PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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LA FAMIGLIA

COMUNITÀ DI PERSONE

S. Em. Card. Patriarca MARCO CÈ 

alla VI Festa diocesana della Famiglia  

11 gennaio 1986

 ISAIA 40,1-5.9-11   TITO2,11-14; 3,4-7    LUCA3,15-16.21-22

 

 

1. Carissimi fratelli e sorelle,

un saluto cordialissimo a tutti: a voi che siete qui, ai vostri familiari, a coloro che avrebbero voluto venire e non hanno potuto perché i figli sono troppo piccoli o hanno ammalati in casa; a tutte le famiglie della diocesi.

E un saluto, pieno di simpatia, di gradimento e di compiacimento per coloro che in diocesi lavorano per promuovere una pastorale fami­liare, di cui i coniugi stessi siano i protagonisti e i primi responsabili: un lavoro difficile che esige i suoi tempi e che comincia a dare qualche buon frutto: un lavoro al quale è legata tanta speranza per il futuro del­la nostra Chiesa.

Noi non saremo paghi finché in ogni parrocchia, come c'è una pa­storale catechistica di cui i catechisti sono protagonisti e corresponsabi­li, non ci sarà una pastorale familiare e matrimoniale di cui i coniugi siano i protagonisti e i primi responsabili.

2. Questo incontro delle famiglie nella Cattedrale è un appunta­mento ormai tradizionale, ma sempre nuovo; un momento di incontro e di riconoscimento per coniugi e famiglie che hanno ricevuto lo stesso dono e quindi si sentono solidali nella stessa grazia, nello stesso ringra­ziamento e nella stessa missione.

Siete le famiglie cristiane della nostra Chiesa: siete le sue cellule vi­ve in forza del sacramento del matrimonio, che ha fatto dei coniugi il segno efficace dell'amore di Dio per il suo popolo nel sangue di Cristo; amore nuovo, che non viene dalla carne e dal sangue, anche se si mani­festa attraverso essi; ma viene da Dio ed è fatto di libertà, di dono vi­cendevole, di gratuità e di perdono; un amore che è l'atmosfera in cui la famiglia si muove. Comportamenti nuovi, una cultura, una umanità nuova si dilatano nel mondo a partire dalla radice sacramentale della famiglia cristiana impiantata nella storia.

Siete qui per ringraziare il Signore per quello che siete, per chieder­gli di realizzare sempre più la grazia che vi è stata donata. Siete qui per pregare gli uni per gli altri.

In questo momento vogliamo ricordare tutte le famiglie del nostro territorio; in particolare ricordiamo le famiglie che sono in difficoltà, che sono interiormente divise o si trovano ormai in situazioni dalle quali non vedono la strada per poterne uscire. In questo momento noi le amiamo — anzi le avvolgiamo di amore e di supplica — le vogliamo sentire vicine, vogliano comprendere le loro difficoltà e preghiamo per loro il Signore perché le conduca sulle strade della serenità e della pace.

Ricordiamo le famiglie che sono nel dolore o nell'angustia: colpite da malattie, in difficoltà coi figli, ferite dalla mancanza dell'occupazio­ne e della casa — penso soprattutto ai giovani che non possono sposarsi per mancanza di abitazione —, devastate dalla droga. Ricordiamo le ragazze e le donne che hanno difficoltà nel portare a termine la loro maternità, specialmente quelle che sono sole.

Noi sappiamo che il Signore è vicino a chi soffre e a chi è nelle tene­bre. Ma vogliamo che anche la comunità cristiana si renda vicina e soli­dale con tutte le situazioni di bisogno. Noi sentiamo che non si può da cristiani celebrare la Festa della famiglia e non comprendere che la lieta novella che ci annuncia il sacramento del matrimonio è prima di tutto che Dio in Cristo ha voluto abitare in mezzo a noi e dentro di noi. E che perciò tutto quello che tocca la famiglia e tutto quello che tocca la carne e il sangue, non è estraneo a Dio. Anzi proprio questo, in Gesù, è dive­nuto «mezzo» nel quale Dio rivela se stesso e il suo amore.

Questa solidarietà nell'amore con tutte le famiglie del nostro terri­torio e con i loro problemi è l'annunzio di un messaggio di speranza e di salvezza per essi, è anzi il senso del nostro essere qui.

Se il sacramento del matrimonio è segno dell'amore di Dio e la famiglia cristiana è la testimonianza e il frutto di questo amore, allora si comprenderà che non ci si può chiudere in se stessi; ma, come Gesù, dalla grazia ricevuta si è mandati; personalmente e insieme, per gli al­tri, per il mondo e la sua storia.

