In un
convegno sulla criminalità in Lombardia, 30 settembre-1 ottobre1983,
quindi antecedente al maxiprocesso di Palermo, si parla di Vittorio
Mangano, già conosciuto dalla polizia per traffico di droga da Palermo
a Milano, come il personaggio chiave di un tentato sequestro di
persona che si sta preparando a Milano e sventato a seguito di
intercettazioni telefoniche e di un blitz della squadra mobile
fiorentina dopo due rapine organizzate per finanziare l'acquisto dei
locali in cui il sequestrato sarebbe stato detenuto. Mangano, che
sfugge alla cattura è l'anello di congiunzione tra la cosca di
Salvatore Inzerillo e la cosca dei siciliani trapiantati a Milano. E'
uno degli inquisiti nell'inchiesta Falcone su "mafia e droga"ed è
legato a pericolosi pregiudicati.
Mangano ha interessi in tutta una serie di società commerciali di
import-export come la Promotion Team due.
Nel
1992 Borsellino racconta di conoscere Mangano per aver contro di lui
istruito un procedimento, prima del maxiprocesso, per estorsioni a
cliniche private palermitane. Ai titolari delle cliniche venivano
inviati cartoni con una testa di cane mozzata. Poi se lo ritrova
nuovamente nel maxiprocesso indicato da Buscetta e da Contorno,
separatamente, come uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, capo
della cosca di Porta Nuova. In una intercettazione telefonica viene
riconosciuto come l'interlocutore di una telefonata intercorsa tra
Milano e Palermo con Salvatore Inzerillo, in merito ad una partita di
eroina. È stato condannato per traffico di droga. (C. Stajano: "La
criminalità organizzata in Lombardia", Giuffrè 1985).
Dal
1973 è segretario particolare di Berlusconi, Marcello Dell'Utri,
compagno d'università del Cavaliere. E' stato Dell'Utri a raccomandare
Mangano a Berlusconi.
Nel
luglio del 1974 Vittorio Mangano prende possesso della palazzina della
servitù dei marchesi Casati in Villa S. Martino di Arcore: la villa
di Berlusconi. Porta con se la moglie e la figlia.
Racconta Dell'Utri: " Mangano rimase ad Arcore due anni senza problemi
poi, la notte di Sant'Ambrogio del 1975, dopo aver cenato con noi,
venne rapito il principe di Santagata, ma l'auto dei rapitori andò a
sbattere per la nebbia e il principe riuscì a fuggire. Fu sospettato
Mangano e poi le indagini proseguirono e Mangano finì in carcere"
Osservazioni: le date non tornano e poi si è potuto accertare che a
suggerire a Dell'Utri il nome di Mangano fu il boss mafioso Gaetano
Cinà, del clan di Stefano Boutade, la mafia perdente di Palermo.
(vincerà il clan di Totò Riina).
È
Berlusconi stesso che contraddice nelle date il Dell'Utri e fornisce
una versione diversa sulla dinamica dell'incidente del mancato
sequestro (è intervenuta una pattuglia dei carabinieri). Ma la chicca
di Berlusconi nell'interrogatorio al giudice Della Lucia è la risposta
data sul motivo della cessazione del rapporto lavorativo del Mangano.
Cosa si farebbe se un nostro dipendente finisce in galera? Lo
licenzieremmo! Sentiamo Berlusconi: " non ricordo come il rapporto
lavorativo del Mangano cessò, se cioè per prelevamento delle forze
dell'ordine o per allontanamento spontaneo"
Lui
non lo ha licenziato! (dall'archivio Berlusconi, Cuccia & Co., a cura
di Floriano De angeli, Groppello Cairoli, Pavia). Ma non è finita qui.
