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NULLO Francesco - pagina 3


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Mentre i volontari, allo sbocco del paese deserto ( 1 ), pensano a rifocillarsi, il Nullo, riandato in esplorazione verso Calatafimi, scopre che un colle a terrazzi, chiamato Pianto dei Romani ( 2 ),
e occupato da migliai?» di borbonici, nascosti dietro la cima per cogliere in trappola i nostri e schiacciarli. Al galoppo, ritorna ad informarne il suo Generale e, passando vicino all'amico Tasca , esclama forte: « Am ghe se! » (Ci siamo!), quasi volesse tradurre, con la potenza del linguaggio nativo, l'ardore del suo animo per il prossimo cimento.
Garibaldi , grazie alle notizie tattiche fornite con chiarezza dal Nullo, può disporre fulmineamente il suo piano di battaglia.
Fa occupare il Colle Pietralunga, ch'ò dirimpetto al Pianto dei Romani, disponendo i volontari in modo da far credere al nemico a forti Corpi di riserva.
Tutt'a un tratto si odono le trombe nemiche, cui risponde il trombettiere Tironi ( 3 ), con una « diana gentilmente lieta » ( 4 ).
Sui duecentocinquanta metri di vallata che dividono il Colle del Pianto dal Colle di Pietralunga, i Regi del Generale borbonico Laudi incominciano a rovesciare una vera tempesta di ferro e di piombo sui Garibaldini, che stanno attraversando la spianata per attaccare il nemico « alla baionetta ». Quell'inferno di fuoco determina un momento di esitazione nei nostri.
Per fortuna, sopraggiunge il Nullo, che « col suo occhio di aquila
— come testimonia Guido Sylva — ( 5 ) misura di un lampo
la gravita dell'istante, intuisce il pericolo che quell'atto di spiegabilissima titubanza collettiva potesse fatalmente tradursi in panico, che avrebbe potuto risolversi in una vera disgrazia, e, con la sua peculiare prontezza e perizia, provvede al rimedio ».
Si mette dietro una solitaria casupola, chiama a raccolta i suoi concittadini ( 6 ) e da una breve spiegazione tattica, che non e strategia di scuola militare, ma azione essenzialmente garibaldina ( 7 ).
« Che i Bergamasch, teucc inturen a me »! (Qui i Bergamaschi, tutti intorno a me!).
« Atencc, quanda o feura mé, feura teucc, distendiv zo a entail e pò in acc de gran corsa ». (Attenti, quando esco io, fuori tutti, spiegatevi a ventaglio e poi avanti di gran corsa).
Questo imperioso appello del Nullo, accompagnato dal suo generoso esempio, infiamma i Bergamaschi, i quali, con un assalto arditissimo, non senza grave sacrificio di morti e di feriti ( 8 ), riescono a raggiungere lo spalto del primo terrazzo segnando l'avanzata sulle sette balze di quel colle, dove — a detta di Garibaldi — « si doveva fare l'Italia o morire ».
L'azione dell'8° Compagnia, ribattezzata « la Compagnia di ferro » e composta tutta di Bergamaschi ( 9 ), è secondata dalle altre ed assicura la vittoria a Garibaldi .
I Regi, costretti, dopo aspra lotta, a ritirarsi dal Colle del Pianto, posizione che sembrava inespugnabile, « presa palmo a palmo dai nostri » ( 10 ), sgomberano anche Calatafimi, mentre i Garibaldini vi sono accolti come liberatori dalla popolazione entusiasta.
Sistemati i feriti e data sepoltura ai morti, il 17 Garibaldi avanza coi suoi uomini verso Alcamo, ma la meta è Palermo, dove i volontari piomberanno, all'alba del 27 maggio, provenienti dal Passo di Gibilrossa, con una marcia forzata per dirupati sentieri ( 11 ).

12.
- A Palermo (27 Maggio 1860).
Però, il piano di Garibaldi di sorprendere in silenzio il nemico viene rovinato dall'eccessivo entusiasmo dei Siciliani gui dati da La Masa e da Fuxa ( 12 ).
Infatti « appena le sentinelle nemiche al Ponte dell'Ammi raglio furono svegliate dagli evviva d'ogni fatta lanciati dai picciotti troppo impulsivi, addio alla sorpresa! » ( 13 ). I Borbonici incominciano ad aprire un fuoco violento e micidialissimo.
Lo slancio dei volontari è immenso e spontaneo e senza badare ai colpi corrono all'assalto, ma « i tiri di fucile delle truppe appostate dietro la barricata di Porta Termini (messe in allarme dalle sentinelle del ponte) » e i « colpi dei due cannoni piazzati a Porta Sant'Antonio » ( 14 ), fulminando i nostri, ne impediscono l'ingresso in città.
Garibaldi , in questa drammatica situazione, vistosi vicino il nostro eroe « che Nullo era continuamente accanto al Generale, essendo suo Aiutante di campo ( 15 ) » — A voi Nullo, — gli grida — date l'esempio del nuovo assalto. Bisogna vincere ad ogni costo! ( 16 ).
Impugnando una bandiera spiccata di mano ad un picciotto, senza frapporre indugi, l'ardente Nullo « piantato in sella come un centauro bello e terribile insieme ( 17 ) » da di sprone al cavallo, corre alla barricata sotto il diluviar delle palle, impenna il destriero e con un balzo arditissimo ( 18 ) salta dall'altra parte ( 19 ) e mette in fuga i Regi sbalorditi.
Lo seguono immediatamente le Guide: Damiani , Bezzi , Manci , Tranquillini , Zasio , pugno d'eroi di statura omerica. « Man mano tutta la colonna garibaldina attraversa la strada sotto gli occhi del Generale ( 20 ) » e dietro al Nullo « come torrente che rompa le dighe, penetra la piena procellosa degli assalitori ». Anche Porta S. Antonino o presa d'assalto e ben presto conquistata dai nostri, che « in questa seconda azione sono efficacemente secondati dai picciotti ( 21 ).
Ora la città e tutta in movimento; al fragore della fucileria s'uniscono i primi rintocchi delle campane a stormo. Cittadini di ogni classe sociale si riversano dalle case nelle strade per associarsi ai liberatori, mentre dal Castello piovon bombe da 32 e razzi incendiari e la flotta nemica bombarda senza tregua ( 22 ).
