Da Pietro al Papato
di Fausto Salvoni

CAPITOLO OTTAVO (parte prima)

L'IPOTESI DI PIETRO FONDATORE DELLA CHIESA ROMANA


INDICE PAGINA

Introduzione
Le presunte ragioni del Nuovo Testamento
La tradizione patristica
Testimonianze liturgiche
Reperti archeologici privi di valore storico
Scavi di valore
Durata della permanenza di Pietro a Roma e data della sua morte
Appendice: la cattedra di Pietro


Introduzione

Una tradizione, assai antica, ha supposto che Pietro sia andato a Roma, dove anzi avrebbe subito il martirio! Fu solo nel XIV secolo, che con Marsilio da Padova, si elevarono i primi dubbi al riguardo!

Riguardo a Pietro io dico che non può essere provato dalla Sacra Scrittura che egli fu vescovo di Roma e neppure che egli fu mai in Roma. E' strano infine che secondo alcune leggende ecclesiastiche si debbano dire di Pietro tali cose, mentre Luca e Paolo non fanno mai menzione di esse (1) .

E' utile qui riesaminare il problema alla luce delle moderne indagini, che pure non provando apoditticamente l'andata di Pietro a Roma, la rendono assai probabile. Non si può opporre a tale asserzione la sua ignoranza del greco – che allora era la lingua ufficiale a Roma, più dello stesso latino – da parte del rozzo Pietro. Oriundo dalla Galilea, territorio assai ellenizzato, doveva ben conoscere un po' di greco se voleva recarsi a Tiberiade per vendervi del pesce. Di più nel suo soggiorno antiocheno, dove frequentò in un primo tempo i Gentili (Ga 2, 11), Pietro ebbe occasione di esercitarsi in tale lingua.

la sua bassa condizione sociale non gli impediva di essere accolto a Roma, dove vivevano molti Giudei e dove tanta gente di alto rango bramava un insegnamento spirituale da qualunque parte venisse. Narra Tacito che l'aristocrazia romana era spiritualmente assistita da rozzi predicatori della dottrina cinica. Si confronti l'importanza che ebbero nel Medio Evo i rudi monaci accolti a corte con i più grandi onori. Non fa quindi meraviglia che Pietro, quale apostolo dei circoncisi, possa essersi recato a Roma, dove vivevano circa quarantamila giudei (2) .

torna all'indice pagina
Le presunte ragioni del Nuovo Testamento

Il Nuovo Testamento non parla chiaramente né della andata di Pietro a Roma né del suo martirio romano.

a) In un altro luogo. – Alcuni esegeti, generalmente cattolici, pretendono di trovare un argomento nella frase lucana: « Pietro se ne andò in un altro luogo » (At 12, 17). Il luogo innominato sarebbe Roma, in quanto il libro degli Atti si divide in due sezioni parallele, di cui la prima riguarda Pietro e la seconda Paolo. Siccome la seconda sezione termina a Roma (At 28, 14) è logico dedurre che anche la prima abbia tale meta (3) La città non vi sarebbe nominata per ragioni stilistiche, in quanto, secondo il principio teologico lucano, il Vangelo doveva spandersi gradatamente da Gerusalemme in Samaria, poi in altre regioni fino a Roma e agli estremi confini del mondo, vale a dire la Spagna. perciò l'autore non poteva parlare di Roma prima dell'evangelizzazione dell'Asia Minore e della Grecia (4) Di più la fraseologia « in un altro luogo» sarebbe stata tratta da Ezechiele dove si riferisce all' «esilio babilonese» (Ez 12, 3). ora si sa che «Babilonia» era il nome simbolico di Roma (5) .

Tutte queste ipotesi assai fragili non sono confermate ma contraddette da altri passi biblici, che ignorano l'andata di Pietro a Roma nel 42 d.C. (6) E' inutile asserire, come alcuni fanno, che il nome della città fu tenuto nascosto per non danneggiare Pietro. Che ragione v'era di tacere tale nome in un libro scritto molti anni dopo, quando Pietro probabilmente era già morto? L'assenza del luogo indica solo che da quel momento Pietro iniziò la sua attività di apostolo itinerante in mezzo ai Giudei, anzichè rimanere stabilmente fisso a Gerusalemme, come era avvenuto per gli anni precedenti.

b) La Babilonia della prima lettera . – Un argomento più serio si vuol trovare nel saluto di Pietro alla fine della sua prima epistola: « La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta » (1 Pt 5, 13). Babilonia, che è qui il nome di un luogo, non potendo indicare, secondo alcuni, l'antica città di Babel che giaceva allora distrutta, deve essere il nome simbolico di Roma, assai amato nell'apocalittica sia giudaica che cristiana (7) .

E' tuttavia necessario riflettere che, tale simbolismo, se è naturale nella letteratura apocalittica volutamente misteriosa, non lo è affatto in una lettera, che non contiene alcuna allusione diretta a Roma, e che, essendo favorevole allo stato romano, non poteva identificare Roma con la Babilonia (1 Pt 2, 13-17). In tal caso mi sembra più normale intendere Babilonia nel suo ovvio senso geografico e ricercarla in Egitto o nella Mesopotamia

c) La Babilonia d'Egitto, posta sopra il canale che congiunge il Nilo con il Mar Rosso, ora assorbita dal Cairo, possedeva una guarnigione militare giudea. Nel sec. V d.C. a Bablun vi era ancora una chiesa con un vescovo e pochi fedeli (8) .