La chicca continua nel 1994 nell'intervista di Berlusconi a Corrado
Ruggeri del Corriere della Sera. Il giornalista afferma: "….il
giardiniere mafioso ha lavorato per lei, nella sua villa…" risposta di
Berlusconi:" Certo, e noi lo LICENZIAMMO non appena sapemmo che stava
preparando il rapimento di un mio ospite, e poco dopo sapemmo che
stava per essere rapito anche mio figlio Pier Silvio". Con
impudicizia, modifica, per la stampa, per noi, in tempo di elezioni
politiche, il "motivo dell'allontanamento" di Mangano. Si erge a
quello che non è stato e dice di aver fatto quello che non ha fatto.
Si
sospetta che Mangano invece sia stato a villa Berlusconi come
guardaspalle della mafia in favore di Berlusconi.
C'è un
fatto importante da rilevare: tra le tante incriminazioni dello
"stalliere" di Arcore, nessuna risulta collegata al rapimento-
avventura del principe ospite di Berlusconi. Una tesi, sostenuta da
Fracassi e Gambino nel libro "Berlusconi. Inchiesta sul signor TV"
Kaos edizioni 1994, pare essere la più accreditata: Mangano fu assunto
dopo il tentato rapimento, e anzi ne fu la causa. I fatti ci dicono
che dopo questo episodio, Berlusconi fu terrorizzato e credette di
essere lui l'oggetto del sequestro. Infatti dopo pochi giorni va in
Svizzera, con la famiglia e l'amico Comìncioli, e tornò poco dopo
senza la famiglia. Qualche settimana dopo fu assunto Mangano,
presentato da Dell'Utri su segnalazione di Gaetano Cinà, e la famiglia
di Berlusconi poté fare ritorno ad Arcore. L'arrivo del boss avrebbe
tranquillizzato il Cavaliere. Tutta l'ipotesi è avvalorata e
confermata dal finanziere siciliano Alberto Rapisarda che aveva come
dipendente Alberto Dell'Utri, gemello di Marcello, e che, in seguito,
assunse anche Marcello, che voleva "fare esperienze" professionali
diverse. Egli, candidamente, conferma al magistrato Della Lucia di
avere avuto pressioni per l'assunzione dei fratelli Dell'Utri dal
pericoloso Boss mafioso Gaetano Cinà della cosca di Stefano Bontade.
In definitiva si completa il quadro. Il Cavaliere, nominato tale
nell'"infornata" dei Caltagirone e dei tanti Cavalieri del lavoro,
palazzinari in odore di mafia, conosce dell'Utri e, dopo il mancato
sequestro di persona si spaventa e, invece di ricorrere alla
protezione della polizia, spregiudicatamente ricorre alla protezione
della Mafia e si libererà, parzialmente di questo fardello, solo nel
1994, secondo l'intervista al Corriere della Sera, perché dopo la
"discesa in loggia", la "discesa in mafia" seguirà la "discesa in
politica" e, confidando delle protezioni, DEVE pulire i panni sporchi.
Berlusconi, che nella recente campagna elettorale ha chiesto agli
italiani una scelta di campo, ha spesso, nella sua vita, scelto il
campo in cui stare: nella finanza occulta prima, nella loggia segreta
massonica che è anche un centro di poteri occulti poi e, in ultimo,
non distante dalla Mafia. Tutti i protagonisti ed interpreti delle
vicende, sono stati da Berlusconi ampiamente gratificati con la sua
"scesa in campo". Ma continuiamo.
Esistono due società INIM, una è la INIM internazionale immobiliare
con capitale interamente di Rapisarda, che ha una consociata, la
Bresciano Costruzioni di Mondovì in cui ne diviene consigliere
delegato Marcello Dell'Utri, già prestanome di Berlusconi
nell'Immobiliare S. Martino, quattro anni prima. L'altra ha sede a
Palermo e l'amministratore delegato è Alberto Dell'Utri, mentre il
Presidente è Francesco Paolo Alamia, in affari col boss
politico-mafioso Vito Ciancimino. Rapisarda e Alamia controllano anche
la RACA, antica società dolciaria di Torino, sulle cui aree è in
progetto la costruzione di palazzi e la Venchi. Tutto un filone di
attività della Criminalpol indaga e conclude: " La INIM e la RACA sono
società commerciali gestite dalla mafia e di cui la mafia si serve per
riciclare il denaro sporco proveniente da illeciti vari." ("Rapporto
giudiziario concernente il crimine organizzato in Lombardia in
rapporto con quello calabrese e siciliano" 19 Aprile 1981 foglio 177).
