipotino, ma tante signore mi hanno aiutato. O conosciuto
tante donne e a parte la soddisfazione di aprire il parco mi
a fatto tanto piacere parlare con queste signore molte anche
struite perfino professoresse e maestre o che lavorano negli
uffici che contano. Eravamo giovani e vecchie insieme molte fanno
parte di gruppi che io non sapevo nemmeno esistessero al momdo.
Cosa vuoi che ti dica Antonietta forse aveva ragione la mia mamma
che tutto il male non vien per nuocere. Mi sembra di aver aperto
gli occhi solo ora sulle cose che ci sono nel mondo. Te non ci
crederai ma o cominciato anche a leggere dei libri che mi ha
prestato una di quelle signore e poi a lavoro dalla signora marchesa
tutti i giorni vuole che sia io a leggere il giornale e lei capisce
subito da come leggo se o capito o no, se no me lo spiega. Così
ora so un sacco di cose non che siano molto belle anzi il mondo
pare vada tutto di traverso ma non so come spiegarti, te lo dirò
a voce quando vengo al paese. Come era la festa da voi oggi?
credevi melo fossi dimenticata? Mi pare di mangiarlo il pesce
fritto in piazza.
Ti o voluto tenere allegra e contenta perché dice che
le disgrazie a rammentarle vengono e poi non si può star
sempre a piangere però cio un gran macello cara Antonietta
e vivo in una grande angoscia. Questa angoscia dice il dottore
mi fa ingrassare e io mi vergogno anche di questo che mi fa ingrassare
e non diventare la statua del dolore tutta patita. Ma forse è
meglio così perché nessuno se ne accorge e non
mi domanda e io non devo raccontare le mie tristezze che mi fanno
piangere giorno e notte. Quando stavo con tutte le signore non
piangevo e non ci pensavo.
Ti ricordi quando la maestra ci diceva che l'unione fa la forza
che in compagnia prese moglie un frate forse questo lo diceva
tua zia Anselma o che le bambine sono uguali ai bambini? era
vero.
Salutami tutti e scrivimi tanto noi gli errori non li correggiamo
perché non li vediamo! Baci a Pasqualino. tua amica Caterina"
La rilesse due o tre volte, la chiuse
bene bene e la infilò subito in borsa per non lasciarla
a giro e non dimenticare di impostarla. Faceva fatica a ricalarsi
nella casalinga ma pensò, sorridendo, che domani poteva
passare un attimo dal parco e fermarsi, sempre un attimo, a scambiare
due chiacchiere con qualcuno sulla panchina.
Un attimo..... ma aveva scoperto che, non sapeva dirlo cosa provava,
ma si sentiva meglio e quell'attimo tutto per sé, le dava
la carica per tutti gli altri attimi di cui era fatta una giornata.
L'indomani la marchesa le fece un regalo
strepitoso!
-Caterina vestimi, per favore. Usciamo, andiamo al parco a vedere
se davvero la gente sentiva il bisogno di questo spazio verde.-
Caterina quasi volava leggera mentre preparava la signora e ancora
più allegramente spinse la carrozzella fino al cancello.
Salutarono il dr. Brettoni, gran politicante, e Caterina non
resisté alla tentazione di fare un accenno alla sua mancanza
di aiuto per quel parco.
Era stata incaricata Liliana di contattare il dr. Brettoni visto
che suo marito lo conosceva e che anche lei si occupava di politica.
Liliana tornò infuriata da quel colloquio; le guance arrossate,
sventolando le sue lunghe mani un po' sotto il naso di tutte
gridava: -Sapete? o passiamo tutta l'idea al suo partito che
gestirà la cosa anche per farsi propaganda, oppure ci
metteranno i bastoni fra le ruote. Era scandalizzato che io,
simpatizzante di un altro partito, fossi andata a chiedere collaborazione
per qualcosa che serve a tutti i cittadini! E' un modo di fare
politica che mi fa andare su tutte le furie.-
Che riunione di fuoco fu quella! Persino Ornella si era scaldata.
Lei con l'aria eternamente incantata. Forse erano gli occhioni
azzurri azzurri e una gran massa di capelli quasi rossi, la statura
piccola, la figura minuta o il fatto che facesse la pittrice
a darle quell'aria. Non si era sposata; aveva dedicato la sua
vita alla mamma anziana e inferma permettendo così ai
suoi fratelli di "farsi grandi, istruiti, ricchi e.... dimentichi
di me" come diceva lei, senza rancore e tutta sorridente.
Aveva cominciato a dipingere stando accanto alla mamma nella
grande camera. Il parco le sembrò una idea magnifica per
andare a dipingere all'aperto. Confessò anche che sperava
di farsi notare e trovare un marito per andare a fare dei bei
viaggi in compagnia.
