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CUCCHI Francesco Luigi - pagina 2


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Egli non sa a qual partito appigliarsi, quello che fa oggi lo disfa domani, insomma è tanto irresoluto in politica quanto e fermo e deciso sul campo di battaglia.
Carlo Cattaneo , cui fu offerta la prodittatura, la rifiuto:d'altronde questa nomina non sarebbe stata troppo accetta ai Napoletani, monarchico-costituzionali la gran maggioranza. Ieri sera venne finalmente composto, non so con quanta probabilità di durata, un nuovo Ministero del quale a quest'ora conoscerai già i nomi. Intanto tramezzo a queste incertezze, il Governo piemontese col passo ardito e decisivo dell'occupazione dell'Umbria e delle Marche, riprese la direzione del movimento nazionale che Garibaldi gli aveva quasi tolto di mano. Fu anzi questo, ritengo, il principale movente che spinse precipitosamente Cavour a questa risoluzione. A Torino, e più ancora a Parigi troppo si teme della rivoluzione per lasciarla correre trionfante da un punto all'altro della Penisola. Checche ne avvenga, e qualunque sia il partito più o meno radicale che trionfi, purché giungasi tosto alla sospirata unità italiana, sia tutto per ben fatto, ed ogni cuore sinceramente italiano applaudirà...». (Lettera conservata presso l'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo).
6. - Missione segreta nei Balcani.
La soluzione degli stessi problemi di politica estera del momento, come quelli della liberazione di Roma e delle Venezie, erano legati all'evoluzione, sempre lenta e mai improvvisa, della coscienza della libertà nella stessa popolazione e nelle classi colte italiane.
Il popolo italiano, che aveva usufruito soltanto per brevi periodi nella sua lunga storia, di una parziale libertà e che mai era stato, se non nell'antichità romana, arbitro dei propri destini, si trovava in gran parte impreparato all'autogoverno. Spinto da un élite intelligente e intraprendente, stava, in quel tempo, bruciando le tappe della sua liberazione,
mentre non conosceva ancora i pericoli insiti in improvvisazioni politiche ed in conquiste che non fossero frutto di secolari costumi o di consuetudini liberali inveterate.
Bisognava tener conto anche di questa purtroppo non rosea realtà per poter superare felicemente gli ostacoli che si frapponevano ancora al conseguimento della liberazione della Patria. Il partito d'azione spingeva verso l'immediata liberazione di Roma ed accusava di tradimento e di viltà la politica di Cavour , il quale attendeva prima di agire che la situazione si chiarisse per evoluzione spontanea più lenta, se vogliamo, ma più sicura. Cavour era fermo nel proposito di risolvere la questione delle Venezie prima di quella di Roma. Bisognava intraprendere una guerra contro l'Austria colla cooperazione della nazione ungherese; in ciò almeno avrebbe potuto sperare nell'aiuto della Francia e di Napoleone III. Tale cooperazione era già stata studiata con Kossuth nel '59 e si era, fin da quel tempo, deciso di costituire una legione ungherese agli ordini di Klapka . Ma la legione era rimasta inutilizzata presso i rispettivi depositi ( 1 ) dato il precipitare degli eventi. Ora, dopo la felice riuscita dell'impresa garibaldina, sembrava che il progetto ritornasse di attualità. Anzi precise trattative furono stabilite tra il Governo piemontese ed i patrioti ungheresi, impazienti di poter contribuire alla liberazione della Patria, e troppo fiduciosi di poter ripetere nel loro Paese le gesta mirabili della Spedizione dei Mille. Luigi Kossuth aveva manifestato l'idea di preparare un Corpo di truppe da sbarco in Dalmazia, al comando di Garibaldi che marciasse, attraverso i principati balcanici, verso l'Ungheria ( 2 ).
Condizione prima della riuscita del piano era che nella penisola balcanica fosse tutto predisposto per un'insurrezione popolare tale da facilitare l'impresa di Garibaldi così da prendere l'Esercito austriaco tra due fuochi.
Al Re ed al Governo piemontese non potevano bastare al riguardo le assicurazioni troppo interessate dei patrioti greci, ungheresi, polacchi in Italia. Occorreva che venisse inviato sul posto una persona fidata che controllasse la situazione e prendesse gli opportuni accordi. La scelta cadde su Francesco Cucchi. Difficile stabilire se egli agisse nell'interesse di Garibaldi o di Vittorio Emanuele , molto probabilmente fu scelto di comune intesa come persona superiore ad ogni sospetto di partigianeria. Proprio allora gli era stata conferita l'insegna di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia, distinzione che si usò con una assoluta parsimonia verso l'elemento garibaldino ( 3 ). Ciò dimostra la considerazione in cui era tenuto dalla stessa sfera diplomatica governativa piemontese.
Egli iniziò la sua missione nei primi mesi dell'anno, all'indomani dell'incidente del sequestro, da parte delle autorità turche, alle foci del Danubio, di armi destinate alle province serbe e moldo-valacche su bastimenti sardi ( 4 ). Il sequestro spostò i piani prestabiliti ed il Cucchi dovette cercare di adattare alla situazione mutata le precedenti direttive. Partì da Ancona il 22 agosto 1861 imbarcandosi per Corfù e per Zante. A Zante ha importantissimi colloqui con Francesco Domeneghini che teneva i contatti con i vari Comitati irredentistici della Grecia, che riunivano i patrioti greci impazienti di liberare quella parte della loro terra oppressa ancora dalla dominazione ottomana. Con lui viene concertato un piano diretto contemporaneamente contro il Governo greco ed il Re Ottone di Baviera succube della politica austriaca e contro i presidi turchi nell'Epiro ( 5 ).
Da Zante parte quindi per Atene, toccando Missolungi, Patrasso, Kalamaki. Ad Atene si incontra con i maggiori esponenti dell'opposizione governativa e poi parte per Istanbul e di lì verso i principati balcanici fino ai confini dell'Ungheria, rientrando dall'Austria ( 6 ).
