PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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Prezioso l’uomo 

agli occhi di Dio Padre

perché suo figlio  

S. Em. Card. Patriarca MARCO CÈ  

alla XIX Festa diocesana 

della Famiglia  

24 gennaio 1999  

 

 

   

Isaia 8,23 - 9,2

1 Corinti 1,10-13.17

Matteo 4,12-23

Cari figli, un saluto affettuosissimo

Carissimi, non abbiate paura dei fogli che ho qui davanti. Con voi non posso leggere: debbo conversare, come in famiglia. Venti anni di servizio in questa Chiesa spero mi diano diritto alla gioia di chiamarvi figli; figli perché in questi anni io vi ho sempre spezzato il pane della parola che dona la vita. I fogli mi servono solo per mantenere il filo e per controllare il tempo; è evidente che a voi non parlo con i fogli, ma con il cuore.

Un saluto affettuosissimo a tutti e un pensiero altrettanto affettuoso alle famiglie che sono rimaste a casa. Le ricordiamo ogni anno; alcune hanno ammalati, altre hanno persone anziane, in alcune gli stessi coniugi sono in difficoltà, soffrono. In questo momento li sentiamo vicini e preghiamo per loro. E la nostra preghiera vuole essere grande quanto l’amore paterno di Dio che ci ha raccolti qui stasera.

So che il coro che sosterrà la nostra celebrazione viene dal GRIS e ne sono felice: la bellezza di S. Marco questa sera è dedicata soprattutto a loro. Noi vogliamo dire grazie a questa istituzione perché tante famiglie della nostra Chiesa sono da essa sostenute ed il GRIS è una grande famiglia dove l’amore si coniuga con il dolore; è un luogo dove il cuore paterno di Dio dà un forte segno di sé. E allora godiamo di avere con noi questi amici, e godiamo di lasciarci guidare da loro nel canto della liturgia.

 

Nell’umanità di Gesù, Dio Padre rivela se stesso  

Mettiamoci in ascolto della parola del Signore, cogliendone alcuni cenni dalla prima lettura e dal vangelo. Tralascio la seconda lettura, peraltro così significativa, ma il tempo che abbiamo a disposizione deve essere rigorosamente controllato (ci sono anche molti bambini stasera).

La prima lettura, tratta dal profeta Isaia, è strettamente collegata al vangelo: esso proclama gli inizi del ministero di Gesù e la sua presenza attiva nel cuore degli avvenimenti della storia. Due caratteristiche connotano questi inizi: Giovanni Battista viene arrestato, e la Galilea viene descritta come terra tenebrosa, segnata dal paganesimo.

Gesù entra nella scena della storia e si mette a predicare. Gesù non cerca un ambiente privilegiato, dove tutti lo ascolterebbero, dove gli batterebbero le mani. Gesù entra nella regione che il profeta Isaia chiama “la Galilea dei Gentili”, cioè un territorio in cui c’erano forti infiltrazioni pagane. Quindi una terra che non era aperta totalmente a Dio, che aveva delle grosse remore nei confronti di Dio. In più si dice che Giovanni Battista era stato messo in carcere. Quindi una situazione religiosamente molto compromessa; delle circostanze storiche che avrebbero consigliato di starsene lontano, di non iniziare proprio allora e proprio in quel posto la predicazione.

In questa situazione negativa, non favorevole, entra Gesù e annunzia la grazia della conversione conseguente alla sua presenza nella storia. Gesù, per la sua predicazione, non va a cercare un angolino di storia ben ritagliato in cui non ci sia nulla da temere. No, lì ci sono situazioni di disperazione, di peccato di cui ogni uomo di Dio deve avere paura.  Là, però, entra il segno supremo dell’infinito amore di Dio Padre, Gesù, e, con la sua presenza annuncia la speranza di salvezza: “Questa non è una zona sciagurata, abbandonata da Dio. Qui il regno di Dio è presente”.

