PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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SE LA FAMIGLIA DELEGA O RINUNCIA

AL SUO COMPITO EDUCATIVO …

S. Em. Card. Patriarca MARCO CÈ 

alla XVII Festa diocesana della Famiglia

26 gennaio 1997

 

Libro di Giona 3, 1-5.10

Prima Lettera ai Corinzi 7, 29-31

Vangelo di Marco 1, 14-20

 

Vivere insieme il dono della speranza

Coniugi carissimi, e voi ragazzi che siete qui e partecipate a questa Eucaristia, confratelli cari, sono felice di vedervi qui ad accompagnare le vostre famiglie a questa nostra convocazione così bella ed ogni anno così gioiosa. Sarebbe mio desiderio parlarvi cuore a cuore, sennonché il tempo è sempre tiranno per cui devo a tutti i costi guardare gli orari e seguire i miei fogli perché il tempo non scappi.

Il primo ricordo, con molto affetto, è per quelle famiglie che non sono qui, che non sono potute venire o che forse non hanno neanche pensato di venire per le ragioni più diverse: perché hanno malati, perché hanno problemi, perché la stessa famiglia conosce la sofferenza; noi vogliamo ricordare tutte le famiglie della nostra Chiesa e del nostro territorio con tutte le loro situazioni, anche le più sofferte. Tutte queste famiglie ci sono presenti: non potremmo raccoglierci nel Signore senza pensare anche a loro.

Mi preme dirvi anche che dobbiamo vivere questa Eucaristia insieme come un grande dono che il Signore fa alla nostra Chiesa, ed è un motivo di speranza. Proprio a partire da questa Eucaristia, da questo nostro trovarci insieme nel Signore, dobbiamo scrollarci di dosso ogni pessimismo, ogni modo di vedere il futuro tenebroso come se tutto stesse andando male. Dobbiamo credere che il Signore è presente in mezzo a noi, che Egli cammina con noi e forse, oggi più di ieri, questa convocazione è un segno di speranza che il Signore ci consegna per l’annuncio del Vangelo a tutti i nostri fratelli.

Amo vedere in voi “il germoglio” donato da Dio, che spunta su un tronco vecchio[1] . È la primavera dello Spirito che dona la vita a chi crede e suscita situazioni di grazia capaci di cambiare la storia.

La continuità nelle profezie

Riflettiamo insieme sulla Parola del Signore che ci è stata proclamata. La prima lettura ci ha parlato del profeta Giona, questo personaggio un po’ misterioso che viene mandato da Dio in una grande città, Ninive, una città peccatrice. Sotto il comando del Signore, Giona entra in città, predica la penitenza, invita questa grande città a convertirsi dei suoi peccati, annunzia la salvezza di Dio. Ninive  ascolta la parola del profeta e trova la misericordia di Dio.

Il Vangelo ci presenta Gesù, che è più grande di Giona, che entra, anche Lui, nella vera, grande città: Gesù che entra nel mondo, adempie la profezia di Giona e di tutti i profeti e annunzia che il tempo stabilito da Dio per la salvezza dell’uomo è venuto. Il Regno di Dio, cioè la salvezza, è presente ormai in mezzo agli uomini.

La profezia di Giona si compie allora nella missione di Gesù. Ma Gesù, appena si presenta sulla strada degli uomini, sceglie alcune persone, i due fratelli Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, per mandarle, per effondere su di esse lo Spirito Santo affinché la missione di salvezza non finisca con la sua passione e la sua morte, la sua ascensione al Cielo, ma continui per sempre fino alla fine dei tempi sulle strade degli uomini. Gesù viene, assume la volontà di Dio di salvare gli uomini e sceglie qualcuno che, continuando la sua opera, la porti a compimento fino alla fine dei tempi.

Cari sposi, voi siete il segno di questa volontà del Signore di continuare, fino alla fine dei tempi, la sua opera di salvezza. Gesù non ha chiamato soltanto Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni; chiamando loro, costituendo la Chiesa, Gesù ha chiamato anche noi. Ha chiamato me, per il mio compito di Vescovo e ha chiamato tutti voi per il vostro compito, il vostro ministero di coniugi. Ha effuso su di noi lo Spirito Santo perché fossimo, per tutte le strade degli uomini fino alla fine dei tempi, testimoni dell’amore di Dio che vuole salvare il mondo.

C’è allora una continuità tra le profezie; Giona, Gesù che è la pienezza di tutte le profezie, di tutta la salvezza e noi, che continuiamo, come gli apostoli, insieme a loro, l’azione di Gesù, la salvezza di Gesù. Attraverso la realtà e l’esercizio del sacramento che abbiamo ricevuto, continuiamo l’opera di Gesù nella storia degli uomini e quindi diventiamo veramente realtà di speranza per il mondo.