Invece andò a finire che diversi politici ci misero il
cuore in questo affare del parco, proprio coinvolti dall'entusiasmo
di Caterina e amiche.
Il primo uomo che entrò a partecipare non fu un politico,
ma il parroco al quale Milena aveva chiesto la disponibilità
di una stanza . Ormai erano in tante e nelle case ci stavano
un po' strette e a trovarsi fuori faceva freddo. Non solo concesse
la stanza, ma stette lì con loro, fornì consigli
e tanto incoraggiamento; dietro lui arrivarono i giovani con
tutta la loro allegria, fantasia, inventiva, voglia di rendersi
utili.
Ed erano proprio i giovani la presenza più significativa
e più... rumorosa nel parco quando arrivarono Caterina
e la marchesa.
Caterina aveva scoperto mondi nuovi, volti
nuovi, realtà fino ad allora sconosciute, collaborazione
e solidarietà ma quello che più l'aveva colpita
è che ogni donna ogni uomo era un mondo! Una storia unica,
singolare e che ricchi e poveri avevano in comune gioie e dolori,
affanni e speranze; ognuno le sue, è vero, ognuno diverse,
è vero, ognuno portava il suo fardello ma si potevano
anche portare insieme questi pesi e gioire insieme delle cose
belle.
Per esempio. La storia della signora marchesa l'aveva trovata
incredibile. Dietro ogni facciata di casa, sia questa un palazzo
od una stamberga, ci sono tanti misteri gaudiosi, dolorosi e
gloriosi. Difficilmente vengono alla luce, il pudore li fa tenere
ben stretti almeno che la vita con le sue vicende tragiche, a
volte, non li porti alla ribalta, alla mercé di tutti
come era successo a Caterina. Si era sentita denudata, violentata,
messa in pasto alla curiosità, alla pietà, alla
commiserazione della gente. Dove aveva trovato la forza per proseguire?
Altro fatto invece, è condividere tutto ciò con
dei compagni di viaggio che ti aprono anche il loro cuore....
cuore più delle volte ferito come il tuo, magari solo
in maniera diversa.
Questo a Caterina era sembrato di trovare in quello strano gruppo
che si era formato intorno ad un parco fatto a triangolo con
zone al sole e zone all'ombra.
La storia della marchesa nessuno la conosceva: e sì che
la marchesa, essendo l'unica aristocratica della città,
era ben conosciuta da tutti. Ma conoscevano la facciata.
La raccontò lei stessa un giorno che erano tutti giù
di corda e le difficoltà sembravano aumentare invece che
diminuire.
Non era nata marchesa, anzi nemmeno signora, ma povera in canna
ed orfana di tutti e due genitori molto presto, e costretta a
sbarcare il lunario. A Caterina di tutto il lungo racconto era
rimasto impresso l'incontro della "poveretta" con il
marchese suo futuro marito. Era l'inizio della stagione di caccia,
Maria (poi marchesa Maria) era stata chiamata dalla fattoressa
ad aiutarla per l'arrivo dei cacciatori come tutti gli anni.
La giornata passò nei preparativi degli alloggi per "i
signori cacciatori", per i cani e per i fucili che la fattoressa
dopo un incidente pretendeva fossero tenuti in una stanza apposita,
chiusa a chiave. Verso il tramonto la strada si animò
del trotto dei cavalli, del latrare dei cani, delle grida di
saluto e di richiamo. Fece la sua comparsa, con gran stupore
di tutti, la prima automobile. A guidarla c'era il marchese,
bello, sportivo, elegante e compiaciuto di essere al centro dell'attenzione.
L'aria intorno alla fattoria si era fatta elettrica, eccitata,
carica di aspettative. Solo chi ha vissuto, diceva la marchesa,
la vigilia dell'apertura della caccia, può capire. Prende
tutto e tutti. Oggi la caccia è diventata "fuorilegge"
ma allora... era carica di ritualità.
Maria ebbe un gran da fare a servire nelle
camere di quei signori eccitati, agitati, esagitati, esigenti.
Solo il marchese non perdeva la sua calma : -Per questo solo
lui mi notò subito la sera stessa. Mi notò anche
il giorno dopo quando tornarono carichi di selvaggina e stanchi,
sudati, impolverati e dovevo correre come una forsennata per
l'acqua calda. Mi notò la mattina della partenza sempre
affannata a portar bagagli. Domandò di me alla fattoressa
e tornò più volte, finché, con tutta semplicità,
come se fosse la cosa più normale di questo mondo, mi
chiese se volevo sposarlo.-
Ma anche "l'epilogo", come lo chiamava la marchesa,
accese la fantasia di Caterina e non solo la sua.
Maria, ormai vedova, ricca, marchesa, colta, introdotta nella
migliore società, perde la testa per il suo giovanissimo
amministratore, appena arrivato in villa. Maria gli fa una corte
sfacciata e pressante; il giovane all'inizio diffida, poi acconsente.
