Da Pietro al Papato
di Fausto Salvoni

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

SVILUPPO DEL POTERE SPIRITUALE DEL PAPATO
(parte seconda)


Declino dell'autorità papale

Da Innocenzo IV (1243-1254 la plena potestas papale fu invocata non per un beneficio della Chiesa, ma per vantaggio esclusivo del papa(44) con lo scopo di trovare fondi da usarsi per la Curia romana e dei benefici per i suoi protetti, molto spesso con l'accordo tacito od espresso di Roma con i capi del luogo a scapito delle chiese locali. Quando fu perso il vero interesse per il bene della Chiesa il papa usò il potere raggiunto non per edificare il corpo di Cristo, ma per impedire ad altri di farlo. Dopo il triste periodo avignonese del XIV secolo, il papato, che avrebbe dovuto in linea di principio garantire l'unione delle Chiese, fu occasione della sua divisione mediante lo scisma d'Occidente (1374-1417), nel quale due o tre papi si contendevano il potere o regnavano indipendentemente gli uni dagli altri a Roma, in Francia e in Spagna (45) Si trovò la soluzione del problema nella dottrina conciliare, che ora si vede, anche da molti cattolici, in un modo non partigiano come lo era in passato, quando si riteneva una dottrina eretica creata da Occam e da Marsilio Ficino; molti cattolici l'ammettono ora come un'idea perfettamente ortodossa, almeno nella sua formazione meno rigida (46) .

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Dottrina conciliare

Essa è già sostanzialmente presente nella ecclesiologia assolutamente ortodossa e tradizionale del XII e XIII secolo(47) Il Tierney nelle opere già citate presenta il seguente sviluppo della idea conciliare:

a) Teorie decretiste sulla direzione della Chiesa (1140-1270)

Secondo i commentatori del Decretum (di qui il nome decretisti) di Graziano, la Chiesa romana locale (papa e cardinali) può sbagliare, ma non la Chiesa universale che è la comunione di tutti i fedeli. Il concilio ecumenico rappresenta tutte le chiese che si uniscono a quella romana e al papa. Mentre Graziano respinge una limitazione del potere papale da parte del Concilio, i suoi commentatori gli riconoscono invece due limiti: il papa deve accettare le decisioni del Concilio che gli è superiore; le questioni riguardanti tutta la Chiesa devono infatti essere giudicate da tutti secondo una norma di Bonifacio VIII (48) Perciò nei problemi di fede – dice Giovanni Teutonico – il Concilio è maggiore del papa(49) Di più, secondo la sentenza di Girolamo, l'orbe è maggiore dell'urbe (Orbis major est urbe); perciò il collegio dei vescovi è superiore al vescovo di Roma, come l'intero corpo è superiore al capo. Di conseguenza la Chiesa, a cui Cristo ha affidato l'ultima istanza: « Dillo alla Chiesa » (Mt 18, 18), può anche deporre un papa che divenga eretico, scismatico o si irretisca di gravissime colpe morali.

b) Papalismo e dottrina ecumenica corporativa nel secolo XIII .

I decretalisti – o commentatori delle famose decretali o leggi papali – misero invece in risalto l'autorità del papa, pur asserendo che ciò si avvera per esplicita «delega» da parte della comunità (concezione corporativa). Secondo il cardinale Enrico di Segusia, vescovo di Ostia (m. 1271), detto « fons et monarcha iuris » per la sua reputazione, l'autorità sta non solo nel capo ma anche nei membri, per cui, nelle questioni che interessano la collettività il capo deve avere il consenso dei membri. Se ciò inizialmente si applicava soprattutto alla chiesa particolare (vescovo), più tardi si estese pure al papato.

c) Le idee conciliari del XIV secolo.

In questo periodo apparve la vera teoria conciliare, che fu resa possibile « quando l'ecclesiologia decretistica fu fecondata da concetti corporativi decretalistic (50) La prima formulazione completa fu data dal grande teorico politico Jean de Paris(51) il quale in una sua ardita sintesi affermò che ogni autorità ecclesiastica – compresa quella papale – poggia sull'istituzione divina e sulla «cooperazione umana », vale a dire sulla trasmissione del potere tramite l'elezione. La vera padrona d'ogni bene è la Chiesa, mentre il papa ne è solo il dispensatore. Nelle questioni di fede il papa ha bisogno della collaborazione del concilio, che secondo il card. Guglielmo Durantis si dovrebbe radunare ogni dieci anni.