Non posso dimenticare che molte famiglie saranno chiamate, a par­tire dalle prossime settimane, a decidere se avvalersi o non avvalersi per i loro figli dell'insegnamento religioso impartito nella scuola stata­le. Io mi auguro che i genitori sentano la responsabilità di offrire ai figli un confronto leale e motivazioni oneste circa l'orientamento che sarà decisivo per la loro vita: la decisione deve essere maturata in un dialogo sereno con i figli, specialmente quando l'età li rende capaci di parteci­pare a una scelta tanto importante.

Mi auguro ancora che questa occasione non diventi luogo di scontro ideologico, bensì momento di crescita nella responsabilità, nella consa­pevolezza e nella libertà.

3. Vorrei ora meditare con voi qualche istante sul Vangelo che è stato proclamato come buona novella rivolta a noi.

Il Vangelo si articola in tre momenti. Nel primo, Giovanni proclama l'identità del battesimo portato da Gesù: esso si realizza nel fuoco e nello Spirito Santo. «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3,16). Il battesimo è fuoco che brucia il peccato e, bruciandolo, lascia spazio al­l'amore. Lo Spirito Santo è principio in noi d'una vita nuova, che è la vita stessa di Dio.

A partire da qui, da questa purificazione radicale, da questa capaci­tà di vita nuova che non scaturisce in noi da noi, ma da Dio, voi coniugi siete capaci di venire assunti da Dio per essere, con la vostra carne e il vostro sangue, cioè con la vostra realtà sponsale e parentale quotidia­na, segno e sacramento di Dio stesso.

A partire dalla grazia del battesimo. Dio nel vostro matrimonio e nella vostra vita di tutti i giorni narra se stesso, e voi diventate come la parola con cui Dio si racconta a tutti noi: una specie di esegesi di Gesù, il rivelatore del Padre, scritta mediante i fatti quotidiani della vostra vita.

4. Nel secondo momento vediamo Gesù che scende nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni. Lui che è senza peccato, si fa fratello dell'umanità peccatrice. Perché è senza peccato è capace di unirsi a tutti i peccatori. Il peccato non unisce, divide. Gesù, figlio di Dio fatto uomo è in tutto simile a noi, fuorché nel peccato. Il suo me­scolarsi con gli uomini peccatori nelle acque del Giordano non è solo di quel momento. È la realtà di sempre.

Nella storia di ogni giorno. Gesù è presente. Per questo la storia non può essere maledetta, e neppure può considerarsi consegnata alla disperazione: perché in essa c'è già Gesù.

Nella vostra vita c'è Gesù.

Nella vostra famiglia c'è Gesù.

Nelle tribolazioni di ogni giorno c'è lui: «E venne ad abitare in mez­zo a noi» (Gv 1,14).

5. C'è infine un terzo momento: Gesù in mezzo ai peccatori, nel cuore della storia di peccato, prega. Lui, Figlio gradito al Padre e sacer­dote, intercede per noi.

Ed ecco che su di lui che supplica, adora e loda, scende lo Spirito Santo e si ode la voce del Padre che dice: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc 3,22).

In questo modo l'evangelista ci presenta la consacrazione di Gesù come sacerdote, figlio, parola del Padre (profeta, diremmo noi) e sal­vatore (messia, re, pastore).

 

6. Cari amici, questa consacrazione di Gesù è partecipata a tutti noi nel battesimo; ma è anche partecipata a voi, coniugi, per la grazia del matrimonio, perché la viviate in modo singolare e caratteristico. Come io e i presbiteri dobbiamo viverla in modo singolare e tipico in forza del nostro sacramento dell'ordine.

In forza della partecipazione alla grazia sacerdotale di Cristo la fa­miglia è «Chiesa domestica», cellula della Chiesa dove la preghiera, la lode, la supplica, la domanda di perdono vivono e crescono a livello fondamentale ed elementare. Dove la vita degli sposi, la vita di tutti i giorni, diventa obbedienza al Padre e lode. Oh, come vorrei che le no­stre famiglie ricuperassero quella loro grazia fondamentale e originale e fossero luoghi di preghiera.

La famiglia è cellula della Chiesa, la quale è «domestica» sempre, anche nei conventi e nei presbiteri e nelle parrocchie: nel senso che gli atteggiamenti filiali dell'obbedienza, della preghiera, dell'adorazione trovano lì, nell'esperienza familiare, il loro confronto di autenticità.

In forza della grazia profetica gli sposi e, con essi, la famiglia sono evangelizzazione in atto; per quello che sono prima ancora che per quello che dicono, se è vero che nella vita dei coniugi cristiani e d'una famiglia cristiana Dio narra se stesso.