Nella debolezza e nella fatica

Il mondo ha bisogno del dono che il Signore ha fatto, a me del sacramento dell’Ordine, a voi del sacramento del Matrimonio, ciascuno per l’esercizio del proprio ministero, per attestare a tutti gli uomini che Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, non appartiene al passato ma Egli è oggi. Egli è ieri e, attraverso noi, il Sacramento che ci ha dato, la Grazia di cui ci ha investito, lo Spirito che ci ha donato, Egli è oggi e attraverso noi vuole salvare il mondo.

Cari sposi, questa è la vostra missione nel mondo: essere segno dell’amore fedele di Dio, dell’amore crocifisso di Cristo, in mezzo agli uomini. E questo lo dovrete realizzare non con i grandi gesti, ma con la vostra fedeltà quotidiana, nella debolezza e nella fatica, come fa Gesù stesso con gli uomini: paziente e sofferente. Ricordate che voi siete Chiesa domestica, piccola Chiesa; che realizzate il vostro servizio, la vostra missione, la vostra ministerialità ecclesiali prima di tutto nella fedeltà alla vostra vita di sposi e di genitori. La vostra santità è lì.

La vostra prima ministerialità, la prima vostra missionarietà è la vostra santità coniugale e familiare, prima di ogni altro impegno: nella concretezza quotidiana, umile e grande, del vostro essere sposi e genitori.

Una lettura difficile

Dovrei dire una parola anche sulla seconda lettura, che è difficile. Non so cosa abbia pensato Sandra[2] quando ha proclamato la lettera di San Paolo che è proposta proprio oggi mentre celebriamo l’Eucaristia degli sposi, ma non voglio eludere il dovere di dire una parola su di essa che, così come suona, può lasciare disorientati. Il brano dice così: “Il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero; coloro che piangono come se non piangessero... perché passa la scena di questo mondo”.

Due sono i concetti contenuti in queste parole: la Pasqua di Cristo, la sua Risurrezione, ha cambiato il mondo, perché la morte è sconfitta. Non appare ancora, ma Cristo ha fatto nuove tutte le cose. Di conseguenza anche i rapporti fra le persone, fra gli uomini e le cose sono radicalmente cambiati: ciò a cui vi apre il sacramento, pur sembrando lo stesso mondo di prima, è un mondo nuovo, in cui la realtà, anche terrena, è segno di Dio.

Oggi vorrei sottolineare soprattutto un aspetto - non unico, ma centrale - della vostra grazia e del vostro ministero: quello educativo. L’educazione è il compimento del generare. È attraverso l’educazione che il figlio e la figlia realizzano l’immagine divina secondo cui sono stati pensati e progettati da Dio. Oggi il problema è diventato gravissimo per la famiglia, la società e la Chiesa. Bisogna leggere i segni dei tempi.

Educazione: il compimento del generare

Oggi molti giovani sono “orfani” anche se hanno ancora i genitori: sono senza riferimenti, moralmente allo sbando. Eppure i giovani di oggi, quando trovano chi sappia offrire dei valori che facciano di riferimento per la vita, sono capaci di generosità e di dedizione stupende. Il volontariato trova seguaci soprattutto in mezzo ai giovani. Non è più vero che i giovani rifiutino i padri; certo, i padri e le madri devono essere portatori di valori capaci di dare senso e motivazioni alla vita.

Il dramma di oggi è la rinuncia ad educare. Il permissivismo aperto ai giovani, talora enfatizzato come una conquista di libertà, è un atto di disimpegno nei loro confronti, di non amore, un modo per scaricarli, rinunciando al compito faticoso dell’educare, offrendo motivazioni e modelli di vita.

Prendiamo come esempio un settore decisivo nella vita dei ragazzi e dei giovani, quello dell’educazione all’affettività e dell’esercizio della sessualità. Per le buone famiglie di quando noi eravamo ragazzi, questo era un argomento tabù. Oggi però il mondo è cambiato e questo tema, fondamentale per la crescita del ragazzo o ragazza deve essere affrontato in un discorso formativo. Il puro permissivismo è rinuncia ad educare, il che è una gravissima responsabilità nei confronti delle giovani generazioni.

Bisogna perciò che voi genitori, forti della grazia che vi è stata data, apriate coi vostri figli un dialogo educativo che accompagni tutto il cammino della loro crescita. Dedicate loro del tempo, salvate il tempo per la famiglia: i figli non sono né i vostri padroni né devono essere i vostri tiranni, sì che voi siate in loro balia - anche questo non sarebbe educativo - ma, nello stesso tempo non c’è per voi dovere più grande di quello di dedicarvi a loro.

