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Musica cantata e musica strumentale

 

 

Natura e funzione

Esistono di certo molti modi di catalogare la musica, a seconda del contesto di cui ci occupiamo, o dell’epoca da noi presa in esame. In ogni caso queste suddivisioni sono da considerare arbitrarie poiché, oltre allo scarso interesse che esse rivestono agli occhi dei protagonisti della musica stessa, la loro principale caratteristica è solo di costituire un punto di partenza per qualsiasi studio di questo genere. Si è scelto qui di ripercorrere il corso della storia allo scopo di esaminare i vari aspetti dei tipi di melodia oggi conosciuti, ma che tuttavia costituiscono solo la parte emergente di quell’iceberg che è la musica tradizionale irlandese. In seguito si tornerà,  seguendo i legami esistenti tra musica e danza, alle forme che le hanno precedute. Questi vari livelli ci permetteranno di formulare, in una terza parte, alcune opinioni su quella che oggi può definirsi la musica tradizionale irlandese.

 

La creazione musicale

 

na delle metodiche di classificazione della musica potrebbe consistere nella distinzione tra le sue varie funzioni. Una prima funzione di interiorizzazione, che comprende essenzialmente le musiche a carattere religioso, senza dubbio all’origine del canto, si contrapporrà ad una seconda funzione di esternazione, che comprende le musiche delle festività e delle riunioni. Una musica a carattere meditativo, interiore, avrà modo di completare naturalmente una musica di festa: la prima sarà a carattere personale e comprenderà, oltre ai canti indirizzati a Dio, anche quelli a carattere funerario, mentre la seconda, che includerà le attività di gruppo, avrà innanzitutto una funzione sociale. Sarebbe possibile includere in questo gruppo i canti di lavoro, o delle attività ad esso correlate. E’, beninteso, questa seconda categoria che sarà in tutti i Paesi la più sviluppata presso la popolazione. 

Risulterà anche evidente che, dal punto di vista in cui ci poniamo all’interno del presente studio, la prima categoria presenta un interesse minore, ma pur sempre presente. Si prenderà così in considerazione un secondo punto di vista, risultante da una rappresentazione frutto delle ricerche effettuate da vari studiosi, ed a tutt’oggi considerata rappresentativa del “corpus” della musica tradizionale irlandese: le sue due facce sono la musica cantata e la musica strumentale. Anche all’interno di queste due categorie potremo prendere in esame vari aspetti e differenti funzioni.

 

La musica cantata

 

ome si è fatto notare nel capitolo sugli strumenti e la voce, una delle caratteristiche principali della musica tradizionale irlandese consiste nei molti, diversi abbellimenti; sarà necessario considerare l’influenza originale del canto solista, per comprenderne l’importanza primordiale. 

Una prima classificazione distinguerà varie categorie all’interno del vasto corpus della musica cantata: i canti religiosi, i canti di lavoro, i canti per ballare, i canti militanti o di guerra. L’importanza di tale classificazione sta principalmente nello studio dell’origine di ciascun canto, come pure nello studio della sua evoluzione. 

Si ammette universalmente che, in Irlanda come altrove, i canti religiosi siano i più antichi; tuttavia sarà facile constatare che essi sono i meno numerosi, per ragioni legate alla repressione del Cattolicesimo. Possono essere prese in considerazione tre categorie: la poesia religiosa del XVIII secolo, opera di poeti conosciuti e cantata su melodie popolari; i testi anonimi cantati su arie pre-esistenti; ed infine le canzoni popolari, i cui testi e le cui melodie furono raccolti congiuntamente. Una delle caratteristiche principali di questi canti è la loro associazione alla Vergine Maria, figura che conferisce loro ora le caratteristiche della ninna-nanna, ora della lamentazione; in entrambi i casi l’aspetto materno è preponderante. Anche qui si ritrova la distinzione sociale già menzionata tra i canti a carattere comunitario da una parte ed i canti più intimi dal’altra. Nòirìn Nì Riain, cantante nota ed apprezzata dal grande pubblico, ed anche ricercatrice,  è senza alcun dubbio la principale specialista delle canzoni a carattere religioso, di cui si potranno ritrovare esempi nei suoi album, registrati con i monaci dell’abbazia di Glenstal. 