I
gruppi gestisti da Rapisarda e Alamia vengono trascinati nel crack dal
fallimento della Venchi e i due finanzieri, insieme ad Alberto
Dell'Utri finiscono in carcere per bancarotta fraudolenta. Marcello
scampa per un miracolo alla stessa sorte. Ma torniamo a Mangano.
È
assiduo di locali notturni, frequenta ristoranti alla moda mentre fa
la spola tra Milano e Palermo. Gestisce una scuderia di cavalli ad
Arcore. Il criminale Stefano Calzetta lo definisce "un buon nome della
mafia" (Tribunale di Palermo. Sentenza contro Abbate Giovanni.) Basti
pensare che bande di estorsori organizzate bloccano la loro azione
criminale solo se sentono che i destinatari delle estorsioni sono
protetti da Mangano Vittorio.
Dopo
anni dal "licenziamento" da Arcore si dice e si vuole dire che tra
Mangano e Dell'Utri Marcello non ci sono più contatti, ma
intercettazioni telefoniche della Criminalpol dimostrano che il
Mangano parla in modo confidenziale con il "caro Marcello" sentendosi
rispondere "caro Vittorio". Continua tra i due palermitani immigrati
una forte familiarità.
Avevamo lasciato Dell'Utri dipendente di Rapisarda, ma nel 1980 torna
da Berlusconi che lo riassume subito alla Fininvest, con un importante
incarico nella associata pubblicitaria Publitalia 80. (testimonianza
di Berlusconi al giudice Della Lucia).
Nel
1993 viene arrestato, il 22 luglio, Salvatore Cancemi, capo del
mandamento di Porta Nuova. Decide di collaborare.
Tra le
varie cose che dice: nel 1987 Totò Riina mi parlò di un misterioso
"ragioniere", emissario di Marcello Dell'Utri, che ogni anno portava a
Cosa Nostra una valigetta con duecento milioni: il pizzo per evitare
attentati alle antenne Fininvest in Sicilia. Testimonianza
attendibile?
Nel
1993 fu pubblicato in Francia un libro, L'Europe des parrains. Il
terzo capitolo è intitolato "Milano, la porta d'Europa". Vi si può
leggere: " …gli inquirenti avrebbero dovuto (e non hanno) rivolgere
l'attenzione ai rapporti tra gli industriali milanesi e la criminalità
organizzata. Le piste non mancavano. Perché, ad esempio, non
approfondire i legami dell'entourage di Silvio Berlusconi con Vittorio
Mangano, uomo d'onore installato a Milano?….L'inchiesta era partita
bene, bastava lasciare che i poliziotti facessero il loro lavoro. Non
se ne fece niente." La Mondadori, acquistata dalla Fininvest, traduce
il libro cancellando questa intera frase!!!
Il
libro allora viene ripubblicato, in Francia, in edizione aggiornata e,
come una vendetta, fu aggiunta una postfazione datata aprile 1994,
tutta su Berlusconi. Leggiamo. " Prima di morire, Borsellino mi
confidò i suoi sospetti, confermandomi che è stata aperta un'inchiesta
sui legami tra L'entourage di Berlusconi e Vittorio Mangano." In
Italia non se ne sa niente. C'è un inchiesta aperta?
FINALE
IN AGRODOLCE:
Nella
vigilia elettorale del 1994, in Via Chiaravalle n°7, l'antico castello
di Rapisarda e Alamia, vibrava e schioccava al vento la bandiera di
Forza Italia.