Ultimate le intese con i greci, passò negli Stati austriaci dove prese contatto con le centrali irredentistiche ungheresi, ma non sappiamo quali siano stati i risultati e le conclusioni della intera missione ( 7 ). Riteniamo però di non essere lontano dal vero nel credere che il Cucchi abbia gettato molta acqua sulle brace ardenti sia dell'irredentismo greco, sia di quello ungherese ed abbia consigliato per il momento di rimandare il progetto di una sommossa nei Balcani con la partecipazione di Garibaldi ( 8 ).

7. - I moti di Sarnico.
Il 6 giugno 1861, l'animatore dell'intesa italo-ungherese, Cavour , si spegneva e l'Italia rimaneva priva di una guida sicura.
Fu allora che Garibaldi , approfittando della mutazione di Governo, tenta la via diretta della conquista del Veneto con l'infelice tentativo di Trescore.
Tentativo che s'inserisce, più che non si creda, nel piano generale degli accordi circa la politica balcanica ( 9 ).
Ma, per proseguire il viaggio, ha bisogno di una dichiarazione del capitano della nave, attestante la circostanza, perché il passaporto venga spedito ad Atene.
Ma nella dichiarazione il capitano scrive che il Cucchi viaggiava con passaporto sardo.
Indignato il Cucchi restituisce la dichiarazione affermando d'ignorare affatto cosa fossero i passaporti sardi. Il suo passaporto portava l'intestazione di Vittorio Emanuale Re d'Italia. Il capitano, tedesco, con manifesto dispetto dovette correggere l'errore e chiedere scusa dell'accaduto.
Altro curioso episodio viene raccolto dal Cucchi su un fatterello avvenuto in Corfù, dove esisteva una piccola colonia di cattolici con un Vescovo. Ricorrendo il 15 agosto la festa di Napoleone, il console francese volle dare le disposizioni perché si cantasse il « Te Deum » nella chiesa cattolica. Poiché il Vescovo si rifiutò decisamente di concedere l'uso della chiesa e di prestarsi dr persona alla cerimonia dicendo che Napoleone era il peggior nemico del Papa, il console telegrafò a Parigi, via Malta, per chiedere istruzioni. Gli venne risposto che facesse cantare il « Te Deum » nella chiesa greco-scismatica, come appunto avvenne.
I primi di maggio del 1862 il generale Garibaldi giunge a Trescore per la cura delle acque termali. Qui arrivano subito Agostino Bertani e Federico Campanella ed altri del Consiglio della Società di Emancipazione di Genova per conferire con lui. Garibaldi si trova, come a casa sua, circondato da tutti i suoi fidi Bergamaschi. Il 4 maggio si reca a Costa di Mezzale a visitare il Sindaco di Bergamo, senatore Gian Battista Camozzi. Il 5 maggio si celebra attorno a lui il 2° anniversario della Spedizione dei Mille. In questa occasione dice ai Bergamaschi parole rivelatrici intorno al piano che sta concertando: «
...Bisogna finirla. Abbiamo bisogno di un altro cinque maggio. E' una vergogna che vi siano ancora in Italia dei fratelli schiavi... ».
Intanto i giornali danno notizia di arruolamento in Bergamo e dintorni per una nuova ignota spedizione di Garibaldi . Il 10 maggio viene informato lo stesso Re ( 10 ), al momento di partire per Messina, del movimento di giovani arruolati come garibaldini nell'Alta Italia per un'impresa contro l'Austria.
Il Re, preoccupato, ordinò al generale conte Alessandro Negri di Sanfront di imbarcarsi per Genova e di recarsi da Garibaldi a Trescore per scongiurare simile tentativo e indirizzò il suo aiutante di campo direttamente al Cucchi come a quello che sapeva molto influente sull'animo del Generale.
Il biglietto del Re, indirizzato al Cucchi, era del seguente tenore : « Le raccomando il generale Sanfront onde possa parlare liberamente col generale Garibaldi » ( 11 ).
Il 12 maggio, alle 5,30 del mattino il Generale arrivò a Trescore, allorché Garibaldi stava prendendo il bagno di cura. Per mezzo della mediazione del Cucchi, Garibaldi si affrettò a ricevere il generale Sanfront . Il messo del Re comunicò a lui la sua ambasciata: il Governo esser deciso ad opporsi a qualsiasi tentativo di violazione della frontiera austriaca. Garibaldi , a sua volta, promise che nulla avrebbe tentato, senza il concorso dell'Esercito e anche della rivoluzione ungherese, e assicurò inoltre che non si sarebbe mosso da Trescore se non per tornare a Caprera ( 12 ). Era evidente che gli accordi intercorsi con il Rè condizionavano l'azione di Garibaldi contro la frontiera austriaca alla riuscita dei moti insurrezionali ungheresi. Il Cucchi, che era stato inviato l'anno prima in Ungheria, doveva essere garante che questi accordi sarebbero stati rispettati nella lettera e nello spirito. Ecco perché il Rè, dietro indicazione del generale Tùrr, aveva scelto felicemente proprio il Cucchi come mediatore presso il Generale. Soltanto un moto insurrezionale ungherese avrebbe potuto fornire davanti all'Europa intiera un pretesto plausibile di intervento, prima mascherato con l'entrata in azione di bande garibaldine di volontari e poi aperto con dichiarazione ufficiale di guerra e con truppe regolari. Ma i tempi non erano ancora maturi: gli ungheresi non si muovevano.
In tali condizioni veramente pregiudizievole sarebbe stata una mossa italiana non provocata. Si sarebbe trattato di una aggressione vera e propria deH'Ilalia all'Austria. La Francia non sarebbe intervenuta in appoggio dell'Italia perché la Russia avrebbe probabilmente appoggiato colle armi gli austriaci ( 13 ).
Tale grave pericolo fu presente nella mente del Re e nessuno come il Cucchi, a conoscenza della reale situazione internazionale, era in grado di rendersi conto dei pericoli che avrebbe rappresentato una mossa errata sullo scacchiere internazionale ai danni della stessa causa italiana e della liberazione dei popoli.
