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Musica e danza in Irlanda

a musica da ballo costituisce una sorgente tra le più importanti, anche se non la sola, dei vari tipi di melodie esistenti in Irlanda poiché, qui come altrove, gli sviluppi di musica e danza si sono per lungo tempo sovrapposti intrecciandosi tra loro. Tuttavia le testimonianze relative alla danza sono in generale di numero molto inferiore rispetto a quelle relative agli strumenti musicali. In effetti, anche se i più antichi testi storici ci offrono alcuni esempi di momenti musicali, nessuno di essi a riferimento ad una attività di danza. Questo non vuol dire che la danza non esistesse, come talvolta si è sostenuto, perché ciò sembra improbabile, ma più probabilmente che la danza non faceva abbastanza parte delle attività aristocratiche al punto da essere ricordata in questi resoconti. E’ necessario attendere alcuni secoli per ritrovare i primi riferimenti alla danza in un contesto irlandese. 

Così Patrick W. Joyce fa notare che una traduzione della Passione di San Giovanni Battista del XII secolo usa i termini Clesaigecht, Lemenda e Opaireacht, termini che indicavano passi di danza, per rendere il termine latino saltavit a proposito della danza di Salomè.

 Allo stesso modo, il celebre poema dell’inizio del XIV secolo che ispirò nel 1929 a William B. Yeats il suo “I am of Ireland” è originario del sud dell’Inghilterra, e non attesta in alcun modo specifico la pratica della danza in Irlanda in quegli anni: 

Io sono d’Irlanda

E della santa terra d’Irlanda

Io vi prego, monsignore,

Per santa carità

Venite a danzare con me

In Irlanda

 E’ risaputo che la carol fu introdotta dagli Anglo-Normanni a partire dalla fine del XII secolo. Si trattava di una danza di gruppo accompagnata da una canzone, cantata da una voce solista e ripresa dal resto del gruppo, su un modello forse riconducibile al kan ha diskan tutt’ora cantato e danzato in Bretagna. 

Tuttavia, come è possibile immaginare una società in cui la musica rivestiva il ruolo evocato nella prima parte del nostro studio, ma in cui la danza risultava sconosciuta? Breandàn Breathnach risponde a questo interrogativo in questi termini:

“L’abitudine di stare fermi durante uno spettacolo musicale è estremamente recente, ed il bisogno irrefrenabile di danzare all’ascolto della musica non è ancora totalmente eradicato, nonostante 1500 anni di Cristianità.” 

Il primo riferimento alla danza in Irlanda risale all’inizio del XV secolo,  in un resoconto che narra della visita del primo magistrato della città di Waterford al castello degli O’Driscoll, a Baltimore, nella Contea di Cork, la sera di Natale del 1413:

“…Avanzò nella grande sala in cui O’Driscoll, i suoi parenti ed i suoi amici sedevano al tavolo apprestandosi a cenare (…) Poi chiese che O’Driscoll danzasse con suo figlio, il prete, il monaco, i tre fratelli di O’Driscoll, suo zio con la moglie (…), e dopo avere cantato una carol se ne andò portando con sé O’Driscoll e la sua compagnia, dicendo loro che dovevano andare con lui a Waterford per cantare le loro carols, e per celebrare il Natale nella gioia.” 

Il termine carol fu in seguito ristretto ad una attività di canto di gruppo, senso che ha conservato sino ai nostri giorni.

A partire dal XVI secolo i riferimenti si fanno più numerosi, e fa la sua comparsa il termine gaelico di damsha, ad evidente copia dei sostantivi francese ed inglese, rispettivamente danse e dance. Notiamo tra l’altro che il termine rince, oggi utilizzato per indicare la danza, è un prestito alla lingua inglese che risale alla fine del XVI secolo: il primo riferimento in gaelico a questo vocabolo si trova in un testo del 1588 di Tomàs Dubh, decimo conte di Ormond. Qui si apprende che i piaceri principali di cui il conte può giovarsi, oltre all’amore ed al vino, comprendono rainge timcheall teinne Ag buidhin to tseinbmhir to treinneartmhuir”, ovvero una danza infuocata tra persone graziose, vitali e vigorose. Si ritroverà lo stesso termine nel testo di O’ Cianain che risale al 1609, Flight of the Earls, nel senso di “pattinare sul ghiaccio” ma anche di danzare (lucht ciuil agus muissice agus raingee), indicando sia l’origine del termine che la variazione di significato successiva.