Poco prima di mezzogiorno Garibaldi e in piazza Pretoria, dove stabilisce, per alcuni giorni, il suo Quartier Generale, divenuto l'obiettivo principale del bombardamento. Da qui egli dirama ordini con la maggior rapidità ed accorre prontamente dov'è più necessaria la sua presenza; il Nullo non lo abbandona mai e a chi si rallegra col nostro eroe per il glorioso successo del mattino, con bonaria semplicità commenta : « So conici de es stacc me ol prim a pianta la bandiera italiana in Palermo. So contet per Berghem? » ( 23 ), «da le quali nobili parole tutto traspare il grande amore che egli portava a la sua città nativa » ( 24 ).

13. - A Bergamo per un nuovo arruolamento dei Bergamaschi (Luglio 1860).
Il 4 giugno, con un ordine del giorno emesso dopo che era stata concessa ai Borbonici la tregua ( 25 ), Garibaldi nomina il Nullo Luogotenente delle Guide al Quartier Generale ( 26 ), quindi lo promuove Capitano.
Prima della fine dello stesso mese, Garibaldi si rivolge ancora
a lui per ottenere un altro contingente di Bergamaschi, della tempra di quelli partiti da Bergamo il 3 di maggio. « Quanti volete!», rispose Francesco Nullo. «I figli di Bergamo figureranno sempre tra i primi nelle battaglie della Libertà » ( 27 ).
E il primo giorno di luglio ( 28 ) parte da Palermo con il colonnello Türr , diretto ad Acqui, poi giunge a Bergamo ( 29 ) il pomeriggio dell'8, festosamente accolto, per disporre, col conte Albani, i nuovi reclutamenti.
Sul biglietto di disposizioni inviato il 20 luglio 1860 a Bergamo da Genova (dove il dottor Bertani aveva istituito un Comitato per gli aiuti alla Sicilia) leggiamo: «I Volontari Bergamaschi in numero di trecento partiranno non più tardi di domenica da Bergamo ed arriveranno lunedì in Genova condotti dal signor capitano Nullo, per le norme del viaggio intendersi col signor conte Correr a Milano. In Genova si condurranno ad alloggiare in via Assarotti, Caserma S. Giacomo e Filippo, avvertendoli di essere pronti a partire la stessa sera di lunedì » ( 30 ).
Dal che deduciamo che questa Spedizione condotta dal capitano Nullo ( 31 ), quarta per la Sicilia ( 32 ), fece salire a circa novecento il numero dei Bergamaschi partiti nel '60 per la grande impresa meridionale; quindi, o più che meritato l'appellativo di « Città dei Mille » dato alla nostra, quella che « con più figli ha gettato più ferro sulla bilancia liberatrice » ( 33 ).
Come si vide davanti il Nullo, con il nuovo contingente, Garibaldi sorrise soddisfatto ed « avendolo fin dapprima riservato a grandi eventi, risolse di affidargli uno dei più pericolosi incarichi » ( 34 ): Io sbarco in Calabria per l'assalto al Forte di Altafiumara, « opera di pochi scelti » ( 35 ).

14. - Lo sbarco in Calabria (8 Agosto 1800).
La sera deìl'8 agosto, i pionieri dello sbarco ( 36 ) sopra una flottiglia di settanta navicelle, guidano duecentodieci Volontari alla temeraria azione, che avrebbe dovuto assicurare a tutti i garibaldini il transito dello Stretto ( 37 ).
Ma da Reggio a Scilla quattordicimila Borbonici erano all'erta!
Partiti per un'impresa di quattro ore, i pionieri dello sbarco si
trovarono tutt'a un tratto capofitti nell'ignoto, con venti cartucce
ciascun soldato. Venuti per sorprendere, furono sorpresi.
Non rimaneva che vendere cara la pelle ( 38 ). L'ordine preciso era di guadagnare la montagna. Verso l'alba, dopo una faticosa marcia sopra un sentiero da camosci, guidati da un pastore, toccarono un pianoro dell'Aspromonte.
Da lì, giornalmente, mossero a tappe snervanti sulla dorsale appenninica, spostandosi continuamente per tirarsi dietro il maggior nerbo di nemici possibile, per assottigliare i reggimenti che presidiavano la costa e rendere così più agevole lo sbarco a Garibaldi ( 39 ). Da Sant'Angelo a Bagnara, da Solano a Pedavoli, a San Lorenzo ( 40 ) « quei pochi demoni, dei quali la fama aveva divulgato cose portentose », minacciando la linea nemica da Torrecavallo a Farmi, da Melito a Reggio ( 41 ), diedero molto filo da torcere a migliaia di Borbonici. La sera del 20 agosto, da San Lorenzo alla Marina e un prorompere di giovani Camicie Rosse: un corriere al galoppo aveva recato al Missori il seguente biglietto: « Sbarcati a Melito. Venite. G. Garibaldi » ( 42 ).
L'incontro con i commilitoni avvenne tra grida di gioia e un agitar prolungato di berrette. « Giù a mare il "Franklin", che trasportò Garibaldi , giaceva arenato, il "Torino", fulminato da due navi borboniche, divampava, ma l'uccello di terra e di mare aveva saputo toccare il continente sotto il naso del nemico » ( 43 ).
« Il mattino del 22, eccoci sotto Reggio — scrive Alberto Mario
Garibaldi , impegnato già nell'assalto, aveva guadagnato un'altura che domina la città. Quivi lo rivedemmo a mezzogiorno.
Ci accolse amorosamente e ci beò col suo sorriso » ( 44 ), ma a quei prodi che resistendo per dodici giorni da soli, in mezzo ad uno spiegamento di forze nemiche soverchiantissime, avevano dato prova d'essere uomini veramente eccezionali, ingiunse subito di costringere alla resa il forte che era nel cuore della città.
Anche il Nullo, nonostante « stremo di forze per le grandi fatiche » ( 45 ), combattè sotto un fuoco intensissimo sino a quando il forte inalberò bandiera bianca.
Per il valore mostrato in tale giornata, congiunto agli stenti sostenuti dopo Io sbarco, fu promosso Maggiore ( 46 ).