Per questa sua vocazione originale la famiglia è luogo di catechesi, di incontro e di dialogo sulle cose grandi che il Signore va operando giorno per giorno in mezzo a noi.

Io nutro grande speranza nel fatto che la famiglia possa diventare luogo nel quale si parla del Signore: è il luogo più proprio, consacrato da Dio stesso; è il luogo nel quale si è abilitati a leggere Dio nei fatti di ogni giorno, che è la vera presenza di Dio a partire dalla incarnazione.

La famiglia sacramentale è cellula della Chiesa e perciò luogo privi­legiato di azione dello Spirito Santo e quindi di lettura delle Scritture come luce evangelica dell'esistenza concreta. E quindi la famiglia è il luogo proprio anche per la catechesi dei bambini e degli adulti; il luogo dove Andrea, che ha incontrato il Signore, parla di lui al fratello Simone che ancora non lo conosce e glielo fa incontrare.

7. Infine ai coniugi cristiani è data una singolare partecipazione al potere regale di Cristo in forza del quale egli ordina a Dio e al Regno tutte le cose create e la loro storia.

Per tale partecipazione alla grazia per cui Gesù è salvatore di tutti e di tutto, la famiglia è dono di vita nuova, cioè è offerta agli uomini e alla storia di un modo di vivere quotidiano che si traduce in gesti umani possibili a tutti, il cui modello e la cui sorgente è «la famiglia trinitaria», cioè Dio stesso.

E la famiglia che umilmente e discretamente, mediante gesti più che con parole, irradia amore, mansuetudine, gratuità, perdono; è la famiglia che, generosamente e responsabilmente aperta alla vita, fer­menta una solidarietà che rompe le barriere delle emarginazioni, che accoglie e per quanto le è possibile ospita il fratello più povero; che condivide e, se può e come può — ma qualche cosa si può sempre —, mette in comune.

La famiglia perciò mette in circolazione valori ancora più grandi delle piccole cose che fa, valori che creano comportamenti «nuovi», al­l'insegna non solo del «programmato» ma del «gratuito»; ipotesi nuove di socialità, insomma una umanità nuova.

Una umanità che è inizio e annunzio di qualcosa di ancora più gran­de, che viene da Dio solo, ma che il suo Spirito semina ogni giorno nel cuore attento dell'uomo.

Cose grandi? Si. Ma da tradurre nei modi più semplici e più veri della vita familiare. La vita della Santa Famiglia di Nazaret, la persona di Gesù, non avevano niente di straordinario. Però in ogni cosa che Ge­sù faceva, portava Dio e narrava Dio. Questa è la grandezza della gra­zia coniugale che genera la famiglia.

Il Signore la faccia crescere in noi, come dono per la nostra Chiesa. Amen.


4.

La famiglia comunità che condivide le fatiche e le speranze di tutti gli uomini

Is 42,1-4.6-7 At 10,34-38 Mt 3,13-17

(10 gennaio 1987)

 

1. C a fissimi,

vi saluto con molto affetto e, con voi, saluto tutte le famiglie che non sono qui: quelle che avrebbero voluto essere! e per vari motivi non sono potute venire. Saluto, con pari affetto e grandissimo desiderio, le famiglie che non sono qui perché non sanno, non condividono o sono contrarie.

In questo momento io vi invito a unirvi a me nel presentare davanti a Dio sulle nostre braccia e nel nostro cuore, in una volontà di profon­da solidarietà, tutti coloro che nel progetto di Dio appartengono a que­sta Chiesa e, in qualche modo, anche se imperfetto o distorto, sono partecipi del mistero dell'amore sponsale e familiare di Dio.

Noi non siamo qui soltanto per noi.

Se la nostra vita è partecipazione all'amore trinitario di Dio, questo è «estasi», uscita da sé. è missione e solidarietà.

Per noi allora pregare per gli altri e pensare a loro, soprattutto a chi soffre di più perché lontano dalla casa del Padre, è il modo più vero per aprirci a Dio e lasciarci invadere da lui.

2. Oggi la Chiesa celebra il mistero del battesimo di Gesù: un mi­stero grande, che inaugura la sua missione, l'anticipa e la significa.

Giovanni sta compiendo un rito penitenziale: i peccatori, toccati dalla sua predicazione, si presentano a lui riconoscendo i loro peccati, ed egli li immerge nel Giordano, a significare il pentimento e a suppli­care la misericordia di Dio.

