NOTE

1) Il saggio, scritto nel 1949 con il titolo Where to?, fu poi rinominato Pandora's Box e pubblicato, con qualche modifica, come introduzione all'antologia The Worlds of Robert Heinlein nel 1966. La traduzione citata, a cura di Carlo Pagetti, è inclusa nella presentazione dell'edizione italiana di un suo celebre romanzo (Robert A. Heinlein, Straniero in Terra straniera, Editrice Nord, Milano, 1988).


2) Fabio Giovannini e Mario Minicangeli, nell'introduzione a Storia del romanzo di fantascienza (Castelvecchi, Roma, 1998), sfatano efficacemente questo luogo comune facendo osservare come "[...] Verne non era un visionario, ma operava sulle tecnologie del suo tempo, limitandosi a perfezionarle".


3) Alcuni titoli
esemplificativi: The Time Machine (1895), The Island of Dr. Moreau (18966), The invisibile Man (1897) e The War of the Worlds (1898).


4) I cosiddetti pulp magazines, nome derivato dalla polpa di legno da cui era ricavata la carta su cui erano stampati, che ne riduceva drasticamente il costo.


5) Tra questi, Astounding Science Fiction - che sarebbe diventata la rivista di punta della golden age - e Captain Future, su cui esordì Edmond Hamilton.


6) Per una definizione di più precisa di questi e altri filoni, cfr. par. 1.3.
7) The Best of Science Fiction e Adventures in Time and Space

8) Cfr. Giuseppe O. Longo, "Fantasia e Creatività tra uomo e macchina", in SCIENCEplusFICTION: La fantascienza tra antiche visioni e nuove tecnologie, Lindau, Torino 2001. In questo saggio, l'autore illustra le caratteristiche dell'homo technologicus, il metaforico "simbionte" nato dalla compenetrazione tra la creatività umanistica e le tecnologie informatiche e ipertestuali, che costituisce il nuovo fruitore della letteratura: per lui/esso, la distinzione tra narrativa alta (mimetica o mainstream) e bassa non ha più alcun senso.



