Il dossier
del Governo sul generale Speciale
Le deleghe al vice ministro Visco che comprendono
anche l'esercizio dei poteri nei confronti della Guardia di finanza
furono attribuite dal Consiglio dei ministri il giorno 7 giugno
2006. A partire da quella data il Vice ministro iniziò -come è
prassi costante - una serie di incontri e colloqui con i vertici
della amministrazione civile e militare al fine di verificare le
problematiche aperte, le difficoltà esistenti e ogni altro elemento
utile all'attività di Governo. Per quanto riguarda la Guardia di
finanza fu sentito il generale Speciale, comandante generale, una
prima volta il 9 giugno e successivamente il 26 giugno e il 13
luglio; furono ascoltati inoltre, il comandante in seconda, generale
Pappa, il generale Favaro che avrebbe assunto l'incarico di
comandante in seconda dopo pochi mesi, il generale Spaziante, Capo
di stato maggiore, e il generale Poletti, Sottocapo di stato
maggiore.
Numerosi contatti anche informali e indiretti
avvennero con altri ufficiali del corpo. Tra questi fu ascoltato
anche il compianto generale Mariella, già Capo di stato maggiore al
tempo della precedente esperienza governativa dell'onorevole Visco.
Per contestualizzare gli avvenimenti bisogna
anche ricordare che nei giorni immediatamente precedenti e
successivi ai colloqui del vice ministro Visco con i vertici del
Corpo, sulla stampa nazionale erano state pubblicate alcune
intercettazioni riguardanti le indagini sullo scandalo del calcio,
in cui venivano citati fatti e nomi di alti ufficiali della Guardia
di finanza per i rapporti con Luciano Moggi; tra questi emergeva
quello del Generale Speciale. Come si ricorderà dell'inchiesta
sportiva fu incaricato l'ex procuratore generale di Milano Francesco
Saverio Borrelli. E' in questo contesto che il vice ministro Visco
avviò i colloqui con l'intero vertice del Corpo. Così come aveva
fatto con i gruppi dirigenti dell'Amministrazione Civile.
Ci fu un primo incontro il 9 giugno con il
Comandante generale che prospettò per prima cosa l'opportunità di
avvicendare il capo di stato maggiore generale Spaziante, il quale -
a suo dire - gli era stato imposto dal precedente Ministro. In un
successivo incontro, il 26 giugno, invece, il generale Speciale
presentò al Vice ministro un'ipotesi di impiego di dirigenti
(generali e colonnelli) piuttosto ampia che costituiva una robusta
integrazione del tradizionale piano di impiego già diramato alcuni
mesi prima. Nel prospetto erano previsti tra gli altri,
avvicendamenti presso importanti comandi operativi alle sedi di
Roma, Torino, Bologna, Firenze, e Cagliari, ma non di Milano.
Il Vice ministro
sconsigliò la rimozione del Capo di stato maggiore - che infatti
rimase al suo posto - sia perché poco motivata sia per evitare che
essa potesse essere interpretata come una decisione politica del
nuovo Governo, e si riservò di esprimere un parere sulle proposte
di trasferimento, sia per poter maturare le giuste convinzioni in
proposito, sia per meglio comprendere i criteri adottati
nell'impiego degli ufficiali nelle sedi particolarmente
significative.
I contrasti tra
Speciale e vari generali della Gdf e l'uso disinvolto degli encomi
Gli incontri con gli ufficiali di vertice del Corpo facevano
emergere profondi contrasti ai vertici del corpo. In particolare i
generali Pappa e Favaro lamentavano una gestione personalistica
del corpo, un non sempre puntuale rispetto delle regole, e una
mancanza di valutazione e di consapevolezza delle conseguenze
giuridiche delle decisioni assunte. Forte era la polemica nei
confronti del Comandante generale soprattutto in relazione alla
politica dei riconoscimenti di ordine morale (encomi) che
avveniva, spesso, senza rispettare le procedure previste e con una
pubblicità interna molto parziale e limitata.