Già menzionate nel paragrafo precedente, le ninne-nanna e le canzoni funebri possono essere considerate, come pure più in generale i canti a carattere femminile, relativamente rare nell’ambito della musica tradizionale irlandese cantata. Tale penuria fu rilevata da Carmel O’ Boyle, che giudicava necessario pubblicare una raccolta di canzoni scritte dalle donne per le donne, notando con rammarico che “altrimenti non si incoraggeranno gli irlandesi a cantare, ma piuttosto ad ascoltare”.  

Una tale mancanza di scelta non sembra costituire un grosso problema per le cantanti odierne, e non è raro ascoltare una di queste rendere omaggio alla bellezza di una donna o al bianco di un seno, senza che nessuno si senta turbato in un Paese molto cattolico. 

I canti funebri (caoineadhnte, da cui l’inglese keen), per la maggior parte in gaelico, sono numerosi ma sono anche cantati sempre meno frequentemente; inoltre questi canti sono raramente registrati, poiché i/le cantanti giudicano sgradevole o inopportuno registrare canzoni di tale natura. Quanto alle ninne-nana, esse erano parte (e lo sono ancora) delle attività quotidiane delle donne (…fra le altre). Nell’ambito delle canzoni irlandesi in lingua gaelica questo genere sembra poco rappresentato, sebbene gli irlandesi ne apprendano ancora alcune tutt’oggi, non dai loro genitori, ma piuttosto dai maestri dei corsi di gaelico della scuola elementare. 

Contrariamente ai tesori musicali legati alla tradizione scozzese (straordinarie ad esempio le waulking songs, canti di lavorazione del tweed) abbiamo pochi esempi irlandesi di canti di lavoro centrati sulle attività quotidiane, sia degli uomini (non esiste ad esempio alcun canto marinaro in gaelico) che delle donne (pochi esempi di canti di filatura o di tessitura). Si possono ritrovare alcuni canti legati alla guardia delle greggi che, privi degli obblighi ritmici tipici dei canti di lavoro, presentano in genere melodie molto elaborate e ricche di abbellimenti, poiché ovviamente più lenti. D’altro canto non si conoscono canti sul raccolto o più in generale sul lavoro nei campi. 

I canti d’amore costituiscono la parte principale della musica cantata sopravvissuta sino alla fine del XX secolo. E’ da notare che essi furono per lo più composti in inglese nel XVII e nel XVIII secolo, epoca in cui scomparve un’altra categoria di canti d’amore in gaelico, per lo più ispirati agli amori di corte cari ai trovatori provenzali dell’alto Medio evo, e di certo introdotti in Irlanda grazie all’influenza normanna. Questa categoria conobbe il suo apogeo poetico nelle aislingì (o “visioni”) del XVIII secolo, e perpetuerà l’identificazione dell’Irlanda con una  immagine femminile, immagine presente tutt’oggi, con i nomi di Cáitlín Ní hUallacháin, tSeanbhean Bhocht, Cáit Ní Dhuibhir, Síle Ní Gabhra o di Róisín Dubh. L’esistenza di queste aislingì, di carattere nazionalistico e composte in gaelico, può spiegare la relativa scarsezza di vere e proprie canzoni in gaelico a carattere patriottico. E’ solo più tardi che canzoni di questo tipo cominciano a circolare in Irlanda, ma in inglese. Esse sono oggi relativamente comuni, indubbiamente sulla base di numerosi testi scritti su melodie pre-esistenti, riguardo i vari sollevamenti popolari sopravvenuti in Irlanda dal 1798 al 1916. La maggior parte di esse risale, come già detto, alla metà del XIX secolo, con la pubblicazione di testi e musiche sul giornale The Nation, ma anche agli inizi del XX secolo, in seguito alla rivolta di Pasqua del 1916. 

