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PUNTO DI VISTA DEL TOPO DI BORDO liberamente tratto dal libro di Tonino Conte "Benedetto Zaccaria"

Tutte le navi pirata erano infestate dai topi. I roditori erano molto più di una seccatura, perché divoravano il cibo e rosicchiavano tutto quello che era possibile, anche funi e legnami, provocando al limite anche l’affondamento della nave.
“Io sono un topo. Io sono il topo. Il topo di fogna, il topo che infesta i granai, il topo che lascia la nave che sta per affondare, il topo che porta le malattie,le infezioni, le pestilenze. Il topo. Dal mio particolare punto di vista, molto basso a dire il vero- diciamo pure rasoterra-vedo e annuso tutte le schifezze che stanno quaggiù,al mio livello:la stiva della nave.
Chi ha la testa sul collo, là in alto, respira un'altra aria, vede più luce, colori ,guarda lontano, vede i gabbiani ,le nuvole e il mare aperto.
Io, il topo, seppure molto in basso, a bordo delle navi ne ho viste di cose :sputi, rifiuti, avanzi di cibo, cacche….
Per dirne una, l’America l’ho scoperta insieme a Cristoforo Colombo; io ero sull’ammiraglia.
Volete saperne un'altra? C’ero anch’ io a Caffa, sul mar Nero, ai tempi d’oro delle grandi colonie dei genovesi, molto più potenti dei veneziani, in quegli anni.
Proprio quando c’ero io i genovesi erano assediati nella loro ricca città dai nomadi guidati da Janibeg Khan, il quale si era messo in testa di sfondare le mura per portarsi via un bottino da mille e una notte. Ma gli assedianti non riuscivano ad aprirsi una breccia nelle mura, e il saccheggio restava un miraggio. Se la passavano male anche perché tra loro era scoppiata la peste, molti morivano, le mura non cadevano, e la rabbia dei sopravvissuti cresceva, finché Janibeg Khan ha avuto l’idea giusta per placare la sua ira prendendosi una bella rivincita: invece che sparare macigni contro le mura per abbatterle, con le catapulte fece scaraventare cadaveri appestati oltre le mura.
Che spettacolo: piovevano morti!!!! Finito l’assedio, i genovesi ringraziando il Padreterno per lo scampato pericolo si sono imbarcati sulle navi con la loro mercanzia, e la prua orientata verso la loro famosa città.
Naturalmente anch’io sono saltato a bordo ma non avevo capito che si stavano portando addosso quell’orribile malattia.
A metà del viaggio ci sono stati i primi morti, e sono finiti in pasto ai pesci. I genovesi superstiti appena sbarcati per prima cosa hanno infettato i loro concittadini.
Il bello è che di tutto questo disastro hanno incolpato noi,i topi.
A crepare erano soprattutto i poveracci . Chi poteva andava in chiudersi in una bella casa lontana dalla città e passavano il tempo suonando, recitando poesie e racconatndosi storie. Boccaccio ha scritto un libro così.
Oppure vi posso raccontare la vita dei pirati…
Pigiati per mesi e mesi uno accanto all’altro, in una nave maleodorante e spesso poco adatta alla navigazione, pirati e bucanieri non possono far altro che sognare la vita a terra.
I pirati consumano in poche notti il bottino di uno o più mesi di peregrinazioni e arrembaggi; nelle taverne e scorre il marsala, a fiumi, si barattano gioielli e e si scatenano risse.
Il gioco d’azzardo era proibito su quasi tutte le navi perché causava litigi.
A terra gli equipaggi delle navi venivano alleggeriti, con gran velocità, del loro bottino da abili giocatori bari.
Di storie da raccontare ne ho all’infinito ma la nave del pirata Bernardino sta per lasciare il porto e non vorrei perdermi la mia crociera nel Mediterraneo”.
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