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Achille Starace nasce a Sannicola di Gallipoli il 18 agosto 1889, in una
agiata famiglia di commercianti di vino e olio (la madre aveva quarti di
nobiltà).
29 aprile 1945. Qualcuno con
cariche peggiori di lui si è nascosto.
A 16 anni lo troviamo a Venezia dove frequenta l'istituto per
ragionieri senza gloria e senza infamia.
E' un bel ragazzo, atletico e sportivo
e la piazza di Venezia è un luogo dove la bellezza femminile italiana e
straniera sembra abbondare al Lido. Si sposa presto (20 anni), relegando poi la
moglie Ines Massari a Gallipoli per quasi tutta la vita.
Quando arriva la
cartolina precetto frequenta un corso allievi ufficiali nel corpo dei
Bersaglieri, ma si congeda prima della guerra di Libia.
Al nord, da cui non ha
intenzione di muoversi, tenta di avviare un piccolo commercio di vini, ma lo
scoppio della grande guerra manda tutto all'aria. Conosce in questi anni
d'anteguerra l'interventismo di Mussolini a cui aderisce per simpatia. In
battaglia si distingue subito per molti atti di coraggio (un argento e 4 bronzi
ed altre non minori ) che lo portano alla promozione a Tenente sul campo. Si
congeda poi con il grado di capitano.
Carriera fulminante: succedeva in guerra. Sotto le armi svela anche un aspetto
del suo carattere che farà la sua fortuna (e la sua disgrazia): quello
dell'attaccamento maniacale al suo superiore che allora si chiama Sante
Ceccherini.
Quando parte l'avventura fascista lui è della partita e ha subito
incarichi di responsabilità, come a Trento, per organizzare il fascio
locale.
Dopo la marcia su Roma, questo piccolo borghese non ha vita
facile, subisce gli odi di Farinacci, ma l'appoggio del Duce per
l'organizzazione della neonata Milizia. Farinacci è uno che non si ferma neanche
davanti a Benito. Sicuramente fra loro c'è stato del pesante. Nel 1924 viene
eletto alla camera. Nel 26 è alla Vicesegreteria del Partito, ed è già
luogotenente generale della Milizia.
Entra di diritto nel Gran Consiglio. Esegue per conto del Duce vari ripulisti
nel P.n.f, come si diceva allora, di quelli di destra e sinistra. Fa fuori anche
il Sottosegretario agli Interni Leandro Arpinati, uomo di forte carattere, anche
perbene, che detesta un certo tipo di sottogoverno. Dirà Arpinati …
se avessi avuto bisogno di un elemento per giudicare la bassezza
degli uomini, tu me lo hai offerto… Lo definisce Cretino ma il Duce risponde "Ma e' un cretino obbediente!" Nascono
in questo periodo, quando diventa segretario del partito (1931), gli slogan che
caratterizzeranno una parte della storia del fascismo. Inventa quel "Saluto al
Duce" che - con la proclamazione dell'impero - diviene l'altisonante "Camice nere! Salutate nel duce il fondatore dell'Impero"
al che le camice nere scattano sull'attenti con l'"A NOI!" di Dannunziana
memoria.
Secondo i nuovi dettati la parola DUCE va scritta sempre in maiuscolo.
E - a caratteri sempre cubitali - incide sui muri delle case d'Italia le frasi
roboanti, che spesso troviamo ancora, sbiadite lungo le strade. "Respirava per suo ordine" dirà anni dopo la figlia
Fanny.
Le luci a Palazzo Venezia restano sempre accese in modo da dare
l'impressione che vegli costantemente.
Dirà lui "io lavoro
sempre, che sia in ufficio o a letto".
Diventa, inutile dirlo, l'uomo più contestato, bistrattato dalla satira popolare
e sommersa. E lui inventa la lotta contro le parole straniere: water closet
diviene sciacquone; panorama, tuttochesivede; pullman autocorriera; whisky,
spirito d'avena.
La sua passione per le donne (e i cavalli) non è mai
tramontata. "Mi piace cavalcare !!!".