Le ulteriori vicende sono passate alla storia come i moti di Sarnico: il Governo, non tranquillizzato dalle promesse di Garibaldi , procedette, con inaudita violenza accresciuta dalle solerzie interessate del funzionarismo burocratico statale notoriamente ostile al partito d'azione, contro i garibaldini sospettati di sedizione. Il 13 maggio veniva arrestato Giovan Battista Cattabeni a Trescore, il 14 Francesco Nullo e Giuseppe Ambiveri a Palazzolo. Le truppe del 22° Fanteria bloccarono Sarnico e arrestarono 55 giovani che ivi si addestravano al tiro a segno.
E' troppo nota la triste sequela degli eventi: le dimostrazioni di Bergamo, il tumulto della folla a Broscia per liberare i prigionieri ed il fuoco delle truppe che provocò ben quattro morti.
Queste misure repressive provocarono la reazione e le proteste di Garibaldi e dei garibaldini. Il 19 gli ufficiali garibaldini, tra cui il Cucchi, dichiararono la loro solidarietà con Francesco Nullo e gli arrestati ( 14 ); il generale Turr accorse a Trescore il 22 e ripartì per Torino con ambasciata di Garibaldi per il Re ed il 2 giugno lo stesso Garibaldi veniva ricevuto a Torino dall'aiutante di campo del Re. Furono questi incidenti a determinare una rottura clamorosa tra Garibaldi ed Governo di Rattazzi ( 15 ), rottura che preparò altri gravi eventi.

8. - Aspromonte.
Garibaldi , forse irritato, nella sua anima semplice, delle sottigliezze dei governanti, delle loro ambiguità e delle loro continue incertezze, si ritira a Caprera, dove medita di prendersi una rivincita clamorosa per il fallimento dell'invasione nel Tirolo. Adesso la sua attenzione o concentrata su Roma. Per la riuscita di questa spedizione ha bisogno della massima segretezza. Non svela il suo occulto disegno neppure al Cucchi, sempre in relazione epistolare con lui, che anzi si era recato da Milano per raggiungerlo a Caprera ( 16 ).
Tanto o vero che ancora il 27 giugno il Cucchi scrive una lettera da Milano a Federico Bellazzi per chiedergli se siano fondate le voci di una nuova spedizione del Generale ( 17 ), dalla quale risulta che egli ignorava i veri progetti di Garibaldi . Però egli sta alla vedetta e al momento giusto si congiunge al suo Generale. Infatti il 23 luglio lo troviamo a Palermo, dove ha con Garibaldi un lungo colloquio. Viene incaricato di tenere i contatti con gli irredentisti greci attraverso il Comitato greco-slavo di Palermo. Garibaldi , che era partito per la Sicilia con il pretesto di aiutare un'insurrezione greca, giunto in Sicilia lancia il grido fatidico « Roma o morte » e cerca di svincolarsi dagli impegni assunti per la spedizione in Oriente. Sintomatica, a tale proposito, è la lettera indirizzata dal Cucchi al fratello Luigi in data 23 luglio: « Questa mattina mi trattenni a lungo con Garibaldi , sebbene sia piuttosto ammalato. Egli nel progetto di T. ( Türr ) che è in tutta relazione col Re, il quale Io è poi con Napoleone, vede un gioco di quest'ultimo e vuole quindi stare molto in guardia onde non essere istrumento alle di lui mire sull'Oriente. Mi disse di non poter per nulla affatto abbandonare il progetto, ma però voler stare piuttosto alla larga da T. ( Türr ) e più ancora dai suoi interessati protettori.
Bisogna convenire che Egli non ha torto e vede la cosa da un Iato al quale io certamente non avevo fatto attenzione. Il Generale quindi mi disse di continuare assiduamente a tenere pratiche e relazioni con i soliti amici di Grecia, ma di non dipendere che da lui, e mi pregò reiteratamente di restare... Io però con T. ( Türr ) sono in una posizione molto imbarazzante perché credo che agisca in buona fede e non so se mi convenga scrivergli oppure tacere. Stamattina per soprappiù Garibaldi ricevette un dispaccio da T. ( Türr ) da Torino il quale diceva: “ Rimandatemi immediatamente a Torino Cucchi “ . Garibaldi me lo mostrò e mi disse: ” Siccome suppongo che vi si voglia adoperare per l'affare in questione e certamente per mandarvi nuovamente in Grecia, io non voglio che partiate, e farò rispondere a T. ( Türr ) che non potete assolutamente partire perché m'abbisogna di tenervi presso di me...”. Il progetto che aveva da principio il Generale venendo in Sicilia era veramente bello, ma ora, causa molte sopravvenute circostanze, non potrà più effettuarsi ed almeno dovrà essere differito » ( 18 ).
Dal tenore della lettera appare sicura una cosa: l'impresa è rimandata, tanto è vero che il Nostro ha in programma il ritorno a Bergamo. Invece due giorni dopo la situazione precipita, come appare da una lettera del 25 luglio da Palermo sempre diretta al fratello: «...Poche righe per darti qualche notizia e dirti che non ci capisco più un accidente. Mi pare di ritornare ai giorni che precedettero i cosiddetti fatti di Sarnico, e temo purtroppo un esito eguale. Il Generale si è ristabilito perfettamente: egli medita qualche colpo ed evidentemente verso il punto che anche tu supponevi [Roma]... vuole che faccia venire da Bergamo qualcuno dei migliori amici. Il Generale, come ti dissi, vuole avere solamente alcuni di quelli sui quali si possa veramente fare calcolo. Non ha denaro per mantenerli per cui desidera che vengano solamente quei pochi che possono avere i mezzi di viaggio e per mantenersi qui per qualche tempo. Trattandosi di far qualcosa, e che il Generale li chiama espressamente, son certo che Piccinini , Mazzoleni ed Emanuele faranno in modo di poter venire... Essi devono sparire da Bergamo senza che se ne accorga anima viva. Una confidenza, fatta pure ad un solo estraneo, sarebbe un guaio gravissimo. Io quindi raccomando quanto so e posso la prudenza ed il segreto... Pallavicino, che già da tre giorni mandò al Governo le sue dimissioni, non ebbe ancora risposta. Tale sua risoluzione fu motivata dall'ordine che avevagli mandato il Governo di far procedere l'autorità giudiziaria contro gli arruolatori, fra i quali erano indicati quelli del seguito di Garibaldi . Da un momento all'altro mi aspetto da parte del Governo forti misure di repressione le quali Dio sa che effetti produrranno. Non vorrei qualche seconda edizione dei luttuosi fatti di Brescia...» ( 19 ).