Il giorno dopo l'espugnazione di Reggio, mentre con alcune Guide si disponeva a pestar la coda ai Regi, verso S. Giovanni il Nullo s'imbatte « in un Corpo di cinquanta Borbonici su due file, l'arma al piede al di qua di un ponte » ( 47 ). — Abbasso le armi!
Siete prigionieri! — grida con tono imperioso.
Ma, nello stesso istante, compare sul ponte una testa di colonna.
Gli arresi ripigliano il fucile. La situazione si fa drammatica.
Nullo e i cinque compagni, avevano questi di fianco, quella di faccia. Che fare? O perire fuggendo, o perire assaltando.
Erano in sei; ma allora mancava il tempo per ponderare le probabilità.
« L'intimazione, la comparsa della colonna, la ripresa delle armi, e l'avanti fulmineo di Nullo si succedettero in quattro battute di polso » ( 48 ).
Confitti gli sproni nei fianchi dei cavalli in un baleno balzarono sul ponte; davanti alla loro furia s'apre la colonna nemica; ed eccoli sull'altra sponda del torrente fra le braccia della Brigata Briganti, distesa parallelamente alla strada sul largo della piazza di Villa S. Giovanni.
Col grido di: « Viva Garibaldi , deponete le armi, venite con Garibaldi ! », percorrono la fronte della Brigata da un capo all'altro a guisa di rassegna in campo di manovre ( 49 ).
Perché questa guerra fraterna? Unitevi a Garibaldi . Andiamo
insieme a Venezia contro lo straniero! Volete la gloria?
Combattete per la libertà d'Italia ! ( 50 ).
L'aperta propaganda di ribellione, fatta dal Nullo con linguaggio franco e inusitato, produsse nei gregari l'effetto che si voleva.
Gli ufficiali Borbonici, dispostissimi a rimpolpettar quei sei arrischiati con quattro palle nel petto, interdetti dall'inatteso entusiasmo dei soldati, tacquero, con viso ostile, poi si raccolsero a consiglio e comunicarono di mettersi al voto del proprio Generale.
Al comparire di Briganti ( 51 ), Francesco Nullo, con militare concisione, gli intimò di seguirlo per trattare col Dittatore i termini della resa.
« Il Generale, soggiogato dall'accento energico, dall'occhio fiero e dai baffi magiari di Nullo, rispose con sereno ciglio:
— Figlioli miei, con tutto il piacere! —.
Garibaldi distava quattro miglia e il generale Briganti non sapendo capacitarsi di non trovare un soldato garibaldino dopo due miglia: «Dov'è dunque il Dittatore? Non trovasi così vicino come mi faceste supporre! ».
Nullo, con le fiamme alle guance, risentito per l'indiretta allusione alla slealtà, rispose con fierezza : « Quando sole quattro miglia separano Garibaldi dal nemico, questi è battuto o preso.
Ieri voi foste battuti, oggi siete presi ».
Briganti ammutolì e spinse il cavallo al trotto ( 52 ).
Garibaldi , come premio, incaricò il Nullo di scegliere cinquanta uomini di sua fiducia, di avvicinarsi alle linee dei regi e di molestarli per tutta la notte.
Il giorno seguente anche Melendez ( 53 ) fu costretto alla resa a discrezione; poi fu la volta del generale Ghio, che comandava diecimila Borbonici armatissimi!
Da Soveria ( 54 ) Garibaldi , grazie alle arrischiate e brillanti azioni militari del Nullo, potò proseguire per Napoli con i cavalli di posta ( 55 ).
Tra i quattordici che il Dittatore volle al suo fianco, la mattina del 7 settembre, durante l'ingresso trionfale a palazzo d'Angri ( 56 ), ricordiamo con orgoglio Francesco Nullo.

15. - La battaglia campale del Volturno (Ottobre 1860).
Ritornato per poche ore in Sicilia, a meta settembre, per accompagnare a Palermo Garibaldi ( 57 ), che, suo malgrado, aveva dovuto abbandonare le cure militari al Türr per recarsi a scegliere un nuovo governatore civile, dopo le dimissioni del Depretis ( 58 ),
alla fine dello stesso mese Francesco Nullo passò con lo Stato Maggiore alla reggia di Caserta ( 59 ), donde mosse alla battaglia campale del Volturno ( 60 ), combattutasi l'1 e il 2 ottobre e terminata con esito favorevole per i nostri, soprattutto per la bravura di alcuni ufficiali garibaldini.
« Quando si ha dei luogotenenti come Avezzana , Medici , Bixio , Sirtori , Türr , Eber , Sacchi , Milbitz , Simonetta , Missori , Nullo è ben difficile vedere la vittoria disertare le bandiere della libertà e della giustizia » ( 61 ).
Così, lo stesso Garibaldi conferma il valore dei più audaci dei suoi ufficiali superiori.
La giornata del 2 ottobre doveva portare all'instancabile nostro eroe
« accorrente in ogni campo », su una fronte di venti chilometri,
la promozione a Tenente Colonnello delle Guide, cioè il massimo
grado militare ch'egli raggiunse in Patria ( 62 ). Ma la battaglia del Volturno non fu l'ultima gloriosa azione militare da lui compiuta in Italia!

16. - La spedizione nel Sannio (12-20 Ottobre 1860).
Dopo la vittoria garibaldina sul Volturno, mentre l'esercito di Francesco II era chiuso entro le mura di Canna, il partito borbonico, nelle varie province dell'interno, alimentava la reazione al nuovo Governo sotto il pretesto religioso e politico.
Il cuore della rivolta era Isernia; lì v'era il capo della reazione, il colonnello di Gendarmeria De Liguori, che invitava « i cafoni » ( 63 ) al saccheggio e alla trucidazione, faceva destituire le autorità, il decurionato e la Guardia Nazionale; segnacolo della lotta era la bandiera dell'ex rè di Napoli: nastro verde orlato di rosso.
Ma tutto il Sannio, chiuso entro un'aspra catena di monti, dove l'amore della contrada natìa s'era trasmesso di padre in figlio, con misoneismo, per lungo ordine di secoli ( 64 ), era nido di agguati o di ribaldi camuffati sotto panni di umili contadini intenti ai lavori dei campi.
