L'ISPIRAZIONE
DELLA BIBBIA
di Fausto Salvoni
CAPITOLO IX

BIBBIA E ARCHEOLOGIA

Bibliografia :

Cf R. Leconte, Perspectives bibliques, Tounnari 1946

Interessantissima la collana Bible et Archéologie edita da Delachaux - Niestle sotto la direzione del Parrot, in parte tradotta anche in italiano (Edizioni Paoline).

W.F. Albright , L'Archeologia in Palestina , Firenze 1957; From the Stone Age to Christianity, New York 1957.

A.G. Barrois , Manuel d'archéologie biblique , Parigi 1939.1953.

D. Winton Thomas , Archeology and Old Testament , Oxford 1967.

J.B. Pritchard , Archeologia e Antico Testamento , Firenze 1964.

R. De Vaux , I patriarchi ebrei e la storia , Paideia 1967.

C.H. Gordon , Il V.T. e i popoli del Mediterraneo , Brescia, Morcelliana 1959 (per i patriarchi pp. 108-128).

Sir Federic Kenyon , Archeologie in the Holy Land , Londra 1960.

Meno importanti (perché troppo apologetici) i volumi di W. Keller (La Bibbia aveva ragione , Milano 1956), di Marston e di Horn (Pietre che parlano ).

Buono il già citato volume del Montagnini , La Bibbia oggi , La Scuola, Brescia.

Utilissimo per abbondanza di materiale esposto in modo sintetico è il prezioso volumetto d A. Läpple , La Bibbia oggi , Edizioni Paoline, Roma 1972 con abbondanti foto, cartine e schemi pratici.

L'archeologia ha operato un'altra rivoluzione, simile alla copernicana. Fino al secolo XIX l'ebraico era ritenuto la lingua più antica parlata dall'umanità. Il popolo di Dio esisteva sin dall'origine della civiltà e l'Antico Testamento, il testo più antico, presenta la vera storia dell'umanità. Ma da poco più di un secolo fa, quando Champollion nel 1822 riuscì a decifrare il primo testo geroglifico, nuovi mondi furono riesumati dalle sabbie orientali che ne ricoprivano le rovine. La Mesopotamia (ad opera specialmente del console a Mossul Paul Emile Botta) ci presenta i resti dei palazzi e le biblioteche dei più terribili conquistatori assiri, come Tiglat-Pileser, Sargon e Sennacherib. In seguito altre nazioni: Inghilterra, Germania, America (la Russia restò assente) cercarono a gara di scoprire i tesori dell'antica Mesopotamia. Importante per il nostro studio il rinvenimento della biblioteca di Assurbanipal, con le sette tavole dell'Enuma Elish, poema cosmogonico, e le dodici dell'epopea di Gilgamesh, nella quale si trovò un racconto del diluvio assai vicino a quello biblico. Accanto all'Assiria e alla Babilonia apparve l'antica civiltà sumera con le tavolette rinvenute a Lagash, a Ur e a Nippur, dove si trovarono due antichissimi codici di leggi: quelli di Lipit-Ishtar e Ur-Nammy, anteriori alla nota stele di Hammurabi, rinvenuta a Susa nel 1902, con un codice di leggi in molti punti affini a quelle bibliche.

All'inizio di questo secolo gli archeologi compirono scavi a Bogazköi, l'antica capitale degli Ittiti, mettendo in luce oltre 20000 tavolette dalle quali si riuscì a conoscere la potenza di un impero del tutto dimenticato, ad eccezione delle scarse notizie bibliche, che prima si ritenevano leggendarie. Nel 1925-1931 si riesumò l'antica civiltà arcaica di Nuzu, i cui reperti ci aiutano a meglio comprendere l'epoca patriarcale. Nella primavera del 1928 un contadino arabo di Rash Shamra (Siria) ruppe il proprio aratro urtando contro una tomba. Gli scavi quindi compiuti nel 1929 disseppellirono l'antica Ugarit, città cosmopolita scomparsa verso la fine del 12° secolo a.C.. La biblioteca regale mise in luce una serie di poemi mitologici (Baal-Anat, Keret, Aqat) scritti in una lingua assai affine a quella biblica e riesumarono l'antica civiltà cananea che tanto fascino esercitò sugli Ebrei e contro la quale si appuntarono gli strali e gli anatèmi dei profeti biblici, i quali ne biasimarono i riti naturalistici della fecondità, l'accoppiamento con gli animali e la prostituzione sacra (cf Es 22, 19; Lv 18, 23; 20, 15).

Nel 1933 A. Parrot iniziò i suoi scavi a Mari, luogo scoperto fortuitamente da alcuni beduini che, scavandovi una tomba per seppellire un loro morto, vi rinvennero una statua. Le molte spedizioni sul luogo portarono alla luce un insieme assai voluminoso di tavolette con interessanti notizie sul profetismo affine a quello biblico.
Gettarono molta luce sull'epoca esilica e postesilica al tempo di Esdra e Nehemia (V secolo a.C.) i papiri di Elefantina, una colonia militare giudaica, i cui soldati discendenti, a quel che pare, dai giudei fuggiti al momento della distruzione di Gerusalemme (2 Re 25, 26), attuavano una religione, deteriorata dai contatti con quella egizia, nel recinto di un tempio, ivi costruito in deroga all'unicità del luogo di culto promulgata in Dt 12, 2 ss.