L'idea conciliare fu pure insegnata da due docenti germanici dell'Università di Parigi: Enrico di Langenstein e Corrado di Gelnhausen (52) Anche Pietro d'Ailly (m. 1420), cancelliere dell'Università di Parigi, sostenne la dottrina conciliare. « La fermezza della Chiesa non può poggiare sulla debolezza di Pietro, ma solo su Gesù Cristo». Il papa è capo solo in quanto ebbe un'autorità delegata in parte dalla Chiesa (ministerialiter exercens) ma non può essere superiore a questa, essendo impossibile che una parte sia superiore al tutto. Se anche tutti i sacerdoti errassero, vi saranno sempre nella Chiesa delle umili persone che salvaguardano il deposito della rivelazione: « E' chiaro che il tutto è superiore alla parte e il papa è solo una parte del concilio, come il capo è una parte del corpo »(53) In un sermone predicato al Concilio di Costanza disse: « Solo la Chiesa universale ha il privilegio di non errare »(54) .

Il dotto e pio Jean le Charlier (m. 1429) servì a diffondere tale idea; secondo lui Gesù Cristo concesse la supremazia non direttamente al papa, ma alla Chiesa (Mt 18, 18: «Dillo alla Chiesa ». il papa perciò è fallibile, inferiore al concilio ecumenico e può essere giudicato, condannato e deposto dalla Chiesa. Il papa, come sposo (?!) della Chiesa, può abbandonarla, vale a dire dimettersi come fece Celestino nel 1294; ma può anche essere abbandonato dalla Chiesa come nel caso di un governo dispotico. Come è possibile uccidere un aggressore, così la Chiesa può difendersi deponendo un papa indegno. nei concili i sacerdoti e i cristiani hanno il diritto di esprimere il loro voto, perché furono i primi cristiani a delegare la loro autorità al clero (55) .

Occam (m. 1349 o 1350) e Marsilio di Padova (m. 1348) quando abbracciarono la teoria conciliare si inserivano quindi nella grande corrente canonista medievale (56) .

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Il Concilio di Costanza

La teoria conciliare ebbe la sua accettazione canonica nel Concilio di Costanza (57) e precisamente con i canoni 4 e 6 del 6 aprile 1415, destinati in modo particolare contro l'enigmatica figura di Giovanni XXIII. Ecco come suonano:

« Il Concilio di Costanza, regolarmente convocato come rappresentante della Chiesa, riceve direttamente il suo potere da Dio. Ciascun membro della Chiesa, incluso il papa, è perciò obbligato ad ubbidire a tutti i decreti che esso abbia a stabilire per la fede, la distruzione dello scisma e la riforma della Chiesa» (Decreto 4)
« Chiunque, papa incluso, rifiutasse obbedienza agli ordini, alle leggi e ai decreti di questo santo Concilio o di ciascun futuro concilio ecumenico regolarmente radunato, sarà sottoposto a penitenza e punito secondo le sue colpe qualora egli non voglia pentirsi anche ricorrendo ad altri aiuti » (Decreto 6)(58) .

Infatti il Concilio di Costanza (Ecumenico XVI) tenuto negli anni 1414-1418, dopo la rinuncia di Gregorio XII, depose Giovanni XXIII e Benedetto XIII (Pietro di Luna), che non volevano dimettersi, eleggendo il nuovo papa Martino V (59) .

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Il Concilio di Basilea

La medesima dottrina fu ripetuta al Concilio di Basilea, che, dopo il suo scioglimento attuato da papa Eugenio IV (m. 1447), continuò i suoi lavori e cercò di deporre il papa; in esso si distinse Nicolò di Cusa che fu fervido assertore dell'idea conciliarista(60) .