§ 1 LA FANTASCIENZA

1.1 LA FANTASCIENZA COME GENERE LETTERARIO

Definire la fantascienza come genere letterario non è semplice, dato che in essa confluiscono filoni e opere tanto lontane tra loro - sia dal punto di vista cronologico che da quello puramente stilistico - da rendere quasi impossibile tracciarne i confini. La definizione più semplice e generica parte dal termine stesso: fantascienza, o science fiction, ossia un'opera di fantasia che si basa però su presupposti scientifici noti e inconfutabili.
Robert A. Heinlein ha ampliato questa definizione in un suo saggio giovanile (1), distinguendo nella fantascienza una corrente estrapolativa e una speculativa: "[…] Si estrapolano dal presente le linee di uno svolgimento futuro relativamente vicino, e si sviluppa da lì una serie di considerazioni che investono la società del presente, la quale è spesso chiamata in causa come uno stadio ormai superato, ma i cui germi sono stati responsabili della nascita di un determinato futuro".
Partendo da questo presupposto è possibile ricondurre la nascita del genere al 1818, anno della pubblicazione di Frankenstein, or: the Modern Prometheus di Mary Shelley: sebbene, infatti, alcuni elementi tipici della fantascienza siano riscontrabili in opere di molto anteriori - tanto che, per esempio, Stati e Imperi del Sole e della Luna di Cyrano de Bergerac e persino la distopia aristofanesca de Le Nuvole ne sono stati, di volta in volta, riconosciuti come antesignani - il romanzo in questione è il primo a definirsi esplicitamente "a scientific romance": del resto, è quasi inevitabile che la riflessione letteraria sulla scienza abbia avuto inizio in Inghilterra poco dopo la Rivoluzione Industriale, in un contesto sociale e culturale che i rapidissimi progressi tecnologici andavano a sconvolgere come mai prima di allora.
Se la neonata fantascienza inglese predilige le tematiche tecnologiche e/o evoluzioniste ed assume spesso la forma del romanzo, quella americana preferisce indagare il campo della psicologia, delle fobie, degli stati alterati di coscienza, soprattutto attraverso racconti brevi e densi di simbolismo: il principale interprete di questo filone "metafisico" è, naturalmente, Edgar Allan Poe, che affiancò alle trame più propriamente gotiche anche alcuni tentativi ben riusciti di scientific romance, primo tra tutti A Descent into the Maelstrom.
La seconda metà dell'Ottocento vede la produzione di due veri e propri maestri del genere: Jules Verne - la cui grandezza non sta, come molti credono, nell'aver "profetizzato" l'invenzione di razzi e sommergibili (2), quanto piuttosto nell'aver creato il filone avventuroso che avrebbe reso popolare la fantascienza - ed Herbert G. Wells, che fuse le influenze britanniche e statunitensi in una serie di opere (3) volte più all'analisi della società che al puro intrattenimento, e che per questo possono essere considerate i primi esempi di fantascienza "moderna". Il volgere del secolo segna l'affermarsi degli Stati Uniti come "nazione tecnologica" per eccellenza, il che giustifica l'immensa popolarità di cui le prime riviste economiche (4) godettero in quegli anni: le storie predilette dal grande pubblico erano avventurose e ricche di colpi di scena, spesso incentrate su un eroe virile - investigatore, cowboy o astronauta che fosse - e sulle peripezie da lui superate (basti pensare ad Edgar Rice Burroughs, autore dei romanzi del "ciclo di Marte" oltre che delle avventure di Tarzan). E' solo nel 1926 che la fantascienza riscopre le vette raggiunte da Verne , Poe e Wells , ad opera dell'editore Hugo Gernsback: il magazine da lui fondato, Amazing Stories, si limita dapprima a ripubblicare le opere dei tre grandi, ma successivamente ospita i lavori di scrittori esordienti disposti a cimentarsi con trame sorprendenti - "amazing", appunto - ma non assurde ed esageratamente rocambolesche: autori come "Doc" Smith, John Campbell, Jack Williamson ed Edmond Hamilton si avvicendano sulle sue pagine, dando gradualmente forma ad un filone che Gernsback battezzò scientifiction. Il successo di Amazing Stories porta, negli anni '30 - '40, ad un vero e proprio proliferare di pulp magazines (5), spesso specializzate in un filone (6) ben preciso: space opera, fantasy, ecc. Ad essi si affiancano, nel secondo decennio, i fumetti, primo fra tutti il Flash Gordon di Raymond. Alla fine degli anni Quaranta, la fantascienza statunitense comincia a mostrare la corda: mentre in Europa scrittori del calibro di Orwell ed Huxley danno forma alle loro celebri distopie, l'America ripropone stancamente le stesse storie di pionieri spaziali, mondi barbarici e moniti didattici contro l'eccessiva tecnologizzazione. Ancora una volta il rinnovamento parte da un pulp: Astounding Science Fiction, diretto da John W. Campbell, raccoglie autori interessati a sfruttare il genere come pretesto per trattare argomenti seri quali la psicologia, la sociologia e le scienze stesse: il periodo che va dal 1938 al 1950 è comunemente considerato la golden age della fantascienza, che si arricchì dei contributi di Van Vogt, Sturgeon, Asimov ed Heinlein. Il 1946 segna l'apice di questa "età dell'oro", e sembra quasi che la fantascienza cominci a venire considerata degna dell'attenzione della critica: i migliori racconti vengono raccolti in due vere e proprie antologie (7), che affiancano i sempre popolarissimi pulp. Gli anni '50 sono il decennio di Galaxy e di S & SF: due testate che si distinguono per la visione pessimistica del futuro, ereditata dalle vicende della Seconda Guerra Mondiale prima, e della guerra fredda poi. Gli autori di punta di questi pulp, Alfred Bester e Ray Bradbury, rispolverano la fantascienza distopica di Orwell e sferzano con il loro stile sarcastico la società del loro tempo, arrivando ad affrontare tematiche non solo filosoficamente complesse ma, spesso, addirittura "scandalose". Se, da un lato, questa nuova esigenza di impegno sociale porta rapidamente alla morte dei pulp magazines (4), dall'altro l'Inghilterra ritorna a dominare il panorama fantascientifico nella seconda metà degli anni '60, riportando l'essere umano al centro dell'analisi narrativa e sfruttando modelli stilistici sperimentali per esprimerne l'alienazione crescente: questo filone assume ben presto il nome di new wave, ottimamente esemplificata dalle opere di James Ballard e Philip K. Dick. Questi scrittori, riunitisi intorno alla rivista New Worlds di Michael Moorcock, assumono - lungo tutto il decennio successivo - posizioni sempre più estreme e provocatorie e conquistano l'attenzione della critica, mentre i filoni più "tradizionali" vengono portati avanti con successo dalle prime scrittrici di fantascienza, Ursula Le Guin ed Anne McCaffrey. La chiusura di New Worlds segna la crisi della new wave, ma nuovi autori sono pronti a raccogliere l'eredità stilistica e ideologica del movimento ormai morente: William Gibson, Bruce Sterling, Pat Cadigan ed altri ancora immettono nei loro lavori i vertiginosi mutamenti degli anni Ottanta, dal crollo dei regimi comunisti alla diffusione delle droghe, fino al dilagare dei computer e dell'illusoria realtà di Internet: questo nuovo indirizzo, di stampo prettamente anarchico e nichilista, assume il nome collettivo di cyberpunk e trova nel romanzo Neuromancer la propria manifestazione più compiuta. Il cyberpunk rimane a tutt'oggi l'espressione più vitale della fantascienza, non tanto grazie agli autori succitati (che comunque sono ancora notevolmente attivi), quanto perché la penetrazione delle tecnologie informatiche nella società occidentale ha ormai raggiunto un livello tale che qualsiasi analisi narrativa - mainstream o fantascientifica che sia - non può più permettersi di non tenerne conto (8).


     
 

 


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