Con insistenza, il maggiore della Guardia Nazionale di Bojano, Gerolamo Pallotta, aveva richiesto a Garibaldi , nella prima decade di ottobre, un aiuto di ufficiali esperti e di qualche battaglione garibaldino per guidare tremila patrioti armati, a Boiano, a sedare la rivolta.
Garibaldi , convinto che « un paese liberato deve saper custodire
la libertà da se stesso » ( 65 ), non voleva cedere alle richieste del Pallotta; ma questo, sollecitatore pertinace, affrontò più volte il corruccio del Generale, che nominò il tenente colonnello Francesco Nullo al comando dell'impresa nel Sannio, assegnandogli dodici Guide e come Aiutanti il maggiore Caldesi e i capitani Mario e Zasio ( 66 ), e come truppa uri migliaio di volontari del Matese e di Sicilia ( 67 ).
Era il 12 ottobre allorché Nullo, con le Guide e con gli Aiutanti, si mise in viaggio per Maddaloni, dove stanziava la colonna di volontari meridionali, che doveva mettersi ai suoi ordini.
A Ponte Landolfo i nostri furono ospitati da un esattore (di idee liberali), il quale diede preziose informazioni : duemila soldati, fra regi e gendarmi, occupavano Isernia, ove mettevano capo due o tre migliaia di cafoni, che mantenevano viva la ribellione in un raggio di venti miglia da quel centro. Questi, divisi in squadre guidate da caporali dei gendarmi, campeggiavano sui monti, dilatando l'orbita dell'insurrezione sino ai più remoti villaggi e componevano ugualmente a squadre i nuovi associati, senza distaccarli dal lavoro dei campi ( 68 ).
Per domare la rivolta erano necessarie due cose: un paio di cannoni e cautissimo occhio contro le sorprese; quest'ultimo era dote individuale, i cannoni bisognava procurarseli! Fu mandato a Caserta Alberto Mario per ottenerli, ma i cannoni non poterono mai giungere.
A Campobasso, il Nullo, che dal Dittatore era stato « munito di piena potestà civile e militare in quella provincia », fu ossequiato dal Governatore De Luca che si affrettò a « profferirglisi ai comandi » ( 69 ), però invitato a seguire la spedizione ad Isernia, adducendo come pretesto gli interessi amministrativi della provincia, si ridusse al semplice allestimento delle provvigioni.
Il 15, arrivato nella piazza deserta di Boiano, il Nullo, che credeva accampati lì i tremila patrioti annunciati dal Pallotta, non potè frenare il proprio sdegno contro il volgare ingannatore, tuttavia non volle porre in esecuzione il consiglio dell'amico Caldesi di far fucilare subito il Pallotta sulla stessa piazza di Boiano ( 70 ).
« Bovianum », l'antica metropoli della federazione sannitica, « opulentissimum armis virisque » poteva fornire al massimo una ventina di militi della Guardia Nazionale!
Francesco Nullo, che aveva imparato accanto a Garibaldi a trascurare, di fronte al nemico, il calcolo delle proporzioni, non disarmò.
Il suo Generale gli aveva affidato quell'impresa ed egli l'avrebbe portata a termine a qualunque costo.
Lasciato Boiano, base naturale d'operazione, mosse immediatamente, con metà colonna, su Cantalupo, per una ricognizione.
Vi snidò uno sciame di cafoni che ricoverarono velocissimi sopra un monte più alto, dov'erano altre squadre in vedetta.
Il 17 proseguì alla volta d'Isernia, dove gli insorti aspettavano da Capua il generale Scotti ( 71 ) con quattromila uomini. Passando da Castelpetroso la borgata fu trovata letteralmente deserta. Quell'aria di cimitero non piacque ai nostri che già avevano sentito parlare di agguati. Allora il Nullo fece subito occupare Pettoranello ( 72 ) a due miglia da Isernia, sopra un colle a pan di zucchero, donde sarebbe stato possibile gettarsi sul nemico prima dell'arrivo dello Scotti. Dispose poi che il capitano Zasio con un mezzo battaglione si piantasse sopra una ripida altura di fronte a Pettoranello ( 73 ). Ma ogni anfratto brulicava di spie ed era facilissimo cadere in imboscate. Inoltre da Isernia avanzava un gran numero di regi! Dopo averli caricati a briglia sciolta, sulla consolare, il Nullo riuscì a mettere in fuga quelli dell'avanguardia e sostenne
con ardimento l'attacco dei cafoni, che sbucavan fuori dalle colline circostanti.
Ma, quando il grosso della truppa borbonica mosse contro i nostri, con manovra avvolgente a semicerchio, generatesi disordine nelle schiere dei volontari, nuovi al fuoco, il colonnello Nullo « impotente a trattenerli » ( 74 ) fu costretto a ripiegare per sei miglia su Boiano, dove, alla rassegna della riaccozzata colonna, molti risultarono muti all'appello ( 75 ).
Ritornati a Caserta, per la via di Campobasso, Garibaldi , che era già stato informato telegraficamente ( 76 ), con una minuta relazione del Nullo, dell'esito sfortunato della spedizione, li accolse con volto
sorridente, come se gli si fossero presentati vincitori. Egli, infatti,
conosceva bene il nostro Nullo e sapeva che « da quell'esimio Capo che era, concepì tutto il pericolo della situazione, ma trovò nello stesso tempo nell'intimo dell'animo suo tutta l'energia che tale terribile posizione richiedeva... e prese tutte le precauzioni che ad un Capo come lui suggerivano la risoluzione e l'esperienza » ( 77 ).
Alle accuse di « inavvedutezza, di temerità perniciosa, d'imprevidenza » che da alcune parti ( 78 ) si levarono contro il nostro concittadino possiamo opporre che l'unica sua vera colpa, se colpa si può chiamare, fu di aver agito, anche nella spedizione d'Isernia, secondo una tecnica tipicamente « garibaldina ».

17. - 26 Ottobre - 20 Dicembre 1860.