Gli antichi copti affermano che Pietro scrisse quivi la sua lettera. Anche la tradizione che considera Marco come il primo vescovo di Alessandria (cfr 1 Pt 5, 13), pur essendo in un certo senso insostenibile in quanto suppone anacronisticamente già costituito l'episcopato monarchico, potrebbe confermare la presenza di Pietro e di Marco nella regione alessandrina. Anche l'origine egiziana degli apocrifi Vangelo di Pietro e Apocalisse di Pietro potrebbe favorire il fatto che Pietro sia rimasto qualche tempo in Egitto. Tuttavia la lettera di Pietro, che è conservata nella Bibbia, non presenta alcuna allusione all'Egitto.

d) L'antica Babilonia della Mesopotamia , è vero che giaceva distrutta da molti secoli, tuttavia la vita non vi era totalmente annientata. Secondo Flavio Giuseppe e Filone (9) presso le antiche rovine vivevano tuttora alcuni giudei. Risulta poi che in Mesopotamia si svolgeva una intensa attività giudaica, poiché la «massa dei deportati israeliti rimase nel paese», anziché ritornare con Esdra (Ant. Giud. XI 5, 2). Le imposte tratte dalla Babilonia erano sì importanti che parecchie migliaia di giudei dovevano accompagnare il trasporto dell'argento per sottrarlo alla cupidigia dei Parti (Ant. Giud. XVIII 9, 1). Simpatizzanti dei Giudei venivano dal di là dell'Eufrate per portare le loro offerte in Palestina (Ant. Giud. III, 15, 3); forse furono gli ellenisti « della Mesopotamia » che furono presenti a Gerusalemme il giorno delle Pentecoste (At. 2, 9).

Dalla regione babilonese proviene il cosiddetto Talmud babilonico. Hillel, come più tardi R. Hiyyia e i suoi figli, sarebbero venuti da Babilonia quando la legge era stata dimenticata nella Giudea (10) Le tradizioni babiloniche, conservate presso gli Esseni (11) dovevano essere note anche a Pietro tramite il Battista e i suoi soci di lavoro (Giovanni, Giacomo e Andrea) per cui è probabile che Pietro abbia voluto visitare quei luoghi.

In tale ipotesi si spiegherebbe meglio come i destinatari della lettera petrina siano tutti costituiti dalle chiese che si trovano nei dintorni di Babilonia, vale a dire del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell'Asia e della Bitinia. E' l'opinione che personalmente preferisco.

e) Il preannuncio del martirio di Pietro , si trova nel racconto della apparizione del Cristo risorto sulle sponde del lago di Tiberiade (Gv 21), mentre la descrizione del suo martirio, congiunto a quello di Paolo, si leggerebbe, secondo alcuni, in una visione dell'Apocalisse (c. 11).

1) La profezia di Gesù . – Il Cristo risorto, parlando a Pietro ravveduto e reso umile dalla sua precedente esperienza, gli predice, il suo futuro martirio:

« In verità, in verità ti dico che quando eri giovane ti cingevi (12) da te e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani, un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vuoi » (Gv 21, 18)

Con queste parole Cristo intendeva profetizzare la morte violenta dell'apostolo, come è chiaramente indicato nel successivo versetto:

« Or disse questo per significare con quale morte glorificherebbe Iddio » (v. 19)

dove il glorificare indica la morte quale testimone, quale martire (v. 19).

La curiosità di Pietro per sapere quale sarebbe stata la fine di Giovanni (v. 20) contrasta l'ipotesi di Bultmann che vi vuole trovare solo il detto banale che i giovani vanno dove vogliono, mentre i vecchi si lasciano condurre da altri (13) .

Una interpretazione – più discutibile – vi vuole anzi vedere il genere di morte, vale a dire la crocifissione, che sarebbe inclusa nel «tendere le mani» a modo di croce. Già Tertulliano (+ 222) nel « ti condurrà» ( zôsei) vedeva la profezia di tale martirio: «Pietro è cinto da un altro, quando viene legato alla croce » (14) Tale fatto tuttavia è discutibile, poiché il «condurre» potrebbe anche riferirsi al fatto di venir trascinato in catene al luogo del martirio, forse a Roma, come avvenne per Ignazio (15) .

2) Pietro morì a Gerusalemme? – Alcuni critici vorrebbero sostenere che Pietro fosse già morto nel 56 d.C., poiché nella lettera ai Galati si legge che «lui» unitamente con Giacomo e Giovanni « erano » ( êsan ) tra i personaggi più importanti della Chiesa primitiva (16) Tuttavia tale ragionamento non regge per il semplice fatto che nonostante il passato precedente « quali già fossero non mi importa », Paolo continua dicendo in presente che essi « sono reputati colonne» (Ga 2, 9).

f) I due testimoni. In una oscura visione del libro di Apocalisse (Ap 11, 1-14) due testimoni vengono uccisi a Gerusalemme; i loro cadaveri rimangono per tre giorni sulla pubblica piazza finché, rivivificati, ascendono al cielo. Juan de Mariana fu il primo nel XVII secolo a identificarli con Pietro e Paolo martirizzati a Roma, dove sarebbero stati esposti per tre giorno e poi glorificati (17) .

Tuttavia la precedente ipotesi mi sembra inaccettabile perché esige diverse mutazioni testuali, in quanto, secondo il contesto attuale dell'Apocalisse i due sono martirizzati a Gerusalemme e non a Roma. La città è quella precedente il cui cortile del tempio è calpestato dai Gentili: è chiamata Sodoma ed Egitto, non Babilonia (nome usato altrove dall'Apocalisse per Roma) ed è lo stesso luogo in cui fu ucciso il Signore (v. 8). Il nome di Sodoma è pure riferito dai profeti antichi a Gerusalemme (cfr Is 1, 10; 3, 9; Ez 16, 46); il nome d'Egitto potrebbe alludere al fatto che la città santa era ridotta in schiavitù dagli oppressori come un giorno gli Ebrei lo furono sotto gli Egiziani (18) .

Chi siano i due «testimoni» che stanno come candelabri non si può individuare. Si tratta di due predicatori di grande risonanza che per la loro potenza sono presentati sotto le apparenze di Mosè (v. 4) ed Elia (v. 5.6) e che dopo il martirio furono esaltati da Dio. Sarebbe allettante l'individuare queste due persone con Giacomo, fratello di Giovanni martirizzato il 44 d.C. (At 12), e con Giacomo, fratello del Signore, che vi fu ucciso nel 62 d.C. dal sommo sacerdote Anano il giovane, durante l'interregno successo alla morte di Festo e prima dell'arrivo di Albino (Flavio Ant. Giud. 20.9.1). La tradizione attestata da Egesippo e raccolta da Eusebio (Hist. Eccl. 11, 23,4-18) ci fa sapere che Giacomo il Giusto detto Oblias (19) celebre per austerità e preghiera (aveva le ginocchia incallite dalla sua posizione di orante), sarebbe stato fatto precipitare dal pinnacolo del tempio, poi lapidato e finalmente finito da un lavandaio con il suo bastone. Poco dopo Vespasiano avrebbe assediato Gerusalemme.