A un certo punto Giovanni avverte davanti a sé Gesù, col capo chi­no, che avanza per sottostare al rito penitenziale del battesimo. Gio­vanni, come poi farà Pietro nella lavanda dei piedi, si ritrae: «No, Ge­sù, non è possibile: io devo essere battezzato da tè, non tu da me»', ma Gesù insiste, come insistè con Pietro: «Giovanni, va avanti, poiché con­viene che così adempiamo ogni giustizia». Cosi Gesù viene battezzato insieme ai peccatori. Appena uscito dall'acqua, si aprono i cieli e lo Spirito di Dio scende su di lui come una colomba e si ode la voce del Padre: «Questi è il Piglio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17).

Ho voluto sottolineare la profonda somiglianzà fra il battesimo di Gesù e la lavanda dei piedi, perché ora e allora. Gesù si presenta come colui che realizza in sé il mistero della solidarietà con l'umanità pecca-trice. Giovanni al Giordano e Pietro nella lavanda dei piedi, non rie­scono ad accettare questa assimilazione di Gesù con i peccatori. Gesù invece dice che proprio questo è il suo mistero: chi non l'accetta, non avrà parte con lui e non compirà la giustizia di Dio.

 

3. Il battesimo di Gesù non è soltanto un fatto della sua vita, ma la sostanza del mistero cristiano. Per fedeltà al Padre, Gesù si rende soli­dale con tutta l'umanità peccatrice: scende nelle profondità della sua miseria, la lava nel suo sangue, cioè nell'amore, e la rinnova.

L'amore è la vita stessa di Dio. «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova» (2Cor 5,17). Le radici di questa solidarietà, che è grazia e ci vie­ne partecipata nel battesimo, affondano nella vita trinitaria; l'eucaristia la nutre e la fa crescere in noi; nel vostro matrimonio questa grazia fio­risce e porta frutto.

Il frutto è una vita sponsale, familiare e sociale che, letta in traspa­renza, è vita trinitaria ed è solidale con tutti gli uomini e le donne, vici­ni e lontani.

Come vorrei aiutarvi a capire che il mistero del battesimo di Gesù, come quello della lavanda dei piedi — che è poi il mistero della pasqua — è la vostra grazia, la vostra vocazione e la vostra missione nella Chie­sa e nel mondo.

Voi vi siete dati come tema per questa festa: «La famiglia, comuni­tà che condivide le fatiche e le speranze di tutti gli uomini». Ecco: in que­ste parole così semplici, all'aspetto così umane, che hanno il sapore del­la vita quotidiana di ogni famiglia, c'è tutto il mistero del battesimo di Gesù, della lavanda dei piedi e della pasqua.

Ma sapete perché la famiglia cristiana ha questo dovere di condivi­dere le fatiche e le speranze di tutti gli uomini? Notate: «di tutti», non dei buoni, o dei fratelli di fede. Di tutti, anche dei peccatori, dei croci­fissori di Gesù e dei nostri crocifissori.

Sapete perché? Perché la famiglia cristiana, in forza del sacramento del matrimonio che la fonda, è, nella storia, presenza del mistero di Gesù, colui che porta sulle spalle tutti gli uomini.

Nel sacramento del matrimonio vanno a frutto le radici battesimali della vita cristiana, che affondano nel mistero di Dio-Trinità-Amore:

quel mistero che, a fronte di un mondo ribelle e frantumato dal pecca­to, diventa il mistero «folle» di Gesù crocifisso, il figlio di Dio fatto uo­mo, solidale con ogni uomo; lui, in sé, comunità d'amore che condivide il pane con i peccatori, le lacrime di chi piange, le fatiche e le speranze di tutti. Gesù, il Figlio di Dio, col capo chino dinanzi a Giovanni il Bat-tezzatore; Gesù in ginocchio ai piedi di Pietro, con il catino dell'amore nelle mani per lavargli i piedi stanchi e impolverati; Gesù crocifisso in mezzo a due ladri, che chiede lui perdono al Padre per i suoi crocifisso­ri: «perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).

La famiglia è, nella storia dell'uomo, il sacramento e il fermento di quel mistero d'amore di Dio per i peccatori, che si è realizzato in Gesù. E questo in forza del sacramento del matrimonio, mediante i gesti della vita quotidiana la quale tutta — capite, tutta! — diventa, o può diven­tare, sacramento di amore, profezia, inizio e fermento di una condizio­ne nuova.

4. Allora la mia parola qual è?

Famiglie, diventate ciò che siete. Dilatate nella storia il sacramento dell'amore di Dio e della solidarietà di Cristo: siate, nella Chiesa e nel­la società, il fermento di un nuovo modo di pensare e di vivere, perché voi siete «in Cristo» una nuova creatura, cioè un mondo nuovo; voi con la vostra famiglia, siete già «un nuovo ciclo e una nuova terra» (Ap 21,1).