Per quanto riguarda il passaggio dalla lingua gaelica all’inglese, si è già detto dell’importanza di quella che è comunemente detta “la Grande Carestia” della metà del XIX secolo. Molti canti in gaelico scomparvero in quell’epoca in cui il gaelico si vide respinto per ragioni economiche, ma soprattutto sociali. Esso cedette gradualmente il posto alla lingua preponderante da un punto di vista amministrativo ed economico. Non si direbbe che le pre-esistenti canzoni in gaelico di quest’epoca siano state tradotte in inglese, ma più verosimilmente che sia emersa una nuova categoria, talvolta anche con accenti umoristici. E’ dunque improprio parlare, dal nostro punto di vista, di uno stravolgimento linguistico, e gli esempi di canzoni che mescolano entrambe le lingue (macaronic songs) si incontrano molto spesso, come ad esempio nella canzone chiamata A stòr Mo Chroì (“Tesoro del mio cuore”), in cui solo il ritornello è in gaelico. Per quel che riguarda invece la canzone in gaelico dei nostri giorni, la maggior parte dei cantanti sono persone anziane residenti nei gaeltachtaì dell’ovest, e lo stile adottato, detto sean-nòs, indica implicitamente una certa coscienza di produrre qualcosa in via di estinzione. E’ bene insistere sull’importanza essenziale dell’abbellimento nella musica tradizionale irlandese, in cui una sola sillaba può corrispondere anche a parecchie note cantate. I musicologi chiamano questo flusso di note melisma, da cui la denominazione di canto melismatico. Questo tipo di canto deve essere necessariamente eseguito senza accompagnamento, questione centrale dello sviluppo attuale della musica tradizionale irlandese: così, ad esempio, i Chieftains non accompagnano mai nei brani cantati il loro cantante (e suonatore di bodhràn) Kevin Conneff. 

Oggigiorno la categoria comprendente le canzoni in inglese è senz’altro la più importante. Essenzialmente sviluppata nelle città prima della Grande Carestia, la lingua inglese ha guadagnato poco a poco le campagne, ed a causa della sua universalità non è mai stata rimpiazzata. Da qualche anno si ritiene che anche il sean-nòs potrebbe essere cantato in inglese, ma sembra che i cantanti facciano uso della lingua inglese con minori abbellimenti melismatici. 

Il tipo di canzone vocale più diffuso oggi in Irlanda è esnza dubbio la ballad, canto che racconta una storia e, in Irlanda più che altrove, spesso con connotazioni di militanza politica e/o patriottica. Si è già detto della grande influenza delle correnti militanti del XIX secolo in questo senso, influenza che perdura ancora tutt’oggi, come si può ascoltare nei pubs o nei dischi, buoni o cattivi che siano.

 

La musica strumentale

 

a musica classica, così come noi oggi la conosciamo, è essa pure risultato della musica da ballo, e ancora spesso si riallaccia ad essa. Per molto tempo i due elementi furono totalmente interdipendenti l’uno dall’altro: era impossibile immaginare una danza di corte senza un supporto musicale, per quanto esile esso fosse. Si dovette attendere il XVII secolo perché questo stato di cose cambiasse con l’introduzione della sonata, lasciando ciò intravvedere nuove prospettive per la musica; in seguito Brahms, Berlioz o Liszt diventarono i massimi esponenti della “musica-immagine”; la musica classica “da ballare” divenne così “da ascoltare”, attraverso l’evocazione di una storia. 

Non sembra infondato considerare oggi che la musica tradizionale segue un percorso simile, e molti fatti ne sono a testimonianza: la musica tradizionale irlandese è oggi integrata perfettamente nel mondo dello spettacolo, ed a questo riguardo anzi ha un posto di tutto rispetto. E’anche infrequente, in questo contesto, incontrare gruppi musicali accompagnati da ballerini o ballerine. E’ però da ricordare che i Chieftains hanno a più riprese fatto questa esperienza, e d’altra parte l’enorme successo dello spettacolo “River Dance” nel 1995, e più tardi di “Lord of the Dance” potranno in futuro costituire terreno fertile di idee per molti musicisti. 