Usualmente i decreti di Costanza sono dai teologi ritenuti privi di valore perché non approvati dal papa, ma i cattolici Küng, Dom Paul de Vooght, Olivier de la Brosse li ritengono validi e vincolanti (61) Il Concilio di Basilea, appena si riunì, riconfermò i decreti generali della quarta e quinta sessione di Costanza. Il presidente card. Giuliano Cesarini in una lettera del 5 giugno 1432 dichiarava al papa Eugenio IV che la legittimità del suo pontificato dipendeva dalla legittimità di quei canoni:

« Se questo Concilio (di Basilea) sia legittimo o meno, dipende dal Concilio di Costanza; se quello fu vero, anche questo è vero. Non pare del resto che nessuno abbia mai dubitato della sua legittimità: e lo stesso si dica di tutto ciò che ivi fu decretato. Se infatti qualcuno dicesse che i decreti di quel Concilio non sono validi, allora bisognerebbe dire che non fu valida nemmeno la destituzione di Giovanni XXIII, fatta in forza di quei decreti. E se essa non era valida, non lo fu nemmeno l'elezione di papa Martino avvenuta quando quello era ancora in vita. E se papa Martino non fu papa, non lo è nemmeno Vostra Santità, che è stata eletta dai cardinali da lui nominati. Nessuno, più di Vostra Santità, ha quindi interesse a difendere i decreti di quel Concilio. Se un qualunque decreto di quel Concilio sarà messo in dubbio, allo stesso titolo si potrà contestare la validità degli altri; e per ciò stesso non saranno nemmeno validi neppure i decreti degli altri Concili, perché se vacilla l'attendibilità di un Concilio, vacillerà tutto il resto» (62) .

Infatti Eugenio IV, come già aveva fatto Celestino V, approvò tali decreti:

« Accettiamo, abbracciamo e veneriamo, come i nostri stessi predecessori dalle cui orme non ci vogliamo scostare, il Concilio generale di Costanza, il decreto Frequens, e parimenti tutti gli altri decreti e concili, che rappresentano la Chiesa militante cattolica con tutto il loro potere, la loro autorità ed onore eminente » (63) .

Tuttavia in seguito con l'affermarsi del papato si cercò di soffocare la teoria conciliarista allora dominante esaltando la dottrina canonista dell'autorità papale, perciò Pio VI nella Bolla Execrabilis del 1460 osò formalmente proibire, sotto pena di scomunica, chiunque appellasse dal papa al Concilio. Tuttavia tale decreto incontrò una fiera opposizione – al pari di simili decreti dei suoi successori Sisto IV e Giulio II – e fu anzi ritenuto invalido dai giuristi di quel tempo, persino dal curialista Giovanni Gozzadini, perché in contrasto con i decreti di Costanza. Il Concilio Lateranense V affermò nel 1516 che il « Pontefice sta al di sopra dei Concili» (64) ma fu ritenuto un concilio non libero, indebitamente controllato dal papa e composto in prevalenza di italiani. Perfino Bellarmino riteneva che tale opinione fosse disputabile tra i cattolici:

« Del Concilio Lateranense, che definì espressamente la questione, alcuni dubitano che sia stato davvero generale; sino ad oggi vi è quindi tale disputa tra i cattolici» (65) .

L'idea conciliarista perdurò nel Gallicismo che prese la sua forma concreta nella Dichiarazione del clero gallicano, composto da Bossuet e promulgata dal re Luigi XIV (1682). Ecco quanto più ci interessa:

« Noi arcivescovi e vescovi riuniti a Parigi per ordine del re, abbiamo giudicato conveniente stabilire e dichiarare:

1. Che San Pietro e i suoi successori vicari di Gesù Cristo e che tutta la Chiesa, non hanno ricevuto potenza da Dio che per cose spirituali riguardanti la salute e non per le cose materiali e visibili...

2. Che la pienezza della potenza della S. Sede apostolica e dei successori di Pietro sulle cose spirituali è tale che i decreti del S. Concilio Ecumenico di Costanza (sess. 4 e 5) approvati dalla S. Sede apostolica, confermati dalla pratica di tutta la Chiesa e dei pontefici romani, osservati religiosamente dalla Chiesa anglicana, dimorano in tutta la loro forza e valore, e che la Chiesa di Francia non approva l'opinione di coloro che attentano a quei decreti o li indeboliscono dicendo che la loro autorità non è stabilita, che essi non sono approvati o che riguardano solo il tempo dello scisma...

3. Che benché il papa abbia la parte principale nelle questioni di fede e i suoi decreti riguardino tutte le Chiese, e ogni Chiesa in particolare, il suo giudizio non è pertanto irreformabile, ameno che non vi intervenga il consenso della Chiesa».

Siccome, a causa di tali decreti, papa Innocenzo XI (1676-1689) si oppose alla nomina regia dei vescovi, Luigi XIV per ottenere un accordo diplomatico, finì per ritirare i quattro articoli incriminati.