Anche quando fate i gesti di tutti, ma con la novità dell'amore, voi rivelate Dio. Anzi, la presenza di Dio in voi lieviterà atteggiamenti e comportamenti, civili e profani nella loro esteriorità, ma nuovi e divini nel modo di vivere che propongono: un modo di vivere che non ha alla radice «il mio» e «il tuo» da difendere, ma la solidarietà, l'unità in Cri­sto, la comunione da rivelare.

C'è una strettissima analogia fra il mistero del Verbo incarnato — cioè fra la vita di Gesù — e la famiglia. Alla vista, la vita di Gesù è quella di un uomo, di un vero uomo — lo si vedeva, lo si toccava, ha sofferto, è stato ucciso — però divinamente buono. Sì, divinamente buono, ma la sua divina bontà prendeva corpo in gesti umani. E così è la famiglia: i gesti sono umani, la sorgente è il mistero di Dio. Nei gesti prende corpo il mistero di Dio.

In quali gesti? In quelli della comunione, una comunione difficile, faticosa, conquistata giorno per giorno nella gratuità e nel perdono, nella preghiera per sé e per gli altri.

Nei gesti della condivisione delle gioie, delle pene e delle fatiche delle altre famiglie; una famiglia ha disoccupati, un'altra è sfrattata, un'altra ha un tossicodipendente.

Nei gesti dell'apertura della propria famiglia a persone sole, bambi­ni o anziani: nella vicinanza, concreta e affettuosa, secondo le modalità più diverse.

Ecco, in questi gesti umani, ma divini nell'amore che li ispira, Dio si rivela come si rivelava nell'umanità di Gesù. E la gente sentirà che Dio è vicino, è veramente Emmanuele: Dio con noi.

In questo modo la storia cambia.

Anche la socialità e la politica sono sollecitate verso realizzazioni, anche istituzionali, impensabili diversamente, maturate nel clima di un costume civile, fermentato dalle famiglie cristiane immerse nella massa della società.

5. Anche la Chiesa impara a essere la famiglia dei figli di Dio dal modo di rapportarsi degli uni verso gli altri nella famiglia. La qualità della bontà, della dolcezza, della mansuetudine, della prevalenza dei valori della persona su quelli della efficienza e così via, che sono sostan­za della vita ecclesiale, la Chiesa li impara dalle cellule familiari di cui è fatta.

Dirò di più: fra famiglia e Chiesa c'è, proprio a partire dal mistero della solidarietà in Cristo, uno scambio di attribuzioni, quale noi erava­mo abituati a vedere verificarsi fra la Chiesa e l'umanità di Gesù. Quando una famiglia si apre all'altro, accogliendolo come suo al di là dei vincoli della carne e del sangue, non realizza in se stessa l'amore verginale?

Ecco la famiglia mistero di paternità/maternità ma anche di vergini­tà. Proprio come lo è la Chiesa, tutte e due a partire dall'umanità di Gesù.

6. Coniugi che siete qui: la nostra Chiesa e il mondo — gli uomini, le donne, i fanciulli, i giovani e le ragazze in mezzo ai quali noi viviamo — hanno bisogno di voi. Hanno bisogno che voi diventiate quello che siete; che viviate la grazia che vi ha fatto sposi cristiani. Hanno bisogno che raccontiate Dio con la vostra vita. Dio nel suo mistero più profon­do è familiare, come Gesù è filiale e fraterno.

L'umanità di Gesù è il racconto più bello su Dio, la sua rivelazione più piena: rivelazione misteriosa e inesauribile, eppure alla portata di tutti, capace di riempire di luce e di felicità tutti, i bambini e i dotti.

Anche la vostra vita, coniugi, anche la vostra vita di famiglia, papa, mamme e figli, può essere il racconto più bello su Dio e su Gesù; fatto coi gesti più che con le parole; una rivelazione di Dio Padre e di Gesù che tutti possono capire perché fatta con i gesti della bontà della vita fa­miliare; una rivelazione che parla e riscalda, illumina e prende.

Fratelli e sorelle, coniugi e voi giovani, ragazzi e ragazze: abbiamo un tesoro immenso nelle nostre mani, per noi e per gli altri; un tesoro per la Chiesa e per il mondo, un tesoro per i poveri, per i peccatori, per le famiglie che soffrono e sono in difficoltà. Non disperdiamolo. Anche le briciole possono dare la vita a chi muore di fame.

Siate testimoni dell'amore di Dio e darete speranza al mondo.