Da notare che in questa lettera il Cucchi giudica tutt'altro che tranquilla la spedizione di Garibaldi . Anzi, con fine intuito, scrive che gli pare di rivivere le giornate precedenti i fatti di Sarnico e preconizza un infelice esito a tutta l'impresa. Forse è lui che avverte gli amici ungheresi di ciò che progetta Garibaldi . Infatti il 3 agosto il generale Klapka scrive a Garibaldi dicendogli che sta distruggendo la sua gloria e Kossuth da Losanna si dimostra sfavorevole all'impresa di Garibaldi ( 20 ).
Quale ambasciatore in extremis, Garibaldi spedisce, il 6 agosto, da Alia, nel centro dell'isola. Cucchi a Torino con una lettera per Vittorio Emanuele . Nella lettera Garibaldi si dichiarava sempre fedele al programma « Italia e Vittorio Emanuele », ma cercava di persuadere il Re che ormai era giunta l'ora d'agire per l'acquisto di Roma ( 21 ).
Cucchi, stante le difficoltà del viaggio, arriva a Torino il 12 agosto quando già la situazione era pregiudicata e gli ordini per l'arresto di Garibaldi erano stati impartiti. Pare che il Cucchi non fosse riuscito ad ottenere un’udienza privata dal Re.
Si potrebbe arguire che l'intervento tempestivo di Cucchi presso il Re avrebbe potuto scongiurare all'Italia il doloroso episodio di Aspromonte; ma la storia è fatta di imprevisti, di ritardi o di anticipi sull'ora che scade fatale, per gli uomini come per gli eventi, con una ineluttabilità che sembra destino.
Da Torino, Cucchi, appena giunto, scrive al Generale una interessantissima lettera in cui dettagliatamente prospetta la situazione politico-militare del momento, facendogli balenare la speranza di una crisi di Governo che avrebbe agevolato la marcia di Garibaldi .
Il Cucchi delinea tutto un piano di insurrezioni atto a favorire le operazioni militari ( 22 ).
Invece, malgrado le speranze e le previsioni, gli eventi precipitano ed il generale Garibaldi , prima che il piano del Cucchi potesse avere svolgimento, arriva ad Aspromonte, il 29 è ferito e tradotto prigione alla Spezia nella fortezza del Varignano.
Mentre Garibaldi viene trasportato ferito al Varignano, il Cucchi ottenne dal generale Türr di poterlo vedere e portò un'altra lettera di Garibaldi al Re ( 23 ). Questa missiva ebbe per risultato la grazia e la liberazione del Generale che il 22 ottobre venne trasferito dalla fortezza all'Hotel Milano di La Spezia dove poi, ristabilito, potè ritornare alla sua Caprera.

9. - Turista cospiratore.
Francesco Cucchi intanto parte per Londra sempre per interessarsi dell'aiuto da apprestare all'irredentismo greco. Si ritorna a parlare, negli ambienti governativi italiani, del progetto di Cavour di attaccare l'Austria nei Balcani per la liberazione delle Venezie.
A Türr , dopo fallita la spedizione su Roma a cui era stato costantemente ostile, sembra ancora realizzabile uno sbarco in Dalmazia, sfruttando la popolarità di Garibaldi .
E appunto per accelerare i tempi il generale ungherese vuole Cucchi di nuovo in Patria affinchè induca Garibaldi alla grande impresa.
In data 18 ottobre fa scrivere infatti dal Cucchi al Generale chiedendo istruzioni e per avere da lui affidamenti ( 24 ). Ma le
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Ma non fa parte ad alcuno dei suoi progetti e delle sue aspirazioni. Per ora dissimula di accettare il progetto degli amici che gli assegnano il ruolo di liberatore dei Balcani.
E il Cucchi si pone in movimento. E' lui che ordisce, come sempre, la trama dell'azione, o lui che comanda le fila delle cospirazioni all'interno e all'estero, sempre in moto per procacciare aiuti di armi e di uomini, ambasciatore segreto tra Garibaldi ed il Re, tra il Generale e vari Comitati stranieri.
In Polonia, nel frattempo, era scoppiata la rivoluzione contro l'oppressione zarista. Un gruppo di volontari bergamaschi freme nel desiderio di partire per soccorrere i fratelli e per restituire così l'aiuto che i Polacchi avevano dato alla Spedizione dei Mille. A capo dei volontari e Francesco Nullo .
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NOTE
(1) A. VIGEVANO: La Legione ungherese in Italia, Roma, Libreria di Stato, 1929, pagg. 41-60.
(2) L. CHIALA: Politica segreta di Napoleone III e di Cavour in Italia ed Ungheria, Ed. L. Roux, Torino, 1896, pag. 102 e passim.
(3) Francesco Nullo nell'epopea garibaldina, op. cit., pag. 8.
(4) A. VIGEVANO: op. cit., pag. 98. L. CHIALA: op. cit., pag. 162. A. TAMBOBRA: Cavour e i Balcani, ILTE, Torino, 1958, pag. 136 e segg.
(5) Quale esempio delle informazioni raccolte dal Cucchi in Grecia» riproduciamo, qui di seguilo, una relazione intorno alla possibilità di ribellione dei Greci nella zona montana dell'Epiro. La relazione è stata scritta da uno dei Capi del Comitato insurrezionale di Zante, certo Costantino Zico: « I villaggi vicini a Sulli di numero 61, sono pronti a prendere le armi contro gli Ottomani, per la loro libertà, qualora fossero anticipatamente provveduti di munizioni da guerra, da armi di lunga portata di palla, e da altre cose necessario alla guerra, perché gli uomini causa gli aggravamenti di contribuzioni, le quali sono costrette di pagare ogni anno al Turco Capiève, consumavano tutto ciò che avevano di prezioso, ed in tal modo privi rimasero di ogni cosa. Per sostenersi la rivoluzione fa d'uopo avere nel loro potere la fortezza di Sulli, il quale progetto (da noi ritrovato) sarà a noi ceduto in tempo invernale, quando seguano le fosche notti, e quando i sortiti del castello si uniscono ai cristiani abitanti dei vicini villaggi di Sulli per andare con loro alla caccia.