Da un punto di vista coreografico, tre tipi di danze sono citati nei testi di cui disponiamo, l’Hay, il Fading ed il Trenchmore.

 La Hay (Haye, Hey o Haie) è allo stesso tempo una danza ed una figura di danza, verosimilmente quest’ultima che ha dato il proprio nome alla prima. Diverse spiegazioni esistono per quanto riguarda l’origine del termine: secondo Breandàn Breathnach la figura sopra menzionata potrebbe aver comportato una fila di ballerini che formavano una figura a otto, da cui il termine “haie” (ala)  mutuato dal francese; potrebbe invece trattarsi dell’interiezione “hé”, comune nelle canzoni francesi. In ogni modo, questa danza di origine continentale avrebbe raggiunto l’Irlanda verso il 1500 attraverso l’Inghilterra, così come testimoniato dall’esistenza di una inglese hay-for-three, oltretutto simile alla scozzese reel-for-three

La più antica rappresentazione iconografica di una danza irlandese risale forse al primo quarto del XVI secolo, e si tratterebbe, secondo Breandàn Breathnach, della hay (sebbene nella didascalia dell’immagine sia menzionata un’altra danza, chiamata danza dei fili). Essa compare su un piatto in osso conservato nel Museo Nazionale di Dublino, e porta le insegne di Desmond Fitzgerald: fra i cinque uomini, forse rappresentanti un gruppo più numeroso, il primo ed il quinto tengono ciascuno un cappello in mano, il terzo, il quarto ed il quinto formano una catena legata da fili di vimini, e l’uomo al centro porta una spada. Il secondo da sinistra non porta alcun oggetto ed è anche il solo a non muoversi, mentre gli altri quattro sembra stiano correndo. Infine, tutti vestono un costume aristocratico gaelico; kilt, camicia con maniche a sbuffo, ecc. Purtroppo nessuna descrizione o legenda l’accompagna, per cui siamo costretti a supposizioni molto vaghe sul tipo di danza e sulla sua origine. 

Il Fading causa discussioni molto più infuocate sin da quando il dotto shakespiriano Edward Malone commentò la sua comparsa in “The Winter’s Tale”, spiegando che si trattava di un tipo di danza irlandese il cui nome esatto, rince fada in gaelico, significava semplicemente “danza lunga”. Se ne trovano le tracce in un gran numero di pezzi teatrali dell’epoca, ma con più frequenza in Inghilterra. Se è dunque certo che tale danza sia esistita, sembra purtroppo che il collegamento tra i due termini sia, alla luce delle nostre conoscenze, molto fragile, e tutt’ora da precisare.

 Esistono pochi testi che fanno luce sugli aspetti coreografici sulla rince fada, sebbene è accertato che essa fu danzata a Dublino per il Duca di Ormond il 27 luglio 1662, ed a Kinsale per il re Giacomo II il 14 marzo 1689. Ecco una descrizione molto più tardiva del rinceadh fada, osservata verso il 1780:

Tre persone a torso nudo, ciascuna delle quali con in mano  un capo di un fazzoletto bianco, (che) all’inizio muovevano alcuni passi in avanti al ritmo di una musica dall’andamento lento: gli altri ballerini seguivano a due a due, con un fazzoletto bianco tra le coppie. Poi la danza cominciava. La musica diventava più vivace, i ballerini passavano a passo rapido sotto i fazzoletti dei tre di fronte a loro, si disponevano a semicerchio, formando una serie di evoluzioni piacevoli e vivaci, cantando e intersecandosi, per ritrovarsi alla fine ai loro posti iniziali, e poi si fermavano”.

 Esistono purtroppo ben poche descrizioni coreografiche chiare come quella appena citata.

 Il termine Trenchmore fa la sua prima comparsa nel XVI secolo, ed un esempio è pubblicato in Inghilterra nel 1651 nell opera di Playford The Dancing Master, in cui compaiono numerose arie irlandesi. Breandàn Breathnach ritiene che si tratti solo di una danza in fila a carattere libero. Per quanto riguarda l’etimologia, sia W.H. Grattan Flood (1904) che O’Keeffe & O’Brien (1954) che anche Breandàn Breathnach (1983) ritengono questo vocabolo una deformazione del termine gaelico rince mor, (grande danza), mentre il termine “trink” , come anche ring o trenk, è una deformazione dell’inglese “rink”  già citato. L’espressione rince mor è ancora oggi utilizzata per designare alcune danze irlandesi.