Con gli ufficiali dello Stato Maggiore dell'Esercito Meridionale, il 26 ottobre 1860, il col. Nullo si trova a Teano per presenziare allo storico incontro tra il suo Generale e il rè Vittorio Emanuele II , che Garibaldi saluta, generosamente, « Re d'Italia » ! E il 30 ottobre o proprio il nostro Francesco Nullo che si reca a Sessa, da re Vittorio, latore del « dispaccio » con il quale Garibaldi deponeva i « poteri dittatoriali » ( 79 ).
Ora che le sorti del Mezzogiorno d'Italia erano legate alla corona dei Savoia, Garibaldi decise di lasciare Napoli, diretto al suo eremo di Caprera.
Pertanto, alle 4 del mattino del 9 novembre ( 80 ), prima che la luce di un nuovo giorno illuminasse tanta tristezza, il donatore i regni raggiunse silenziosamente il ponte del Washington, accompagnato dal figlio Menotti, dal segretario Basso e dai devoti, anche nell'infedeltà della fortuna: Nullo, Missori , Canzio , Treccili , Zasio , Mario ( 81 ).
Il sogno stupendo del « Duce dei Mille » di celebrare il trionfo della Città Eterna era stato infranto dalle esigenze della diplomazia, ma nel dire : « Addio » a Napoli e ai suoi fedeli, il biondo Eroe aveva soggiunto: « Arrivederci sulla via di Roma!» ( 82 ).
A Napoli, anche Giuseppe Mazzini , che vi era sbarcato con Aurelio Saffi sin dal 17 settembre ( 83 ), durante gli incontri con Garibaldi , aveva discusso con il gruppo degli « ardenti », capeggiato dal Nullo e dal Missori , sulla necessità di procedere, con urgenza, alla risoluzione dei problemi « veneto e romano » e si parlava della primavera del 1861 per una nuova campagna militare ( 84 ).
Pertanto, Garibaldi , nel lasciare Napoli, aveva ammonito i suoi uomini a tenersi pronti in qualsiasi momento ( 85 ).

18. - Di nuovo a Bergamo (20 Dicembre 1860-15 Febbraio 1861).
Ritornato a Bergamo con un « permesso speciale di 60 giorni » ( 86 ), Francesco Nullo trascorse accanto alla madre, ch'egli venerava, alla fidanzata Celestina, al fratello Giovanni, ai numerosi amici del « Caffè della Venezia » ( 87 ) le più belle feste dell'anno, nell'ospitale casa paterna di via Prato ( 88 ).
A Bergamo si rituffò nel mondo degli affari con l'entusiasmo e l'arditezza dimostrati sui campi di battaglia.
Come già accennai nel capitolo che interessa l'attività industriale di Francesco Nullo, fu proprio nel 1861, all'Esposizione Nazionale di Firenze che la sua ditta venne premiata con medaglia « per la varietà, la bontà, la perfetta esecuzione, congiunte a convenienza di prezzi nello svariato assortimento di tele esposte » ( 89 ).
Il 16 gennaio 1861, un Decreto reale, pubblicato a Torino, stabiliva lo scioglimento, col primo del mese successivo, del Comando Generale dei Volontari dell'Esercito Meridionale e gli ufficiali garibaldini venivano trasferiti in Piemonte ( 90 ).
Pertanto, a metà febbraio ( 91 ) il Nullo, anziché tornare a Napoli, dove si era insediato il Farini, che aveva voluto far pulizia degli elementi rivoluzionari, raggiunse il Deposito di Torino ( 92 ) e fece parte della Commissione per la Medaglia della prima spedizione di Sicilia ( 93 ). Di tale Commissione fu membro equilibrato e zelante e l'onestà del suo agire fu apprezzata anche nell'ambiente del Ministero della Guerra, che premiò la sua brillante carriera militare con la nomina, per Decreto Sovrano ( 94 ) a « Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia » ( 95 ). L'11 agosto del 1861 ottenne pure la conferma del grado di Luogotenente - Colonnello di Cavalleria, nell'arma stessa del Corpo dei Volontari Italiani ( 96 ).
Fu l'amico Zasio ( 97 ) a trasmettergli a Baden, dove trovavasi in vacanza, questa notizia e in tono scherzoso gli augurava di « perder l'anima e trovarsi in una bolletta irreparabile » per permettergli di godere del « suo bello e romantico ritorno a piedi, contemplando le bellezze della natura, delle quali era tanto vago » ( 98 ).
Tra l'autunno del 1861 e la primavera del 1862, quando, in seguito al decreto di fusione ( 99 ) presentò al Ministero le o: volontarie dimissioni dal servizio » ( 100 ) fece spola tra Torino, Genova, Milano e Bergamo, mantenendo sempre contatti diretti con Garibaldi , che il 2 marzo era sbarcato sul continente per conferire col Re e col Rattazzi ( 101 ) sopra un problema importantissimo per il destino del nostro Paese ( 102 ).
ォ Invitato a recarsi da Caprera a Torino, Garibaldi ebbe un colloquio confidenziale con Rattazzi che aveva proprio allora formato un nuovo Gabinetto e che desiderava parlargli per una questione molto importante ».
Da questo colloquio Garibaldi era uscito col cuore pieno di speranza e fiducioso nell'aiuto del Governo per quanto aveva da tempo in animo di fare ( 103 ). Del resto, l'ambidestra condotta politica del Rattazzi , che « anelava godere un riflesso della popolarità del Generale » ( 104 ), alimentava i suoi sogni rivoluzionari, consentendogli l'istituzione di due Battaglioni di Carabinieri Mobili, comandati da Menotti ( 105 ), promettendogli un milione per provvedere all'armamento di una spedizione in Grecia ( 106 ) e affidandogli la direzione dei « tiri al bersaglio », con l'autorizzazione di girar per l'Italia a farne propaganda ( 107 ).

19. - I fatti di Sarnico (Maggio 1862).
In questo giro di propaganda per l'istituzione dei tiri al bersaglio, vero trionfo per Garibaldi , gli fu « compagno indivisibile » ( 108 ) Francesco Nullo, con il quale il Generale stabili i piani per una spedizione militare nel Tirolo ( 109 ).
I registri degli arruolamenti dei volontari erano tenuti presso un certo « Caffè Carini » in contrada Broscia, a Bergamo, ma i piani della Campagna per liberare Trento furono definiti a Trescore ( 110 ), dove Garibaldi , col pretesto di curare i reumatismi, si era ritirato il primo di maggio, per un « soggiorno alquanto prolungato » ( 111 ).
