Per quanto possa sembrare strano ai tempi d’oro
dalla pirateria mediterranea (che probabilmente è la più antica del
mondo) per esercitare questa nobile arte era necessario ottenere una
patente. Ma è bene fare una distinzione tra pirati e corsari:i pirati
erano briganti del mare, cioè delinquenti comuni. I corsari invece erano
in possesso della patente rilasciata regolarmente da un governo. In
altre parole i corsari si comportavano più o meno come i pirati, e cioè
saccheggiavano, trucidavano, rapinavano, ma poi rilasciavano il 50% del
bottino (la tassa) al governo che li autorizzava ad esercitare la
<<guerra di corsa>>. L’unica cosa che non potevano fare era attaccare
una nave o un porto dei loro protettori. Per i tanti stati, repubbliche
e governi sempre rivali tra loro era un modo molto comodo ed efficace
per danneggiare i nemico con poca spesa, perché i corsari dovevano agire
con navi di loro proprietà e con equipaggio a loro carico.
Un sicuro vantaggio per il corsaro è che se veniva catturato non poteva
essere impiccato senza tante cerimonie come un pirata, ma aveva diritto
a
essere trattati come un prigioniero di guerra: se qualcuno pagava il
riscatto, tornavi a essere libero, altrimenti venivi venduto come
schiavo. A volte i governi arruolavano comuni pirati in qualità di
corsari, e spesso i corsari si comportavano come pirati. Facevano, come
si direbbe oggi del lavoro in “nero” evitando di pagare il governo la
metà del bottino. Alcuni corsari fecero splendide carriere. Ad esempio
Giovanni il Porco attaccò Malta per conto di Re di Sicilia,
guadagnandosi il titolo di conte dell’isola conquistata. In seguito ad
altre audaci imprese fu nominato ammiraglio della marina siciliana. I
Pisani, specialisti in questa particolare attività, mandarono in corsa
la nave più grande che avessero mai costruito battezzata “Leone della
foresta”. Sembrava imbattibile, però alcuni corsari la attaccarono
mentre era ancora ancorata nel porto di Cagliari e la fecero a pezzi.
Alamanno da costa, il più famoso corsaro al servizio di Genova, si alleò
per la seguente impresa al non meno celebre Enrico il Pescatore: insieme
aggredirono la città di Siracusa e dopo una furiosa battaglia la
espugnarono.
Alamanno da Costa piantò la bandiera di San Giorgio sugli spalti
diroccati ancora fumanti. Genova nominò Alamanno conte di Siracusa.
Simon Boccanegra non era un nobile. Si diceva che un tempo era stato
corsaro e pirata. Ma era un uomo noto e simpatico in città per la sua
intraprendenza e accortezza negli affari.Apparteneva a un antica
famiglia, anche se priva di titoli altisonanti.
Il suo avo Guglielmo Boccanegra era stato il primo capitano del popolo,
tra il 1257 e il 1262, e in quella carica si era fatto onore.
Particolarmente apprezzata dai cittadini era l’opposizione aperta e
coraggiosa di Simon Boccanegra alle prepotenze dei nobili. Soprattutto
osava contrastare la famiglia che in quel momento occupava il potere. In
un periodo di crisi particolarmente drammatica - come sempre i nobili
governavano poco e litigavano molto fra di loro – il malcontento
popolare sfociò in aperta ribellione. Nel corso dei tumulti Simon
Boccanegra venne eletto per acclamazione <<duxe>> che in dialetto
genovese significa duce, capo: il termine solo molto più tardi viene
assimilato al veneto<<doge>>. La volontà dei cittadini voleva che al
governo ci fosse un uomo autorevole a cui si potesse affidare un potere
pressoché assoluto, ma non fazioso come era naturale che fosse quello
dei nobili. Era il 1339. Per la prima volta a Genova comandava la
<<borghesia>> mercantile. Una vera rivoluzione ma che purtroppo non ebbe
sviluppi del tutto positivi. In fondo anche il Boccanegra, come tutti i
Genovesi, aveva una reverenziale timidezza nei confronti dei Fieschi,
dei Doria dei Grimaldi, degli Adorno e scese a patti con nobili che
cinque anni dopo per ricompensa lo spodestarono. Alcuni anni dopo
riconquistò la carica di doge per morire avvelenato in occasione di un
banchetto.
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