 Altri due riferimenti ci testimoniano l’esistenza, oltre a quelle già descritte, di altre danze più rare:

Rinnce an ghadairigh ag aicme den choip sin

Rinnce an chlaidhimh do dhlighe gach ordeir

Rinnce treasach le malarthaibh ceolta

Is rinnce fada le racaireacht ogbhan

 

La danza dei fili con i compagni

La danza della spada che richiede l’ordine

La danza in fila con variazioni di tempo

E la lunga danza ed il gioco dei giovani

Oltre al rinnce fada (danza lunga) ed alla rinnce an chlaidhimh (danza dei fili), già esaminati, si può trovare in questo estratto da una elegia risalente al 1669 traccia di una rinnce an chlaidhimh (danza della spada) e di una rinnce treasach (danza in fila), anche se è impossibile conoscerne le caratteristiche.

Infine, questo poema composto in occasione dell’incoronazione di Giacomo II (1685), fa pure allusione alle stesse danze della spada e dei fili:

Deinidh rinnce is bidh go meannach

Is teinnte chamh ó shraid go falla agaibh

Ní nar sileadh trid gach sparra libh

Rinnce an chlaidhim is rinnce an ghadaraigh.

 

Danzate e siate felici

Accendete i fuochi di gioia della strada fino al muro

Una cosa inattesa, fuori dai bastioni della città

La danza della spada e la danza dei fili

Le danze che conosciamo oggi non fanno la loro comparsa che a partire dal XVII secolo, in particolare nei numerosi racconti dei viaggiatori di cui disponiamo a partire da questo periodo. Tutti evocano l’importanza dei momenti di danza nella popolazione, come pure la facilità con cui tutti danzano, come racconta Richard Head nel 1670:

La domenica è il loro principale giorno di riposo (…) in ogni campo ci sono  un violino e ragazze che pestano per terra sino a diventare un bagno di sudore”

 …o Arthur Young un secolo più tardi:

“Le nozze sono sempre celebrate con una gran profusione di danze; e la domenica raramente non si danza. Ben pochi di essi esitano, dopo una lunga giornata lavorativa, a percorrere allegramente a piedi dieci kilometri per andare a ballare” 

Come si è visto, Arthur Young non fa alcun riferimento al reel o all’hornpipe, forme di danza che fecero la loro comparsa alla fine del XVIII secolo. Il reel deve senza alcun dubbio il suo nome ad una delle figure dell’hay, che allora era in via di scomparsa, la reel-of-three, figura che a sua volta lasciò il passo all’eight-hand reel verso la metà del XIX secolo. La hornpipe fu introdotta sotto l’influenza dell’Inghilterra, dove una danza con questo nome esisteva già. Essa però, come pure nel caso del reel, danza in origine di gruppo, fu adattata in Irlanda, ove fu trasformata fino a diventare una danza di passo, (step dance), vale a dire una danza in cui le figure di gruppo lasciano il posto a solisti che effettuano complicati movimenti dei piedi. Si può quindi considerare, in generale, che l’essenza stessa della cultura coreografica irlandese del XIX secolo si basa sulla conoscenza dei passi e non sulla conoscenza delle figure di danza. Si possono ritrovare le medesime caratteristiche in Bretagna, dove le danze tradizionali sono per la maggior parte danze di passo piuttosto che figure di danza. In ogni caso, le danze di coppia sono un’evenienza più tardiva. 

Oltre al fatto che Arthur Young evoca nella citazione precedente l’introduzione del minuetto in Irlanda alla fine del XVIII secolo, le sue osservazioni costituiscono motivo d’interesse per il fatto che costituiscono la prima sorgente di notizie riguardanti i dancing-masters, maestri di danza itineranti che rappresentano, nel corso del XIX secolo, il principale vettore di comunicazione ed introduzione di nuove danze nelle campagne irlandesi. 