La stessa Palestina andò gradatamente rivelando i suoi scarsi ma importanti tesori. Verso il 1880 si ritrovò un'iscrizione dell' 8° secolo a.C. fatta dagli operai incaricati di scavare il canale di Siloe per il rifornimento idrico di Gerusalemme, costruito al tempo di Ezechia (cf 2 Re 20, 20; 2 Cr 32, 30).

Nel 1928 si rinvennero a Meghiddo delle importanti costruzioni falsamente identificate all'inizio con stalle di Salomone (sono posteriori). Nel 1925 si trovarono a Lakish delle lettere risalenti alla fine del regno di Giuda. Vanno ricordati da ultimo i rotoli del Mar Morto che notevole luce hanno gettato sull'epoca intertestamentaria e sul Nuovo Testamento.

Triplice valutazione

In seguito a questi recenti reperti archeologici si sono sviluppate tre correnti che qui elenco in modo assai sintetico:

a) Linea apologetica: l'archeologia difende la Bibbia.
b) Linea incredula: l'archeologia mostra la miticità ed il carattere puramente umano della Bibbia.
c) l'archeologia illumina l'ambiente in cui nacque la Bibbia.

A. L'archeologia conferma la Bibbia

Un gruppo di studiosi (non specialisti) utilizzarono l'archeologia come mezzo apologetico per dimostrare l'esattezza dei racconti biblici, contro le difficoltà critiche. Esempi tipici di questa corrente furono W. Keller , il Marston e lo Horn . Basti ricordare qualche esempio di concordismo forzato tra Bibbia e archeologia, utilizzato da questi autori, i quali talvolta riferiscono delle interpretazioni favorevoli alla Bibbia, che in seguito furono smentite dagli stessi archeologi o da studi successivi. Così si è voluto trovare una conferma del diluvio negli strati del deposito alluvionale rinvenuti da Wooley a Kish , a Ur , a Lagash , ecc., ma si è dimenticato di dire che essi non appartengono tutti al medesimo periodo e sono depositi parziali dovuti a semplici sedimentazioni fluviali. Si è dimenticati di dire che un diluvio durato solo 40 giorni non può aver lasciato resti visibili sulla terra.

Si è asserito che il crollo delle mura di Gerico sarebbe stato documentato dall'archeologo Garstang, ma si è dimenticati di aggiungere che ciò fu invece contestato dagli scavi successivi assai più accurati di Miss Kenyon.

Occorre quindi evitare di erigere l'archeologia al rango di "apologeta" della Bibbia e lasciare che essa cammini per proprio conto, anche se dovesse sollevare delle difficoltà al racconto biblico. Anziché andare a caccia di concordismi forzati, si dovrebbe accettare il fatto archeologico così com'è, tentando la soluzione delle difficoltà con un esame più accurato delle regole dell'interpretazione biblica e ricercandone in modo più profondo il messaggio religioso.

Si afferma dallo Harrison (p. 125 della sua Introduction to the O.T.) che a Ezion-Geber (l'attuale Tell el-Kheleifeh) si sarebbe trovata una fornace per costruire le navi di Salomone (1 Re 9, 26; 22, 49; 2 Cr 20, 36). Ma lo stesso Glueck nel "The Biblical Archeologist" (settembre 1965 p. 70-77) ha ritratto la sua opinione precedente; la fornace è diventata un buco scavato nei mattoni per decadimento naturale o per il bruciamento di travi di legno.

B. Miticità biblica

Un altro gruppo di studiosi è invece andato alla ricerca di ciò che sminuiva il valore biblico, riducendo questo libro a un puro scritto pari agli altri scritti dell'antichità. Ecco ciò che costoro hanno rilevato:

1. La Bibbia presenta il medesimo pensiero degli antichi orientali

« Le leggi mosaiche trovano modelli nei codici assiri, sumerici, ittiti, babilonesi; i salmi penitenziali fanno pensare alle preghiere dei penitenti della Mesopotamia; la sapienza egiziana o sumerica può aver ispirato gli autori dei proverbi israeliti; il salmo 104 riecheggia l'inno al sole di Akhenaton; il racconto del diluvio si trova in alcune versioni accadiche e sumeriche. Gli annunzi profetici ricordano lo stile degli ispirati di Mari  . . . » (1) .

Si aggiunga il mito della creazione con gli stessi nomi: il Tehom biblico richiama l'orchessa Tiamat del poema babilonese Enuma Elish . Il " cavalcatore delle nuvole " applicato al Dio di Israele è un'immagine mitologica di Baal, il dio della pioggia (Sl 68); l'allusione al serpente guizzante (fuggitivo) e tortuoso di Isaia rievoca un testo di Ugarit . Si comparino assieme:

l'isaiano :  Dio punirà «Leviatan, il serpente guizzante,
Leviatan, il serpente tortuoso »

e l'ugaritico : «Fracasserai Ltn
il serpente guizzante,
ucciderai il serpente tortuoso,
il potente dalle sette teste».