Decidono di sposarsi, lontano, in Comune al paese di lui. Partono,
si sposano. La sera si fermano, sulla via della luna di miele,
ad un albergo fuori mano. Nessuno sa dove sono e perché
sono partiti. Il giovane marito tenta di ucciderla; non ci riesce
; lei rimarrà inferma su una carrozzella per sempre; lui
finisce in prigione con una condanna di 15 anni: non fa nemmeno
una piega. Ma quando si rende conto che pur essendo il marito
della marchesa, non erediterà nulla per indegnità,
si impicca in cella. Amaro il commento della marchesa: -Non mi
regalò neppure una notte d'amore!-
In città tutti seppero di un incidente di macchina dove
l'amministratore era rimasto vittima e la marchesa invalida.
E' incredibile: si dice che le donne sono incapaci di tenere
un segreto: eppure, senza mettersi d'accordo, nessuna raccontò
mai niente. La storia della marchesa rimase dietro la facciata,
e nei loro cuori.
Il maestro in pensione trovò un'idea
che ebbe poi un gran seguito, e una grande utilità per
la cittadina.
Una bella mattina, sotto il piccolo portico che impreziosiva
la casetta dentro il parco, apparve un manifesto con una poesia
a firma del maestro: inneggiava alla vita, alla natura, all'amore.
Apparvero poi, dediche, annunci, iniziative, appuntamenti, scambi,
organizzazioni di gite o di raccolte per qualche necessità.
Così al parco ci si andava anche per vedere che c'era
di nuovo in città. C'era poi Mimma che con delle strisce
prendeva bonariamente in giro un po' tutti. Qualche pittore espose
i suoi quadri che ritraevano il parco e i personaggi quasi fissi
del parco. I ragazzi "provavano" le loro orchestrine.
Ma poi dopo tre mesi due avvenimenti luttuosi
vennero a turbare e ferire il parco.
Accadde di notte. L'acqua aveva scrosciato
ininterrottamente e violentemente per tutto il giorno. A sera
pareva tornato tutto calmo. Ma ricominciarono tuoni e lampi in
un gran crescendo senza più piovere. Un fulmine colpì
l'albero più alto del parco e da lì partì
un incendio. Per fortuna i danni furono pochi perché era
piovuto. Ma la gente rimase colpita nel vedere quell'alberone
ferito a morte.
Più grave e più drammatico quello che successe
qualche giorno dopo.
Il Sig. Piero, addetto alla pulizia del parco, vide dentro al
boschetto qualcosa dentro a dei cartoni: era un ragazzo giovane
che dormiva. Lo riconobbe per uno di quelli che frequentava spesso
il parco giocando a palla a volo, non sapeva il suo nome ma la
faccia gli era familiare. Per quanto gli sembrasse strano e fosse
proibito, il Sig. Piero lo lasciò fare e scosse la testa
pensando alle stranezze dei ragazzi di oggi. Finì tranquillamente
il suo lavoro e si portò nel boschetto per svegliare il
ragazzo e rimproverarlo. Purtroppo era morto per overdose.
La droga , in questo modo drammatico, entrava per la prima volta
nella vita della cittadina.
I fogli sotto il portico per giorni e giorni furono pieni di
messaggi su questo argomento, non c'erano più le strisce
comiche e neppure gli scambi di gattini o cuccioli di cani.
La vita del parco si fece seria, sia nelle zone all'ombra che
in quelle al sole.
Le donne del Comitato si ritrovarono per parlare, sembrava loro
impossibile che il parco fosse stato testimone della fine tragica
di una giovane vita, facevano fatica ad accettarlo. Ora vi si
entrava quasi in punta di piedi e lo sguardo correva subito,
non più al portico o ai fiori che erano spuntati in qua
e in là, ma al boschetto. La mamma del ragazzo veniva
spesso a portare dei fiori nel punto in cui si era addormentato
per sempre. Decisero di avvicinarla e porgerle il loro aiuto,
la loro comprensione, simpatia, compagnia. Temevano un rifiuto
un chiudersi ancora di più di questa mamma, invece.....
pareva non aspettasse altro per non sentirsi nella vergogna,
nell'isolamento. Parlò, parlò e parlò nella
speranza di salvare altre giovani vite. Trovò la forza
anche di prendere delle iniziative per i giovani più in
pericolo.
Caterina disse: -Le disgrazie affinano e aprono il cuore. Anche
a me è successo così. Certo sarebbe meglio non
venissero.-
Parlarono a lungo con la marchesa di ciò che era successo.
Caterina si fece questa idea : è vero la città
è fatta di tante singole persone con la loro individualità
e storia, ma tutte insieme formano una cosa unica, come un corpo.