Tuttavia l'idea conciliare, sia pure in forma mitigata, non è ancora scomparsa del tutto, come risulta dalle seguenti affermazione del Küng:

« Quante sventure si sarebbero potuto evitare alla Chiesa, dopo il Concilio di Costanza, se ci si fosse attenuti a quella che fu la posizione fondamentale di quel concilio – primato papale e insieme un certo "controllo conciliare!"... Se non si vogliono  lasciare completamente cadere le decisioni del Concilio di Costanza (cosa che, come risulta da quanto abbiamo esposto, non è consentito a un cattolico) non si può rinunziare ad affermare una superiorità (conciliare) rettamente intesa... (Si deve concepire) come un reciproco condizionamento... come un rapporto reciproco di lavoro al servizio della Chiesa, sotto un unico e solo Signore »(66) .

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Il distacco protestante: la Riforma

Contro la progressiva sostituzione del papato a Cristo, il quale agisce, parla e governa tramite il papa, si erse la riforma protestante che volle riportare l'autorità papale al di sotto della «Parola». Secondo molti teologi della riforma il papato fu presentato come l'Anticristo , come il «mistero dell'iniquità » già all'opera (2 Te 2, 7), come la « bestia» dell'Apocalisse che si eleva su tutto ciò che è divino (Ap 17).

La reazione principio il 10 dicembre 1520 alla Porta della Gazza (Elstertor) di Wittemberg, quando Martin Lutero gettando la bolla papale di scomunica nelle fiamme in cui già ardevano il Corpus Juris Canonici e i volumi di teologia scolastica pronunciò queste parole: «Poichè tu hai conturbato la verità di Dio, conturbi te oggi il Signore in questo fuoco. Amen » (67) .

Per i protestanti la Chiesa «è figlia nata dalla Parola, non è madre della Parola»; essa è sempre la Ecclesia discens, che impara dal suo Capo e dallo Spirito della verità. E' tutta intera sotto l'autorità ultima della verità divina rivelata (68) .

Così gran parte dei paesi anglosassoni si staccò dalla supremazia papale, creando uno dei più grandi scismi del cattolicesimo, invano combattuto dalla cosiddetta contro-riforma ad opera del Concilio di Trento (69) .

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La curia papale

L'organismo curiale ha subìto variazioni ed ampliamenti nel corso dei secoli; in esso elementi di primario valore sono i cardinali.

Il nome deriva dai presbyteri et diaconi cardinales, vale a dire incardinati (da cardine) al servizio di una chiesa o di una diaconia di Roma (70) Tale titolo fu poi riservato a coloro che erano preposti alle chiese titolari (tituli cardinales) di Roma o delle più importanti d'Italia (come Milano, Napoli, Ravenna) e fuori (come Colonia, Costantinopoli ecc.). Passò poi ad indicare gli ecclesiastici addetti al governo della Chiesa come aiutanti del papa che si distinsero in cardinali vescovi, sacerdoti e diaconi secondo il grado da essi goduto nella Chiesa.

Il titolo cardinalizio da Nicolò II (1059) a Eugenio IV (1438) assunse un notevole prestigio. Il Concilio di Costanza li limitò a ventiquattro, Sotto Paolo IV (1559) il loro numero salì a quaranta, elevandosi poi a ottantasei al tempo di Gregorio XIII. Sisto V li fissò a settanta in accordo con i seniori di Israele(71) Giovanni XXIII varcò tale limite, portato da Paolo VI ad oltre il centinaio in seguito alla maggiore diffusione del cattolicesimo (72) .

Dal sec. XI alcuni cardinali furono scelti come legati papali e inviati per missioni particolari in differenti stati della terra. Dal sec. XII perché vicari del papa, furono chiamati legati a latere ; tale distinzione raggiunse sotto Innocenzo III il suo fastigio.

Dotati delle più ampie facoltà suscitarono dei contrasti con la giurisdizione episcopale che si andò sempre più riducendo. Dal sec. XII i cardinali ebbero precedenza d'onore e rango su tutti i più alti dignitari ecclesiastici, compresi gli arcivescovi. In certi momenti tentarono, ma inutilmente di raggiungere una posizione più autonoma a fianco al papa e una specie di diritto di partecipazione ai suoi atti di governo.

Innocenzo IV li insignì del cappello rosso (1245) e Bonifacio VIII del manto purpureo; dal sec. XIII il decano del collegio cardinalizio è il cardinale-vescovo di Ostia.