Benchè i due episodi si siano avverati in epoche diverse, Giovanni può aver unito, per ragioni stilistiche al martirio di Giacomo, fratello di Gesù, la morte del proprio fratello Giacomo (Giacomo il Minore); il primo detto «figlio del tuono» potrebbe richiamarci Mosè, mentre il secondo con la sua preghiera potrebbe richiamarci Elia. Il loro trionfo potrebbe simboleggiare la punizione degli Ebrei con la distruzione di Gerusalemme, che anche Giuseppe Flavio ricollega come punizione a questo martirio. Ma per ora nulla di sicuro si può dire in merito a questa scena dell'Apocalisse (20) .

torna all'indice pagina
La tradizione patristica

Si avvera in essa lo strano fatto che a mano a mano che ci scosta dalla data della morte di Pietro, la tradizione va arricchendosi di particolari sempre più precisi, facendo sorgere spontaneamente il sospetto che si tratti di un accrescimento leggendario. Ne analizzeremo i singoli dati, mettendo in maggior rilievo quei passi che parlano del martirio romano di Pietro (21) .

a) I secolo . – Clemente Romano (ca. 96 d.C.) sa solo che la morte di Pietro – come quella di Paolo – fu l'effetto di grande gelosia:

« E' per l'invidia e gelosia che furono perseguitate le colonne eccelse e più giuste le quali combatterono sino alla morte. Poniamoci dinanzi agli occhi i buoni apostoli: Pietro che per effetto d'iniqua gelosia soffrì non uno, ma numerosi tormenti, e che, dopo aver reso testimonianza, pervenne al soggiorno di gloria che gli era dovuto. Fu per effetto di gelosia e discordia che Paolo mostrò come si consegua il prezzo della pazienza » (22) .

Come si vede l'espressione è assai vaga per cui non se ne può trarre alcuna notizia sicura; risulta chiaro che Clemente non ha di lui notizie di prima mano, come del resto non ne ha neppure per Paolo, che certamente fu a Roma. Non si può nemmeno affermare che egli attesti il martirio di Pietro, poiché l'espressione: «dopo aver reso la sua testimonianza» (marturèin) non necessariamente indicava, a quel tempo, il morire martire. Che grande gelosia si annidasse nel cuore dei primi cristiani appare (23) da molteplici testimonianze(24) Il fatto che nella Chiesa di Gerusalemme non si ricordi la crocifissione di Pietro, che non vi è attestata prima del Pellegrino di Piacenza (25) può suggerirci che la morte sia dovuta a denuncia all'autorità romana da parte di giudeo-cristiani fanatici ed eterodossi. Il codice arabo, che risale a costoro e fu scoperto di recente da S. Pines a Istanbul. è contro tutti e due gli apostoli. Contro Paolo, perché ha «romanizzato» la Chiesa, ha predicato contro la Legge e contro il divorzio; Nerone quindi, che l'ha fatto «crocifiggere»(!). è un ottimo imperatore. E' pure contro Pietro che, fidandosi di un sogno ha permesso ai cristiani di mangiare dei cibi impuri (26) .

Anche il passo citato di Clemente lascia supporre che Pietro sia stato vittima di gelosia a Roma, perché egli è congiunto con altre persone le quali subirono il loro martirio nella capitale dell'impero: con lui si nomina infatti Paolo, morto indubbiamente nell'Urbe; con lui si ricordano pure le « turbe innumerevoli » fatte uccidere da Nerone e anche le Danaidi e le Dirci, martiri cristiane che con la loro morte servirono da coreografia per raffigurare scene mitologiche del paganesimo antico (27) Proprio per tale motivo Pietro è incluso con Paolo « tra i nostri eccelsi apostoli», vale a dire tra gli apostoli particolarmente ricollegati a Roma.

b) II secolo. – Sembra strano che Giustino , apologeta del II secolo, pur ricordando il Mago Simone, che secondo la letteratura clementina fu il più accanito avversario di Pietro a Roma, non nomini affatto l'apostolo. Anche Aniceto , vescovo romano (dal 157 al 167 d.C. a Policarpo che gli opponeva la tradizione di Giovanni circa la data della Pasqua, non rispose riallacciandosi alla tradizione di «Pietro e di Paolo» ma solo a quella dei «presbiteri» suoi predecessori (28) Tuttavia questa affermazione anzichè contrastare l'andata di Pietro e Paolo a Roma – questi vi fu di certo – si spiega con il fatto che il vescovo, conoscendo come l'innovazione romana fosse di data recente, non poteva farla risalire agli apostoli.

Contro tale silenzio appare l'affermazione implicita di Ignazio , vescovo di Antiochia, che verso il 110 d.C., durante il suo viaggio verso Roma per subirvi il martirio, pur non ricordando il martirio dell'apostolo; scrive alla chiesa ivi esistente di non voler impartire loro « degli ordini come Pietro e Paolo» poiché essi « erano liberi, mentre io sono schiavo » (29) Siccome Pietro non scrisse alcuna lettera ai Romani, si deve dedurre che egli avesse loro impartito dei comandi di presenza.

Non insisto su Papia (ca 130 d.C., Asia Minore), il quale afferma che Pietro scrisse da Roma la sua lettera, perché ignoriamo se abbia dedotto la sua idea dall'esegesi del nome «Babilonia» inteso come Roma (1 Pt 5, 13), oppure da una tradizione storica indipendente (30) .

Origene (Egitto-Palestina n. 153/154) è il primo a ricordarci che Pietro fu crocifisso a Roma con il « capo all'ingiù ».

« Si pensa che Pietro predicasse ai Giudei della dispersione per tutto il Ponto, la Galazia, la Bitinia, la Cappadocia e l'Asia e che infine venisse a Roma dove fu affisso alla croce con il capo all'ingiù, così infatti aveva pregato di essere posto in croce »(31)

On Oriente Dionigi, vescovo di Corinto, verso il 170 d.C., in una lettera parzialmente conservata da Eusebio, attribuisce a Pietro e Paolo la fondazione della chiesa do Corinto e la loro predicazione simultanea in Italia (= Roma) dove assieme subirono il martirio.