E in questo corpo ognuno può far circolare sottili veleni
che portano alla distruzione o benefici ricostituenti che lo
fanno crescere, diventare più sano, lo salvano. Aveva
capito giusto? Non lo sapeva ma certo ora si sentiva non "appiccicata"
alla gente quasi con un senso di fastidio, non in lotta contro
di loro, ma guardava con un occhio nuovo come se fossero, non
dico parte di sé stessa, ma parenti stretti sì.
Sorrise all'idea dei parenti stretti: lì in città
non ne aveva nemmeno mezzo.
E tutto il mondo funzionava nella stessa maniera?
Sopraggiungeva la bella stagione, le giornate
più lunghe fecero venire l'idea di chiedere al comune
di posticipare la chiusura del parco. La sera i profumi del parco
erano più intensi e già apparivano e scomparivano
le lucciole. I ragazzi facevano gli eterni giochi chiamandosi
e rincorrendosi. Le conversazioni degli adulti, invece, si facevano
più quiete, più sottovoce e gli argomenti non erano
l'attualità ma ricordi intervallati da sospiri. Qualcuno
accennava ad una canzone, si sa, le canzoni hanno un forte legame
con i ricordi; si evocano a vicenda.
Per Caterina si avvicinava a gran passi il momento di diventare
nonna. Alternava giornate di immensa gioia e le sembrava già
di stringersi al seno quella nuova vita, canticchiava e ripassava
nenie e cantilene che non cantava più da venticinque anni!
A giornate di angoscia nel terrore che tutto non andasse bene,
che il bambino non nascesse normale, che lei non fosse più
all'altezza di aiutare la figlia o peggio che la figlia non volesse
il suo aiuto. Raramente a Caterina veniva lo sconforto di sentirsi
vecchia, di avvertire la tristezza del tempo che passa che si
mette a correre sempre di più. Ma di fronte ad una nuova
vita era diverso.
Il gran giorno venne e con esso la sorpresa: a Caterina arrivarono
non uno ma due nipotini. Già erano gemelli e non se ne
erano accorti.
Una bocca in più in casa di Caterina nella situazione
in cui si trovavano, non era uno scherzo da poco, ma avevano
accettato con gioia. Ora dovevano di nuovo rifare i conti e rimboccarsi
le maniche più e più volte. Il tam-tam delle amiche
e amici funzionò a meraviglia. Nel giro di una giornata
era stato trovato tutto l'occorrente per due fantastici gemelli.
E fu con una carrozzina doppia che Caterina il 15 luglio varcò
il cancello del parco.
Aveva scelto l'ora dell'apertura, la mattina presto, non solo
perché l'ora era più fresca, più pulita,
più quieta. Voleva dare solennità a questo ingresso
e desiderava di essere da sola con i suoi nipotini. Si sentiva
un po' ridicola e quindi non l'aveva detto a nessuno, ma da giorni
e giorni, mentre si affaccendava intorno ai piccoli pensava ad
un "discorso" da fare loro, in quel parco.
Si portò all'ombra del portico; sedette sugli scalini;
tirò giù il soffietto delle carrozzine e li guardò
e li riguardò, li ammirò:
-Siete belli da morire, non ce ne sono al mondo come voi, parola
di nonna Caterina. Volevo dirvi, cari i miei batuffolini, che
sono fiera di voi.- Non sapeva più andare avanti. Si guardava
intorno smarrita . Seguiva il volo degli uccelli e il leggero
dondolio degli alberi mossi dal venticello; leggeva e rileggeva
la breve poesia che il maestro aveva trascritto in ricordo di
un suo amico morto. Diceva :
E' la Notte la mia luce e la mia
gioia
vera fede è il non conoscerti
sapere solo che Tu mi conosci
fa di me la mia essenza.
Troppo difficile per lei; ci sarebbe voluto
la marchesa a spiegargliela, ma il suo istinto le diceva che
parlava di speranza ed era proprio questo che voleva dire ai
suoi batuffolini.
Sbuffò per tutti questi scrupoli che le erano venuti di
non essere capace di parlare a due marmocchietti e per di più
sangue del suo sangue, che diamine!
-Nonna non ha nulla da lasciarvi, nemmeno
una poesia o belle parole; vi lascia questo parco con tutto l'amore
che ci ha messo.
Ed è contenta perché non ne godrete da soli ma
insieme a tanta altra gente.-
Si sentì spossata e sollevata insieme:
chissà come sarebbe stata la vita dei suoi nipotini......
Loro dormivano beati, Caterina sognava anche lei beata. Per lo
meno nei sogni poteva far andare tutto liscio come l'olio. Ma
anche nella realtà cercava con tutte le sue forze di far
"quadrare" la vita.
-Salve Caterina. Come va?-
-Contentiamoci dell'onesto!- |