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ISNENGHI Enrico


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Isnenghi Enrico

 

Enrico Fortunato Giuseppe Isnenghi nacque a Rovereto (Trento) il 7 luglio 1831 da Francesco ed Erminia Alberti, mori a Bergamo il 29 luglio 1903. Nato da numerosa famiglia, narra di sé e dei suoi in una lettera diretta ad una parente, nella quale ricorda, fra l'altro, con riconoscenza, l'ottimo zio Don Francesco, che " finché visse pensò all'andamento della famiglia " del Nostro; il quale tuttavia, nel 1844, a soli 13 anni, lasciava la nativa Rovereto e andava peregrinando in cerca di lavoro da Trento a Trieste, per ridursi poi nel 1853 a Genova, a continuarvi la professione di orologiaio, appresa a Venezia, presso un certo Osvaldo Rizzi . Nel 1854 ammalò di colera e, appena guarito, sul finire dello stesso anno, si trasferì, per consiglio del medico, a Bergamo, ove ben presto la polizia austriaca lo arrestò, avendo in lui sospettato un agitatore politico.

Nulla essendosi scoperto, a giustificazione del sospetto, l'Isnenghi veniva rimesso in libertà e ritornava alla professione sua, nella quale, abile come era, si fece molto apprezzare, mentre pel carattere integro e forte e pel temperamento gioviale e buono, si guadagnava l'amicizia di molle egrege persone e fra esse di alcuni dei più ardenti patrioti della città, divenutigli poi più tardi compagni d'armi. Infatti il 3 maggio 1860, insieme coll'eroico, notevolissimo gruppo che Bergamo offriva alla Spedizione dei Mille, sotto la guida di Francesco Nullo , partiva da Quarto anche l'Isnenghi. Il piccolo esercito fu diviso a Talamone, il giorno 7, in sette Compagnie; il giorno 9, a Porto S. Stefano, coi Bergamaschi si formò l'8° Compagnia, che il Nullo , passato nelle guide, cedette ad Angelo Bassini di Pavia; e di quella Compagnia entrò a far parte anche l'Isnenghi. Egli combattè poi a Calatafimi ed alla presa di Palermo: ed il giorno 28 maggio mentre partecipava strenuamente alla difesa di una barricata della città, veniva contuso ad un ginocchio da una palla di cannone, giuntagli di rimbalzo, dopo aver staccata la testa a due suoi commilitoni, veneti. Insieme al Cucchi , al Brissolaro e ad altri feriti nel medesimo fatto d'armi, ebbe modo di sperimentare le finezze delle dame palermitane, prodigatesi in amorevoli cure verso i combattenti bergamaschi. Ben presto venne riconosciuto anche ufficialmente il valore con cui l'Isnenghi si era comportato durante questa prima parte della campagna. L'11 giugno era sergente della 1° Compagnia ( Tasca ) del 3° Battaglione ( Bassini ) e il 24 luglio, poco dopo il combattimento di Milazzo, egli veniva promosso sottotenente sempre nel 2° Reggimento, 2° Brigata (Eber) della 15° Divisione ( Türr ). Con tale grado partecipò poi a tulio il resto della campagna e nella battaglia di Cnpua si segnalava per spiccate doti militari. Finita la campagna, non volle restare nell'esercito; e l'11 novembre 1860, a Napoli, presentava le proprie dimissioni; il di elezione, vi apriva una orologeria propria; nel 1863 conduceva poi in moglie la signorina Luigia Colli, bergamasca, dalla quale ebbe sei figli. L'Isnenghi fu carissimo a Garibaldi ed a tutti i compagni d'armi; e il suo negozio divenne infatti il ritrovo quotidiano di Tasca , di Piccinini, Cristofoli, Lurà , Sylva e di altri commilitoni. Nel 1866 non prende parte alla campagna, " quantunque - egli stesso scrive nella lettera citata - fossi stato riammesso col mio grado di tenente; ma avevo appena preso moglie e aperto negozio per mio conto; tutto sommato avrei commesso una corbelleria ". Realmente il figlio Edoardo ricorda, a questo proposito, che il padre in quell'anno si era arruolato volontario nei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi Abba in Cose Garibaldine, ove ne delinea mirabilmente la figura morale, affermando che esso&quoè;è " semplice come acqua di altissima vena, umile in tutto come un fraticello di quelli a cui S. Francesco diceva per via le sue soavi co"e "; anzi, tratteggiandone brevemente la vita, dal momento in c"i " entra a 20 anni in quel gran sogno della lasse, onde riposarsi e levarsi il giorno seguente, a partire in guerra per realizzare la certezza tenuta viva nel cuore di veder libero il suo Trenti"o ", l' Abba conclude affermando che l'Isneng"i " era un uomo da morire per far vivere un alt"o ".

BIBLIOGRAFIA. - Elenco Uff., N. 546."- " Illustr. Ita". ", p. 433, con fotografia. -
G. SYLVA , L'VIII Compagnia dei Mille, S.E.S.A. Bergamo, 1959, pp. 112-133-2.12-252. - LOCATELLI-MILESI, Polonia, p. 19. - Id., Vittore Tasca. Bergamo, Arti Grafiche, l900, p. 28. nota 1. - CASTELLINI, p. 189 - ABBA , Cose Garibaldine, Soc. Tipogr. Editrice Nazioàgrave;ià Roux e Viarengo), Torino, 1907, pp. 178àgrave;ià pubblicato n"l " Seco"o " del 16 maggio 1905 sotto il titolo: Figure Garibaldine. I Trentini dei Mille. - Articolo pubblicato nel giorna"e " L'Alto Adi"e ", anno XXV, n. 120, prima pagina,

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Creato da: Astalalista - Ultima modifica: 26/Apr/2004 alle 22:43 Etichettato con ICRA
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