« Con la vostra ammonizione voi (Romani) avete congiunto Roma e Corinto in due fondazioni che dobbiamo a Pietro e Paolo. Poiché ambedue, venuti nella nostra Corinto hanno piantato e istruito noi allo stesso modo poi, andati in Italia (= Roma) insieme vi insegnarono e resero testimonianza (con la loro morte) al medesimo tempo » (32)

In Africa Tertulliano(morto ca. 200) ripete che Pietro fu crocifisso a Roma durante la persecuzione neroniana, dopo aver ordinato Clemente, il futuro vescovo romano (33) Siccome egli biasimò Callisto che applicava a sé e a « tutta la chiesa vicina a Pietro » ( ad omnem ecclesiam Petri propinquam ), le parole del «Tu sei Pietro», si può arguire che egli vi ritenesse esistente il sepolcro di Pietro, dal quale proveniva alla comunità un certo prestigio (33bis) .

Ireneo , vescovo di Lione (Gallia meridionale morto verso il 202), ricorda che «Matteo... compone il suo Vangelo mentre Pietro e Paolo predicavano e fondavano (a Roma) la chiesa» (34) .

Verso la stessa epoca (fine del II secolo) abbiamo due altre testimonianze provenienti l'una da Roma (presbitero Gaio) e l'altra probabilmente dalla Palestina o dalla Siria (Martirio di Pietro).

c) Il presbitero Gaio parlando contro il montanista Proclo che esaltava la gloria di Gerapoli città della Frigia in Asia Minore, perché possedeva le tombe di Filippo e delle sue figlie profetesse, ricorda che Roma ha ben di più in quanto possiede i «trofei» (tropaia) degli apostoli Pietro e Paolo:

« Io posso mostrarti i trofei degli apostoli. Se vuoi andare al Vaticano oppure alla via Ostiense, troverai i trofei di coloro che fondarono quella chiesa » (35)

Che significa la parola «trofei»? Il sepolcro contenente le ossa di Pietro e di Paolo oppure un semplice monumento dei due apostoli nel luogo supposto del loro martirio? (36) . L'accostamento di questi due monumenti, eretti probabilmente da Aniceto (37) con il sepolcro di Filippo e delle sue figlie, favorisce l'interpretazione che pure essi contenessero i cadaveri dei due apostoli; tale in ogni modo è l'interpretazione che ne dà Eusebio di Cesarea (38)

d) Il martirio di Pietro ricchissimo di particolari, mostra l'apice leggendario raggiunto dalla tradizione circa la morte di Pietro a Roma (39) Ecco un breve riassunto di questo racconto:

Il prefetto Agrippa infierì contro Pietro perché quattro sue concubine avevano deciso di abbandonarlo in seguito a un sermone di Pietro sulla castità. Egli fu incitato all'azione anche da Albino, un amico di Cesare, che come tanti altri era stato lasciato dalla moglie Xantippe, affascinata dalla purezza elogiata dall'apostolo (40) Xantippe e Marcello consigliarono Pietro a fuggire da Roma per evitare il pericolo incombente, ma alla porta della città, forse quella che conduce verso Oriente, questi s'incontrò con Cristo diretto verso la città, il quale alla domanda dell'apostolo «Quo vadis» rispose «Vado a farmi crocifiggere di nuovo!» (c. 15). Pietro commosso tornò nell'urbe, e mentre egli narrava ai fratelli la visione, comparvero gli sgherri di Agrippa che incatenarono l'apostolo. Pietro, condannato a morte sotto l'accusa di ateismo, sconsigliò la turba, che si proponeva di liberarlo, ed esortò di perdonare ad Agrippa (cc. 33-36).
Dopo una rettorica apostrofe alla croce, Pietro chiese di essere crocifisso con il capo all'ingiù; in tale posizione egli tenne un discorso, affermando tra l'altro, con espressioni gnostiche, che anche il primo uomo «cadde» con la testa all'ingiù per cui il suo giudizio fu completamente falsato: la sinistra fu considerata la destra, il brutto bello, il male bene ecc.: occorre quindi convertirsi, cioè salire la croce con Gesù e così ripristinare il vero valore delle cose. Alla fine elevò un'ardente invocazione a Cristo che solo ha parola di vita! «Tu sei il Tutto, e il Tutto è in Te, e non v'è nulla che sia fuori di Te» (c. 39) affermò Pietro con espressioni d'innegabile colorito panteista.
La moltitudine pronunciò il suo «Amen», mentre Pietro spirava. Marcello ne lavò il cadavere con latte e vino, l'imbalsamò e lo seppellì on una cassa di marmo nella propria tomba. Nottetempo gli apparve Pietro che lo rimproverò per lo sciupio inutile dei profumi e per la sepoltura costosa «lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (37-40).
Nell'ultimo capitolo – forse una interpolazione come i primi tre – Nerone, rimproverato Agrippa d'aver fatto morire Pietro di una morte troppo benigna, voleva vendicarsi uccidendo i discepoli dell'apostolo; ma una voce misteriosa nottetempo gli disse: «Nerone, tu non puoi perseguitare né distruggere i servi di Cristo; tieni lontano le tue mani da quelli!»
L'imperatore atterrito si astenne allora dal disturbare i cristiani.

Le testimonianze precedenti, come in genere quelle tratte dalla letteratura della corrente petrina, presentano il tema della adaequatio Petri a Cristo, vale a dire della consociazione dell'apostolo al martirio di Cristo.

e) III secolo. – Ci si presenta l'attestazione di Clemente Alessandrino (m, 215), che pur non affermando esplicitamente il martirio di Pietro a Roma, scrive il particolare desunto dalla tradizione, che l'Evangelo di Marco fu scritto a Roma durante la predicazione di Pietro in quella città:

« Quando Pietro predicava pubblicamente a Roma la parola di Dio e, assistito dallo Spirito vi promulgava il Vangelo, i numerosi cristiani che erano presenti, esortarono Marco, che da gran tempo era discepolo dell'apostolo e sapeva a mente le cose dette da lui, a porre in iscritto le sua esposizione orale » (41)

f) IV secolo. – Con il IV secolo la credenza del martirio di Pietro a Roma è ormai comune, per cui è superfluo addurre altri passi. Basti ricordare che, secondo il Lattanzio, Pietro e Paolo predicarono a Roma e che dissero rimase fisso nello scritto (42) Egli accusa poi Nerone d'aver ucciso Paolo e crocifisso Pietro.