Gesù è il regno di Dio. Nell’umanità di Gesù, Dio Padre rivela se stesso. Gesù è il Figlio di Dio incarnato, il Figlio da sempre generato e da sempre amato dal Padre. Attraverso le sue parole, i suoi gesti, la sua bontà, la sua misericordia il Padre si esprime. “Il regno di Dio è vicino” vuol dire che Gesù, il Salvatore, è ormai presente nella storia, è qui in mezzo a noi. La nostra terra, la nostra storia è visitata da Dio mediante l’umanità santa di Gesù.

“Convertitevi!” , prima di essere un invito, è una grazia offerta. Convertirsi vuol dire tenere davanti a noi Gesù come modello, e vivere come viveva lui. La conversione più autentica è la sequela di Cristo, è l’ascolto della parola di Gesù e il camminare sulle sue strade. Gesù ci dice: “Seguite me!”. Gesù che predica è il segno evidente di un Dio che vuole salvare. Non solo, ma Gesù raccoglie i primi discepoli e li costituisce immediatamente per gli altri: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”, cioè “seguitemi e donate agli altri quello che avete ricevuto seguendo me”.

Fratelli e sorelle carissimi, queste cose che vi sto dicendo non riguardano il passato, non sono accadute 2000 anni fa nel tempo storico in cui il Figlio di Dio si è fatto uomo. Certo, sono accadute allora, ma non soltanto allora. Quello che abbiamo ascoltato nel vangelo, accade per noi ora: la parola di Dio è rivolta a ciascuno di noi, per la nostra salvezza.

 

Gli sposi nutriti della Parola di Dio nella Bibbia  

Tra poco consegnerò la Bibbia ad una quarantina di famiglie che l’hanno chiesto. Spiritualmente la consegno a tutti. È un gesto che facciamo ogni anno nella Festa della Famiglia. Però il vangelo, come “via, verità e vita”, io lo do a tutti. E ve lo do perché il sacramento del matrimonio, di cui immediatamente dopo rinnoverete l’impegno, fa di voi dei segni efficaci della presenza del Signore Gesù nella storia di oggi.

Oggi, cari coniugi, la parola di Dio dà l’interpretazione più bella del vostro battesimo, del sacramento del matrimonio che vi ha uniti e che vi accompagna in tutta la vostra vita. Voi, nella vostra famiglia e con la vostra famiglia, siete luoghi (sacramento) della presenza di Gesù. L’amore che voi fate circolare, viene dal Padre, e sgorga dal costato squarciato del Crocifisso. Questo amore è tenuto vivo in voi dalla presenza nei vostri cuori dello Spirito santo, ed è lo Spirito stesso di Gesù.

Voi siete un luogo di rivelazione dell’amore di Dio. La vostra vita, il vostro essere sposi, padri e madri di famiglia, i vostri umili gesti quotidiani - non gesti straordinari, fuori dell’ordinario -, è luogo nel quale Dio vuole rivelarsi come nell’umanità di Gesù. E voi dovete dare il vostro assenso a questa grazia.

Se è vero, come è vero, che voi siete quello che io ho detto, se Cristo abita in voi, non vi pare logico che vi nutriate del vangelo? Che, quindi, la Bibbia diventi il vostro pane quotidiano?

Noi ci nutriamo della parola di Dio per poter vivere secondo la volontà di Dio. E la volontà di Dio è questa: che imitiamo Gesù, che diventiamo discepoli di Gesù in tutto quello che facciamo, anche nei gesti più semplici della nostra giornata: aspettare il marito alla sera quando torna a casa, desiderare di poter incontrare la sposa, accudire i figli, curare le cose di casa. Gesti che erano della Madonna, di s. Giuseppe, di Gesù.

Per questo non mi pare possano essere applicate anche a voi la parole del vangelo: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce!”. Il popolo nelle tenebre è il mondo che non conosce più l’amore di Dio, che lo ha rifiutato, ma che ha tanto bisogno di lui. La luce è Cristo: ma Cristo da dove fa luce se non da dentro di voi, da dentro il vostro amore, la vostra vicendevole fedeltà, il vostro dono di voi stessi?