E’ anche da considerare l’influenza delle tecniche di registrazione. Il supporto registrato per molto tempo si è limitato ad una rappresentazione poco fedele delle prestazioni di musicisti, sia solisti che in gruppo. Le nuove tecnologie di registrazione multipista hanno modificato profondamente questa situazione, ed il supporto registrato costituisce, a partire dagli anni ’60, la base di qualsiasi prestazione artistica per la maggior parte dei gruppi di musica popolare: paradossalmente è il concerto che diventa una riproduzione poco fedele delle registrazioni discografiche. La stessa considerazione potrebbe farsi per il jazz e, sia pure in misura minore, per la musica classica. Tutti questi generi musicali hanno tratto beneficio dai progressi della tecnica, come può evincersi ad esempio da una recente pubblicità della Deutsche Gramophon che vanta i vantaggi della sua nuova tecnica di registrazione, il “4D”, per sedurre meglio melomani avidi tanto di perfezione tecnica quanto di bellezza musicale. 

Ciò che è valido per il mondo della musica pop-rock, per il jazz e per la musica classica vale, beninteso, anche per la musica tradizionale: l’Irlanda, grazie alla qualità dei suoi studi di registrazione, è senz’altro uno dei paesi in cui la musica tradizionale trae grandi benefici da queste novità tecnologiche. Un gran numero di musiche registrate oggi da gruppi irlandesi, considerate tradizionali da parte del grande pubblico, difficilmente potrebbero essere accompagnate da ballerini. 

Sarebbe quindi errato affermare che tale evoluzione non dipende anche dalle nuove tecniche di registrazione. Il suonatore di uillean pipes Seamus Ennis (1903-1982) aveva notoriamente orrore del fatto che le sue esecuzioni musicali non fossero seguite attentamente nel più rispettoso silenzio. E’ anche quello che un certo “Piper Gaynor” spiegava al romanziere irlandese William Carleton nel XIX secolo:

“La mia musica non è per i piedi o per il pavimento, ma bensì per l’orecchio ed il cuore: per i piedi ci sono molti suonatori di cornamusa, ma non è questo il mio caso”.

 Un altro esempio più recente della dicotomia “musica da ballare – musica da ascoltare” si può ritrovare nei ricordi di un musicista del Donegal, Paddy Tunney:

“Fu una superba serata di musica, con alcune canzoni a fare numero, ma fu soprattutto la varietà degli stili dei fiddlers (violinisti) che fu appassionante. Quelli che venivano dall’altra sponda del lago suonavano musiche deliziose ad ascoltarsi, mentre invece quelli di Mulleek facevano danzare”.

  Un esempio evidente e rivelatore dell’evoluzione attuale verso una musica strumentale, con la scomparsa di alcune forme antiche cantate, ci viene fornito da ciò che i musicisti irlandesi chiamano slow airs, espressione che ci guarderemo bene dal tradurre per conservarne l’intatto sapore. Si tratta in effetti di canti, per lo più appartenenti alla categoria delle canzoni d’amore, diventati nel corso del XX secolo pezzi strumentali sotto l’influenza principale di due strumenti, il fiddle e le uillean pipes, probabilmente i due strumenti più vicini alla voce umana, essendone capaci di riprodurre gli abbellimenti propri della musica tradizionale irlandese. 

Per quel che riguarda i tipi di musica oggi più diffusi, il primo riferimento alla jig compare in un testo dell’arcivescovo di Dublino, Dr. Talbot, risalente al 1674, che criticava severamente il modo di vivere di Peter Walsh e dei suoi adepti:

“Chiamate voi sofferenza, il vedere questi figli spirituali, i vostri figli, tornare da voi con le tasche piene di denaro, e che vi invitano sfarzosamente all’insegna dell’Harp and Croun quasi tutte le sere, a ridere con forza, a danzare, alle Danes e alle Cronans irlandesi; in particolare questo famoso “Macquillemone”; che fu descritto, in una lettera a Roma, quale “cantio barbara et agrestis”; e chiamato dai soldati della Guardia a Dublino (che l’ascoltavano tutte le sere, verso la mezzanotte), Fratello Walsh e Fratello N. voi che cantavate i Salmi? Chiamate voi sofferenza il vedere dei Protestanti danzare Giggs e balli campagnoli per divertirvi, tutti disposti come uno qualunque dei vostri esattori? Ma mi si dice che voi balliate con grazia maggiore rispetto a tutti gli altri”.