Infatti, nel corso della sua permanenza al vertice della Guardia
di finanza si è assistito alla concessioni da parte del generale
Speciale di decine di encomi solenni a singoli ufficiali, quasi
sempre di grado elevato. Secondo quanto rappresentato al Vice
ministro nella concessione degli encomi è mancata la trasparenza
che in passato si cercava di tutelare. Ci si riferisce, in altre
parole, alla mancanza di conoscenza «pubblica» degli encomi
concessi che nelle gestioni precedenti veniva assicurata dalla
loro pubblicazione - anche se tardiva - sui fogli d'ordine. Tale
omissione, totale o parziale, non consentiva di conoscere con
esattezza il numero esatto né delle concessioni, né dei
beneficiari.
Ed inevitabilmente il numero elevato di tali concessioni ha
influenzato i lavori della Commissione Superiore di avanzamento
con particolare riferimento ai gradi più elevati. In occasione dei
lavori della Commissione Superiore di avanzamento per l'anno 2006,
alcuni membri avevano rappresentato le discrasie prodottesi e
avevano chiesto che la materia costituisse oggetto di parere del
Consiglio superiore della Guardia di finanza, che infatti nella
riunione del 2 marzo 2006 rilevò un conferimento di ricompense
talora non in linea con i parametri fissati dal regolamento di
disciplina militare e delle norme interne di attuazione, tale da
incidere sugli avanzamenti successivi.
Dopo il 26 giugno, comunque, il Vice ministro cercò di
approfondire il motivo per cui, mentre venivano cambiate le
posizioni di vertice di diverse importanti sedi, si mantenevano
fermi tutti gli incarichi a Milano. Emersero così alcune
valutazioni negative, in particolare nei confronti del generale
Forchetti, Comandante regionale della Guardia di finanza in
Lombardia che, secondo il generale Favaro, non presentava
un'adeguata corrispondenza ai requisiti richiesti per l'incarico
di comando ricoperto, da sempre affidato a un Ufficiale generale
che avesse seguito il corso superiore di Polizia tributaria: fatto
particolarmente rilevante dal momento che il compito fondamentale
della Guardia di finanza è quello del contrasto agli illeciti
economici e tributari, tanto più in sedi come Milano e l'intera
Lombardia.
Inoltre emergeva che sia il generale Forchetti che altri ufficiali
erano stati impiegati per molti anni in Lombardia e/o a Milano (il
generale Forchetti, prima a Milano come capo centro per la
Lombardia del II reparto - informazioni - del Comando generale,
poi comandante del gruppo di Milano, poi comandante provinciale di
Varese, e infine comandante regionale della Lombardia; il
colonnello Lo Russo, comandante dal 2002 al 2004 al Comando
provinciale di Milano era stato riassegnato - evento davvero
inconsueto - dal 1° giugno 2006 allo stesso comando, dopo un
periodo trascorso sempre a Milano, dal luglio 2004 al maggio 2006,
come comandante del nucleo regionale di Polizia tributaria della
Lombardia).
In conclusione, la lunga permanenza in loco di alcuni ufficiali ed
in particolar modo, in reparti operativi, nonché:
a. la riassegnazione di uno dei quattro ufficiali al medesimo
incarico di Comando;
b. le perplessità manifestate dal generale Favaro sulla
assegnazione di uno di loro al Comando regionale Lombardia;
c. le informazioni arrivate al Gabinetto del Vice Ministro da
altre fonti interne al corpo che riguardavano ulteriori dubbi
sulla permanenza degli stessi ufficiali nella stessa sede - sia
pure in diversi incarichi - per l'inevitabile cristallizzazione di
amicizie e di conoscenze con ambienti dell'economia, della
politica e dell' informazione in una sede particolarmente
importante e delicata come Milano, rappresentavano, senza dubbio,
motivi legittimi e più che sufficienti per indurre il Vice
Ministro, a far valutare l'opportunità di inserire anche questi
ufficiali tra quelli da avvicendare.
Speciale non
rispetta le procedure per i trasferimenti degli ufficiali
Inoltre emerse che il comandante generale Speciale non aveva
portato all'attenzione del Consiglio superiore della Guardia di
finanza (presieduto dal comandante in seconda e composto da tutti
i Generali di corpo d'armata in servizio) il piano di assestamento
dei trasferimenti di alti ufficiali in incarichi di primaria
importanza. Secondo l'articolo 4 del D.P.R. 29 gennaio 1999 n. 34
«il Comandante generale si avvale del Consiglio superiore della
Guardia di finanza per le questioni di rilevanza strategica
concernenti l'organizzazione, il personale, le operazioni e la
pianificazione a medio e lungo termine per l'acquisizione e
l'impiego delle risorse. Il Consiglio superiore svolge un ruolo
meramente consultivo....».