“La danza è diffusa specialmente presso i poveri. Essa è pressochè universale nelle case più povere. Maestri di danza dello stesso rango sociale attraversano il paese di casa in casa con una cornamusa o con un  violino; ed il compenso è di sei penny per ogni casa. E’ un sistema di educazione diffusissimo”. 

L’importanza dei dancing-masters è attestata dal numero di riferimenti alla loro funzione, come pure dalla dettagliatezza di queste testimonianze. Quello che segue è l’estratto di un’altra citazione, risalente all’inizio del XIX secolo, opera dello scrivano irlandese William Carleton:

“Come la maggior parte dei membri della professione itinerante, il vecchio maestro di danze irlandese in genere non era sposato, era senza un domicilio fisso, ed andava di casa in casa nel suo perimetro di competenza, da cui non usciva praticamente mai. I contadini erano i suoi clienti, e la sua visita regalava sempre una atmosfera di festa alle loro dimore. Quando il maestro di danze arrivava, c’era sempre una serata di danze dopo il lavoro, e lui stesso eseguiva la musica con trasporto (…) In cambio veniva raccolta una piccola somma, che poteva ammontare all’incirca a mezza corona (…) In effetti, l’antico maestro di danze possedeva alcuni tratti di carattere abbastanza tipici. Il suo abito, ad esempio, era sempre molto più bello di quello del fiddler (…) Il limite estremo della sua ambizione sembrava essere quella disinvolta proprietà che ne indicava la straordinaria leggerezza agli occhi della gente, per la quale calze raffinate, calzature leggere ed eleganti  e simmetria nei movimenti delle gambe indicavano senza alcun dubbio il più bravo dei professori". 

Sono quindi i dancing-masters che introducono in Irlanda, ed adattano alle melodie irlandesi pre-esistenti, le danze che avevano appreso a Dublino o in qualche altra città, danze a loro volta provenienti dall’Inghilterra o dal continente. Breandàn Breathnach ritiene che la funzione del dancing-master ebbe origine nella seconda metà del XVIII secolo nel sud-ovest dell’Irlanda, e più precisamente nella contea di Kerry, dove i dancing-masters furono particolarmente numerosi. Una delle loro principali innovazioni, a dire il vero con una certa influenza da parte dei soldati di ritorno dalle guerre napoleoniche (1800-1815), fu l’introduzione della quadriglia, che arriva a Dublino nel 1816 per propagarsi gradualmente nelle campagne irlandesi fino alla fine del XIX secolo. Questa danza, ancora una volta originaria del continente, (ed a sua volta derivante da una danza inglese del XVIII secolo “esportata” in Francia) divenne, una volta fissate 5 o 6 figure, un “set of quadrilles”,  in seguito più semplicemente un “set”, quando a danzare erano quattro coppie, o un “half-set” quando le coppie erano solo due. Il termine set molto probabilmente non è che una deformazione del francese “suite”. Queste danze sono in genere praticate sulla base di melodie da cui derivano il nome, e le zone dove esse sono molto presenti hanno in genere una suite che porta il loro nome.

Breandàan Breathnach cita un esempio concreto di questa introduzione e di questi riadattamenti, senz’altro ben riusciti:

“Il Cavaliere di Glin ordinò che tutti i dancing-masters sul suo territorio insegnassero la nuova danza, come si praticava in Francia ed in Portogallo. E’ quello che fecero, ma adattandola e modificandola a seconda del proprio gusto. In origine la quadriglia richiedeva tutta una gamma di passi e di movimenti che, non essendo alla portata della maggior parte dei ballerini, furono ridotti a pochi passi di marcia, più semplici. Il dancing master si ispirò alle danze già praticate allo scopo di accelerare il ritmo; inoltre fece anche uso di passi già praticati. Così modificate, le quadriglie si diffusero in tutto il paese, ogni volta dando origine a particolari forme locali. Il nome, giudicato troppo lungo,  fu abbreviato in “set” quando danzavano quattro coppie e “half-set” quando due coppie occupavano la pista”.

Introdotte in questo modo in Irlanda, le quadriglie ribattezzate in sets costituirono un evento particolarmente felice ed apprezzato dai musicologi moderni, perché innegabilmente un gran numero di melodie sarebbero oggi scomparse se non fossero state riadattate in questi sets. Esse permisero inoltre l’introduzione di nuove melodie e di nuovi ritmi, che portarono una ventata di aria fresca al repertorio musicale irlandese. 