Nel 1936 insieme ad altri gerarchi parte per la guerra etiopica rimettendo il
proprio mandato al Duce in persona, non si sa mai. E' lui a comandare la colonna
celere in Etiopia di cui lascerà anche un libro la "Marcia
su Gondar" . Al suo nuovo argento si affianca una carica onorifica per il
capo, Primo Maresciallo dell'Impero che manda in bestia il Re. Reinsediato, dopo
una pausa di ansia, si immerge di nuovo nelle sue innovazioni, fra le quali la
campagna contro il 'lei' a favore del fascista 'voi', e il saluto romano. La
rivista "Lei" deve cambiar nome e diventa "Annabella".
Starace
inventa anche 'il 'sabato fascista' quando gli operai
ottengono la settimana corta. In linea con questa politica i ragazzi delle
regioni povere sono mandati per la prima volta nelle scuole rurali e alle
colonie marine e montane appositamente create.
E' lui che ha l'idea di
utilizzare l'orbace, tipo di lana sarda, grezza pungente, come stoffa per le
camice nere dei fascisti.
Veniva così odiato anche dai gerarchi. Al sabato
ginnico e alle migliaia di palestre aperte in tutta Italia debbono partecipare
gli stessi gerarchi, i quali sono i primi a dover dare l'esempio di buona forma.
Non tollera le pancette e li obbliga, da buon bersagliere, a fare il salto
mortale sulle baionette, a saltare nel cerchio di fuoco, a lanciarsi in volo su
un carro armato. Quando si ruppe una gamba al Sestriere, la gente pensò che
forse la sua ora era suonata.
E' tra i sostenitori, per dovere, delle leggi
razziali e quando l'editore ebreo Angelo Fortunato Formiggìni si butta giù dalla
Ghirlandina di Modena, il suo commento è comunque trucido. Mussolini attraverso
Starace e' onnipresente, astratto, irreale. La gente alla fine ne rimane
frastornata.
Si dice che andasse alle celebrazioni importanti al posto del Duce,
che aveva altri impegni personali, con i discorsi preparati da lui. E' il più
grande organizzatore di spettacoli e parate (in Italia) del novecento. Le sue
parate in via dell'Impero restano memorabili. Indimenticabile quella per la
visita del Fuhrer, che spinge Trilussa a dire "Roma de
travertino, rifatta de cartone, saluta l'imbianchino, suo prossimo
padrone" Mussolini non sempre e' d'accordo con Starace, parecchie
volte interviene.
I rapporti di Polizia (Bocchini) spesso caricano
gli aspetti del donnaiolo di cui si potrebbe scrivere un romanzo, (ma erano cosa
comune fra i gerarchi e il capo), che restano sempre fatti personali come i gay
d'oggigiorno, e altre bugie tipiche di politici ai ferri corti. Spesso e' fatto
segno di ironia e sarcasmo. -Starace chi legge!- si
vede di frequente sui muri.
Oppure "Il lupo… e' vorace,
l'aquila… e' rapace, l'oca… e' Starace!".
I giudizi degli uomini
dell'entourage sono sarcastici e non sottaciuti e lui risponde regolarmente a
tutti. Starace apre campagne contro gli uomini di potere disonesti!. Disapprova
che molti, si siano iscritti al partito solo per far carriera!. Mal comune, come
quello della raccomandazione a cui dedica i suoi strali, facendo nomi e cognomi
ed anche minacce esplicite di intervenire personalmente. La figlia in
parte rimedia a questa virtù fondamentale in un Italiano.
Polemizza per lo
sperpero di denaro pubblico, altro male del secolo ma le sue donne costano
specie la Pierisa Giri che lui finanzia col teatro popolare del "Carro di
Tespi"*.
I gerarchi lo odiano, anche perché alle cene di
partito, che lui continua a chiamare ranci e ranci da caserma sono, li trafigge
con sarcasmo. Inutile dire che il più bersagliato è Galeazzo Ciano e qualche
altro fascista borghese anche se è molto in alto come Balbo e Grandi.
Si dice
che donna Rachele, una volta, abbia preso di petto il marito imponendogli di
cacciarlo.
Renzo De Felice anni dopo affermerà che non è il bersaglio - Ciano
(marito della figlia) - ad aver indotto Mussolini a liberarsi del Segretario ma
l'antipatia popolare. Starace ha 50 anni.
Il Duce lo defenestra il 31 ottobre
del 1939 e mette al suo posto Ettore Muti altro personaggio, di suo.