Anche in un'altra occasione risultò che il Consiglio superiore
della Guardia di finanza non era stato interessato. Infatti, in
data 28 giugno 2006 con due circolari del I Reparto - Ufficio
Ordinamento - il generale Speciale aveva soppresso ed istituito
alcune articolazioni presso il Comando generale, l'ufficio del
Presidente della Commissione permanente di avanzamento ed il
reparto tecnico logistico amministrativo dei reparti speciali. Per
apportare tali modifiche il comandante Generale avrebbe dovuto, ai
sensi della normativa vigente ( articolo 2 - comma 5 dello stesso
D.P.R. 34/1999) acquisire il parere consultivo del Consiglio
superiore della Guardia di finanza, salvo casi di particolare
urgenza. Da quanto appreso dal Vice ministro e secondo quanto
risulta dallo stesso preambolo dei provvedimenti ricordati non
risulta che tale parere consultivo sia mai stato richiesto dal
generale Speciale.
I trasferimenti da
Milano sono proposti da Speciale. Le prime fughe di notizie
In conseguenza in un successivo incontro del 13 luglio il vice
ministro Visco faceva presente al comandante generale la
opportunità di valutare il coinvolgimento anche di Milano nei
trasferimenti ipotizzati, o altrimenti ridimensionare
drasticamente il progetto di avvicendamento proposto. Ma
soprattutto per garantire l'armonia all'interno del Corpo, il vice
ministro Visco suggeriva al generale Speciale di consultare i
generali Pappa e Favaro sulle ipotesi di avvicendamento, in modo
da trovare e ristabilire la concordia al vertice dell'istituzione.
Precisava, inoltre (come peraltro confermato dalle deposizioni
rese dai generali a Milano) che in ogni caso si sarebbe dovuto
tener conto delle esigenze degli ufficiali trasferiti, di
assecondarle, e di individuare essi stessi (generali Speciale,
Pappa e Favaro) sostituti con profili pienamente adeguati agli
incarichi da assumere. Durante il colloquio con il generale
Speciale non furono fatti nomi e non vi fu, naturalmente, nessuna
indebita pressione, né fu avanzata alcuna minaccia, né esisteva,
né veniva consegnato alcun «foglietto» con i nomi degli ufficiali
da trasferire, né tantomeno si fece riferimento alla vicenda «Unipol».
Ed infatti il «foglietto» di cui si è parlato in alcuni articoli
di stampa mai è stato esibito, pur essendo il Comandante generale
una persona che ha dimostrato una rara attenzione a particolari e
dati, fino al punto di annotare l'orario delle telefonate o dei
semplici contatti.
Il Comandante generale nel corso del colloquio non avanzava
nessuna obiezione, riserva o rimostranza, né faceva presente
l'esistenza di eventuali ragioni di carattere ostativo e di mera
opportunità che sconsigliassero di procedere. Al contrario il 14
luglio inviò un nuovo elenco di ipotesi di impiego di dirigenti
che comprendeva anche la sede di Milano. Nella stessa data il Vice
Ministro inviò una lettera al Comandante generale in cui esprimeva
il suo consenso ai movimenti - fatta eccezione per un generale (il
cui nome era comparso nella indagine di «calciopoli"), destinato
ad un importante incarico al Comando generale e per il quale il
Vice Ministro chiedeva di soprassedere per questioni di
opportunità in attesa che le indagini facessero il loro corso.
Ebbe così inizio la procedura di trasferimento: risulta che il
generale Pappa comunicò, alla presenza del generale Favaro, le
ipotesi di trasferimento agli ufficiali interessati, ottenendo il
loro consenso. Tutto sembrava procedere regolarmente e in completa
tranquillità. Viceversa due giorni dopo, la domenica 16 luglio
alle ore 22,19 l'Ansa dava notizia del fatto (senza citarne la
fonte), intitolando «Unipol: azzerati i vertici della Guardia di
finanza della Lombardia».
