>
 

   HOME

                                     | il grande imbroglio | pianeta giustizia | il teatrino della politica |

 
 

Storia di un "Bingo Bongo"

storia di un "Bingo Bongo"

medaglia d'oro al valor civile

quel grazie che manca

 

Un lenzuolo di lino bianco profumato e la medaglia d'oro del presidente. Oggi Cheikh torna a casa. In Senegal, a Touba, il suo villag­gio natale. Da una figlia di die­ci mesi che non ha mai visto, da una moglie di ventidue anni che ha la saggezza dei vecchi: «Quello che è successo a mio mari­to era scritto nel destino. Dio ha voluto così: ha scambiato la sua vita con quella di un'altra perso­na». Cheikh Sarr è il ragazzo senega­lese che sabato scorso, nel mare in burrasca da­vanti a Castagne­to Carducci, in provincia di. Li­vorno, ha salvato una vita ad un ba­gnante in diffi­coltà, perdendo la sua. La medaglia di Ciampi arriva per quello: «Un fulgido esempio di eccezionale co­raggio, nobile spi­rito di altruismo e preclara virtù civica» c'è scritto, col linguaggio al­to e antico del Quirinale, nella motivazione.

Una medaglia d'oro alla memo­ria al merito civile che invece ha molto di sempli­ce, qualcosa in comùne con il ge­sto di Cheikh. Spontaneo, im­provviso, di cuo­re: un uomo affo­gava,lui si è butta­to. E così il presi­dente: ha deciso da solo, ieri, «motu proprio», anche qui uno scatto del cuore.

Non ha dovuto soffrire, Ciampi, davanti a una pedana olimpica, per una sciabola o una bicicletta, non ha dovuto emozionarsi per una bandiera del Livorno sventolata sul po­dio e per due eleganti fioretti che si sono incrociati. Ha solo ascoltato se stesso, e stavolta l'oro l'ha dato lui. Un breve co­municato a metà pomeriggio, proprio nelle stesse ore in cui a Donoratico, nella cappella del cimitero, i compagni senega­esi stavano lavando e profu­mando di olii il corpo dell' amico, prima di avvolgerlo in quel lino bianco secondo il rito musulmano Una medaglia che Vannino Chiti, coordinatore della Quercia, definisce «una pietra per la casa della convivenza che dobbiamo costrui­re», ma che è soprattutto un grazie, il più grande che potes­se arrivare dall'Italia in questi giorni in cui l’Italia ne aspetta uno più piccolo, di grazie; che non è ancora arrivato e chissà se arriverà mai e che perciò fa più male, sporca di paura e vigliaccheria il sacrificio di Cheikh. Il grazie di chi è stato salvato.

L'uomo che in quelle onde si è preso la vita del senegalese e se n'è scappato via dalla spiag­gia senza dire grazie. Era italiano. Non ha chiesto, non è tor­nato indietro, non si è preoc­cupato di sapere di chi fossero quelle braccia che l'avevano sollevato dal mare. E' sparito. Lo shock, la confusione, la spiaggia affollata nel sabato prima di Ferragosto, mille mo­tivi, forse, per andarsene. Ma sei giorni di silenzio, ora, sono troppi: per non sapere, per non restare schiacciati da un senso di colpa da cui non c'è via di scampo.

Eppure in Senegal, a.casa di Cheikh, c'è dolore, ma non rabbia. La vedova giovane, Ha­di Sarr, dice che verrà a Casta­gneto Carducci, un giorno, a vedere dove viveva e lavorava il marito. «Sono orgogliosa di lui, di quello che ha fatto. A mia fi­glia dirò che suo padre è morto da eroe, perché ha fatto la cosa giusta». Muratore, quel padre. Mille euro e quattro al mese, metà li mandava al paese. Tre famiglie da mantenere, tutte sulle spalle di Cheikh, 27 anni, il permesso di soggiorno, la ca­sa in affitto, tutto in regola. A lei adesso, e alla sua piccola Yassin, ci penserà la Toscana. La Provincia di Livorno ha deciso di adottare a distanza la fami­glia, la Regione aiuterà, e tra gli ombrelloni del bagno «Aca­cia», là dove Cheikh è morto soffocato dai pugni del mare, i bagnanti hanno già raccolto i prime mille euro. Il Comune, insieme al giornale il Tirreno, ha lanciato una sottoscrizione. A settembre sarà il sindaco di Castagneto, Fabio Tinti, a portare quei soldi in Senegal, lui che al primo consiglio comu­nale che ci sarà dopo l'estate proporrà la cittadinanza ono­raria per Cheikh.       .

Ieri erano in duecento al fu­nerale. Sulla bara la bandiera senegalese, intorno quella ita­liana e la scritta pace con l'ar­cobaleno. Francesco Cande­liere, un amico, lo saluta così: «Chissà se anche noi avremmo fatto quello che hai fatto tu. E poi per cosa? Neppure un gra­zie ci ha detto quel turista in­cosciente». Matteo Renzi, pre­sidente della Provincia di Firenze, ha chiesto che ogni co­mune fiorentino abbia una strada, una piazza, con il suo nome. Una targa da guardare ogni giorno andando a scuola o al lavoro e pensare tra sé: gra­zie, Cheikh.