Il 14 dello stesso mese ( 112 ), il colonnello Nullo, partito da Sarnico ( 113 ), venne arrestato da un capitano dei Carabinieri nella stazione di Palazzolo, accusato di trovarsi fuori di distretto ( 114 ).
------------------
(1) Secondo quanto attesta il Sylva , pare che gli abitanti fossero tutti fuggiti, (cfr. G. SYLVA , opera citata, pag. 173).
(2) Su questo colle, secondo la tradizione, i Romani avrebbero subito, tre secoli prima di Cristo, una grave sconfitta da parte degli Egestani.
(3) Giuseppe Tironi di Chiuduno (Bergamo), già trombettiere di Battaglione sotto l'Austria.
(4) Garibaldi volle poi sempre udire quella sveglia. Vedi: G. BANDI, I Mille, Salani, Firenze, 1903, pagg. 143-144.
(5) G. SYLVA , opera citata, pag. 181, II edizione 1959.
(6) II Nullo non era a capo dell'8° Compagnia, ma poiché molti Bergamaschi, all'inizio del combattimento, erano in testa con i Carabinieri genovesi, egli, che si trovava sempre nelle linee avanzate, potè guidare i suoi all'azione.
(7) Vedi: C. AGRATI, I Mille nella storia e nella leggenda, Mondadori, Milano, 1933, pag. 308 seg.
(8) I Caduti bergamaschi furono sette: F. Amati, F. Antonioli, L. A. Biffi, F. Cadei, A. Maironi, F. Nicoli, G. Tibelli. I feriti furono trentadue, tra i quali il Nullo, che fasciatasi con un fazzoletto la gamba destra colpita da un proiettile, continuò a combattere sempre tra i primi.
(9) Pavese era solo il Comandante: Angelo Bassini.
(10) Cosi scrisse il Nullo all'amico Enrico Tavola dopo Calatafimi. Vedi: manoscritto Nullo al Tavola presso Civica Biblioteca " Mai " di Bergamo, Gab. A 17, 14 (35/3) e 3 bis.
(11) Cfr. Lettera di V. Tasca ai suoi da Palermo, 1ー giugno 1860, Archivio St. Ris. « Gamba », vol. 41, N. 3788, Civica Biblioteca « Mai », Bergamo; cfr. SYLVA , opera citata, pag. 217.
(12) Patrioti siciliani, ai quali Garibaldi aveva promesso l'onore di entrare per primi in Palermo.
(13) G. SYLVA , opera citata, pag. 218, seconda edizione.
(14) G. LOCATELLI-MILESI, Garibaldi per Bergamo e per i Bergamaschi, Arti Grafiche, Bergamo, 1934, pag. 12.
(15) Cfr. lettera del Nullo al Tavola, citata alla nota 3 della pag. 88.
(16) G. LOCATELLI-MILESI, opera citata, pag. 12.
(17) G. LOCATELLI-MILESI, opera citata, luogo citato.
(18) E' bene ricordare che il Nulìo era un abile cavallerizzo.
(19) L. STEFANONI, opera citata, pag. 71.
(20) A. DUMAS, II poema dei Mille. Ricordi di un testimonio oculare, Ed. A. De Mohr & C., Milano, pag. 135.
(21) Vedi: G. SYLVA , opera citata, pag. 223, seconda edizione.
(22) Vedi: G. SYLVA , opera citata, pag. 224, seconda edizione.
(23) Sono contento d'essere stato il primo a piantare la bandiera italiana in Palermo. Sono contento per Bergamo.
(24) G. SYLVA , opera citata, pag. 222.
(25) II primo armistizio di 24 ore fu conchiuso, dietro istanza del generale borbonico Lanza, il 30 maggio, prolungato per altri tré giorni e poi a tempo indeterminato.
(26) Cfr. ordine del giorno del 4 giugno 1860, in F. CRISPI , I Mille, Appendice C, pag. 398, Milano, Fr. Treves, 1911.
(27) L. STEFANONI, opera citata, pag. 73.
(28) Cfr. lettera di F. Cucchi a V. Tasca , da Palermo a Catania, del IO luglio 1860, (Arch. St. Ris. Ital. ォ Gamba サ, voi. 42, N. 3813, Civica Biblioteca « Mai », Bergamo).
(29) Cfr. lettera Cucchi (con poscritto di Ginami!) da Palermo del 17 luglio 1860, probabilmente al Tasca, (Arch. St. Ris. Ital. ォ Gamba サ, voi. 42, N. 3816, Civica Biblioteca « Mai », Bergamo). Cfr. dispaccio telegrafico 26965 da Torino del 10 luglio 1860 al conte L. Albani da parte di Gabriele (Camozzi), Arch. St. Risorgimento Ital. ォ Gamba サ, vol. 42, N. 3888 bis. Civica Biblioteca ォ Mai サ, Bergamo!
(30) Presso il Museo del Risorgimento di Bergamo, Rocca, vetrina, 25, N. 519. Dispaccio 20435 del 20 luglio 1860 da Genova a Bergamo, del Nullo al conte L. Albani, Archivio St. Ris. Ital. « Gamba », vol. 42, N. 3888 bis.
(31) Essendo a Bergamo, il Nullo non potè partecipare alla battaglia di Milazzo.
(32) I Garibaldi Medici Cosenz Nullo .
(33) Garibaldi al Sindaco di Bergamo: Camozzi, lettera da Caprera del 10 febbraio 1861.
(34) L. STEFANONI, opera citata, pag. 76.
(35) A. MARIO, La Camicia Rossa, voi. LXI della Serie Storia e Fil., Ed. Universale Economica, Milano, 1954, pag. 22.
(36) Col Nullo vi erano: Missori , Mario , Zasio , Bezzi , Salomone , Stradivari , tutti ufficiali di provato coraggio.
(37) A. MARIO, opera citata, pag. 24.
(38) A. MARIO, opera citata, pag. 27.
(39) I continui spostamenti operati con marce faticosissime da un punto all'altro dell'Appennino calabrese indebolirono molto le linee dello Stretto.