Nel corso della stessa nottata, il Vice ministro Visco smentiva
drasticamente qualsiasi collegamento con la vicenda Unipol. In
proposito va chiarita una volta per tutte l'estraneità del caso «Unipol»
rispetto a questa vicenda, contrariamente a quanto accreditato da
una campagna di stampa in corso da circa un anno. Sulla vicenda «Unipol»
vi erano due inchieste della magistratura: una della magistratura
romana ed un'altra della magistratura milanese. Le indagini per
conto della magistratura romana risulta che fossero condotte dal
nucleo speciale di Polizia valutaria di Roma. Le indagini per
conto della magistratura milanese risulta che fossero condotte dal
nucleo speciale di Polizia valutaria di Roma che ha una sua
articolazione anche a Milano e, solo parzialmente, dal nucleo di
Polizia tributaria di Milano.
Se, dunque, anche per assurdo, si fosse in qualche modo voluto
davvero interferire sullo svolgimento dell'inchiesta su Unipol,
piuttosto che intervenire sui comandi della sede milanese - che in
quell'indagine, era solo parzialmente interessata - si sarebbero
dovuti coinvolgere nei trasferimenti soprattutto il Comandante del
nucleo speciale di Polizia valutaria di Roma ed i suoi ufficiali.
Men che meno sarebbe stata accettata la proposta di designare il
generale Minervini (che occupava un posto di staff a
Milano) a Comandante del comando Tutela dell'economia di Roma da
cui dipende proprio lo stesso Nucleo speciale di polizia
valutaria.
E, da ultimo, se ci fosse stato da parte del vice ministro Visco
un reale interesse alla vicenda Unipol non si sarebbe lasciata
alla discrezionalità dei generali (Speciale, Pappa e Favaro) la
scelta dei sostituti (come risulta dalle deposizioni dei Generali
interessati, riportate dalla stampa).
Le telefonate tra
Visco e Speciale ascoltate da altri ufficiali
La mattina successiva (17 luglio) vi fu una telefonata tra il Vice
ministro e il Comandante generale dai toni molto accesi. Il Vice
ministro, infatti, contestò al generale Speciale di non aver posto
in essere misure idonee ad impedire che trapelassero sulla stampa
notizie distorte e strumentali, mentre la decisione dei
trasferimenti era stata formalmente proposta al Vice ministro
dallo stesso Speciale in pieno accordo con i vertici del corpo.
Gli chiese, quindi, di procedere al completamento della procedura
di trasferimento.
Di analogo tenore era stata un'altra telefonata avvenuta il 14
luglio pomeriggio, mentre il Comandante generale si trovava a
Bari. In nessuna delle due telefonate furono avanzate minacce, ma
in ambedue fa sottolineato come il Vice ministro considerasse una
gravissima mancanza etica e deontologica l'aver interrotto
immotivatamente una procedura partita per iniziativa dello stesso
comando generale e concordata senza obiezioni di sorta, così come
altrettanto grave era il fatto che il Comandante generale, il
successivo giorno 17, non avesse in alcun modo smentito il
collegamento della vicenda con il caso Unipol, cosa che non ha
fatto nemmeno nei mesi successivi.
In sostanza il Vice ministro ebbe la sensazione che il
comportamento del generale Speciale non fosse ispirato a quei
criteri di lealtà e trasparenza che devono sempre caratterizzare i
rapporti tra un comandante di un corpo militare come la Guardia di
finanza e l'autorità politica di vertice da cui funzionalmente
dipende e, pertanto, gli ricordò con tono deciso il proprio ruolo
di indirizzo e direzione.
Leggendo i giornali nei giorni passati sembrerebbe che le
telefonate tra il Vice ministro ed il Comandante generale possano
essere state ascoltate da terze persone col sistema del «viva
voce», se non addirittura registrate. In particolare è apparso su
diversi quotidiani nazionali che il generale Speciale avrebbe
fatto ascoltare le telefonate a due dei suoi più stretti
collaboratori personali che avrebbero potuto riferire sul loro
contenuto. Premesso che non c'era, né c'è nulla da nascondere sul
contenuto di queste telefonate, anche in questo caso si
tratterebbe di un fatto gravissimo che denota una grave mancanza
di correttezza in quanto i rapporti tra autorità politica e
responsabili di importanti settori della amministrazione
dovrebbero essere e rimanere riservati.