Eusebio della sua Storia Ecclesiastica ricorda che Pietro fu a Roma al tempo dell'imperatore Claudio per combattervi Simone il Mago (43) La sua predicazione fu fissata nello scritto di Marco (44) l'apostolo fu crocifisso con il capo all'ingiù (45) mentre Paolo venne decapitato(46) Clemente fu il terzo successore di Pietro e Paolo (47) .

torna all'indice pagina
Testimonianze liturgiche

Sono diverse e ricordano varie feste in onore dei martiri Pietro e Paolo, di cui indicano con precisione i vari luoghi di sepoltura e di devozione. Da un inno ambrosiano sono ricollegate a tre vie romane: «Trinis celebratur viis festum sacrorum Martyrum» (48) vale a dire, via Ostiense per il sepolcro di Paolo, Via Aurelia per quello di Pietro, via Appia per entrambi gli apostoli.

Siccome quanto riguarda Paolo qui non ci interessa e quanto concerne la via Aurelia sarà esaminato studiando gli scavi in Vaticano. ora raccolgo solo le testimonianze liturgiche riguardanti la via Appia(49) .

Tale festività è così presentata Martirologio di S. Girolamo (Martyrologium Hieronymianum): «Il 29 giugno a Roma il natale (= la morte) degli apostoli Pietro e Paolo: di Pietro sul Vaticano presso la Via Aurelia, di Paolo presso la via Ostiense; di entrambi nelle Catacombe; patirono al tempo di Nerone, sotto i consoli Basso e Tusco » (50 ) .

Siccome Basso e Tusco furono consoli nell'anno 258 d.C.. appare evidente che il dato originario non doveva riguardare il martirio di Pietro e Paolo al tempo di Nerone (a. 64 d.C.) bensì un altro episodio: probabilmente è sulla linea più giusta la notizia della Depositio Martyrum forse edita nel 354 da Furio Filocalo: « il 29 giugno (memoria) di Pietro nelle catacombe e di Paolo (sulla via ) Ostiense sotto i consoli Tusco e Basso » (51) Dopo gli studi del Lietzmann divenne comune l'ipotesi che tale festa riguardasse la traslazione dei corpi dei due martiri in quel luogo, che così unì insieme il ricordo dei due fondatori della Chiesa romana, sostituendola a quella pagana dedicata ai fondatori di Roma: Romolo e Remo (52) E' tuttavia difficile accogliere la predetta traslazione delle reliquie di Pietro e Paolo dai rispettivi posti di sepoltura perché vi restassero nascoste assieme nelle «Catacombe» della Via Appia. L'estrarre cadaveri da una tomba era delitto punibile con la pena capitale e durante la persecuzione di Valeriano, essendo vietate le riunioni nei cimiteri, questi dovevano essere oggetto di speciale sorveglianza. Di più sull'Appia, via di grande traffico, nei pressi delle catacombe, proprio accanto alla tomba di Cecilia Metella, vi era un posto di polizia imperiale; il che rendeva ancora più difficile tale trafugamento (53) Di più tale gesto non aveva alcun senso in quanto, secondo la legge romana non v'era pericolo di profanazione delle tombe da parte dei persecutori. Per questo altri, senza ragione alcuna, anzi contro le testimonianze più antiche, suppongono che le salme dei due apostoli siano state sin dal principio inumate ad Catacumbas, e poi al tempo di Costantino, portate ai luoghi attuali sulla via Ostiense e sul Vaticano (54)

Il culto di Pietro e di Paolo sulla via Appia nel 258 non ha mai presupposto l'esistenza di reliquie dei martiri, ma fu un gesto di fede cristiana proprio nel momento in cui la persecuzione diveniva generale e non rendeva possibile il raccogliersi nelle due necropoli pubbliche dove si trovavano le tombe apostoliche (55) Forse il luogo fu scelto poiché una tradizione vi poneva la casa dove Pietro aveva vissuto per un po' di tempo a Roma, dato che si trattava di una zona prima abitata da ebrei.
(segue)


NOTE A MARGINE

1. Marsilio , Defenson pacis , ed Basilea 1522, pp. 20, 208. Tra i recenti scrittori K. Heussi ( War Petrus in Rom , 1936) ha negato la venuta di Pietro a Roma, ma fu combattuto dallo storico H. Lietzmann ( Petrus und Paulus in Rom - Arbeiten zur Kirchengeschichte I , 2° ediz. Berlin 1927); oltre agli studi citati nel corso del capitolo cfr pure O. Marrucchi, Pietro e Paolo a  Roma, 4° ediz. Torino 1934. torna al testo

2. La Chiesa di Roma sorse probabilmente per opera di Giudei convertitisi a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste (in At 2, 10 si nominano pure gli «avventizi romani»), i quali devono aver predicato l'evangelo presso gli Ebrei quivi residenti. Si pensa che a Roma esistessero dai 30 ai 40 mila Giudei. J. Juster ( Les Juifs dans l'Empire Romain , Paris 1914, pp. 209 ss) giunge alla cifra esagerata di 60 mila. Secondo alcuni la lettera ai Romani fu scritta con l'intenzione di indurre i pagano-cristiani di Roma a non sprezzare i Giudei, che rientravano pur essi nel divino piano della salvezza (M.J. Lagrange , Epitre aux Romains , Paris 1950, pp. XXI s.). Sulle discussioni tra i Giudei circa il «Chresto» (= Cristo) e la loro cacciata del 49, cfr Svetonio , Divus Claudius, 25 (At 18, 2), torna al testo

3. Card. I. Schuster , Actus Apostolorum , in «La Scuola Cattolica», 81 (1953) pp. 371-374; R. Graber , Petrus der Fels, Fragen um den Primat , p. 21. torna al testo

4. J. Dupont , Les problèmes du livre des Actes d'après les travaux recents , Lovanio, Pubblications Universitaires, p. 88. torna al testo

5. J. Belser , Die Apostelgeschichte , 1905. p. 156. per l'uso di chiamare Roma Babilonia, si vedano le pagine seguenti. torna al testo