E’ da ricordare la considerazione di Breandàn Breathnach sulla pretesa influenza di O’ Carolan nella introduzione della jig:

“Il termine jig proviene senza dubbi dall’italiano, e forse anche la stessa musica ha un’origine italiana, e sarebbe arrivata qui dall’Italia grazie ai suonatori di arpa. Questa considerazione deriva dal fatto che Carolan, affascinato dalla musica italiana in voga a Dublino a  quel tempo, concludeva alcune sue composizioni con un tema di 16 misure cui fu attribuito il termine di “jiga”. Ma la sola analogia tra questi temi e la musica da ballo sta nel numero delle battute, essendo le due forme tanto differenti tra loro, per struttura e linguaggio, che si può rifiutare l’ipotesi che l’una derivi dall’altra.”

Sembra quindi certo che la jig in 6/8, così come viene eseguita tutt’oggi, provenga da una lenta aggregazione all’interno di un substrato certamente irlandese, forse proveniente dalle antiche marce dei clan, di alcune influenze esterne ancora da definire. Si può a questo proposito avvicinare il termine jig al tedesco Geige, che significa “violino”; si è inoltre già detto, in alcuni casi, di una influenza italiana, ma sembra che questa debba limitarsi ad una semplice origine etimologica.

Come si è fatto notare, la jig fa la sua comparsa a partire dal 1674 con la denominazione “Gigg; essa è ancora citata da uno dei principali viaggiatori del XVIII secolo, Arthur Young, che effettuerà parecchie visite in Irlanda tra il 1776 ed il 1779. Egli tuttavia non fa alcuna menzione del reel o dell’hornpipe, e da ciò si potrebbe pensare che entrambe queste forme musicali comparvero solo più tardi, e per la precisione nell’ultimo quarto del XVIII secolo. Secondo la totalità degli studiosi il reel (in 4/4) è di origine scozzese, mentre l’hornpipe (in 2/4, e con un ritmo particolarmente “saltellante”) era una danza all’epoca in voga presso le corti europee, e venne introdotto in Irlanda attraverso l’Inghilterra, ove si sviluppò nella sua forma attuale all’incirca verso il 1760.

Fra le melodie più note presso gli stessi musicisti figurano gli slow reels. Non esistono invece slow jigs o slow hornpipes, e finora non è stato possibile determinare se i musicisti considerino lo slow reel un semplice reel suonato a ritmo lento, o se invece si tratti di uno specifico tipo di melodia. Al riguardo non esistono studi particolari nelle molte pubblicazioni consacrate alla musica irlandese, né alcun musicista irlandese può fornire una risposta abbastanza precisa; sembra comunque che non esista una danza che si basi su questi slow reels. Vi è invece un tipo di melodia spesso citato dagli studiosi, ma che è infrequente nella musica tradizionale irlandese, così come viene intesa oggi: i descriptive pieces sono, come indica il nome, delle “suite” relativamente lunghe di melodie diverse, generalmente eseguite alle uillean pipes. La più celebre di esse s’intitola “The Fox Chase”, e descrive musicalmente l’inseguimento di una volpe da parte di una muta di cani, la fuga, il suo “canto del cigno” ed infine la cattura. La versione di Finbar Furey, suonatore di uillean pipes caratterizzato da uno stle di esecuzione tipico dei musicisti itineranti, rende intatta la forza ed il pathos di questa scena, tanto che Séamus Ennis ritiene sarebbe preferibile uno stile più “distaccato”. Sebbene questo descriptive piece sia stato pubblicato per la prima volta verso il 1800 nella prima raccolta realizzata da un musicita tradizionale per i musicisti tradizionali, “O’Farrell’s Pocket Companion for the Iish or Union Pipes”, ben pochi musicisti dilettanti ne riescono a rendere tutto il suo “sapore”, come dimostrato dalla sua totale assenza nelle sessions nei pub o nelle abitazioni private.

In conclusione sono state prese qui in considerazione le melodie all’interno del loro contesto storico, considerando trattarsi, come d’altra parte è vero, della parte emergente di un iceberg, visibile e conosciuta da tutti alla luce delle conoscenze attuali. Dovremo ora tornare all’origine sociale di queste melodie, ed in particolare verso un elemento che risulta assolutamente fondamentale per molti irlandesi, la danza e la sua storia.

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