Speciale nomina suo
aiutante di campo un ufficiale indagato dalla Direzione antimafia
In ogni caso, non si capisce perché il generale Speciale, quale
pubblico ufficiale, nonché il colonnello Carbone ed il maggiore
Cosentino, presenti a quanto si dice alla telefonata, quali
ufficiali di polizia giudiziaria, non abbiano provveduto
tempestivamente, in presenza di un'ipotesi di reato (la presunta
minaccia del vice ministro Visco) a dare notizia dell'accaduto
tempestivamente e nelle dovute forme, all'autorità giudiziaria
competente, cioè alla procura della Repubblica di Roma, come
sarebbe stato loro preciso dovere. In realtà si capisce benissimo
perché non sia stata sporta alcuna denuncia. Non è stata sporta
denuncia semplicemente perché non c'è mai stata alcuna minaccia da
parte del Vice ministro. Va anche osservato che nei confronti di
uno dei presunti testimoni delle pressioni e minacce, il maggiore
Cosentino pende una richiesta di rinvio a giudizio da parte della
Direzione distrettuale antimafia presso la procura della
Repubblica di Salerno per «falsità ideologica commessa dal
pubblico ufficiale in atti pubblici» (articolo 479 del codice
penale) e «peculato» (articolo 314 del codice penale) e
soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (articolo
490 del codice penale). Tra l'altro, allo stesso maggiore
Cosentino, quale suo diretto collaboratore (aiutante di campo), il
generale Speciale aveva concesso un numero spropositato di encomi
solenni che gli avevano consentito di classificarsi lo scorso anno
al primo posto nella graduatoria di merito per l'avanzamento al
grado di maggiore, scavalcando oltre 30 ufficiali del suo corso di
accademia che lo precedevano in graduatoria. È significativa
l'informazione riportata dalla stampa secondo la quale, dopo la
richiesta di rinvio a giudizio, è stato trasferito il comandante
provinciale, colonnello Francesco Di Tommasi, il quale aveva
coordinato le indagini sul caso.
Tutti i
trasferimenti ordinati da Speciale
Un'altra forzatura nella propalazione di notizie fu il parlare di
azzeramento dei vertici a Milano. È ben noto a tutti, infatti, che
gli ufficiali dirigenti, soprattutto della Guardia di finanza,
hanno una permanenza oltremodo breve nei rispettivi comandi
(generalmente due tre anni, ma in molti casi anche un solo anno).
Ed infatti diversi sono i casi di avvicendamenti simultanei di
ufficiali della stessa linea gerarchica.
Uno dei casi più significativi si è verificato nel 2002, quando fu
cambiata l'intera linea gerarchica di Milano. Qualche mese prima,
nel settembre 2001, furono azzerate le sedi periferiche del II
Reparto informazioni del Comando generale, compresa quella della
Lombardia, e - dall'oggi al domani - sostituito il Capo di Stato
maggiore pro tempore del Comando generale del
corpo, generale Giovanni Mariella. Nel 2002 furono poi cambiati
tutti insieme: il Comandante regionale della Lombardia, che
diventò il generale Emilio Spaziante, successivamente designato
Capo di Stato maggiore del Comando generale; il Comandante
provinciale di Milano, che diventò il colonnello Rosario Lo Russo;
il Comandante del Nucleo regionale di polizia tributaria di
Milano, che diventò il colonnello Stefano Grassi, allora aiutante
di campo del Ministro in carica.
Ancora: nello scorso mese di marzo 2007 il generale Speciale ha
disposto contestualmente il trasferimento di tutta la linea
gerarchica di Roma: Comandante regionale, Comandante provinciale
di Roma e Comandante del nucleo di Polizia tributaria di Roma. E
due anni fa, nel 2005, lo stesso generale Speciale aveva disposto,
sempre contestualmente, il trasferimento di quasi tutti gli
ufficiali della sede di Bologna che si erano occupati della
vicenda «Parmalat» (in particolare, il Comandante regionale
dell'Emilia Romagna e il Comandante del Nucleo regionale di
polizia tributaria Emilia Romagna).
