La figura di Vicino Orsini, signore di Bomarzo, è strettamente legata
alla realizzazione di una delle opere più originali dell'epoca del manierismo nel campo
dell'arte dei giardini: il Sacro Bosco di Bomarzo, non lontano dalla città di Viterbo.
Quello che attualmente è conosciuto dalla maggior parte dei visitatori come il
"parco dei mostri", con una definizione che ne riduce il significato alla mera
apparenza, caratterizzata dalle statue gigantesche e misteriose che lo popolano, è in
realtà una creazione di altissima espressione intellettuale, frutto della volontà e del
gusto di un principe "artista ed anarchico" come lo definisce Horst Bredekamp
nel suo bellissimo saggio dedicato a Bomarzo.
Amico di Alessandro Farnese, di cui sposa
una cugina nel 1541, Giulia, Vicino Orsini coltiva una cerchia di conoscenze e di
amicizie
nell'elite culturale dell'epoca: importanti
soprattutto i suoi contatti
veneziani, da cui assorbe un atteggiamento indirizzato verso la libertà delle idee e la
tolleranza, e presso cui si tiene aggiornato sulle novità delle scoperte geografiche che
stanno cambiando la concezione del mondo conosciuto.
Dopo gli anni dell'impegno militare, costellati non solo di successi ma anche di forti
delusioni, Vicino si ritira dalla vita politica e guerresca, e abbraccia una filosofia di
vita sotto gli auspici dell'epicureismo, inteso come ricerca del piacere, come sommo
scopo della vita, attraverso l'assenza del dolore e delle preoccupazioni.
Espressione di questa filosofia e concezione della vita è proprio il suo
giardino, anzi "Sacro Bosco" come lui stesso definisce, di Bomarzo, alla cui
realizzazione si dedica a partire circa dal 1547.
Numerose e diverse le interpretazioni
che gli studiosi hanno voluto dare a questa mirabile impresa, e a cui
facilmente si presta, grazie alla molteplicità degli elementi, simboli e
riferimenti culturali che raccoglie.
Le letture più interessanti mi
sembrano, a tutt'oggi, quella fatta da Horst Bredekamp nel suo testo del
1989, Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo. Un principe artista ed
anarchico (Roma, 1989) e quella più recente di Maurizio Calvesi, Gli
incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura (Milano,
2000).
Mentre Bredekamp inserisce l'interpretazione di ogni scultura, architettura
o epigrafe presente nel parco in un disegno filosofico-simbolico, che passa
attraverso la rappresentazione di tutte le parti del mondo conosciuto, qui
presenti ad auspicare il diffondersi della fama del Sacro Bosco, ed altre
figurazioni che esprimono la concezione di Vicino per la vita, la morte e
l'Aldilà, Calvesi imposta invece tutta la sua lettura sulle sorprendenti
analogie e connessioni tra le figure che popolano il Sacro Bosco e i poemi
del Boiardo e dell'Ariosto, rispettivamente l'Orlando innamorato e l'Orlando
Furioso, composti nei decenni precedenti alla realizzazione del giardino.
A questi saggi, che sarebbe troppo
ambizioso riassumere in questa sede, rimando per una puntuale lettura del
significato di questo affascinante Bosco e della sua popolazione di sculture
e meraviglie, contribuendo con le mie immagini all'interpretazione che
ognuno vorrà dare di queste opere. |