In altra maniera il castello è impossibile di prendersi, poiché una è la strada, o meglio dire il sentiero, che conduce fino alla porta del castello; passando sopra il quale non esiste nè albero nè pietra onde poter nascondere i nostri soldati, diretti verso la porta del castello. Abbiamo detto d'inverno, poiché nella primavera le notti sono chiaroveggenti, i turchi si moltiplicano, le guardie sono attentissime sopra la porta, e por tutta la fortezza. Durante il brusco inverno niunio di questi impedimenti esiste. La fortezza sta sopra un'alta ed inaccessibile rocca, ma, come abbiamo detto, con un sentiero; por il quale possiamo passare in tempo di notte oscura, avendo con noi l'uomo (con il quale io stesso combinai) che ci aprirà la porta. Por ottenere ciò occorrono 20.000 piastre, cioè talleri 417, per comprare intimi che stiano entro la fortezza. Differentemente la spesa sarebbe molto più grande (trattandosi di prendere per assalto la fortezza ed il risùultalo incertààào per non dire impossibile. Lo stesso, d'accordo con il signor premesso Domenghini, visitai undici villaggi, i più distinti dai 61 (menzionati). Là mi sono unito coi Capi d'armi di quelle parti coi quali abbiamo deciso di espugnare in passato la fortezza di Sulli, nel mese di gennaio del 1862 la quale fortezza occorrerà come base di operazioni di difesa e di offesa, come ricovero delle famiglie e della raccolta mobile dei suddetti villaggi e come impedimento di ogni comunicazione delle città di Pazga, Sulli, Beta e Gianina.
Presso la à di Sulli resterà sempre la medesima guarnigioùù di 200 soldati, che i rimanenti dovranno attaccare la soà nemica, le città e le fortezze nemiche. Se Sulli non si solleva, nessuna delle altre province di Epiro si solleverebbe. Il primo segnale dàoluzione si dovrà dare dalla Lacca di Sulli (la Lacca è la pianura di Sulione sono i 61 villaggi) la quale è lo spavento dei turco-albanesi. In quanto riguarda la vicina provincia dei fratelli Zumanchiotti (provincia di Zumara contigua a Sulli) e tutte le rimanenti, le medesime avàme noi, necessità sono pronte al primo segnale dato dalla rocca di Sulli. Tutto ciò consultando fra loro i Capi d'armi della Lacca, hanno giudicato, per prima cosa, la quota di tutti.
I nostri padri in questa situazione, fecero dei miracoli (confermati dalla stessa tradizione) contro i Turchi, lo spavento dei quali sussiste ancora negli animi degli infedàque se Sulli sarà preso, gli Ottomani dal timore, si troveranno in una triste situazione, non sapùù cosa fare e ùù in questa epoca causa l'orribile stato in cui si trovano, privi essendo di armi, di vestiti, di viveri, per essere rimasti privi di 17 mesi di paghe.
Tutto questo si decise nel momento che non si conosceva il successo del liberatore dei cristiani popoli Giuseppe Garibaldi . Accogliendo con gratitudine la sua protezione, ci metteremo tutti sotto gli ordini dell'Eroe.
Il tutto dei soldati che danno i vicini villaggi di Sulli ammonta a 5.000 Capi d'armi, di questi soldati sono il Sambro Zicos con i quattro suoi fratelli, Giovanni, Peponis, Niccolo Saccos, Costantino Zavenlis dei Zumarchi ».
La rivoluzione, invece che portarsi contro i Turchi, in un primo tempo, divampò proprio lungo l'itinerario percorso dal Cucchi, a Missolungi, Patrasso e Atene (19-23 ottobre 1862) ed ottenne lo scopo desiderato, cioè l'abdicazionedi Ottone di Wittelsbach (22 ottobre 182). Cfr.: M. PIERI, Storia del Risorgimento della Grecia, Ed. Sonzogno, Milano, 1897, pag. 207.
(6) Di questa parte del viaggio non abbiamo potuto raccogliere precisa documentazione. Interessante per rappresentare lo spirito del Cucchi l'incidente di viaggio capitatogli allo sbarco dal piroscafo « Stanbul del Lloyd » triestino a Zacinto, da lui raccontato nella lettera del 26 agosto al fratello Luigi. Appena sbarcato nell'isàufficio di sanità, dove si ritira il passaporto, non si ùù quello del Cucchi, che era stato lasciato per sbagliùù.
(7) In una lettera, datata il 25 novembre 1861 in Bergamo, Francesco Cucchi ringrazia Garibaldi per la cordiànerosa ospitalità a lui offerta in Caprera, unitamente a Stefano Türr ed a Federico Bellaà ogni probabilità fu proprio in occasione di questa visita che il Cucchi riferì al Generale i risultati della sua missione (cfr.: lettera 132, busta 45, n. 28, Museo Centrale del Risorgimento in Roma). La chiusa della lettera è significativa: Qui (Bergùù che altrove, i vostri compagni d'arme vi amano, vi desiderano e vi rammentano sempre e sono anelanti di nuovamente seguirvi ovunque vogliate combattere per la àusa della libertà ».
(8) Veramente eccezionali furono, in questo periodo, le pressioni dei profughi ungheresi presso il Governo Piemontese. Il 18 maggio del 1861 Kossuth è a Milano, il 6 luglio è a Torino, il 3 dicembre è ricevuto a Genova da Garibaldi . Il 30 ottobre arrivano a Genova i primi disertori deàpe di nazionalità ungherese inquadrate nell'Esercito austriaco di guarnigione al confine mantovano-piacentino e vengono alloggiati nella caserma di via Assarotti. Cfr.: A. COMANDINI e A. MONTI, L'Italia nei cento anni del secolo XIX giorno per giorno, Milano, Vallardi, Vol. IV, pag. 175.
(9) Dalla confidenza di Stefano Türr a Giacinto Bruzzesi risulta che il tentativo di Sarnico sconcertò il piano, definito col Rattazzi , di una spedizione di Garibaldi in Oriente per il quale il Governo aveva promesso un milione. Cfr.: A. COMANDINI, op. cit. Vol. IV, pag. 254.