I rapporti con la
procura di Milano tenuti nascosti a Visco
Un'altra circostanza singolare, e molto grave, consiste nel fatto
che il comandante generale Roberto Speciale non ha mai informato
il vice ministro Vincenzo Visco dell'esistenza di lettere o di
richieste pervenute dalla procura di Milano. Solo il 17 luglio
2006, e solo dalla stampa, il Vice ministro apprese che il 14
luglio il procuratore della Repubblica di Milano, dottor Manlio
Minale, aveva inviato al Comandante generale una lettera in cui si
chiedevano informazioni circa la decisione assunta e le sue
motivazioni. Quella lettera - secondo quanto risulta dalla lettura
riportata sulla stampa della deposizione resa dal generale
Speciale alla dottoressa Romei Pasetti - era stata definita dal
generale Pappa usuale ("...di lettere come quella di Minale ne
arrivano tante».). Si noti che il 14 luglio è lo stesso giorno in
cui prende l'avvio la procedura di trasferimento degli ufficiali
di Milano. Ciò nonostante la lettera - contrariamente alle
procedure costantemente seguite - non fu trasmessa in copia al
Gabinetto del Vice ministro, né il suo contenuto comunicato
verbalmente al Vice ministro o ai suoi collaboratori. Solo il 25
luglio 2006, cioè il giorno precedente il question
time alla Camera, fu sinteticamente accennato, in una nota
del Comando generale, a una lettera datata 14 luglio 2006 della
procura della Repubblica di Milano di «richiesta di notizie in
ordine alle motivazioni poste a base degli emanandi provvedimenti»
di trasferimento.
In conseguenza della notizia apparsa in data 17 luglio sui
principali quotidiani nazionali circa l'invio di una lettera da
parte del procuratore della Repubblica di Milano, dottor Minale,
al comandante generale Speciale, il Vice ministro, nello spirito
della leale cooperazione tra istituzioni, telefonava direttamente
al dottor Minale chiarendo ogni aspetto della questione e
assicurando che sarebbe stata riservata la massima cura nel
garantire la continuità dell'azione di indagine. Dal canto suo il
dottor Minale affermò che sarebbe stata opportuna una gradualità
nell'esecuzione degli avvicendamenti e che in tal caso non vi
sarebbe stato nessun problema, né controindicazione agli
avvicendamenti. Così fu concordato e del colloquio fu data notizia
in un apposito comunicato stampa.
In data 18 luglio il generale Speciale, come si è appreso dalla
lettura de «il Giornale» del 31 maggio 2007, rispose con una sua
lettera, omettendo, ancora una volta, di farne cenno al Vice
ministro o di trasmettergliela per conoscenza.
Lo stesso dottor Minale qualche giorno dopo, in relazione alla
notizia diffusa dal quotidiano «Italia Oggi», secondo cui vi
sarebbero state indagini da parte della procura di Milano sul vice
ministro Visco, diffondeva una nota con la quale definiva
destituite di qualsiasi fondamento tali notizie.
Va ancora segnalato che altrettanto inspiegabilmente il Comandante
generale non aveva né trasmesso, né comunicato al Vice ministro il
contenuto di una precedente lettera del dottor Minale inviata il
1° giugno 2006 con la quale egli esprimeva apprezzamento per il
lavoro svolto dagli uomini della Guardia di finanza. Nel verbale
della sua deposizione davanti alla dottoressa Romei Pasetti del 17
luglio, lo stesso generale Speciale riferì di aver detto al Vice
ministro che sarebbe stato opportuno informare dei trasferimenti
l'autorità giudiziaria. Nella realtà dei fatti ciò non avvenne, ma
anche se fosse avvenuto, ancora più grave risulterebbe l'aver
omesso di rendere noto al Vice ministro, e trasmettergli per
conoscenza (come da prassi costante), il contenuto di quella
lettera che, se conosciuto, gli avrebbe offerto ulteriori e
diversi spunti di valutazione.
Nella stessa giornata del 17 luglio 2006 - come si è potuto
apprendere solo dagli organi di stampa dal momento che ancora una
volta nessuna comunicazione era stata fatta al Vice ministro - il
comandante generale Speciale ed il Capo di Stato maggiore pro
tempore generale Spaziante venivano sentiti in atti
dall'avvocato generale della procura generale di Milano,
dottoressa Romei Pasetti, presso la sede del Comando regionale
Lombardia della Guardia di finanza di Milano. L'indagine
riguardava - a quanto si è appreso - eventuali risvolti
disciplinari nei confronti degli ufficiali trasferiti. I colloqui
si sarebbero svolti, secondo la minuziosa ricostruzione de «il
Giornale», proprio nella stanza di uno di loro (il generale
Forchetti).