Anzichè seguire lo sviluppo curiale nel corso dei secoli ho pensato di presentare la organizzazione datale il 15 agosto 1967 da Paolo VI con la « Regimini Ecclesiae Universae» aggiungendovi alcune note esplicative(73) .

« La Curia Romana risulta composta dalla Segreteria di Stato e dal Sacro Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, dalle Sacre congregazioni, Segretariati, Tribunali, Uffici, cui si aggiungono le commissioni permanenti »

I primi due dicasteri (Segreteria di Stato e Sacro Consiglio per gli affari pubblici) sono quelli che più collaborano con il papa sia per gli affari ecclesiastici sia per quelli diplomatici. Gli stati chiamerebbero quest'ultimo con il nome di Affari Esteri; ma nulla è straniero per la Chiesa.

Le Sacre Congregazioni sono:

1. Per la dottrina della fede, già Santo Ufficio: eretta nel 1542 da Paolo III per la difesa della fede, da cui dipendeva anche la Sacra Inquisizione . Il nuovo nome le fu dato da Paolo VI col Motu proprio integrae servandae del 7 dicembre 1965.

2. Per  le Chiese orientali: risale al 1862, ma fu ristrutturato da Benedetto XV, ad essa Pio XI sottopose anche gli occidentali che vivono nelle regioni orientali (25 marzo 1938).

3. Per i vescovi: è la Congregazione prima chiama Concistoriale.

4. Per la disciplina dei sacramenti.

5. Per i riti: ristrutturata e suddivisa in due sezioni: sezione del culto e sezione delle canonizzazioni dei santi. La prima ordina sia il culto liturgico che quello non liturgico, anche nelle sue forme popolari.

6. Per il clero: deve fomentare la santità del clero, perfezionare la dottrina, incrementare le cognizioni pastorali e lo scambio delle esperienze, dare impulso alle opere di apostolato e curare le necessità materiali dei sacerdoti, la conservazione e la retta amministrazione dei beni ecclesiastici.

7. Per i religiosi ed istituti secolari: all'ordinaria sezione riguardante frati, monaci e suore si è aggiunta una speciale sezione per gli istituti secolari, vale a dire per coloro che pur non essendo religiosi si ispirano agli ideali religiosi e all'osservanza dei consigli evangelici pur restando nel secolo.

8. Per l'insegnamento cattolico: è l'antica Congregazione del Concilio(74) che estende la sua competenza alle scuole dalle parrocchiali e diocesane agli istituti di istruzione d'ogni ordine e grado dipendenti dalla Chiesa, in tutto il mondo cattolico fino alle Università o Facoltà o Atenei, Istituti di Studio a livello universitario. « l'attività della S. Congregazione mirerà a far penetrare il pensiero cattolico nel mondo intellettuale odierno ». Curerà che vi sia assistenza morale, spirituale e anche materiale mediante convitti per coloro che frequentano tali università.

9. Per l'evangelizzazione dei popoli o Propaganda Fidei : deve curare la cristianizzazione del mondo in accordo con il decreto Ad gentes divinitus del Concilio Vaticano II.

Alle Congregazioni si aggiungono poi tre segretariati per l'unità dei credenti, per i non cristiani, per i non credenti. Ad esperimentum esiste pure il «Consiglio dei laici» e la Commissione «Giustizia e pace».

I Tribunali sono tre: La Segreteria apostolica, la S. Rota e la Penitenzieria apostolica .

1. La Segnatura apostolica: è il tribunale supremo per tutta la Chiesa che deve sciogliere le controversie giudiziarie nel campo dell'ordinamento ecclesiastico, vigilare sulla retta amministrazione della giustizia, decidere i diritti di competenza tre i vari dicasteri.

2. La S. Rota: che tratta tutte le questioni riguardanti la nullità dei matrimoni, compresi quelli degli orientali (motu proprio del 7 dicembre 1965 Integrae servandae).

3. Penitenzieria apostolica: che ha competenza esclusiva nella concessione delle indulgenze (75) .

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Uffici

1. Cancelleria apostolica: dedita alla preparazione delle bolle e dei brevi di maggior rilievo. Quelli di minor importanza, come ad esempio le onorificenze e il conferimento dei benefici nei capitoli urbani, sono redatti da un ufficio esistente presso la segreteria di stato.