(40) A S. Lorenzo furono generosamente ospitati dal Sindaco, che si lasciò convincere a proclamare il Governo nazionale, prima ancora dell'arrivo di Garibaldi . (Cfr. A. MARIO, opera citata, pagg. 52-53).
(41) A. MARIO, opera citata, pag. 52.
(42) A. MARIO, opera citata, pag. 54.
(43) A. MARIO, opera citata, pag. 54.
(44) A. MARIO, opera citata, pag. 54.
(45) Cfr. lettera di F. Nullo ai familiari (da S. Lorenzo il 17 agosto 1860: « Sto bene... ma stremo di forze per le grandi fatiche e il continuo incalzare di tanti regi... ». (Museo del Risorg., Rocca, Bergamo, vetrina 25).
(46) Cfr. lettera di F. Istituto ai familiari, da Reggio Calabria il 21 agosto 1860: «Miei cari, eccoci congiunti ai nostri compagni sbarcati in Calabria ieri e già compito un fatto d'arme glorioso. Siamo padroni di Reggio. Dopo l'occupazione del forte fui nominato dal Generale Maggiore. Sto bene e Io spero di voi pure; ebbimo fatiche e pericoli da non credersi. (Omissis). (Racc. autografi. Archivio privato del dr. Gino Romelli-Gervasoni di Clusone, Bergamo).
(47) A. MARIO, opera citata, pag. 57.
(48) A. MARIO, opera citata, pag. 58.
(49) A. MARIO, opera citata, pag. 58.
(50) A. MARIO, opera citata, pag. 58.
(51) Generale borbonico, comandante di un Corpo dislocato lungo la costa calabrese.
(52) A. MARIO, opera citata, pag. 60.
(53) Generale borbonico.
(54) Villaggio in provincia di Catanzaro.
(55) A. MARIO, opera citata, pag. 82.
(56) Dove Garibaldi « prese stanza », (vedi: A. MARIO, opera cit., pag.82).
(57) Cfr. lettera di F. Nullo da Napoli del 16 settembre 1860: «
... d'improvviso debbo accompagnare il Dittatore a Palermo (silenzio) ». Raccolta manoscritti Nullo ad E. Tavola, Civica Biblioteca « Mai » di Bergamo. Vedere: DENIS MACK SMITH, Garibaldi e Cavour nel 1860, Ed. Einaudi, luglio 1958, pag. 328, capitolo XVIII.
(58) Cfr. DENIS MACK SMITH, opera citata, pag. 328.
(59) A. MARIO, opera citata, pag. 107.
(60) Cfr. lettera di F. Nullo al sig. Giovanni Nullo (fratello) da Caserta, il 2 ottobre 1860, Museo del Risorgimento di Bergamo, N. 5026, vetrina 25.
(61) Cfr. G. GARIBALDI , Memorie, vol. II, redazione definitiva, 1872, Ed. Cappelli, Bologna, pag. 483.
(62) L. STEFANONI, opera citata, pag. 88. Cfr. Decreto Dittatoriale del 10 ottobre 1860.
(63) Contadini sanniti.
(64) Vedi: « Memorie al Parlamento Nazionale - Marzo 1861 », pagg. 10-11, « Il Sannio », 1860.
(65) A. MARIO, opera citata, pag. 113.
(66) Vedi: A. MARIO, opera citata, capitolo V.
(67) Nullo, veramente, avrebbe voluto per questa spedizione due Battaglioni di Lombardi. (Cfr. A. MARIO, opera citata, pag. 123).
(68) A. MARIO, opera citata, pag. 127.
(69) A. MARIO, opera citata, pag. 128.
(70) A. MARIO, opera citata, pag. 132.
(71) A. MARIO, opera citata, pag. 133.
(72) Cfr. CESARE CESARI, Memorie Storiche e Militari - Il Sannio 1860, Città di Castello, 1012, pag. 27: « II colonnello Garibaldino Nullo fu allora pregato di assumere il comando di un migliaio di volontari, e passando da Ponte Landolfo recarsi a Boiano coll'intendimento di occupare Pcttorello, a breve distanza da Isernia... il Nullo, dopo una faticosa marcia, occupava, nel pomeriggio del 17 ottobre, Pettoranello... ».
(73) Carpinone.
(74) Cfr. telegramma del Nullo a Garibaldi , da Campobasso del 18 ottobre 1860, in C. AGRATI, Da Palermo al Voliamo, Milano, Mondadori, 1937, pag. 538.
(75) La ritirata in mezzo a migliala di reazionari fu una vera decimazione; anche quelli che furono fatti prigionieri, furono trucidati. Vedere: « Atti del processo sulla strage di Carpinone ».
(76) Dispaccio del Nullo da Campobasso del 18 ottobre 1860.
(77) G. GARIBALDI , 7 Mille, Ediz. Naz. Bologna, 1933, vol. III, pagg. 289-293.
(78) Cfr. G. TOMA, Ricordi di un Orfano, Napoli, 1866. La spedizione di Isernia, in " Antologia di Scrittori Garibaldini ". Da Roma a Digione, Casa Ed. D'Anna, Firenze, 1959, pag. 186. Cfr. G. PETELLA, La Legione del Matese durante e dopo l'epopea garibaldina. - (Agosto 1860 - Marzo 1861), Città di Castello, Lapi, 1910, pag. 153: « Secondo le intenzioni di Garibaldi , il Nullo avrebbe dovuto tentare l'impresa d'Isernia se non quando Cialdini fosse arrivato, perché colla raccomandazione di usare nell'adempimento della missione più prudenza che audacia si tendeva precisamente a render partecipi i volontari di un'azione combinata colle truppe di Re Vittorio ». Cfr. F. DE NUNZIO, « Rivista Storica del Sannio », 1915-1917, pag. 234 e seg., pag. 50 e seg.: « L'avanzata del Nullo oltre Cantalupo non fu ardimento, ma imprevidenza ».
(79) Cfr. F. CRISPI , Il Diario dei Mille, Ed. Treves, Milano, 1911, pag. 363, « 30 ottobre 1860 - 31 ottobre 1860 ».
(80) Cfr. F. CRISPI , opera citata, « 9 novembre 1860 ».
