Il 1989 è l'anno in cui Bettino Craxi fa una rumorosa crociata per
mandare in galera i drogati, anche coloro che vengono trovati in
possesso di una piccola quantità di droghe leggere. C'è un problema: a
Malindi, il 5 gennaio 1989, viene fermato, dalla polizia keniota, un
turista italiano con addosso droga leggera. Quel turista si chiama
Claudio Martelli ed è il n° 2 di Craxi. Polemiche roventi.
La
stagione, aperta in modo così inquieta, viene invelenita quando Carlo
Caracciolo e Eugenio Scalfari annunciano la vendita alla Mondadori, di
Carlo De Benedetti e Luca Formenton, di metà "Repubblica" (l'altra metà
è già di Mondadori) e del gruppo "'Espresso", proprietario del
settimanale omonimo e di una quindicina di testate locali, leader nella
loro area di vendita.
I
socialisti vedono nell'operazione un forte e inaspettato incremento
dell'azione del fuoco loro ostile.
Sbalorditivo l'articolo dell'Avanti del giorno successivo, firmato Ugo
Intini, craxiano senza sintomi di rilassamento, nemmeno per un istante.
Nella sua invettiva funge da ultimo avamposto della difesa Fininvest e,
superando il problema della concentrazione televisiva, si scatena contro
quella delle testate giornalistiche.
Il
25 ottobre, al congresso della UIL, replica dicendo:" In Italia esiste
un gruppo imprenditoriale partito, il partito di De Benedetti che è il
più filocomunista che ci sia in occidente. Il loro bersaglio è il PSI,
ma, in ultima analisi, i bersagli sono le corrette regole del gioco
democratico." È un po' la tiritera che si sente dire anche oggi, quella
della concentrazione di giornali favorevoli al centrosinistra,
dimenticando che la concentrazione televisiva sta a quella giornalistica
come una portaerei sta ad un gommone. Basti pensare al periodo ante "par
condicio", la "norma sacra" del Cavaliere, poi abiurata, e agli spot che
entravano nelle case degli italiani, che solo Sua Emittenza poteva
pagare con la mano destra e riscuotere con la mano sinistra. Spot per
convincere dell'esistenza dell'Italia dell'odio e quella dell'amore. La
sua per se stesso. In un giorno i "clienti" raggiunti da Retequattro,
con il fedele Fede, sono n volte di quelli raggiunti da tutte le testate
giornalistiche messe insieme. Vogliamo dire che gli spot di Berlusconi
hanno raggiunto quasi il 100% del target previsto, ovvero tutti noi
abbiamo ascoltato la sua cantilena almeno venti volte a testa.
Una larga minoranza invece ha potuto vedere le propagande politiche nei
giornali. I giornali si devono comprare e scegliere, la televisione ti
entra in casa e non puoi limitare la scelta, perché ti sintonizzerai sul
programma preferito, anche se, ad un certo punto…oplà..ecco la faccia di
Berlusconi incorniciata tra libri e foto di famiglia, tutto
rassicurante.
Ma
andiamo avanti e vediamo come è ingiustificata la tiritera.
La
vita a Segrate, sede della Mondadori, non è tranquilla. Berlusconi ha un
suo pacchetto azionario e si raccomanda a De Benedetti perché lo faccia
entrare nella cordata, ma a Segrate si ride di lui quando, in un
intervista a Andrea Monti, Berlusconi spiega che voleva fare solo "il
passeggero seduto dietro". Si ride perché il "back seat driver" è,
dicono, quel rompicoglioni, che continua a dire: Fermo! attento! Guarda!
Gira a destra! Gira a sinistra!. Dio ce ne scampi.
Nella Mondadori, Luca Formenton è inquieto, vuole contare di più e fa
l'"errore" di confessarlo in ambienti vicini ai socialisti. Craxi prende
la palla al balzo e pensa che sia venuta l'ora di far tentare la scalata
all'amico fidato, per "togliere dalle palle" il " mascalzone
grandissimo, incommensurabile e recidivo" (Scalfari).
Craxi incoraggia Berlusconi che comincia a corteggiare Luca
prospettandogli un ruolo operativo appagante, di chiara visibilità: ha
calcolato che col pacchetto suo e quello di sua madre, Cristina
Mondadori, il sindacato di controllo della casa editrice vale 360
miliardi. Il Cavaliere rastrella azioni con prestiti fiduciari e poi
avvia, in segreto la trattativa. A metà Novembre il ribaltone è fatto.