Altrettanto singolare, nonché irrituale, appare il fatto che
l'allora comandante interregionale per l'Italia Nord-Occidentale,
generale Ferrara, competente per materia anche sulla sede di
Milano, sia stato completamente escluso dal generale Speciale dai
contatti con la procura generale di Milano, trattandosi di
accertamenti finalizzati ad accertare la sussistenza di eventuali
illeciti di natura disciplinare da parte dei quattro ufficiali
alla sede di Milano. Infine, non si può non notare che la
deposizione del generale Speciale, resa alla procura generale, non
contiene alcun riferimento all'oggetto dell'indagine, vale a dire
eventuali profili disciplinari a carico degli ufficiali da
avvicendare.
In data 24 ottobre e 6 dicembre 2006 venivano sentiti dalla
dottoressa Romei Pasetti, presso gli uffici della procura generale
di Milano, anche i generali Pappa e Favaro. Gli accertamenti posti
in essere dalla procura generale, sulla base delle dichiarazioni
rilasciate dal procuratore generale di Milano dottor Mario
Blandini alle agenzie di stampa in data 23 maggio 2007, si sono
conclusi senza l'individuazione di comportamenti illegittimi da
parte del vice ministro Visco, che, se sussistenti, avrebbero
consentito al generale Speciale di non dar corso agli stessi
trasferimenti. Ha detto alla stampa il dottor Blandini: «Se il
Comandante della Guardia di finanza avesse ritenuto di essere
stato vittima di un abuso d'ufficio, non avrebbe dovuto dare
seguito all'ordine di trasferimento dei quattro finanzieri perché
questo sarebbe stato un ordine illegittimo». A sua volta, la
dottoressa Romei Pasetti ha dichiarato»... è una faida
preelettorale tra i partiti. Per me è una faccenda sepolta».
I trasferimenti
degli ufficiali responsabilità del Comandante generale
Da ultimo va sottolineato che l'intera ipotesi di trasferimento fu
ampiamente modificata a seguito della consultazione con i generali
di corpo d'armata e in tale nuovo e più limitato contesto non fu
dato seguito ai trasferimenti degli ufficiali di Milano.
Un ultimo elemento di rilievo si può riscontrare nella circostanza
che ancora una volta, nel marzo dell'anno corrente, il generale
Speciale ha disposto una serie di trasferimenti e di assegnazioni
di incarichi alcuni dei quali decisi - come risulta dalla sua
stessa comunicazione - «intuitu personae ...
anche in temporanea deroga ai livelli ordinativi previsti» (due
colonnelli in incarichi tradizionalmente assegnati a generali).
Il Vice ministro, il 22 maggio ultimo scorso segnalava al
Comandante generale di considerare tale scelta un precedente
pericoloso che avrebbe inevitabilmente provocato malessere e
malumore nel corpo. Il giorno successivo il quotidiano «Italia
Oggi» accusava il Vice ministro di voler ancora una volta
interferire nelle nomine della Guardia di finanza. È davvero assai
singolare, ma indubbiamente significativo, che il contenuto di una
lettera così delicata e riservata, inviata dal Vice ministro alla
personale attenzione del generale Speciale, dopo solo alcune ore
fosse a conoscenza di un giornalista di «Italia Oggi». Così come è
singolare che lettere scritte da ufficiali generali del Corpo e
dirette per linee interne al Comandante generale siano state
pubblicate integralmente sulla stampa.