(10) Molto probabilmente è stato Stefano Türr ad informare il Re della manovra di Garibaldi , come a consigliarlo di indirizzare il generale Negri di Sanfront a Francesco Cucchi. Ciò risulta dalla seguente lettera inedita che tra l'altro mette in chiara luce l'azione spiegata dal Türr e dal Cucchi come moderatori presso Garibaldi .
« Nizza il 15 maggio 1894, 19 Boulevard Victor Hugo
Caro Cucchi,
ora veniamo alla storia di Sarnico. Vi mando qui due copie di quell'epoca: 1°) la mia che voi con Crispi avete rimesso a Garibaldi e quale fu pubblicata nel l863 nella polemica che si aveva in quei tempi; 2°) la vostra che mi avete inviato a Londra.
Ma quando io raccomandai a Napoli Gyza scrissi anche al Re e lo pregai di inviare una persona di sua fiducia presso Garibaldi indicando voi coùù fido amico per esser presentato il suo messo a Garibaldi . Ecco come avvenne la missione di Sanfront . Povero Menotti non sa quante volte voi ed io abbiamo fatto fallire i brutti passi che gli estremi cercavano di fargli fare al suo Padre. Posso vantarmi che, malgrado la guerra che questi esagerati mi facevano, non sapevano privarmi dell'amicizia di Garibaldi , se egli me la conservò sino l'ultimo giorno della sua vita, ed anche io seppi approfittare ogni occasione per mostrarmi degno della sua affezione.
Vi porgo i miei vivissimi saluti anche alla vostra signora e alla carissima signorina. Vostro
aff.mo Türr .
P.S — Forse sarebbe bene di far vedere, queste due lettere a Menotti, egli era giovane nell'epoca che eravamo obbligati di tener testa agli esagerati.
Parto, ma mi fermerò alcuni giorni a Milano per vedere l'esposizione del 20-27 maggio.
Sarò a Milàpassateàlà mi farà grande piacere di vedervi. La dazione armata che io ho proposto a Garibaldi e che egli accettò nel dicembre del 1859 e voi a Salemi nel 1860 d'accordo per pubblicarla non mai adottata, però sarebbe stato un grande bene per l'Italia( digli pure di questo ardire ma anche lui non poteva fare nulla contro [gli estremisti]) ». La lettera è conservata presso l'archivio di famiglia Cucchi in Bergamo.
(11) G. SYLVA - op. cit., pag. 45. Francesco Cucchi nell'epopea garibaldina, op. cit., pag. 9.
A tale proposito riportiamo la seguente notizia del « Giornale d'Italia » del 4 ottobre 1013: « Questo biglietto fu consegnato a Cesare Garrenti con molti importantissimi documenti riguardanti i rapporti di Cucchi con Re Vittorio Emanuele e le vicende d'Italia. Tali documenti vennero richiesti dallo stesso Correnti che voleva presentarli a S. M. Re Umberto per fargli conoscere la parte segreta ed attivissima della politica nazionale di Vittorio Emanuele . Questa presentazione pare non sia stata dal Correnti effettuata, mentre d'altro lato - non potè mai averne la restituzione ». Non ci è stato possibilàire la veridicità della suddetta informazione, ne trovare traccia alcuna dei documenti in parola che avrebbero potuto chiarire molte incertezze intorno alla vita del Cucchi e del ruolo, certamente importantissimo, da lui svolto come intermediario tra il Re e Garibaldi .
(12) A. COMANDINI, op. cit., alla data 12 maggio 1862, vol. IV, pag. 250.
(13) La politica russa, che in questo periodo tentò ogni possibile intervento diplomatico in sostegno delàtia borbonica già regnante sulle due Sicilie, avrebbe certamente trovato un buon pretesto per intervenire nelle questioni italiane.
(14) « Duranùù giorni l'arresto del colonnello Nullo , i sottoscritti sentono l'obbligo di dichiarare che anch'essi furono partecipi ai fatti al medesimo imputati, così attendono di assumereàsa responsabilità ». Cfr.: A. COMANDIMI, op. cit. Vol. IV, pag. 256.
Il 29 aprile, però, il Cuccili si era affrettato a dare alle stampe, unitamente a Vittore Tasca, il seguente comunicato: « Consta a noi sottoscritti come alcuni individui, usando del nostro nome e di quello d'altri nostri amici, hanno fatto e stanno tuttora facendo arrolamcnti che producono forte agitazione nella nostra generosaùù. Aàl consigliati già abbandonarono i loro impieghi e le loro occupazioni nella lusinghiera assicurazione d'intraprendere tra pochi giorni una spedizione che sotto ogni riguardo, e specialmente per la sua destinazione, lascia seri motivi per diffidarne.
Voi senza pretendere d'avere uno speciale mandato, ma solo perché

si volle mischiare il nostro nome in tali pratiche, ci troviamo in dovere di dichiarare che vi siamo totalmente estraneùù possiamo formalmente assicurare che Garibaldi non approva per ora, ne ha dato ad alcuno l'incarico di procedere in Bergamo ad arrolamenti di sorta. Tanto siamo sicuri delle nostre asserzioni, clic, in giornata, spediamo copia di questa dichiarazione allo stesso Garibaldi ». Cfr.: Notizie Patrie, anno 1863, pag. 72 e G. ANTONUCCI: I fatti di Sarnico, in « Bergomum » gennaio-marzo 1939, pagg. 1-20.


(15) E. E. XIMENES: Epistolario di Garibaldi , Vol. I, A. Brigole, Milano, 1885, pag. 189.
(16) In quel tempo il Cucchi era ùù volte a Caprera a trovare il Generale forse per sondarne i propositi ed i disegni segreti e consigliarlo per il meglio.
(17) II testo della lettera conservata nel Museo Centrale del Risorgimento, 253, n. 70(4) è il seguente:
Milano, 27 giugno 1862
Amico carissimo,
io sono febbricitante. L'idea che il Generale possa essere partito per una spedizione qualunque, e non esserci, non mi lùù quiete ne pace.