Luca, figlio di Cristina e Leonardo Forneron, figlio di Mimma Mondadori,
si riuniscono, sotto il nuovo padrone Silvio Berlusconi.
Ne
deriverà comunque una situazione schizoide, in cui la maggioranza non è
completamente di Berlusconi, poiché nelle assemblee privilegiate il
controllo è ancora di De Benedetti.
Nasce un "trust" di dimensioni gigantesche che vede concentrati nelle
mani di un solo uomo il 17% dei quotidiani, il 33% dei periodici, il 40%
dell'audience televisiva, il 43% del totale della raccolta
pubblicitaria. Il 22% del fatturato del settore. ORA INTINI TACE!
E
l'altra parte del CAF, quella democristiana di Andreotti e Forlani? Ci
dice con chi sta l'andreottiano Paolo Cirino Pomicino in un'intervista
all'Unità del 3 dicembre 1989:
"
Berlusconi è uno dei grani imprenditori di questo paese. Ha una serie di
amici autorevoli, naturalmente, e tra questi ci sono certamente Craxi,
Andreotti e Forlani". In cambio la DC ha voluto l'oscuramento di "Radio
Londra", di Giuliano Ferrara, troppo craxiana, ma il segnale dato da
Cirino Pomicino è inequivoco, convincente ed immediatamente raccolto.
La
Fininvest sta con l'intero CAF, non ne privilegerà più una parte
soltanto! E ce ne potremo accorgeremo presto. L'originaria linea del
PSI-Fininvest, era stata di ispirare a Mammì l'"opzione zero" (zero TV
a chi fa giornali). Berlusconi ha realizzato l'"opzione tutto". A lui
naturalmente.
Intanto a Piazza Indipendenza, sede di Repubblica non c'è aria di resa.
Si riunisce l'assemblea dei "lupi comunisti" all'indomani
dell'intervista a Cirino Pomicino. Scalfari, risoluto e lucido: "
Berlusconi va dicendo di essere l'editore più liberale del mondo. Può
sostenere quello che vuole, ma la sua storia dimostra l'esatto
contrario. Non parlo della sua storia passata, della p2 e di tutto il
resto. Parlo di come è lui oggi. Se c'è in Italia un imprenditore
condizionato, anche ricattato, è proprio il cavalier Berlusconi. Il suo
sistema imprenditoriale, le sue Tv sono alla mercé dei partiti di
governo. E lui ci è venuto addosso per conto dei partiti di governo. Se
non comprendiamo che questo è uno scontro politico, dobbiamo buttare
all'aria quindici anni di giornalismo". E ancora: " il definitivo
destino della Mondadori è in mano ai giudici e poi c'è la proposta della
legge Mammì, l'opzione zero, niente quotidiani a chi ha le Tv".
Speranza illusoria e lo vedremo.
L'editoriale del
7 gennaio 1990, di Scalfari, oscuramente premonitore, tuona: " Per
appartenenza alla P2 sono stati licenziati dai loro incarichi alti
ufficiali, dirigenti di banche pubbliche e private, manager pubblici e
privati, giornalisti. Oggi un membro di quell'associazione segreta,
sciolta per legge perché ritenuta sovversiva contro lo Stato, siede al
vertice della Mondadori, dopo aver monopolizzato tutte le reti private
esistenti nel nostro paese. Questa faccenda, ne diamo formale
assicurazione a Silvio Berlusconi, agli azionisti suoi alleati, ai suoi
padroni e protettori politici, ma soprattutto ai nostri lettori e alla
pubblica opinione, non passerà liscia. Se sta nascendo un regime col
volto di Silvio Berlusconi, quel regime avranno nei prossimi mesi e
anni, la nostra più meditata e rigorosa attenzione."
Parole dette quando ancora non si poteva immaginare la furia di
tangentopoli e la "discesa in campo" del Cavaliere. Tanto tuonò allora,
che oggi piove.
Repubblica e L'Espresso si staccano e Berlusconi s'insedia alla
presidenza del "trust" Mondadori, il 25 gennaio del 1990.
Come sappiamo il lodo Mondadori è stato oggetto di indagini giudiziarie
ed in primo grado Previti è stato condannato, insieme ai giudici
corrotti. (secondo la sentenza).