Nei Diari
Ciano dirà di lui: "Starace ha fatto i due più gravi
errori che fosse possibile commettere nei confronti del popolo italiano. Ha
creato una atmosfera di persecuzione ed ha annoiatogli italiani con mille
piccole cose maniacali di carattere personale.
Gli italiani vogliono essere
governati col cuore. E mentre sono disposti a perdonare persino chi ha loro
fatto del male, non perdonano chi gli ha rotto le scatole" Verità
vera.
Ma i suoi successori hanno già l'idea della fine di Mussolini, del dopo.
Infatti ne' Ettore Muti, che subito gli succede, ne' Carlo Scorza - il
segretario del Partito durante il Gran Consiglio - muoveranno un dito per
salvare il Capo. Starace avrebbe reagito, facendo intervenire la Milizia. Con la
guerra di Grecia tutti i gerarchi vengono rimessi alla fiamma del fuoco e lui al
ritorno viene anche cacciato dalla carica di Capo di Stato Maggiore della
Milizia.
La guerra è stata disastrosa, come prova di forza, anche per le camicie
nere. Del resto ha avuto modo di vedere e commentare pure lui. Pur con grossi
limiti è stato un uomo coerente, non ha mai abusato del suo potere per
arricchirsi, o circondarsi di una corte di amici. Perdendo ogni incarico resta
povero, con problemi seri per mettere insieme il pranzo e la cena.
Elemosina i pasti per due anni, fino al 25 luglio. Lo evitano tutti e si capisce
anche perché. Con la repubblica di Salò, invece di sganciarsi dal Duce e tornare
al suo Sud liberato, si trasferisce a Milano in un piccolo appartamento di Viale
Libia.
I militi della RSI, troppo giovani, lo detestano o non lo conoscono, i
vecchi lo odiano. Da Milano non dimentica ancora una volta di scrivere a
Mussolini, che nel ricevere posta si ricorda di lui e lo fa internare nel campo
di concentramento di Lumezzane da giugno a settembre del 44 per presunti
contatti epistolari con Badoglio.
La sua vita ora è un inferno fatto di rape
bollite e cicoria dell'orto di guerra.
Il 28 aprile 1945, tre giorni dopo la
fuga di Mussolini da Milano, mentre in tuta da ginnastica fa la solita corsetta
mattutina in strada, indifferente della sorte del Capo, un gruppo di uomini
quasi scherzando lo apostrofa "Dove vai Starace?".
"Vado a prendere un caffè" dice.
Ma sono partigiani e
non sono lì per scherzare o per fare colazione, perché lo portano in una scuola
(politecnico) dove subisce un processo farsa.
Non vollero credergli quando disse
che il fascismo lo aveva punito, che Mussolini lo aveva imprigionato e
dimenticato. Non supplica, neppure quando mezz'ora più tardi i partigiani lo
condannano a morte. Morirà con dignità, la stessa dignità un pò da ragioniere
con cui è vissuto.
Di li a un mese si salverà. E' portato a
Piazzale Loreto a cospetto di Mussolini e dei gerarchi attaccati alla pensilina.
"Fate
presto!" dice… dopo di che la raffica.
Finisce accanto agli altri,
appeso per i piedi. I suoi ultimi istanti (documentati da quello che non è
sparito) ci mostrano uno Starace circondato dai partigiani che vogliono farsi la
foto ricordo. Si dice che l'abbiano invitato a gridare Viva il Duce e a fare il
saluto romano prima di fucilarlo.
Al posto di Barracu che non riusciva più a
stare appeso misero lui e la gente, le famiglie sfilarono per
vederlo.
Il Capitano pilota Pietro Calistri, del
1° Gruppo Caccia, pluridecorato, comandante della 76a squadriglia caccia della
Regia aeronautica, che aveva operato nei cieli della Libia, di Malta e della
Sicilia. Fu fucilato per errore (faceva parte del convoglio
fermato), avendolo i partigiani di Audisio scambiato per un pilota di
Mussolini.Manca Marcello Petacci fratello di Loretta, amante del
Duce, che nessuno volle vicino al momento della morte.
Nel tentativo di fuga nel
lago venne freddato da una scarica dei partigiani
Interamente tratto da http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/