Tuttavia, il successo di questi sets fu tale che le danze solistiche come jigs, reels e hornpipes scomparvero, come pure scomparvero le figure di gruppo di cui queste costituivano la base, senza dubbio per la disperazione dei dancing-masters, per i quali queste step-dances rappresentavano, oltre all’essenza stessa del loro insegnamento, una occasione di mostrare le loro abilità di ballerini.

A testimoniare la loro capacità di adattarsi alle danze di gruppo ed alla profonda influenza di queste ultime, la funzione dei  dancing-masters si tramanderà fino alla fine del XIX secolo, ed in certe regioni più arretrate fino all’inizio del XX secolo. Così testimoniava nel 1929 nell’”Uomo delle Isole” Tomas O’ Criomhthain, nato nel 1855 e primo dei grandi autori delle isole Blasket:

“Un maestro di danze venne a renderci visita per qualche tempo: organizzò per un mese una scuola di danza. Si faceva pagare quattro scellini a persona” 

I dancing-masters, spesso accompagnati durante le loro peregrinazioni da un musicista, scomparvero quando iniziarono a fare la loro comparsa le danze da salone, come il valzer, la polka ecc.: queste nuovi balli ebbero infatti un’influenza devastante sulla pratica dei sets e degli half-sets, così come questi in precedenza l’avevano avuta nei confronti delle step-dances. E’ da notare che se oggi reels, jigs e hornpipes hanno sempre un posto di riguardo nella musica irlandese, le polke e le altre slides brillano per la loro assenza, quasi come se non fossero considerate parte integrante del patrimonio coreografico irlandese, e ciò è per lo meno sorprendente. 

Fra le danze principali totalmente dimenticate nella maggior parte degli studi consacrati alle danze irlandesi figurano le mazurke e le barndances del Donegal, gli slides e le polke del Kerry. Questi ultimi balli erano probabilmente originari della Scozia, e furono  importati dai primi agricoltori che beneficiarono dei famosi Plantations a partire dalla fine del XVI secolo e dall’inizio del XVII secolo, mentre le mazurke dal ritmo ternario provenivano dalla Polonia, e più precisamente dalla provincia della Mazuria, a nord di Varsavia (verso la parte nord-orientale del Paese, considerando le attuali frontiere). La polka invece, in 2/4, non è originaria della Polonia, nonostante questa affermazione sia spesso accreditata, ma bensì della Boemia; un ricercatore francese scriveva nel 1898:

“A proposito di danze, chi sa che il ritmo della polka, analogo a certi ritmi polacchi, è originario della Boemia? Essa fu inventata da una serva di origine ceca, Anne Slezàk. Un maestro di scuola, Joseph Neruda, che viveva ancora nel 1866, diede una forma regolare a questa danza, che si diffuse in tutto il Paese, fece il suo ingresso a Vienna nel 1839 e fu poi importata a Parigi, dove fece furore, nel 1840”. 

Quale che sia la verità riguardante la paternità, o per meglio dire la maternità, di questa danza, è da insistere sulla sua origine boema perché, contrariamente ad una etimologia popolare largamente diffusa, sembra che il termine “polka” derivi semplicemente dal ceco “pulka”, che significa “la metà”, forse a causa del suo ritmo in 2/4. Essa arriva nelle capitali francese ed inglese nel 1840, e fa la sua comparsa a Dublino probabilmente lo stesso anno o l’anno successivo, prima di diffondersi nelle campagne durante i decenni successivi. Le polke sono ancora molto diffuse nel Kerry, dove esse si sono radicate in modo molto stabile, fino ai nostri giorni. Per quanto concerne la mazurka, i musicisti irlandesi ritengono che la sua presenza nel Donegal sia dovuta alla preferenza degli strumentisti del nord-ovest per un ritmo semplice e non sincopato, accentato principalmente sulle prime battute, mentre invece i musicisti del sud-ovest tendono ad apprezzare melodie in controtempo, come il caso della polka. E’ anche nella contea di Clare che esistevano melodie denominate “cudreels”, forma anglo-gaelicizzata del temine “quadriglia”, ma esse sembrano oggi essere totalmente scomparse.