Anche la torre di Babel non è che un mito per spiegare l'esistenza della incompiuta ziggurat (torre cultuale) di Babilonia, che si vedeva nelle sue vicinanze. Ricollegandone il nome Babel a Balal "confusione" anzichè a Bab-ilu "porta di Dio", ne nacque il mito della differenziazione linguistica. La Bibbia rientrerebbe dunque nella categoria dei libri umani antichi, con miti e leggende, per cui non può essere ispirata e merita una scarsa attendibilità storica.

2. Contrasto con l'archeologia

E' il caso delle mura di Gerico che sarebbero già cadute prima della invasione ebraica. A tutti è noto il racconto biblico: processione quotidiana attorno alla città e settuplice processione al settimo giorno con il conseguente crollo finale della chomà, ossia, come si pensa di solito, delle mura in seguito ad un cataclisma divino. L'archeologia conferma il dato biblico?

a) Reperti archeologici

La collina di es-Sultan è stata ripetutamente esplorata dagli archeologi che volevano confermare il racconto biblico(2) Secondo il Garstang la città caduta dinanzi al popolo ebraico sarebbe la quarta, che costruita verso il 1500 a.C., sarebbe stata distrutta da un cataclisma all'inizio del XV secolo a.C.. Questo si accordava – secondo lui – con la data più antica dell'ingresso ebraico in Palestina (XV sec. a.C.). Miss Kenyon in una serie di scavi più meticolosi, iniziatesi nel 1952, vi rinvenne ben diciassette strati. La città, già utilizzata come difesa sin dal protoneolitico (8000-7000 a.C.), verso la fine del III millennio, divenne una piazzaforte eretta contro gli attacchi dei popoli della steppa, provenienti dal di là del Giordano (dall'oriente). La sua distruzione avvenne tra il secolo XVIII e XVI, anteriormente quindi alla data proposta dal Garstang e molto tempo prima dell'ingresso degli Ebrei in Palestina, che ora si pone verso il XIII secolo a.C.. La città a quel tempo era praticamente disabitata; l'anatema di Giosuè (1 Re 16, 34) trova la sua conferma archeologica in quanto Gerico restò disabitata fino al secolo IX. Va quindi eliminato il felice concordismo circa la caduta delle mura sorto dopo la prima euforica presentazione degli scavi, ad opera del Garstang . Gli odierni critici vedono perciò nel racconto biblico una presentazione mitica dell'ingresso in Canaan, che è contraddetto dall'archeologia moderna.

b) le interpretazioni esegetiche

1. Dato che le mura di Gerico più non esistevano al tempo di Giosuè, il Montagnini cerca la spiegazione di questo contrasto ricorrendo al " genere letterario" (3) Gli Ebrei, rendendosi conto che se Gerico fosse stata abitata a quel tempo avrebbe reso impossibile la penetrazione ebraica in quella regione così fertile dove «scorre latte e miele » (Es 3, 8), videro nelle sue rovine, già esistenti, l'opera di Dio, un prodigio del Signore, che aveva preparato l'ingresso in Palestina smantellandone le mura poste a sua difesa, in un epoca anteriore. Questo sarebbe l'insegnamento del passo di Giosuè, nel quale si parla non di una poliercetica umana bensì divina: la processione degli Ebrei.

2. Alcuni negano l'identificazione di Gerico con Tell es-Sultan, e attendono l'esumazione di un altro ipotetico tell che racchiuderebbe ancora l'antica Gerico. E' però  difficile pensare all'esistenza di un'altra città importante vicina al luogo degli scavi, che ha rivelato una importante cultura plurimillenaria. Io penserei che si possa trovare un'altra soluzione. Anche Ai (rovina) era stata usata come luogo di difesa. Sembrerebbe strano che i cananei non abbiano per l'occasione utilizzato anche le rovine di Gerico. Una abitazione temporanea e limitata non lascia tracce archeologiche profonde e può passare inosservata al ricercatore. Dopo la caduta delle mura qualche abitazione potrebbe essere stata sfruttata, come nel caso della meretrice. La processione non fece crollare le mura già inesistenti, bensì la "difesa" umana, e non muraria, spaurita dalle processioni ritenute magiche. Dopo tale rito propiziatorio, all'udire il grido di guerra ( terûà'h ), ogni ebreo si slanciò "dinanzi a sé" (dato che le mura più non esistevano, ma solo dei pezzi rovinati) e la "difesa della città" cedette senza lotta. Ecco il prodigio divino! Il vocabolo ebraico chomah , oltre al valore di "mura" di una città ( chomat hacïr ), può avere anche il senso metaforico suggerito per la prima volta da Van Hoonacker , all'inizio di questo secolo, anche per il caso di Gerico. E' usato per indicare l'argine dell'acqua che si eleva come un muro (Es 14, 22.29), per una "difesa" di persone (1 Sm 25, 16; Is 26, 1; Gr 1, 18; 15, 20; Am 7, 1 - chomah ). E' pure utilizzato per il corpo di una ragazza vergine che non cede alle lusinghe (Cant 8, 9s; Pr 18, 11; 25, 28). Nel caso di Gerico potrebbe indicare gli uomini che difendevano la città come un muro? E' possibile. In tal caso non vi sarebbe più il problema della caduta delle mura. Il " sotto di essa " (muraglia, tachtêjah ) può tradursi con " a motivo di essa ", ossia a motivo della terûà'h o grido di guerra. Quando tutto il popolo si mise a gridare dopo il settimo giro, la guarnigione di difesa cedette. Il passo si potrebbe quindi tradurre come segue:

« E soffiarono (i sacerdoti) nelle trombe; e avvenne che quando il popolo ebbe udito il suono delle trombe diede in un grande grido (teruàc ) e la guarnigione cadde a motivo di esso. Il popolo salì, ciascuno dinanzi a sé e si impadronì della città» (Gs 6, 20s).

L'Ecclesiastico (Siracide o Ben Sira deuterocanonico) nel suo elogio dei padri LXX 46, 2), pur ricordando la caduta delle varie città, non parla delle mura di Gerico. La versione greca di Giosuè (LXX), non più comprendendo bene l'originale, applicò la caduta alle "mura" (teche) anzichè alla guarnigione di difesa. Questa traduzione fu pure accolta dal Nuovo Testamento nella lettera agli Ebrei, che riproduce la LXX ( pistei ta teiche Ierichò épesan ): « per fede caddero le mura di Gerico » (Eb 11, 30. si noti il plurale per il singolare ebraico).

Il passo biblico vuole solo porre in enfasi il fatto che la conquista di Gerico, necessaria per penetrare in Palestina, non fu opera di potenza umana, bensì divina, come canta il Salmo 44, 4:

« Non con la spada occuparono la terra,
né a salvarli fu il loro braccio,
ma la tua destra è il tuo braccio
e il favore del tuo volto,
perché in essi ti sei compiaciuto»

3. Innegabile contributo archeologico per una migliore comprensione biblica (4)

L'archeologia ci svela infatti in modo meraviglioso l'ambiente nel quale si è sviluppata la Bibbia che così riesce ben più comprensibile. Eccone alcuni esempi esplicativi, che il lettore potrà moltiplicare a suo talento.

I. Assimilazione di espressioni, di cultura e di simbolismi

Il Dio El non è una creazione del popolo ebraico, ma fu adottato da esso in quanto il suo nome era assai diffuso presso i semiti (el, ilu), per indicare il Dio supremo, sopraffatto poi presso i cananei da Baal, continuo pericolo e tentazione per la religione ebraica, con i culti licenziosi. Il Dio El fu accolto anche dagli Ebrei perché, appunto per essere un nome noto presso gli altri popoli, si prestava bene a indicare il Dio universale, mentre Jhwh divenne il Dio nazionale, protettore degli Ebrei. Si spiegano così i brani javistici ed eloisti nei quali predominano rispettivamente i nomi di Jhwh e di Elohim ; i brani compositi di Jhwh-elohim (Ge 2) per indicare che i due si identificano tra loro.

Nonostante l'opposizione generica al culto licenzioso cananeo, di fatto gli Ebrei accolsero molti elementi fenici (ossia cananei). Nella costruzione del tempio Salomone utilizzò materiale, architetti e operai specializzati fenici. Non fa quindi meraviglia che l'architettura templare ricalchi quella del tempio fenicio di Byblos. E' pure interessante notare che anche in Fenicia nel ciclo letterario di Baal riaffiori l'idea che il tempio sia voluto da Dio (cf 1 Re 5, 5) e che sia in rapporto con la pioggia fecondatrice: la festa della dedicazione del tempio ebraico avveniva in settembre-ottobre a conclusione dell'annata con la festa delle Capanne, nella quale con un rito apposito si attingeva dell'acqua fecondatrice, come se il Dio di Israele fosse identico a Baal, dio della pioggia (5) .

Anche alcune espressioni ci vengono chiarite con l'indagine filologica o mitologica dei testi di Rash Shamra. Il Beth-heber di Pr 21, 9 significa "magazzino", per cui il passo va tradotto:

« E' meglio vivere in un angolo del tetto
anziché in un magazzino con una donna litigiosa»

Nel poema di Keret (verso il fiume) il dio El, assiso in mezzo all'assemblea degli dei, tiene giudizio e condanna a morte i colpevoli. Su tale tratto mitologico è formata l'espressione del Salmo 82, 1:

« Dio sta nell'assemblea dei santi ( qedoshim)
in mezzo agli dei (Elohim) tiene giudizio »

Naturalmente nel monoteismo biblico la frase assume un significato diverso, in quanto di "dei" e i "santi" non sono più vere divinità, bensì i giudici, rappresentanti di Dio nel condannare sulla terra i colpevoli e nel prosciogliere gli innocenti.