6. H. Holzmeister ( Commentarium in ep. S. Petri et Judae , Corpus Scriptorum, Paris 1937, p. 82) afferma non esservi alcun sicuro argomento per sostenere che Pietro nel 42 abbia abbandonato la Palestina. C. Cecchelli ( Gli Apostoli a Roma , Roma 1938, p. 100) sostiene che Pietro non andò a Roma prima del 63. Cfr quanto noi pure diremo. D.F. Robinson , ( Where and when did Peter die? , in «Journ. Bibl. Liter.» 1945, pp. 255 ss) poggia su questo passo per sostenere che Pietro morì a Gerusalemme nel 44 d.C.; tale sarebbe il nucleo storico di At 12, 1-19. Ma nel campo storico non ci si può lasciar guidare dalla fantasia. torna al testo

7. Così in generale gli esegeti cattolici. L'equazione Babilonia-Roma era frequente nell'apocalittica: cfr Oracoli della Sibilla : « Essi bruceranno il mare profondo, la stessa Babilonia e la contrada dell'Italia » (5,159); (cfr pure Rivelazione di Baruc 1, 2; Esdra 3, 1 s, 28,31). Anche gli antichi scrittori ecclesiastici amarono tale equazione, come ad es. Tertulliano ( Adv. Judaeos 9; Adv. Marcionem 3, 13 ). Cfr H. Fuchs , Der geistige Winderstand gegen Rom , 1938, pp. 74ss; B. Altaner , Babylon , in «Reallaxicon für Antike Christentum». coll. 1131 ss.. Si noti che i due Mss. minuscoli n. 1518 e 2138, hanno sostituito Roma nei passi dell'Apocalisse, dove si parla di Babilonia (Ap 14, 8; 16, 19; 17, 5; 18, 2). torna al testo

8. Babilonia d'Egitto è ricordata da Strabone 17, 30 e da Flavio Giuseppe Ant. Giud. 11,15,1 ; cfr Guathier , Dictionnaire de noms géographiques IX , pp. 303-204; A.H, Gardiner , Ancient Egyptian Onomastica , pp. 131-144. I Romani verso la fine del I secolo vi eressero un castrum. Una pia leggenda localizza nella chiesa copta di Abu-Sarga o nella vicina Mu'allaqa il luogo di rifugio della Sacra Famiglia. I Romani si impossessarono della regione nel 31 a.C.. E' tuttavia ignoto se la costruzione della città romana già esistesse nel I secolo; la sua fondazione oscilla tra il I e il III secolo d.C.; certamente non era ultimata al tempo di Pietro. torna al testo

9. Flavio Giuseppe , Ant. XV, 2, 2 ; Filone , Legatio ad Caium 182 . torna al testo

10. Cfr Moore, Judaism in the First Centuries of the Christian Era , vol. I, Cambridge 1927, p. 6. torna al testo

11. Cfr A. Jaubert , Le pays de Damas , in «Revue Biblique» 65 (1958), pp. 214-248 (specialmente pp. 244-246). Secondo Flavio Giuseppe, Babilonia sarebbe stata abbandonata nella seconda metà del sec. I dai Giudei che si trasferiscono a Seleucia (Ant. Giud. XVIII, 3, 8). torna al testo

12. Il cingersi indica nella Bibbia e presso i Semiti il disporsi ad agire. torna al testo

13. Bultmann , Das Evangelium des Johannes , 2° ediz. 1950, pp. 552. torna al testo

14. Scorp, 15; la «estensione delle mani» (éktasis tôn cheirôn) nella tipologia cristiana designa la crocifissione- torna al testo

15. Così A. Omodeo , Saggi sul cristianesimo primitivo , Napoli, p. 462. torna al testo

16. Così K. Heussi , Die römische Petrustradition in kritischer Sicht , Tübingen 1955; identiche le posizioni di D. Robinson , Where and when did Peter die? in «Journ. Bibl. Liter.» 64 (1945), pp. 255-267; C. Smalz , Did Peter Die in Jerusalem? , ivi 71 (1952), pp. 211-216; secondo quest'ultimo Pietro sarebbe morto in Gerusalemme nel 44 d.C., mentre il racconto della sua liberazione sarebbe una leggenda (At 12). Cfr Katzenmager , Die Schicksale des Petrus con seinem Aufenthalt in Korinth bis seinem Martyrtod , in «Intern. Kichl. Zeitschr.» 34 (1944), pp. 145-152. torna al testo

17. Juan de Mariana , Scholia in Vetus et Novum Testamentum , Madrid 1616, p. 1100. Tale ipotesi fu recentemente riproposta da J. Munk , Petrus und Paulus in der Offenbarung Johannes , Copnhagen 1950; M.E. Boismard , L'Apocalypse (in La S. Bible de Jerusalem), Paris 1950, pp. 21 s. e 53. Secondo questo autore l'ascesa al cielo indica il loro trionfo, oppure la loro « resurrezione nella persona dei loro successori » (!); le parole «dove il loro Signore è stato crocifisso » (v. 8) sono una glossa posteriore (ma tutti i Mss la presentano!). torna al testo

18. Cfr Ap 11, 2 e Gr 34, 13; Ga 4, 24. torna al testo

19. Saliah? = apostolo «servo di Javé», cfr Sahlin in «Biblica» 28, 1947, pp. 152-153. torna al testo

20. Vi si potrebbe anche vedere il martirio del pontefice Ananos e del suo compagno Gesù, di cui parla G. Flavio , Guerra Giudaica 4.5 ; cfr F. Salvoni , L'Apocalisse , Milano 1969 (dispense del Centro Studi Biblici, Via del Bollo 5). torna al testo

21. Cfr A. Rimoldi , L'episcopato ed il martirio romano di Pietro nelle fonti letterarie dei primi tre secoli , in La Scuola Cattolica» 95 (1967), pp. 495-521. torna al testo