2. Prefettura dell'economia: composta da un collegio di tre cardinali, con a capo un cardinale presidente, vigila nelle varie amministrazioni che fanno capo al Vaticano, rivede i bilanci, esamina i progetti, ispeziona i libri contabili, prepara il bilancio generale. E' una specie di Corte dei Conti e un ministero del bilancio.

3. Contenzioso amministrativo: a cui si ricorre quando si presume che un atto del potere amministrativo ecclesiastico abbia violato una legge.

4. Istituto di statistica: raccoglie dati e notizie utili per conoscere meglio lo stato della Chiesa e apportare validi aiuti ai vescovi.

5. Prefettura dei Palazzi apostolici: che deve assistere il papa, seguirlo nei suoi viaggi, disporre le udienze e le cerimonie pontificie, esaminare le precedenze, preparare le udienze dei capi di stato e di alte personalità.

6. Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica : le entrate per tale amministrazione furono procurate in vario modo nei diversi secoli e si ricollegano a questi tre cespiti (76) :

a) Censo: reddito dello stato pontificio e degli altri patrimoni in possesso della Chiesa romana, dai tributi delle Chiese e Abbazie che godevano l'esenzione dal vescovo e la protezione del papa, dai canoni che molti sovrani – ritenuti feudatari – versavano a Roma, dall'obolo di S. Pietro che, pagato prima in Inghilterra, Polonia, Ungheria e Scandinavia, fu poi esteso a tutto il mondo.

b) Contributi per il palio e per la nomina dei vescovi : essi consistono in un terzo delle rendite dell'anno di elezione alla loro sede. Canuto, re d'Inghilterra (XI secolo), scrivendo da Roma, diceva d'essersi lamentato con il papa per le enormi parcelle di denaro che erano richieste ai suoi arcivescovi per ottenere il palio.

c) le tasse pagate dai vescovi in occasione della visita ad limina(77) .

d) Ora si computano anche gli introiti dei santuari più importanti che sono di amministrazione apostolica (Lourdes, Loreto, ecc.).


NOTE A MARGINE

44. Prendo qui lo spunto di una conferenza tenuta dal domenicano Edmondo Hill, Papauté et Collégialité, in «Istina» (1967), pp. 137-147 (specialmente pp. 138 s.). torna al testo

45. Ecco i papi tra loro in contesa alla morte di Gregorio XI (1376):
a) i vescovi vogliono eleggere un papa francese, ma al grido dei romani tumultuanti «Romano lo volemo o almeno italiano), elessero Umberto VI (vescovo di Bari m. 1399), cui successe Bonifacio IX (n. 1404), Innocenzo VII (m. 1406), Gregorio XII;
b) per la prepotenza di Urbano I, i vescovi francesi riuniti a Fondi deposero costui con la scusa che l'elezione non era stata libera e si scelsero Clemente VII, che vinto in guerra da Urbano con i soldati di Alberico, si ritirò ad Avignone; gli successe Benedetto XIII;
c) a Pisa un concilio (1409), deposto Gregorio XII e Benedetto XIII, elessero il vescovo di Milano Alessandro V (m. 1410) cui successe Giovanni XXIII (ma senza che gli altri cedessero). Tre papi vissero così contemporaneamente, la Chiesa ubbidiva all'uno o all'altro, tutti crearono cardinali, vescovi, santi, ecc.
Il Concilio di Costanza, ottenuta l'abdicazione di Gregorio XII, depose gli altri (Benedetto XIII, Giovanni XXIII) eleggendo nel 1414 il nuovo papa martino V. Cfr N. Valois, La France et le grand schisme d'Occident, 4 voll., Paris 1896-1902. torna al testo

46. Cfr B. Tierney, Foundations of the Conciliar Theory, Cambridge 1955; A Conciliar Theory of the Thirteenth Century , in «Catholic Historical Rewiev», 36 (1951), pp. 415-440; Ockham , The Conciliar Theory, and the Canonists , in «Journal of the History of Ideas», 15 (1954), pp. 40-70; Pope and Council; Some New Decretists Texts , in «Medieval Studies», 19 (1957), pp. 197-218; H. Küng, Strutture della Chiesa, Borla, Torino 1965, pp. 272-297; K. Hirsch , Die Ausbildung der Konziliaren Theorie , Vienna 1903. torna al testo

47. Accanto a Brian Tierney della Catholic University of America di Washington, va ricordato pure W. Ullmann , The Origins of the great Schism , London 1948. torna al testo