II. Usi dei pagani

La proibizione di cuocere il capretto nel latte di sua madre, ripetuta più volte in un contesto cultuale(6) era stata interpretata come un gesto sacrificale superstizioso, anche perché i LXX in Es 34, 26, al posto di "cuocere" o "bollire", hanno " non offrirlo in sacrificio  . . . ". I testi di Ugarit (Rash Shamra) confermarono tale supposizione: gli abitanti del luogo facevano bollire un capretto nel latte; questo latte veniva poi versato nei campi per accrescerne la fertilità. Si legge infatti nel poema degli Dei graziosi e belli: « Fa cuocere un capretto nel latte ». Contro tale rito magico la Bibbia si erge severa, anzi, per aumentarne l'odiosità, parla del latte della madre, in quanto ciò che doveva servire per la sua vita si era trasformato in uno strumento di morte.

III. Conferme storiche

1. I patriarchi

I patriarchi erano dei "proto-aramei" (o semiti occidentali) che si andavano spostando: Labano, nipote di Abramo è chiamato con insistenza "l'arameo" (Ge 25, 20; 28, 5; 31, 20-24). Più tardi ogni israelita offrendo le primizie doveva dire: «Mio padre era un arameo errante (o prossimo a perire)» (Dt 26, 5). Ora gli aramei sono documentati, non solo nel primo millennio a.C., come si affermava in passato da alcuni critici, ma anche per il secondo, come appare dall'archivio di Drehem rivenuto a Ur, il quale attesta per il 2000 a.C. l'esistenza della città di Aram. Anche i testi di Rash Shamra (sec. XIV a.C.) e di Mari (sec. XVIII a.C.) parlano di Aramei che dovevano quindi già esistere ed essere noti. Abramo passò da Ur dei Caldei a Harran nella Mesopotamia settentrionale con una marcia di circa 1000 Km; di qui raggiunse poi Sichem in Palestina, passando per la Siria, soffermandosi a Betel, a Mambre, per recarsi infine In Egitto attraverso il Neghev.

E' difficile comprendere lo spostamento del patriarca da Ur verso il 2000-1800 a.C. in quanto, essendo allora tale città passata dal dominio sumero a quello semitico (Amorriti), doveva favorire la permanenza del semita Abramo. Anche la trasformazione di Abramo dalla vita cittadina (Ur) a quella seminomade costituisce un'ulteriore difficoltà. Non si deve tuttavia pensare subito a creazioni mitiche riguardanti il mito lunare (dio Sin o luna), corroborandole con il fatto che molti nomi patriarcali sono epiteti lunari, come Terach (luna), Sara (signora), Milca (regina), Laban (bianca), ecc. Contro ciò milita l'antichità del racconto biblico, l'etimologia dei cui nomi non era già più compresa dagli scrittori biblici. Perciò Isacco, che significa "possa Dio sorridere" (ossia mostrarsi favorevole, Jizqach ), è inteso in modo assai vario e inesatto quale sinonimo di "compiacersi" (Ge 17, 17), di "sorridere per incredulità" (Ge 18, 12), di "scherzare" (Ge 21, 9) o infine di "divertirsi" (Ge 26, 8). Va poi notato che le città di Ur e di Harran avevano tra loro rapporti religiosi, come appare dal fatto che veneravano lo stesso dio "Luna" (Sin) e Ningal. Inoltre è da prendere in seria considerazione il fatto che vicino ad Harran esiste un'altra città Ura (=Ur) e che potrebbe anche identificarsi con la Ur biblica (7) Sarebbe così escluso lo spostamento dal sud mesopotamico al settentrione e si comprenderebbero meglio i nomi di Nahor, Serug, Terach, Haran. Si capirebbe anche meglio il fatto che la Bibbia attribuisce ad Abramo due città originarie, vale a dire Ur (Ge 11, 28-31; 15, 7) e Harran (Ge 12, 1-4) in quanto sarebbero entrambe da collocare nella stessa regione. Siccome i patriarchi sono dei seminomadi in via di sedentarizzazione, se ne ricordano raramente i cammelli; il loro patrimonio essenziale è costituito da greggi di pecore (Labano) ai quali in Palestina si aggiungono le mandrie spostabili con maggiore difficoltà. Nei loro movimenti seguono una linea subdesertica che corre in vicinanza dei centri abitati e, pur muovendosi, cominciano ad acquistare dei beni immobili (Ge 23 Macpela; 33, 19 Sichem).

2. I costumi patriarcali

I costumi patriarcali sono simili a quelli esistenti all'inizio del secondo millennio a.C.. Vi è infatti grande affinità tra le norme giuridiche patriarcali e quelle indicate dai testi di Mari, di Nuzu e di Bogazköi.

a) Ad esempio l'acquisto della grotta di Macpela con il campo attiguo segue la norma ittita (Ge 23, 9). La ragione del disaccordo tra l'ittita che vende e l'acquirente Abramo sta nei paragrafi 46 e 47 del codice ittita scoperto a Bogazköi, l'antica Hattusha, capitale del loro impero dal 1800 al 1200:

« Se uno in un villaggio possiede per eredità dei campi soggetti a servitù (tasse, ecc), se tutti i campi gli sono dati, egli stesso fornirà le prestazioni; se i campi gli sono dati solo in parte non fornirà le prestazioni; le forni-ranno quelli che sono della casa di suo padre »

Di qui l'interesse dell'ittita di liberarsi di tutto il campo, onde non avere più nulla da pagare, e il desiderio di Abramo di comperare solo la grotta per lasciare ogni onere all'ittita.