22. Clemente , 1 Corinzi 5, 2-6, 1 ; cfr O. Cullmann , Les causes de la mort de Pierre et de Paul d'après la témoignage de Clément Romain , in «Revue de Histoire et de Philosophie Religeuses» 1930, pp. 294 ss; E. Molland , Propter invidiam. Note sur 1 Clém. , in «Evanos Rudbergianus» 1946, pp. 161 ss; A. Friedrichsen , Die Legende von dem Martyrium des Petrus und Paulus in Rom , in Zeitschrift für klassische Philologie» 1916, pp. 270 ss; N. Schuler , Klemens von Rom und Petrus in Rom , in «Triere Theol. Studien» 1 (1942), pp. 94 ss; L. Sanders,L'hellénism de St. Clément de Rome et le paulinisme , 1943; O. Perler , Ignatius von Antiochien und die romische Christusgemeinde , in «Divus Thomas» 1944, pp. 442 ss; St. Schmutz , Petrus war dennoch in Rom , in «Benedikt Monatschrift» 1946, pp 122 ss; B. Altaner , Neues zum Verhältnis von 1 Klem. 5, 1.6, 2 , in «Histor. Jahrbuch» 1949, pp. 25 ss; M. Dibelius , Rom und die Christen in ersten Jahrhunder, Sitzungberichte des Heidelberger Akademie der Wissenschaften, Philologisch-Historische Klasse , Haidelberg 1942. torna al testo

23. Cfr N. Strathmann ( Theologisches Wörterbich zum Neuen Testament ad opera di Kittel, vol. IV, 54 ) che è assai cauto sul senso di « morire martire »; il verbo « marturêin » solo più tardi assunse certamente tale significato assieme alla parola dòksa gloria ») che designò la « gloria del martire ». torna al testo

24. Cfr per Paolo 2 Ti 4, 14-16. Secondo gli Atti di Paolo ( Pràxeis Paulòu, Acta Pauli nach dem Papyrus der Hamburger Bibliotheke hrg. C. Schmidt ) un marito geloso perché sua moglie stava giorno e notte ai piedi dell'apostolo, cercò di farlo condannare alle belve (Papiro 2, lin. 8). A Corinto un profeta gli preannunciò la morte a Roma vittima di gelosia (Pap. 6, 1-22); egli, infatti, avrebbe incitato le mogli a sottrarsi ai loro mariti (!?). Anche se tali racconti sono fantastici, essi riflettono pur sempre il ricordo di una gelosia di cui gli apostoli furono vittime. Le leggende non si creano di sana pianta (cfr Mt 24, 10). Tacito, Annali XV, 44 : «Si convincevano (di cristianesimo) i primi arrestati che confessavano, poi, su loro indicazione, una grande folla» («igitur primo correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens»). torna al testo

25. Cfr S. Bagatti , S. Pietro nei monumenti di Palestina , in «Collectanea» 5 (1960, p. 457. («Studia Orientalia Christiana Historia»). torna al testo

26. S. Pines , The Jewish Christians if the Early Centuries of Christianity Accordind to a New Source , Jerusalem 1966, 4, 62. torna al testo

27. 1 Cor 5, 2-6, 1. Per le Danaidi e Dirce cfr N. Fuchs , T acitus über die Christen , in «Virgiliae Christianae» 1950, pp. 65 ss; cfr A. Kurfess , Tacitus über die Christen , ivi, 1951, pp. 148 ss; Le Danaidi erano le cinque figlie di Danao, re d'Egitto che, fuggite con Argo, furono raggiunte da cinquanta egiziani e costrette a sposarli; ma per consiglio del padre la notte successiva alle nozze esse mozzarono la testa ai rispettivi mariti; solo una, Ipermnestra, risparmiò il suo Linneo. In punizione furono condannate a riempire nell'inferno un'anfora senza fondo. Forse Nerone obbligò le martiri a subire i più crudeli oltraggi morali e infine fece loro tagliare la testa con una variante al mito. Dirce, sposa di Lico, tenne prigioniera e maltrattò Antiope, madre dei due gemelli Anfione e Zeto, ma per vendetta venne da costoro legata alle corna di un toro. torna al testo

28. In Eusebio, Hist. Eccl. 5, 24, 14-17 PG 20,508 A. I Romani, anziché osservare la pasqua al 14 Nisan, la celebravano la domenica successiva a tale plenilunio. Cfr  M. Goguel , L'Eglise primitive , Neuchâtel 1947, p. 213. torna al testo

29. Ignazio, Ad Ephesias 3, 1; 3, 3; Ad Romanos 4, 3 PG 2 (ouch ôs Pètros kai Paùlos diatàssomai Umîn). torna al testo

30. Papia in Eusebio (Hist. Eccl. 2,15,2; 3, 19, 15-16) e Clemente Alessandrino , Hypotyposeis in Eusebio (ivi 2,15,2 PG 20,172). torna al testo

31. Origene in Eusebio (Hist. Eccl. 3,1,2 PG 20, 215 A; CB 11, 1 p. 188). Sulle testimonianze patristiche riguardanti la crocifissione di Pietro cfr V. Lapocci , Fu l'apostolo Pietro crocifisso «inverso capite»? , in «Studia et Documenta Hist. et Juris», 28 (Roma 1962, pp. 89-99). Per gli usi romani della crocifissione cfr U. Holzmeister , Crux Domini eiusque cricifixio ex archelogia romana illustratur , in «Verbum Domini» 14 (1934), p. 247. torna al testo

32. In Eusebio, Hist. Eccl. 2, 25, 8 PG 20, 209 A. Erroneamente Dionigi attribuisce ai due apostoli la fondazione della chiesa di Corinto, che fu invece opera del solo Paolo (1 Co 3, 10; 4, 15); ciò fa supporre almeno una visita di Pietro (cfr il partito di kefa in 1 Co 1, 12). Dionigi testifica almeno la venuta di Pietro in Italia (Roma), anche se non contemporaneamente a Paolo. torna al testo

33. «Iruentem fidem Romae primus Nero crientavit. Tunc Petrus ab altero cingitur, cum cruci adstringitur» (Scorpiace 15 PL 2, 175 A), «Quos Petri in Tiberi tinxit» (De Bapt. 4 PL 1, 1312 CSEL 20, p. 204). «Romanorum (ecclesia refert) Clementem a petro ordinatum» (De praescript. haeret. 32 PL 2, 53 A). torna al testo

33bis. Così in De Pudicitia 21 PL 2, 1079; cfr W. Koehler , Omnis Ecclesia Petri prepinqua , in Sitzungherichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften Phil. Histe, Klasse 1938 (per altre interpretazioni vedi sotto: Prime reazioni antiromane). torna al testo