48 Quo omnes tangit ab omnibus iudicetur. torna al testo

49. Synodus maior est papae. Per i testi di Giovanni Teutonico cfr Tierney, Foundation of the Conciliar Theory, o. c. pp. 250.254. torna al testo

50. Tierney, Foundation of the Conciliar Theory, o. c. p. 245, torna al testo

51. Cfr ivi pp. 157-158. torna al testo

52. Enrico di Lengenstein, nella sua Epistula Pacis (1379) e Epistula Concilii Pacis (1381) affermò che la suprema autorità sta nella congregazione dei fedeli; Corrado di Gelnhausen nella sua Epistula brevis (1379) ed Epistula Concordiae (1380) pose la suprema autorità nel Concilio dei vescovi. torna al testo

53. De Ecclesiae auctoritate, stampata nella Gersonis opera, vol. I (Paris 1606), p. 931. torna al testo

54. Cfr J. P. Mac Gowan , Pierre d'Ailly and Council of Constance, Dissertation , Washington Cathol. Univ. 1936 torna al testo

55. Cinque scritti principali contengono le sue idee: Quatuour considerationes de pace et unitate ecclesiae in Gersonis opera I, Paris 1606, pp. 250 ss.; Trialogus (T. I. pp. 291 ss. ); De Infallibilitate papae (I, pp. 154 ss); De unitate ecclesiastica (I, pp. 178 ss); De Potestate ecclesiastica (I, pp. 110 ss). Cfr L. Salembier , Gerson in «Dict. Theol. Cath:» 6, pp. 1313-1330; V. Martin , Comment s'est formée la doctrine de la superiorité du Concile sur le Pape , in «Revie de Sciences Relig.», 17 (1937), pp. 121-143, 261-289, 405-426. torna al testo

56. Essi vi innestarono tuttavia delle idee personali: come per Occam l'idea della libertà evangelica, della fallibilità del concilio generale, della posizione privilegiata dell'imperatore. Marsilio , uomo politico, rettore dell'Università di Parigi, insignito di due benefici ecclesiastici da Giovanni XXII, nel suo Defensor pacis, sostiene che il papa è una creazione dell'imperatore; nella Chiesa la suprema autorità risiede nel Concilio ecumenico, al quale gli stessi laici devono partecipare. La Chiesa che delega il suo potere al papa, lo può anche revocare. La sua dottrina fu condannata il 23 ottobre 1327 (Denz. Banw. 495-500). torna al testo

57. Sul Concilio di Costanza cfr A. Franzen e W. Mueller , Das Konzil von Konstanz. Beiträge zu seiner Geschichte und Theologie (Festschrift H. Schäufele), Freiburg, Herder 1964; P. De Vooght, Les pouvoirs du Concile et l'authorité du pape au concile de Constance (Unam Sanctam 56), Paris, Du Cerf 1965; Jean Gerson, Oeuvre complètes, tom. VI L'oeuvre ecclesiologique , Tournai-Paris, Desclée 1965; K. W. Noerr , Kirche und Konzil bei Nicolaus de Tudeschis (Panormitanus), Köln, Böhlau, 1964; Olivier De La Brosse , Le pape et le Concile, La comparaison de leur pouvoirs à la veille de la Réforme (Unam Sanctam, 58), Paris, Du cerf, 1965. torna al testo

58. I due decreti si leggono in Hefele-Leclercq , Histoire des Conciles , vol. 7, pp. 210s, (Paris 1916); Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Bologna, Herder 1962, p. 385. «Gli altri aiuti» sono probabilmente i bracci secolari. torna al testo

59. Cfr L. Selembier, Le Grand Schisme d'Occident , Paris 1902. torna al testo

60. Cfr Nicolaus de Cusa , De concordantia libri tres , edidit Gerhardus Kallen, Liber primus, Hamburg, Felix Meiner 1964. Il libro primo accoglie le teorie conciliariste, sia pure senza le demagogie di alcuni autori. «Et dum hanc partem defendimus, quod papa non est universalis episcopus, sed super alios primus..., quia veritatem defendimus... recte papam honoramus» (I, p. 161). «An Universale concilium proprie captum, scilicet, quod universam catholicam ecclesiam repraesentat, sir supra patriarchas et Romanum ponteficem, credo dubium esse non debere» (I, p. 180). torna al testo