b) Abramo credeva di dover lasciare tutto al servo Eliezer, in quanto egli, privo com'era di figli, pensava di adottarlo (Ge 15, 1-4). L'adozione, ignorata dal diritto ebraico, era molto comune a Nuzu. In una tavoletta di Nuzu si legge che un tale ha fatto adottare suo figlio Shennima da Shuriha-ilu, che

« Di tutte le sue terre e di tutti i suoi guadagni ha dato a Shennima una parte della sua proprietà. Se Shuriha-ilu avrà un figlio proprio, questi, co-me figlio principale, prenderà due parti dell'eredità. Shennima gli seguirà e prenderà la sua parte propria . . . Quando Shuriha-ilu morirà Shennima ne diverrà l'erede » (HSS V, 67 cf Ge 15, 2.4)

Anche i patriarchi attuarono con frequenza l'adozione: i figli di Bilha sono adottati da Rachele (Ge 30, 3.8); i due ragazzi di Giuseppe sono adottati da Giacobbe (Ge 48, 5); i figli di Makir da Giuseppe che per questo se li pone sulle ginocchia (Ge 50, 23). L'adozione, non più praticata in seguito dagli Ebrei, prova l'antichità di questi racconti.

c) I matrimoni di Abramo con Agar, schiava di Sara (Ge 16, 1-2), di Giacobbe con Bilha, schiava di Rachele (Ge 30, 3), poi con Zilpa, schiava di Lia (Ge 30,9), corrispondono alle leggi di Hammurabi e di Nuzu. Un contratto di Nuzu ne fa un obbligo per la sposa sterile e osserva che la discendenza della concubina non potrà essere scacciata. Si capisce quindi come Abramo allontani Agar a malincuore dopo la nascita di Isacco (Ge 21, 10-13), pur cedendo all'insistenza di Sara, in quanto ciò andava contro alla legge normale. Secondo la già citata tavoletta di Nuzu, Shennima sposa Kelim-ninu:

« Se (questa) gli partorirà dei figli Shennima non prenderà altra moglie, ma se Kelim-ninu non gli partorirà figli, Kelim-Ninu prenderà una donna della regione di Lullu, come sposa di Shennima, e Kelim-ninu non potrà scacciare i figli della nuova venuta » (HSS V, 67).

Abramo diede i suoi beni ad Isacco, ma fece dei doni ai figli delle sue concubine (Ge 25, 5-6) in quanto Sara, avendo riconosciuto come propri i loro figli (Ge 16, 2), aveva creato per essi un diritto all'eredità.

d) Gli "dei" del padre adottivo devono passare al figlio naturale o, in caso di mancanza, al figlio adottivo. Erano gli dei lari (terafim o dei cf Ge 31, 30), una specie di immagini divine destinate ad allontanare il male o i demoni, che spettavano all'erede principale; il loro possesso costituiva un titolo all'eredità. In una tavoletta di adozione di Nuzu si legge che per avere Nashwi adottato Wullu, alla sua morte:

« Wullu diventerà l'erede. Se Nashwi avrà un figlio proprio, questo dividerà la proprietà in parti uguali con Wullu, ma il figlio di Nashwi prenderà lui gli dei di Nashwi. Però se Nashwi non avrà un figlio proprio, allora sarà Wullu a prendere gli dei di Nashwi» (RA 23, 1926, p. 126).

Per questo Rachele ruba tali "dei" (Ge 31, 19) e Labano, pur essendo disposto a perdonare la fuga, non si dà pace per il furto dei propri dei che potevano domani far accampare a Giacobbe dei diritti ereditari (Ge 31, 30).

e) Anche il caso di Tamar, che dopo la morte di Onan attende invano di avere per sposo un altro fratello del marito defunto e che alfine si unisce con frode al suocero Giuda, si spiega con la legge assira (tav A par. 33):

« Se, mentre una donna vive ancora nella casa di suo padre, le muore il marito senza darle figli, il suo suocero le darà in sposa a un figlio di sua scelta . . . oppure se lei desidera, la si può dare in sposa a suo suocero»

E' appunto quanto tentò di fare Tamar unendosi al suocero, e così farsi dare lo sposo che non arrivava mai. Per questo Giuda afferma: « Essa è più giusta di me, in quanto non le ho dato Scela, mio figlio» (Ge 38, 26).

f) L'alleanza di Abramo con Dio mediante il sezionamento di alcuni animali (Ge 15), si spiega con simile usanza diffusa nell'antichità sia orientale che occidentale e che perdurava ancora sino a poco fa, presso gli arabi di Moab. Gli animali uccisi simboleggiavano ciò che sarebbe accaduto a coloro che avessero violato l'accordo (8) .