34. Adv. Haer. 3, 1 PG 7, pp. 844-845; egli ammette la presenza simultanea dei due apostoli; erra però nel far fondare da loro la chiesa, che al contrario era già esistente quando Paolo vi pervenne (Rm 15, 22 ss), e che probabilmente sorse ad opera di avventizi romani (At 2, 10), convertitisi il giorno di Pentecoste. torna al testo

35. In Eusebio, Hist. Eccl. 2,25,5-6 PG 20, 209 CB II/1, p. 176. Per la tomba di Filippo a Gerapoli cfr Eusebio, ivi, 31, 4 PG 20, pp. 280-281. torna al testo

36. Cfr C. Mohrmann , A propos de deux mots controversés «tropeum-nomen» , in «Vigiliae Christianae», 8 (1954), pp. 154-173. torna al testo

37. Hic (Anaclitus) memoriam beati Petri construxit, Anaclitus in Liber Pontificalis, Edizione Duchesne, Parigi 1886, pp. 55-125. torna al testo

38. Lietzmann, Petrus römische Martyrer, Berlin 1936, pp. 209 s. torna al testo

39. Cfr 33-41 di Atti di Pietro ; viene attribuito falsamente a Lino papa, e ci è conservato in due Mss greci. James , The Aprocriphal N.T. , Oxford 1924, pp. 330-336. torna al testo

40. L'esaltazione della verginità (anche nel matrimonio) tradisce l'influsso manicheo e ci fa vedere come dallo gnosticismo e dal manicheismo sia venuta la concezione che la verginità è superiore al matrimonio quale si impone ai fedeli verso la fine del IV e nel V sec d.C.. Si capisce pure come gli Atti di Pietro godessero tanto favore presso gli eretici specialmente presso i manichei (cfr Agostino, Contra Faustum Man. 30, 4; Adv Adimant. Manich. 17 e un po' prima Filastrio, Haer. 88). torna al testo

41. Questo brano tratto dalle Hypotyposeis si legge in Eusebio, Hist. Eccl. 6,14,6 PL 20,552. torna al testo

42. «Quae Petrus et Paulus Romae predicaverunt et ea praedicatio in memoria scripta permansit» Instit. Div. IV, 21 PL 6, pp. 516-517. torna al testo

43. «Petrum cruci affixit et Paulum interfecit» De Morte persecutorum 2 PL 2, 196-197. 44. Eusebio, Hist. Eccl. 2, 15, 2 PG 20, 170. torna al testo

44. Eusebio, Hist.Eccl. 3,1,2 PG 20,216. torna al testo

45. Ivi, Hist. Eccl. 3, 1, 2 PG 20, 216. torna al testo

46. Ivi, Hist. Eccl. 3,1,3 PG 20, 216. torna al testo

47. Ivi, Hist. Eccl. 3,4,9. torna al testo

48. H.A. Daniel , Thesaurus Hymnologicus , Lipsia 1855, vol. I, p. 90. torna al testo

49. Cfr lo studio assai diffuso di J. Ruysschaert , Les documents Littéraires de la double tradition romaine des tombes apostoliques , in «Revue Hist. Ecclésiastique» 52 (1957), pp. 791-831; cfr pure E. Griffe , La Légende du transfert du corps de St. Pierre et de Paul ad Catacumbas , in «Bulletin de la Littérature Ecclésiastique» 1951, pp. 205-220. torna al testo

50. «III Cal. Jul. Romae, Via Aurelia, natale apostolorum petri et Pauli, Petri in Vaticano, Pauli vero invia Ostiense, utrumque in Catacumbas, passi sub Nerone, Basso et Tusco consulibus» Martirologium hieronymianum), Mss di Berna del sec. VIII. torna al testo

51. «IIICal Jul. Petri in Catacumbas et Pauli Ostiense, Tusco et Basso consulibus». torna al testo

52. Papa Leone nel suo sermone 82 alludendo alla festa del 29 giugno afferma: « Gli apostoli fondarono la città di coloro che ne costruirono le mura macchiandola con un fratricidio » (PL 54, 422 CD). Tale traslazione ammessa da H. Duchesne (La memoria apostolorum de la via Appia, in «Atti della Pont. Accademia Romana di Archeologia» 1, 1 1923, pp. 1 ss), diffusa da H. Lietzmann (The tomb of the Apostles ad Catacumbas, in «Harward Theological Review» 1923, p. 157; idem, Petrus und Paulus in Rom, Berlin 2° ediz. 1927) è divenuta quasi tradizionale. torna al testo

53. Così G. La Piana , The Tombs of Peter and Paul ad Catacumbas , in «Harward Theological Review» 1921, pp. 81 ss.; H. Delehaye , Hagiographie et archéologie romaines II, Le sanctuaire des apôtres sur le vie Appienne , in «Anacleta Bollandiana» 45 (1927), pp. 297-310; E. Schaepfer , Das Petrusgrab , in «Evang. Theologie» 1951, p. 477; H. Lequerc , St. Pierre , in «Dictionnaire d'Archéologie chrètienne et de Liturgie», Paris 1939, vol. 14, pp. 822-981; P. Styger , Il monumento apostolico della via Appia (Dissertazioni Pont. Acc. di Archeologia, Ser II, 13, 1938), pp. 58-89; idem , Die römischen Katakomben , Berlin 1933. torna al testo

54. Così P. Styger , Die römischen Katakomben , 1933, p. 350; idem , RömischeMartyrergrüfte , Berlin 1935, I, pp. 15 ss; F. Tolotti , Memorie degli Apostoli ad Catacumbas , Città del Vaticano 1953; G. Belvederi , Le tombe apostoliche nell'età paleocristiana , Città del Vaticano 1948; pp. 66-114, 130-173; A. M. Schneider , Die Memoria Apostolorum der Via Appia , in «Nachrichten der Akad. der Wissenschaft» (Philosoph Histor. Klasse, Göttingen 1951). Sugli scavi effettuati si vedano più avanti: Gli scavi di S. Sebastiano. torna al testo

55. J. Ruysschaert , Les deux fêtes de Pierre dams la «Depositio Martyrum» de 354 , in «Rendiconti della Pont. Accademia Romana di Archeologia» 38 (1965-1966 ediz. 1967), pp. 173-174; Idem , Le testimonianze sulla tomba , in «Pietro a Roma», Edindustria, Roma 1967, pp. 88-91. torna al testo