(81) A. MARIO, opera citata, pag. 159.
(82) A. MARIO, opera citata, pag. 160.
(83) DENIS MACK SMITH, opera citata, pag. 315.
(84) DENIS MACK SMITH, opera citata, pag. 500.
(85) G. BANDI, 7 Mille, Firenze, 1903, pag. 339.
(86) Permesso militare N. 147, cartella 1/1, Museo del Risorgimento di Bergamo.
(87) Caffè, frequentato dal Nullo, durante le sue soste a Bergamo; era in via Prato, ora via XX Settembre. E' ricordato in alcune lettere scritte dal Nullo a parenti ed amici.
(88) Attuale via XX Settembre, al N. 10. Una lapide, inaugurata nel 1895 dalla Società Veterani e Beduci, ricorda ancor oggi questa abitazione del Nullo.
(89) Vol. III, pag. 140, « Relazione dei Giurati » dell'Esposizione Italiana di Firenze del 1861.
(90) C. AGRATI, G. Sirtori, il primo dei Mille, Bari, Laterza, 1940, pag. 209.
(91) Allo scadere del permesso militare rilasciategli a Napoli.
(92) Cfr. lettera di F. Nullo da Torino, del 27 marzo 1861, al nobile G. B. Camozzi, Sindaco di Bergamo, Archivio St. Ris. Ital. « Gamba », Faldone C, N. 137, Civica Biblioteca « Mai », Bergamo.
(93) Raccolta Invernizzi, Museo del Risorgimento di Bergamo, cartella G, N. 7373, vetrina 25.
(94) Dato in Torino, addì 12 giugno 1861.
(95) Iscritto nel Ruolo dei Cavalieri dell'Ordine Militare di Savoia al N. 769; il documento fu inviato al decorato il 26 marzo 1862. (Museo del Risorgimento di Bergamo, vetrina 25).
(96) Decreto dato in Torino l'11 agosto 1861, registrato alla Corte dei Conti il 16 agosto 1861. (Museo del Risorgimento di Bergamo, N. 383, vetrina 25).
(97) Emilio Zasio, sottotenente delle Guide in Sicilia, amico intimo di F. Nullo. L' Abba lo definisce « impetuoso, temerario, grandioso ».
(98) Lettera autografa di E. Zasio da Torino, del 17 agosto 1861, a F. Nullo a Baden. (Museo del Risorgimento di Bergamo, vetrina 25).
(99) Vedi lettera indirizzata dal Nnllo all'amico G. Bruzzesi, da Parma, in data 31 marzo 1862, presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma, Busta 97 (8).
(100) Dimissioni presentate con istanza in data 29 marzo 1862. Vedi: « Annunzio di dispensa dal servizio, N. 1930 », presso Museo del Risorgimento di Bergamo, vetrina 25.
(101) GUERZONI, Vita di Garibaldi , Barbera, Firenze, 1882, vol. II, cap. X.
(102) Cfr. KARL BLIND, Lucken in Garibaldi 's Denkwurdgkeiten, nel " Magazin tur die Literatur des In-und-Auslandes », 1888, pag. 221 e ss.
(103) Liberare il Veneto.
(104) GUERZONI, opera citata, volume II, capitolo X, pag. 287.
(105) Figlio di Garibaldi .
(106) GUERZONI, opera citata, volume II, capitolo X, pag. 290 seg.
(107) L'entusiasmo suscitato nelle popolazioni, durante questo giro, fu alimento alla fiamma nel cuore del Generale.
(108) Cfr. L. STEFANONI, opera citata, pag. 94.
(109) Dopo la fiera protesta del Rattazzi per i « fatti di Sarnico », Garibaldi fece una vivace dichiarazione al Presidente della Camera per negare che i giovani trovatisi nella pacifica Lombardia per esercitarsi viemmeglio alle armi, in aspettazione di futuri avvenimenti » fossero pronti ad invadere il Tirolo. (Vedere: « Atti del Parlamento Italiano », Sessione 1861-62, vol. V, pag. 2161 ss., della II edizione. Roma 1881).
Pasino Locateli; sulla «Gazzetta di Bergamo» del 7 giugno 1862 scrive:
« Chi ne capisce? Garibaldi nega recisamente la spedizione in Tirolo e ci pare un buon ritrovato per accomodare alla meglio ogni scandalo... Facciamo pure noi l'atto di fede, rinneghiamo pure di aver udito colle nostre orecchie le disposizioni particolari della spedizione e i nomi dei designati al primo passaggio, di aver vedute carte geografiche... E' meglio negare tutto, onde tutto assopire...
Audacia Garibaldina da una parte, condiscendenza governativa dall'altra ».
La verità è questa: Rattazzi , sperando nell'audacia di Garibaldi e in una fortuna pari a quella toccata al Cavour , lasciò fare. I preparativi della spedizione in Tirolo furono lasciati portare molto avanti, ma al momento dell'azione, il pericolo di una guerra contro l'Austria indusse il Governo italiano a fermare e disperdere con la forza i volontari. (Vedere: lettera di Giovanna Camozzi Giulini al fratello Cesare Giulini « sul Nullo in occasione dei fatti di Sarnico»,Archivio St. Ris. Ital. « Gamba », Faldone 46, N. 4599, N. 4604).
(110) Centro delle Valli che mettono al Tirolo. GUERZONI, opera citata; volume II, capitolo X, pag. 289.
(111) La Camozzi Giulini nella lettera al fratello Cesare, in occasione dei « Fatti di Sarnico » scrive che « il soggiorno si prolungato » di Garibaldi a Trescore, le « dava a pensare... ». Da ricordare che Garibaldi era ospite dei Camozzi.
(112) Vedi « deposizione » del Nullo al secondo interrogatorio, avvenuto il 22 maggio 1862 in Alessandria (Tribunale Provinciale di Alessandria: Volume degli interrogatori dei l32 Ditenuti (sic) nella Cittadella di Alessandria, provenienti da Bergamo e Brescia ; presso l'Archivio del Tribunale di Bergamo).
(113) Paese di confine tra Bergamo e Brescia, sul lago d'Iseo.
(114) Cfr. Atti del processo per i « Fatti di Sarnico » presso l'Archivio del Tribunale di Bergamo.
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