3. Cronologia

Per l'affinità culturale dei patriarchi con le tavolette di Nuzu, alcuni studiosi vorrebbero far scendere la loro esistenza al secolo XVIII o XVII, in coincidenza appunto con l'epoca di tali tavolette(9) Si tratta però di problemi tuttora aperti e per ora è meglio supporre il secolo XIX come data probabile della loro attività. La calata dei patriarchi in Egitto si pone nel quadro degli spostamenti degli Hiksos, semiti che, impadronitisi dell'Egitto, dovettero favorire l'insediamento di Giuseppe, pur esso semita, a vice re dello stato (fine secolo XVIII). Le difficoltà incontrate dai discendenti dei patriarchi coincidono senza dubbio con lo sforzo di restaurazione nazionale attuato dall'energico Ramses II (1300-1234). La data dell'esodo, pur non potendosi stabilire con sicurezza, va posta probabilmente al 13° secolo)

a) Itinerario dell'esodo

L'archeologia ci spiega pure come mai gli Ebrei, uscendo dall'Egitto, non abbiano preso la via diritta che conduceva alla Palestina, ma si siano stranamente rivolti verso sud. Tale itinerario, che abbligò gli Ebrei a rimanere per una generazione (40 anni) nel deserto, si rese provvidenziale in quanto creò nelle varie tribù il concetto dell'unità nazionale. Ma tale diversione aveva uno scopo ben preciso, come ci appare dal romanzo di Sinuhe l'egizio, costretto a fuggire dalla valle del Nilo per evitare la repressione di una congiura, cercò rifugio nella ospitale terra di Canaan; ma per andarvi non ci si recò direttamente passando per il Neghev, ma attraverso un lungo giro nella penisola sinaitica. Anzichè andare a nord, si rivolge proprio a sud e, quando inverte la marcia, ebbe cura di non farsi notare dalle « sentinelle che stavano sul muro eretto per resistere agli asiatici » (10) Anche gli Ebrei, per non incappare nelle opere fortificate egizie poste nell'attuale regione di Suez e per non trovarsi così presi tra due fuochi, si diressero verso il Sinai, sfuggendo in tal modo agli avamposti militari egizi.

b) Storia dei re

I re di Ninive vantandosi dei loro successi in Palestina, ricordano alcuni re d'Israele e di Giuda: Salmanassar III (859-824) afferma di aver vinto nella battaglia di Qarqar (853) Achab e i suoi alleati e dichiara:

« Sgozzai quattordicimila suoi soldati. Piombai su di essi come Adad (dio della tempesta) quando fa piovere a dirotto. Ne sparsi dovunque i cadaveri . . . troppo piccola era la pianura per permettere a tutte le anime di scendere nel mondo sotterraneo. Mi servii dei loro cadaveri per attraversare l'Oronte . . . »

Questo stesso re fece raffigurare Jeu, re di Israele, in ginocchio in atto di offrirgli un tributo (cf 2 Re 17, 3; 9, 2). Tiglat-Pileser III racconta come trattò Menhaem:

« Quanto a Menhaem, lo sopraffeci . . . Egli fuggì come un uccello tutto solo e si prostrò ai miei piedi . . . Gli imposi un tributo. deportai i suoi abitanti e ne confiscai i beni » (cf 2 Re 15, 19s; 16, 7s).

E ancora:

« Deportai in Assiria il paese di Omri e tutti i suoi abitanti con quello che possedevano. Essi destituirono il loro re Peqah e costituii su di loro Osea. Ricevetti da loro come tributo 10 talenti d'oro, 1000 (?) talenti d'argento e li trasportai in Assiria»

Sennacherib si gloria di aver strappato quarantasei città al re Ezechia e di aver fatto prigioniero il re nel suo palazzo « come un uccello in gabbia». « Ridussi il suo territorio ed aumentai ancora il tributo che mi doveva versare ogni anno» (cf Is 39ss). Il fatto che non si ricordi la capitolazione della città conferma la liberazione straordinaria di cui parla il testo sacro. In conseguenza di tali conquiste Damasco cadde nel 732, Samaria 10 anni dopo, Asdod nel 711; Gerusalemme fu salvata in extremis nel 702. Si spiega perciò l'odio di Israele contro l'Assiria bene espresso nella parabola (?) di Giona e la gioia di Nahum quando essa cadde sotto i colpi dei Medi e dei Babilonesi. La "cronaca di Ninive" conferma il dato prima discusso di 2 Re 23, 29 nel quale si legge che Neco attraversò la Palestina per correre in aiuto del re assiro ("in favore" non "contro"). I critici volevano correggere la preposizione "verso" (el) in "contro" (cal) il re assiro, ma le recenti scoperte confermarono la verità della Bibbia. Il faraone Neco, nonostante la secolare ostilità con l'Assiria, si recò in suo aiuto mentre era oppresso dalla coalizione meda e neo-babilonese, forse perché temeva l'espandersi di questo popolo più della stessa potenza assira.

Anche la posizione di Daniele a terzo del regno dopo Betshazar si spiega con il fatto che costui, pur agendo da re, in realtà era il secondo, in quanto il vero re Nabonide, era tuttora vivente nell'oasi di Teima (cf Daniele 5 e Cronaca di Nabonide).

c) Fiducia degli Ebrei moderni

Se la Bibbia ha detto il vero per quanto riguarda la storia, perché non dovrebbe dire il vero per quanto riguarda le risorse naturali della Palestina? Così ragionarono gli esperti agricoli ed economici del nuovo stato di Israele fondato nel 1948. Per secoli il paese era rimasto incolto e la terra trascurata. Armati della fiducia nella Bibbia, i nuovi abitanti d'Israele si misero alla ricostruzione economica del loro paese. I risultati sono stati sensazionali. Hanno seminato grano dove un giorno Sansone liberò gli sciacalli nei campi di grano dei Filistei (Gdc 15, 5) e piantato vigne là dove erano state una volta piantate (Gdc 14, 5). Tutti e due i prodotti sono cresciuti a meraviglia.

