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Il Grande imbroglio: decima puntata

 

I concorrenti allo sbaraglio: troppo corretti!

   
   

 

Rizzoli, Mondadori e Rusconi fanno una TV a somiglianza dei loro giornali: con la pubblicità in disparte, che non disturbi l'elegante "impaginazione" dei servizi. Errore, Berlusconi ha in mente una TV al servizio delle merci. Non esistono i telespettatori, ma i responsabili dell'acquisto, distinti in fasce diverse, uomini, donne, bambini, casalinghe, impiegati/e ecc.

Un buon palinsesto deve essere fatto a loro misura, capirne i gusti e indovinarne gli orari.

Il primo a uscire allo scoperto e il primo ad esplodere e poi implodere su se stesso è il gruppo Rizzoli -Corriere della Sera. Ha fatto partire un telegiornale innovativo "Contatto", diretto da Maurizio Costanzo.

Sarà un fallimento imputabile ad una serie di fattori tra cui la mancanza di antenne proprie, affidate ai fratelli Marcucci, creatori di una "dorsale Appenninica". Poi, cinque mesi dopo, escono gli elenchi della P2 e tutto il gruppo Rizzoli ne è coinvolto nei suoi vertici e Costanzo pure. Il direttore di Prima Rete Indipendente (del gruppo Rizzoli), Mimmo Scarano, prima della conoscenza degli elenchi della Loggia Massonica, prepara un'inchiesta a puntate sulla P2, dal titolo "La Loggia di Stato" di notevole intelligenza ed effetto. Bruno Tassan Din la bloccherà, ma Prima Rete Indipendente andrà in pezzi e così "Contatto".

Rizzoli esce di scena in modo drammatico e si conclude la sua avventura nel mondo dell'etere.

Il concorrente più temibile, in base all'Auditel di allora, era rimasto Rusconi che con Quinta Rete e Antenna Nord, copriva una larga fetta della popolazione a più alto rendimento pubblicitario. Per stare dentro i limiti della sentenza della Corte Costituzionale, si è autoregolato secondo il "modello americano", limitativo nel possesso di emittenti.

Nel 1982 cominciò ad uscire con il marchio Italia 1, con un palinsesto ben calibrato, ma un po’ troppo orientato verso un pubblico femminile.

Mario Formenton, amministratore delegato della Mondadori, e Piero Ottone, responsabile della Divisione audiovisivi, preferirono fermarsi ancora indietro rispetto a Rusconi, in attesa della legge di regolamentazione e non si avventurarono a comprare emittenti. Prudentemente usarono la formula della syndacation, un circuito di stazioni collegate, ma indipendenti l'una dall'altra, non sotto il controllo del fornitore di programmi. Nasceva Retequattro che annoverava, nel palinsesto, programmi qualificanti condotti da Enzo Biagi, Enzo Tortora, Eugenio Scalfari e Piero Ottone. Dibattiti scintillanti e non anonimi come nelle tribune politiche RAI, come in "Italia parla". Molti i film di  una certa consistenza.

Inizialmente si ebbe l'impressione che la partita dell'Auditel e quindi, della conquista degli spazi televisivi, fosse tra i due editori e infatti le prime due rilevazioni davano la leadership a Mondadori, seguito da Rusconi. Ma alla terza rilevazione la sorpresa.

Canale 5: 2.583.000 ascoltatori, Retequattro, 1.587.000 e Italia 1, 1.525.000.

Di colpo lo schioccare secco della presenza del Cavaliere che con i suoi dati si avvicina a RAI 2!!

Governo e parlamento sonnecchiano. Da più parti viene invocata la legge di regolamentazione, primi fra tutti quelli che, rispettando i limiti della sentenza della Corte Costituzionale, avevano installato TV locali che però venivano spinte ai margini dai grandi predatori di pubblicità. La invocava anche Rusconi, un liberale della destra storica, maldisposto verso un mercato caotico invece che libero, degradato dal selvaggio saccheggio di un bene collettivo qual è l'etere. Il"Wild West", appunto. La legge è urgente  anche per Mondadori.

Berlusconi, invece, continua ad  agire  nella completa illegalità, strafottendosene delle regole.

Resiste e non chiede la regolamentazione e con lui resistono Craxi e la DC milanese, che ignorano in maniera spudorata  le sentenze della Corte Costituzionale.

Ottone accuserà Berlusconi di aver usato il Partito Socialista per impedire di fare la legge ( P. Ottone, "L'Italia dei Furbi"). Lo stesso Berlusconi dirà in pubblico il 6 giugno 1989: " Sono anni che stiamo aspettando una legge che regoli il mondo televisivo. Questa legge, per fortuna, siamo riusciti ad evitarla.(?)….

Ecco l'affermazione grave di un uomo moderato, liberale.

L'ex governatore della Banca d'Italia Guido Carli, che non è propriamente un comunista commenta:

"I principali industriali privati hanno distribuito soldi ai partiti, attraverso gli anni, affinché le leggi che avrebbero limitato la loro libertà d'azione non si facessero. Nelle grandi democrazie occidentali non sarebbe stato concepibile".

E' questo il Grande Imprenditore? L' uomo che, in nome del liberismo, non vuole lacci e laccioli? E cioè le regole certe e condivise per chi opera in un mercato libero. Per continuare a fare quello che in America o in Europa occidentale non avrebbe potuto mai fare? L'Italia che lui vuole è quella in cui è ancora possibile produrre o clonare 10 100 1000 Berlusconi ? Se è così: NO GRAZIE!!