 Si è detto dell’influenza dell’immigrazione scozzese per quanto riguarda due danze, il reel e la barndance; resta da precisare che, ad immagine di quello che si è verificato per l’accento irlandese, relativamente differente nel nord del Paese, i musicisti del nord hanno pure uno stile molto particolare di esecuzione, molto difficile da spiegare. 

Nel 1864 il papa Pio IX colpì con anatema le polke e le altre danze dette “veloci”, ma senza che ciò avesse grandi ripercussioni in Irlanda. Furono gli stessi militanti revivalisti della Lega Gaelica che diedero invece una battuta di arresto all’evoluzione della maggior parte di queste danze: essi organizzarono dei corsi di gruppo e ritennero opportuno vietare ogni danza considerata “straniera”, rivalutando quindi solo i sets e gli half-sets.  Tuttavia un gran numero di membri della Lega Gaelica non mancarono di far rimarcare il fatto che queste danze selezionate ed autorizzate erano esse stesse derivate dalle quadriglie; e lo fecero non per autorizzarle tutte, ma al contrario per proibirle tutte, probabilmente allo scopo di inventarne di nuove, che rispondessero ai canoni artificiali dei militanti intellettuali. Inoltre, alcuni musicisti e ballerini fecero notare che questa eliminazione delle danze popolari di coppia, a beneficio delle danze solistiche, in cui le braccia restano “saldate” al corpo, tendeva ad annullare la dimensione sessuale della danza, incompatibile con la concezione ideale di “purezza” irlandese. 

E’ in quest’epoca che fa la sua comparsa quella che oggi si è convenuto di chiamare céilì (o céilidhe secondo il plurale gaelico). La prima serata di céilì ebbe luogo in Inghilterra alla fine del XIX secolo sotto la spinta dei militanti della Lega Gaelica che mirava, oltre ai movimenti di promozione della lingua gaelica, che però non riuscivano a toccare che una piccola parte (la più “acculturata”) della popolazione, a raggiungere l’insieme degli irlandesi. Degno di nota è il fatto che per la musica, come già per il teatro e la letteratura alcuni anni prima, questo movimento di revival ebbe luogo a Londra invece che a Dublino. Altro fatto notevole, questi militanti dovettero, al fine di migliorare il loro insegnamento, adattare alcune danze già esistenti alle proprie nuove necessità. Essi ne proibirono altresì delle altre, cercando così di “purificare” la danza tradizionale irlandese: così facendo, essi condannarono purtroppo all’oblio un gran numero di danze a vantaggio di altre, comunque difficilmente più “irlandesi” delle prime, essendo tutte derivazioni delle danze da salone europee del XVII e del XVIII secolo. Le danze del céilì sono tutti balli a catene incrociate, e contrariamente ai set dancing non vedono la partecipazione di quattro coppie, ma di un numero illimitato di partecipanti. Oggigiorno, anche se molte serate portano il nome di céilì, non si tratta che di una semplice riutilizzazione del termine di origine, trattandosi in realtà di una serata tra amici, in cui i sets hanno sempre un posto d’onore. 

Come si è detto, queste serate organizzate per l’insegnamento di gruppo ebbero l’effetto di sviluppare in modo esponenziale la diffusione di questi tipi di danze, neutralizzando altresì per molti anni l’interesse per le danze solistiche, di origine più antica in Irlanda. Si dovette attendere la metà del XX secolo, e la nascita di un movimento di rinnovamento concretizzatosi nell’organizzazione Fleadhéanna Cheoil, per rivedere un certo interesse per le step-dances soliste. Purtroppo queste ultime oggi sono danzate esclusivamente nel quadro di concorsi, e le regole molto restrittive imposte ai ballerini ed alle ballerine hanno eliminato nella maggior parte dei casi il semplice piacere di ballare, fondamento stesso della danza.