In sostanza, nel corso dell'ultimo anno tutti i trasferimenti e le
attribuzioni di incarichi sono stati decisi dal Comandante
generale nella sua responsabilità e il Vice ministro si è limitato
al suo compito istituzionale di indirizzo e di valutazione
politica. A tale riguardo giova ricordare che la competenza a
disporre i provvedimenti d'impiego degli ufficiali del corpo della
Guardia di finanza spetta al Comandante generale. Tali
provvedimenti sono preventivamente comunicati al Ministro
dell'economia e delle finanze; tale comunicazione preventiva è
conforme al riparto delle competenze tra Comandante generale e
Ministro ed è effettuata in forma scritta quanto meno dal 1998. A
tale prassi si è attenuto anche il generale Speciale fino al
giugno 2006. La comunicazione preventiva è orientata ad acquisire
le valutazioni del Ministro ovvero del Vice ministro delegato. Da
quanto esposto emerge con chiarezza che, proprio tenuto conto
delle rispettive prerogative del Comandante generale e
dell'autorità politica, una volta che il piano d'impiego degli
ufficiali era stato:
a. prospettato dal Comandante generale;
b. discusso a più riprese con il Vice ministro;
c. formalizzato con una comunicazione del Comandante generale al
Vice ministro;
d. assentito espressamente con una comunicazione del Vice
ministro;
e. avviato con l'informazione ai soggetti interessati, non poteva
ritenersi accettabile che improvvisamente, immotivatamente ed
arbitrariamente esso potesse essere sospeso.
Da qui il fermo e motivato richiamo da parte del Vice ministro al
Comandante generale delle responsabilità che egli si assumeva, sia
pure nell'ambito delle sue prerogative, rispetto ad un'iniziativa
che pareva priva di qualsiasi giustificazione. D'altra parte è di
tutta evidenza che l'autonomia che giustamente deve essere
riconosciuta alla dirigenza amministrativa - e tale ragionamento
deve valere anche per le autorità militari (come ribadito dal vice
ministro Visco in una lettera inviata al generale Speciale del
luglio 2006 ) trova il suo ragionevole bilanciamento nel principio
di responsabilità. Ed il richiamare la dirigenza alle
responsabilità che essa si assume rispetto a decisioni immotivate
o sbagliate non può mai costituire una «minaccia» ma solo il
ragionevole e dovuto esercizio delle prerogative spettanti agli
organi titolari del potere di indirizzo politico.
Questa è la linea che è stata seguita sempre dal Vice ministro,
sia nei colloqui verbali sia nelle comunicazioni effettuate per
iscritto. Non è stata, quindi, mai operata alcuna «intimidazione»
da parte del Vice ministro, né sono state mai formulate
osservazioni che non costituissero il normale e corretto esercizio
dei poteri di indirizzo politico.
Speciale: gestione
personalistica. sleale e inadeguata
In sintesi, da quanto evidenziato sopra emergono alcuni punti
incontrovertibili. Nel corso della sua presenza ai vertici della
Guardia di finanza il generale Speciale:
a. ha gestito in modo personalistico il Corpo, escludendo la
catena gerarchica dalle scelte e dalle decisioni;
b. ha perseguito una discutibile politica degli encomi idonea a
modificare le graduatorie interne ai fini dell'avanzamento;
c. non ha tenuto un comportamento leale nei confronti
dell'autorità politica, in particolare omettendo di trasmettere o
di comunicare le lettere inviategli dalla procura di Milano;
d. non è stato in grado di vigilare e di impedire che fossero
pubblicati dalla stampa documenti riservati relativi a carteggi
intercorsi tra lo stesso Comandante generale ed alti ufficiali del
Corpo e tra lui stesso ed il vice ministro Visco;
e. ha forzato le regole di attribuzione degli incarichi
attribuendo su base fiduciaria e personale funzioni importanti ad
ufficiali carenti dei requisiti formali richiesti;
f. ha mostrato una grave inadeguatezza nello scegliere i
collaboratori più stretti tanto che per uno di essi è stato
proposto di rinviarlo a giudizio per reati gravissimi.
Concludendo, la ricostruzione della vicenda dimostra in modo
inequivocabile che l'intervento del Vice ministro è stato più che
legittimo, anzi doveroso date le circostanze, senza nessuna
forzatura e nel pieno rispetto sia delle prerogative dell'autorità
politica
e. dei compiti di indirizzo ad essa spettanti, sia delle
prerogative e degli interessi della Guardia di finanza e
dell'autorità giudiziaria. infine importante sottolineare come in
un contesto, nel quale si era gravemente incrinato il rapporto di
fiducia del Vice ministro nei confronti del Comandante generale,
il Vice ministro abbia operato con grande saggezza ed equilibrio
in modo da evitare pregiudizi alla funzionalità del Corpo cui
tutti dobbiamo essere grati per il lavoro, spesso faticoso e non
sempre adeguatamente valorizzato, che esso svolge.