“Cristo percorreva tutta la Galilea insegnando” , dice il vangelo. Ma anche voi siete Cristo che insegna se vivete la grazia che avete ricevuto nel battesimo e nel matrimonio. La vostra vita, in forza dei sacramenti, può diventare vangelo vivo, non scritto con una penna materiale, ma scritto dallo Spirito santo sulla e mediante la vostra vita. Questo mondo, da quel che si vede, si sta allontanando da Dio, ma Dio lo tiene stretto, lo ama e lo vuol salvare. Ma lo salverà attraverso noi, lo salverà attraverso le nostre sofferenze, le nostre croci, la nostra vita di ogni giorno.

 

Noi siamo “Gesù che guarisce oggi”

Il vangelo ci dice ancora che Gesù attraversava tutta la regione e guariva ogni sorta di malattie e di infermità del popolo. E in questo chinarsi sulle sofferenze che incontrava lungo la sua strada, Gesù rivelava l’amore infinito di Dio.

Qui sono presenti gli amici del GRIS: è tanto bello! Perché, vedete, nella vostra solidarietà nei loro confronti si attualizza Gesù che girava facendo del bene e guarendo. Il mondo, le persone di che cosa hanno bisogno se non di amore? Che cosa rende veramente bella e vivibile la vita? La ricchezza? Quanta infelicità pur accanto alla ricchezza. È l’amore che consente alla vita di esprimersi, di godere!

Io so che sosterrete Casa Famiglia della Giudecca, dove si accolgono con amore delle donne in difficoltà, per lo più ragazze madri, e le si accompagna nelle loro fatiche quotidiane. Ma cos’è questo aiuto buono, che fascia le ferite, che sostiene la debolezza, che non giudica ma ama, che si prende cura della vita che deve nascere anche se talora indesiderata o vissuta in un grande dolore, cos’è questo se non “Gesù che guarisce oggi”?

Ma anche gli altri impegni, come quello di “mettere un posto in più a tavola” per sostenere e dare l’alloggio a chi, per un certo periodo, ne ha assolutamente bisogno e il vostro legame con il GRIS, che cosa sono se non Gesù che continua a passare per le nostre contrade, guarendo e rivelando così che Dio è Padre?

 

L’amore paterno di Dio brucia i nostri limiti

Gesù è il segno dell’amore paterno di Dio. Quando un bimbo piange, voi mamme gli asciugate le lacrime. E quel bambino, nelle vostre braccia, sorride perché si sente amato. Ecco, noi siamo chiamati, in tutti i momenti della nostra vita, a dare segno dell’amore infinito di Dio Padre, come ha fatto Gesù.

Siamo poveri, siamo piccoli e pieni di difetti. Il primo ad essere pieno di difetti sono io; eppure credo profondamente che, malgrado i miei difetti, l’amore di Dio sia realmente presente in me, per potersi rivelare e diffondere agli altri, come è presente in ciascuno di voi. Non vi sgomenti la vostra piccolezza, le vostre fragilità, le continue cadute. Dio sorride per queste cose. Come voi papà e mamme sorridete delle cadute, dei difetti, dei capricci dei vostri figli.

Per questo, nonostante le nostre debolezze e miserie quotidiane, dobbiamo essere contenti: perché a noi, piccoli e poveri, è stata data una grazia grandissima. Noi siamo stati “immersi” nell’amore di Dio, ne siamo intrisi e lo effondiamo nella nostra piccola esistenza, perché l’amore di Dio è immensamente più grande di tutti i nostri limiti. E, alla fine, li brucia: e noi diventiamo come una fiaccola che emana la luce di Dio, che svela Cristo al mondo: anche nei gesti più piccoli della vita quotidiana.

Lo Spirito santo ci illumini e ci aiuti a credere alla ricchezza che ciascuno porta nel proprio cuore.

 

Omelia tenuta alla XIX Festa diocesana della Famiglia . Trascrizione, non rivista dall’autore, dalla registrazione, revisione del testo e titolazioni a cura della Segreteria della Commissione.

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