Spesso gli ambienti musicali hanno criticato l’azione dei militanti revivalisti degli anni ’50 e del Comhaltas Ceoltòirì Eireann, principale organizzazione legata allo sviluppo ed alla promozione della danza in Irlanda. Indubbiamente è evidente che la loro visione della musica tradizionale irlandese è estremamente conservatrice, e lascia spesso poco spazio all’immaginazione. Ma è anche innegabile il fatto che questi stessi militanti hanno consentito alla figura del musicista di sopravvivere e di oltrepassare la soglia del XX secolo, quando è risaputo che un gran numero di musiche tradizionali negli stessi anni sono scomparse, in misura inversamente proporzionale alle registrazioni loro consacrate. E’ però triste vedere oggi i militanti dello stesso Comhaltas Ceoltòirì Eireann ricorrere sempre più spesso, per le loro riunioni, alle registrazioni, con il pretesto che i ballerini professionisti hanno maggiore attenzione per i ritmi e che i principianti apprendono più facilmente: in questo modo, dov’è il piacere del contatto umano? 

Altro elemento introdotto per i concorsi di danza è il costume pseudo-celtico per le donne, o per meglio dire per le bambine, visto che le ragazze sembrano sempre più propense ad abbandonare le scuole di danza all’inizio dell’adolescenza. Questo costume, indossato nei concorsi o nelle rappresentazioni pubbliche, può essere considerato secondo due punti di vista: si tratta innanzitutto di una pura creazione di entusiasti della fine del XIX secolo o dell’inizio del XX secolo. Pieno di simboli, esso rimanda ad una percezione pressochè mitica dell’Irlanda: fermagli “di Tara”, ornamenti ad intreccio…Tali caratteristiche non tolgono alcunchè alle sue qualità intrinseche, ma ci si può accontentare di sottolineare il carattere pseudo-celtico e la sua perfetta integrazione con il mondo dello spettacolo di questi ultimi anni.

In secondo luogo, questo costume può essere considerato come un visual pubblicitario destinato a colpire l’attenzione dei più giovani; le medaglie e le ricompense ottenibili con i concorsi attirano molti di loro verso i club di danza, per lo più organizzati dal Comhaltas Ceoltòirì Eireann. 

Ma ancora una volta la vitalità della musica tradizionale irlandese si traduce in una evoluzione costante, ed il successo fenomenale dello spettacolo musicale Riverdance a partire dal 1994 ha aperto nuove prospettive in questo campo specifico: oltre una netta evoluzione verso costumi da donna molto più sobri, si può constatare che per la prima volta la musica irlandese si sbarazza delle sue finalità competitive e potrebbe anche arrivare ad essere definita “sexy” dagli stessi rlandesi, come attestato da questo scambio di opinioni tra un giornalista e Michael Flatley, primo ballerino-vedette dello spettacolo Riverdance:

D: Ma non c’è anche una affermazione della sessualità (…) che sconfessa l’antico codice morale imposto dai maestri di danza e più tardi dalla Lega Gaelica, che preferiva chiaramente affermare che la danza irlandese non comportava alcuna dimensione sessuale? 

R: Bene, per quanto riguarda l’utilizzazione delle mie braccia, io ho sempre danzato in questa maniera (…) Lavorando con la nostra troupe, ho preso coscienza del fatto che anche loro ne avevano una gran voglia (…) E’ questa affermazione di energia che ha entusiasmato il pubblico: per alcuni è una energia sessuale, per altri spirituale... 

Una vera rivoluzione, in una Irlanda in cui la danza, dopo aver simbolizzato il male, era divenuta negli anni trenta (grazie ad organizzazioni come la Lega Gaelica o la Comhaltas Ceoltòirì Eireann) la nuova rappresentazione di una gioventù sana e degna dell’immagine che ne caratterizzò il simbolo di una nazione che aveva affermato il Cattolicesimo quale religione di Stato nella Costituzione del 1937. 

Riassumere le differenti caratteristiche della danza tradizionale in Irlanda ci porterà quindi a stabilire tre categorie:

·        Un insieme di danze solistiche, le step-dances, per lungo tempo le più diffuse nel paese, ma oggi sostanzialmente confinate nei concorsi di ballo della Comhaltas Ceoltòirì Eireann.

·        Set dancing, balli di gruppo sul modello delle danze europee, generalmente danzati da quattro coppie di ballerini: per molto tempo ignorati dal grande pubblico, essi conoscono attualmente una notevole rinascita di interesse nei loro confronti.

·        Il céilì dancing, forma artificiale adottata alla fine del XIX secolo ad opera di alcuni militanti, che conobbe il suo momento di gloria negli anni ’30 e ’40, e che oggi sopravvive solo nelle campagne dell’Ovest del Paese.

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