Qualora ne avessi notizie lo andrei a raggiungere anche se fosse in capo al mondo.
Ti prego caldamente a volermi scrivere di nuovo, ma toàergamo Alta Città ove mi reco oggi; e rispondere, se puoi, a queste mie domande.
Da chi fu noleggiato il « Tartoli »? Per quanto tempo? Portava armi? Aveva denari il Generale? Fu lui che scelse espressamente quelli che lo accompagnavano? Quanti erano precisamente fra tutti? Bixio e Medici che Io salutarono a bordi» ne sanno nulla o non vogliono parlare? A Genova cosa se ne dice?
I vapori che durante una settimana dacché il Generale e partito devono essere giunti alla Maddalena, che notizie portano? Insomma se sai qualcheà prego per carità di volermelo dire. Sta sicuro che non tradirò il segreto.
Tu mi conosci. Perdona tanto disturbo, ma io nùù la testa a segno.
Rispondimi subito tè ne prego. Addio, addio, amami e credimi di cuore.
Tuo aff.mo Cucchi

P. S. - Qui a Milano gli amici e conoscenti del Generale sono tutti in agitazione.
Vidi ieri Corte che darebbe della testa nelle pareti tanto ne capisce un ette.
Egli è molto offeso di tale mancanza di fiducia del Generale, ed adirato specialmente con Missori
. Addio di nuovo e scrivimi subito, subito, subito ».
Clemente Corte, piemontese, combattè a Custoza nel 1848 ed a Novara nel '49. Nel '59 militò nelle file dei « Cacciatori delle Alpi » di Garibaldi .
L'anno dopo fu nella Spedizione dei Mille. Si segnalò per valore nei combattimenti attorno a Capua. Segui Garibaldi nell'infelice tentativo di Aspromonte.
Nel '66 combattè a Monte Snello e contribuì alla vittoria garibaldina di quello scontro. Fu Deputato al Parlamento e venne nominato Prefetto di Palermo e di Firenze. Si dedicò con successo anche al giornalismo. Cfr.:
E. MICHEL, in « Dizionario del Risorgimento Nazionale », Vol. I, Vallardi, Milano, 1930, pagina 756.
Nino Bixio , genovese, una delle fùù caratteristiche dei Mille.
Si arruolò giovane nella Marina sarda ed il servizio militare smorzò l'indole impetuosa del giovane patriota. Dopo varie ed avventurose vicende sui mari nel '47 in Genova si distingue nella propaganda per i moti liberali e l'unifi- cazione d'Italia.
Partecipa alla Campagna del '48 ed alla difesa di Roma dove si distingue a Porta S. Pancrazio ed a Villa Corsini contro i francesi.
Ferito assiste Mameli nelle ultime ore. Ritornato a Genova riprende la libera via dei mari fino al '59. Comandante di un Battaglione dei « Cacciatori delle Alpi » rifulge tra i valorosi. Segue Garibaldi nell'Esercito della Lega e poi nel '60 nella Spedizione dei Mille. Si copre di gloria a Calafatimi ed a Palermo al comando del 2° Battaglione dei garibaldini. Promosso comandante di Brigata si dirige su Catania, Corleone e Girgenti. Sbarcato a Melito, con un Corpo di 3.500 uomini, espugna il Castello di Reggio. A Caserta sostiene l'urto dell’Esercito borbonico e lo sconfigge. Deputato di Genova al Parlamento tenta di sedare il dissidio tra Garibaldi e Cavour . Partecipa valorosamente alla campagna del '66. Nel '70 è posto al comando della Divisione militare di Bologna, e ai suoi ordini fa capitolare Civitavecchia e contribuisce alla presa di Roma. Si dedicò infine, al comando di una nave da lui allestita, la « Maddaloni », al suo sogno di navigare negli lontani oceani. Muore a Sumatra vittima del colera. G. C. ABBA - La vita di N. Bixio , Torino, Roux e Viareggio. 1905. Cfr.: G. GUEHZOM, La vita di N. Bixio , Firenze, Barbera, 1875. Giacomo Medici , milanese, valoroso ed intrepido càte per la libertà, giovane, si arruolò in Spagna e combattè i Carlisti in Catalogna.
Nel '46 in America conobbe Garibaldi e nel '48 lo seguì in Italia dove lo raggiunse a Bergamo. Comandò la riserva dei volontari e operò la ritirata di Rodero e organizzò poi la guerriglia in Val Camonica. Partecipò alla difesa della Repubblica Romana distinguendosi al Vascello e a Porta San Pancrazio. Nel '59 fu al comando di uno dei tre Reggimenti dei Cacciatori delle Alpi . Si distinse a Como, a Varese ed a S. Fermo. Nel '60 comandò la seconda spedizione di volontari in aiuto di Garibaldi e prese parte da prode alle battaglie di Milazzo e del Volturno. Coprì il grado di comandante la 15° Divisione nel '66 operando nel Trentino.
Dopo il '66 ebbe il comando generale delle truppe in Sicilia. Il Re lo nominò suo aiutante di campo generale e gli concesse il titolo di Marchese del Vascello. Cfr.: G. C. FERRARI, in « Dizionario del Risorgimento Nazionale », Vol. III, Vallardi, Milano, 1933.
(18) Lettera all'archivio privato della famiglia Cucchi in Bergamo.
(19) Lettera dell'archivio privato della famiglia Cucchi in Bergamo.
(20) A. COMANDINI, op. cit., sotto la data 23 agosto 1862, vol. IV, p. 296.
(21) G. SYLVA , op. cit., pag. 45.