Nel manifesto che annunziava questo nostro incontro, è enucleato un ventaglio di interrogativi vitali, portatori di speranza, che rimarrebbero inevasi senza il vostro responsabile, forte impegno educativo nei confronti dei figli. La bella immagine che vi verrà consegnata come ricordo di questa giornata riproduce “L’educazione della Vergine” di G. B. Tiepolo. Ma quello che è ancora più grande è che Gesù stesso, il Figlio di Dio fatto uomo, è cresciuto nel dialogo educativo con sua madre, Maria, e con san Giuseppe.

Cari sposi, vi ho fatto queste raccomandazioni nella mia responsabilità di Vescovo guardando al futuro della nostra Chiesa: un futuro che, grazie a voi, può essere di speranza. Noi non siamo una Chiesa in disarmo, né per quanto riguarda la famiglia, né per quanto riguarda i giovani. Noi siamo una Chiesa che vive un momento di grande trapasso culturale: la vostra è la fatica di un travaglio, di un mondo nuovo che sta per nascere. Non c’è mai stata nella Chiesa non solo tanta attenzione alla famiglia, ma anche tanta consapevolezza negli sposi circa la loro grazia. Così non c’è sonnolenza nella nostra Chiesa sui problemi dei giovani.

E allora vivete la consegna che Dio vi ha fatto con impegno, con fiducia e con gioia: il Signore è con voi. Anche l’incontro che faremo il 13 aprile sulla vocazione dei figli[3] è un atto di fiducia che la nostra Chiesa esprime nei vostri confronti. Nessuna rassegnazione di fronte alla fatica di questo nostro tempo, ma fiducia e invocazione.

L’ultima parola la dedico alle famiglie che oggi riceveranno la Bibbia dalle mani del Vescovo, cioè della Chiesa. Sogno di poterla consegnare a tutte le famiglie della Diocesi perché la Bibbia, cari coniugi, care famiglie, vi appartiene: è la scuola di Gesù a cui la famiglia si mette, con la vostra guida e nella grazia che vi è stata data.

Amate la Parola di Dio

Amate la Parola di Dio, leggetela con fede: il Maestro interiore che parla nel cuore vi guiderà a comprenderla. Insegnate ai vostri figli, anche i più piccoli, a trattarla con amore, con venerazione. Leggete con la vostra famiglia le letture della domenica che sono il filo conduttore di comprensione di tutta la Parola di Dio.

Cari sposi, ascoltate cosa vi dico: non abbiate paura. Abbiate invece coscienza della missione che il Signore vi affida: essere lievito di salvezza nella storia degli uomini vivendo pienamente, gioiosamente, fedelmente la realtà umano-divina del vostro mistero sponsale.

Siate annunzio efficace del matrimonio

Il mondo ha bisogno di voi, perché ha bisogno di credere che amarsi oblativamente, fedelmente, fiduciosamente è possibile, e voi ne siete la testimonianza, sia nei giorni felici come anche in quelli della sofferenza. Il mondo ha bisogno di credere, perché lo vede in voi, che la fedeltà, l’apertura responsabile e fiduciosa alla vita, che l’amore, anche nella fatica, è possibile ed è premio, il più grande premio, a se stesso.

La Chiesa ha bisogno di voi, oggi più di ieri, e conta su di voi: non c’è annunzio più bello e più efficace a favore del matrimonio cristiano di quello che si eleva dalla vostra vita. Questa è una grande responsabilità, ma deve essere anche una grande gioia perché in questa responsabilità non siete soli, ma siete accompagnati dalla Grazia e dalla presenza del Signore.

I vostri figli hanno bisogno di voi, del vostro affetto, della vostra vicinanza, della vostra confidenza, del vostro tempo, della vostra testimonianza. È giunto il tempo, ed è questo, in cui la speranza della Chiesa e del mondo conta prima di tutto sulla responsabilità umana, ecclesiale e civile delle famiglie.

Oggi sembra che la famiglia stia per dissolversi. Io vi dico: forse non c’è mai stato un tempo nella storia della Chiesa e del mondo in cui un nucleo, un germoglio di famiglie cristiane ha preso coscienza, come oggi, della sua grazia e della sua missione. Questo è il tempo della speranza: che il Signore vi riempia il cuore di questa certezza.

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Omelia tenuta alla XVII Festa diocesana della Famiglia . Trascrizione, non rivista dall’autore, dalla registrazione, revisione del testo e titolazioni a cura della Segreteria della Commissione.

ALL'ELENCO DELLE FESTE DELLA FAMIGLIA

 

 


[1] cfr. Is 11,1

[2] Sandra e Paolo Sambo, membri della Commissione diocesana della Pastorale degli sposi e della famiglia, hanno proclamato le letture.

[3]   Assemblea straordinaria degli sposi sulle vocazioni presbiterali e di speciale consacrazione, convocata in Basilica-Cattedrale di S. Marco (cfr. Atti della XI Assemblea diocesana degli sposi - pubblicazione 35)