61. H. Küng , Strutture della Chiesa, Torino, Borla 1965, pp. 264-265, 269-277. B. Hueber , Die Constanzer Reformation und die Concordate von 1418, Leipzig 1867, pp. 269-277. torna al testo

62. Citato da B. Hueber, o. c., pp. 269  s. torna al testo

63. Dal già citato B. Hueber, p. 270. torna al testo

64. Conc. Later. V, Sessio XI, 19 dic. 1516, in «Concil Oecumenicorum Decreta», Bologna 1962, p. 618, 20-23. Nel Conc. di Basilea il card. Nicolò da Susa affermò: «Noi rettamente diciamo che tutti gli apostoli ebbero il medesimo potere di Pietro » (cfr Van der Hardt, Conc. Const., I p. 5, c. 17 e 13); ma nel 1437 passò alla idea opposta negando ogni potere ai vescovi. Cfr R. Sabbadini , Nicolò da Cusa ed i Conciliari di Basilea alla scoperta dei codici , «Rendiconti della reale Accademia dei Lincei» a. 1910. torna al testo

65. R. Bellarmino, De Conciliis, e II c. 13 (Opera omnia, Parigi 1870, II, p. 265). torna al testo

66. H. Küng , Strutture della Chiesa, o. c. , p. 271. torna al testo

67. Cfr G. Miegge, Lutero, Torre Pellice 1946, p. 487. torna al testo

68. Vorlesungen über I Mose, W. A. XLII, pp. 334, 12. torna al testo

69. XIX Concilio Ecumenico, 1545-1563. torna al testo

70. Questa istituzione, secondo una testimonianza di papa Zaccaria (m. 752), risalirebbe a papa Silvestro I (m. 337). torna al testo

71. Costituzione Postquam verum del 1586. Cfr Es 24, 1. torna al testo

72. Cfr S. Kuttner, Cardinalis History of a Canonical Concept , in «Tradizio. Studies in ancient and Medieval History» 3 (1945). pp. 120-124; V. Martin , Les cardinaux et la curie , Paris 1930; M: Andrieu , L'origine du titre de Cardinal dans l'Eglise Romaine, in «Miscellanea Mercati». Ed Studi e Testi, Città del Vaticano 1940, pp. 113-144. «E' stato Papa Giovanni a varcare questo limite (70) ed allora non è parso a noi sconveniente profittarne e portare il numero dei cardinali viventi oltre il centinaio; e ciò per ragioni plausibili, Le proporzioni della Chiesa odierna non sono più quelle del cinquecento, ma sono assai cresciute e si sono dilatate, per grazia di Dio, sulla faccia della terra, inoltre la funzione rappresentativa del Sacro Collegio si è fatta più ampia e più esigente e ciò proprio per il deciso impulso dato dallo stesso Pio XII al carattere sopranazionale della Chiesa, il quale si riflette nella struttura del corpo cardinalizio e per la diffusione sull'idea ecumenica, alla quale il Concilio in corso di celebrazione conferisce tanto splendore e tante speranze» (Paolo VI, Discorso all'udienza del 28 Gennaio 1965, in «L'Osservatore Romano» del 28-1-65, p. 1). torna al testo

73. Cfr «L'Oss. Rom.» del 19 agosto 1967, pp. 1-4. Da essa sono tratte le citazioni qui riprodotte. torna al testo

74. Su questa congregazione cfr la miscellanea curata da Pietro Palazzini, La Sacra Congregazione del Concilio. Quarto centenario della fondazione (1564-1964). Studi e ricerche, Città del Vaticano 1964, p. 684. torna al testo

75. Cfr E. Goeller, Die päpastliche Penitentiarie bis Pius V , e voll. Roma 1907-1911. torna al testo

76. Cfr L. Nina, Le finanze pontificie nel Medio Evo, 3 voll., Milano 1920-32; W. E. Lunt , Papal Revenues in the Middle Age , 2 voll., New York 1934; Idem , Financial Relation of the Papacy with England to 1327, Cambridge Mass. 1939 ; Liber Censum Romanae Ecclesiae, by the treasurer Cencio Savelli , divenuto poi papa Onorio III (1216-1227), edito da P. Fabre e L. Duchesne, 2 voll., Paris 1880-1952. torna al testo

77. J. B. Saegmueller, Die Visitatio liminum bis Bonifaz. VIII, in «Theol. Quartalschrift» 1900, pp. 68-117; Th. Gottlob, Die Kirch. Amtseid der Bischöfe, 1936. torna al testo