Seguendo l'esempio di Abramo (Ge 21, 33), hanno piantato due milioni di alberi (tipo tamarindo) presso Beer-Sheba. E' uno dei rari tipi di albero che può resistere in quella zona! Secondo Gs 17, 17-18, gli alberi crescevano bene sulle montagne al nord di Gerusalemme fino al Monte Gherizim. Oggi, infatti, vi sono stati ripiantati e crescono ancora molto bene. Nella parte a sud, conosciuta come il Neghev, si è di fronte ad una vasta zona arida, senz'acqua per bonificare. Secondo Ge 20, 1, Abramo passò da quelle parti, nonostante avesse molto bestiame (Ge 13, 2). Come potè il bestiame attraversare quella zona se fosse stata senz'acqua? Ovviamente doveva essercene! Ed infatti, ai nostri giorni è stata cercata e v'è stata trovata. E' stato ripetuto oggi ciò che Isacco fece molti anni addietro (Ge 26, 17-18). Nel Neghev sono stati trovati migliaia di piccoli mucchi di pietra. Demoliti questi e portata via la sabbia, si sono trovate le radici di olivi e di vigne. I mucchi erano serviti per raccogliere e conservare l'umidità dell'aria notturna. Queste costruzioni hanno dimostrato che gli antichi Ebrei ebbero una comprensione esatta e sorprendente del processo di condensazione. L'enigma di Dt 32,13 fu così risolto. Oggi, nella zona di Etsion-Geber (1 Re 9, 26), dove Salomone aveva le sue miniere e raffinerie di rame, gli esperti hanno installato impianti d'estrazione lavorando la stessa zona con strumenti e mezzi moderni. Non lontano da Beer-Sheba, dove abitavano i Filistei (un popolo di ferro), gli esperti calcolano che ci siano giacimenti di ferro per circa 15 milioni di tonnellate.

Il passo biblico che parla di «un fumo che si levava dalla terra, come fumo di una fornace» verso le parti di Sodoma e Gomorra (Ge 19, 28) ha continuato a tormentare un industriale ebraico. Forse dovevano esserci gas naturali. Allora, dovrebbe trattarsi di petrolio. Infatti il 3 novembre 1953, fu scoperto nel Mar Morto il primo pozzo petrolifero. Si potrebbero moltiplicare questi esempi, ma essi bastano per insegnarci come l'archeologia spesso (anche se non sempre) ha confermato la Bibbia e ce ne ha reso più comprensibili gli usi e i costumi (11) Ed è già una conquista straordinaria.


NOTE A MARGINE

1. R. Martin-Achard , Incontro all'Antico Testamento , Borla, Torino 1965, p. 69 (libro favorevole alla Bibbia). torna al testo

2. Fu esplorata dal Sellin (1907-1908), dal Garstang (1929-36) dal Miss Kenyon nel 1952-1958. torna al testo

3. Montagnini, op. cit. p. 171 ss. torna al testo

4. cf Montagnini, La Bibbia oggi, pp. 115-139 (equilibrato e non mosso da intenti apologetici). torna al testo

5. Is 12. L'acqua tolta dalla fontana di Siloe veniva versata (processionalmente) sull'altare degli olocausti. Pensando a questo rito, Gesù presentò la sua dottrina come acqua che conduce alla vita eterna (Gv 7, 37; 4, 14) cf J.A. Kelso, The Water Libation in the O.T., in "Exp." 48 (1922) pp. 226-240. torna al testo

6. Es 23, 19b (codice alleanza), Es 24, 26b (decalogo rituale), Dt 14, 21b (conclusione di prescrizioni alimentari). torna al testo

7 . F. Vattioni, Nuovi aspetti del problema dei Patriarchi , in "Agostonianum" 4 (1964) pp. 331-357 (specialmente pp. 354-357). torna al testo

8. Tito Livio I, 24; cf la alleanza conclusa tra Assur-Nizari e il principe siro Mati'ilu (cf Ger 34, 18); cf H. Cezelles, Connexions et structure de Ge 15, in "Rev. Bibl."  69 (1962), p. 344ss. torna al testo

9. Cf A. Rasco, Migratio Abramae circa annum 1650, in "Verbum Domini" 35 (1957) pp. 143-154. C.H. Gordon, Il V.T. e i popoli del Mediterraneo, Brescia 1959, p. 108ss. torna al testo

10. I primi manoscritti risalgono al sec XIX a.C. e sono di poco posteriori alla vicenda che si svolge nel secolo XX a.C. torna al testo

11. Cf A. Rolla, La Bibbia di fronte alle ultime scoperte , Paoline, Roma 1959. torna al testo