(22) Nella lettera del 13 agosto il Cucchi così si esprime: « Giunsi a Torino ieri sera dopo aver veduto a Genova i membri della Commissione esecutiva dell'Associazione Emancipatrice ed aver preso coi medesimi gli opportuni concerti. La via di mare tanto del Tirreno come dell'Adriatico, o divenuta ormai impossibile, causa le straordinarie misure di rigore prese dal Governo. Non ci resta che la via dell'Appennino da voi stesso indicata; ed ecco come avremmo disposte le cose: io mi recherò a Piacenza, Parma, Reggio, Bologna, parleròùù conosciuti patrioti, acciò abbiano ad inviaùù presto verso il Sud della Toscana, nell'Umbria o nelle Marche, tutta laùù che può aver màffi e Danesi, già partiti, agiranno in questo senso da Bologna a Faenza, Forlì, Rimini fino ad Ancona. Dolfià amici lavora già in Toscana. Nel frattempo persone espressamente incaricate percorreranno in avanti dagli Abruzzi fino alle Calabrie, la via lungo ilù dorso dell'Appennino; avvertiranno i più fidati patrioti ed il Comitato dell'Associazione, che sono numerosi su quella linea, dell'imminente passaggio dei volontari e combineranno per provvedere loro successivamente viveri e guide sicure... Oggi parlai lungamente con Crispi . Egli dice che per quanto grande sia il suo desiderio di accorrere presso di voi, crede che l'ùa sia più profittevole a Torino, almeno finché resta aperta la Camera.
Egli dice che da un momento all'altro gli si potrebbe presentare l'occasione di dare un gran colpo al Ministero, e ad ogni modo è sempre a portata di difendere il vostro operato contro qualunque attacco. Mi asàhe vi raggiungerà quando sarete in Calabria, ove ritiene utilissimo chùte al più presto possibile. La sola idea di tale passaggio getta lo sgomento nelle regioni governative ùsi sa più cosa pensare ne cosa fare. Il Re è nel massimo imbarazzo. Non avrebbe mai creduto che la vostra voce avesse tanto potere e tanto fascino esercitasse sul popolo italiano. Mentre lo colpi vivamente l'accoglienza sfavorevole e la sinistra impressione che fece il suo proclama.
Comprese finalmente che Rattazzi lo adoperò come sostegno alla propria àa ed impopolarità, e ne è irritatissimo. Se unitamente a ciò si combinassero le generali dàioni che sono già in corso per tutta Italia al grido di « Roma o morte », « abbasso Rattazzi »ànistero non potrà probabilmente sosteàuesta eventualità è forùa che più si attende e per la quale si trattiene a Torino...». Cfr.: Busta 49, n. 12 (23), Museo Centrale del Risorgimento.
Aurelio Saffi, forlinese, laureato in giurisprudenza a Ferrara, fu guadagnato presto alla causa liberale di cui fu valente propagandista nella Romagna. Fece parte nel '49 del secondo triumvirato in Roma con Mazzini e Armellini . Riparò a Ginevra e poi a Losanna e quindi a Londra con Mazzini . Aiutò da Bologna i moti milanesi del 1853 e poi di nuovo espatriò. Fu per la seconda volta in Inghilterra bandiàlaquo; italianità ». Nel 1860 corse a Napoli da Garibaldi dove ricusò la carica di prodittatore in Sicilia. Fu al primo Parlamento, ma si dimise per manteneàalle sue idealità repubblicane. Finì la missione della sua vita insegnando dallaàa dell'Università di Bologna. Cfr. : E. MICHEL, in « Dizionario del Risorgimento Nazionale », Vallardi, Milano, Vol. IV, 1937, pag. 163.
Muzio Danesi, di Forlì, fece la Campagna del 1859 nella Divisione Mezzacapo del Governo delle Romagne. Abbandonato l'Esercito nazionale seguì Garibaldi in Sicilia.
Si distinse nei sul Volturno. Passò poi nell'Esercito regolare. Cfr.:
P. SCHIARINI, in « Dizionario del Risorgimento Nazionale », Milano, Vallardi, 1930, Vol. II, pag. 831.
Giuseppe Dolfi, fiorentino, fin da giovane iscritto alla " Giovane Italia ».
Anima della riscossa fiorentina contro il Granduca di Toscana del '59. Amico di Mazzini e di
Garibaldi fu riconosciuto come un capo influente, che aiutò tutte le imprese garibaldine fornendo uomini e denari pàusa della libertà della Patria. Cfr. G. DEGLI Azzi, in « Dizionario del
Risorgimento Nazionale », Milano, Vallardi, 1930, Voi. II, pag. 943.
(23) Biografia di Francesco Cucchi sul « Giornale d'Italia » del 4 ottobre 1913.
(24) Il testo della lettera a Garibaldi , datata da Londra il 18 ottobre 1862
(Museo Centrale del Risorgimento, busta 45, n. 26 [130]), è il seguente:
« Generaàscrissi alla metà dello scorso settembre, dicendovi ch'io mi recavo a Londra dietro preghiere di Domeneghini e d'altri amici, per fare pratiche presso molti ricchi negozianti di qui, onde ottenere aiuti d'armi e denaro per un'impresa che vorrebbero tentare i patrioti greci stanchi della tirannia del sovrano bavarese. Finora poco potei ottenere ad onta delle mie insistenze.ùssere più fortunato in questi ultimi giorni. Sul principio di novembre partirò per l'Italia: credo bene rendervene avvertito, acciò qualora potesse occorrervi qualche cosa costi, disponiatàcon tutta libertà. Voi sapete, o
Generale, ch'io son sempre pronto a servirvi con tutto ilà la buona volontà.
Stimo prima necessario farvi sapere per vostra norma, che ieri ricevetti da Türr una lettera, in cui mi dice che adesso che voi siete libero, crede ch'io debba ritornar presto in Italia, onde vedere di intederci con voi per l'antico affare che ben conoscete [la Spedizione in Dalmazia]. Anche in ciò io non dipendo che da voi solo; quindi appena sarò di ritorno, verrò a prendere istruzioni non arrivano. La mente di Garibaldi , a Caprera, è agitata ed irrequieta. Egli, come un'aquila ferita, sul suo scoglio solitario, medita vendetta. La sua méta gli è sempre fissa nel cuore, sopra tutti i suoi pensieri, come una sfinge che lo attira immobile sull'onda: Roma.
(25) Cfr.: F. ALBORGHETTI, Italia e Polonia, in « Rivista di Bergamo », 1923, pag. 882.
(26) Cfr.: ALBERTO AGAZZI, La morte di Francesco Nullo in una interessante lettera inedita del Cucchi a Garibaldi , in « Bergomum », gennaio 1955, pagg. 39-43.
-----------------

continua
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