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19 INCONTRO DI PREGHIERA

Celebrazione Penitenziale in preparazione alla Pasqua

Le Parabole della Misericordia

 

Preghiera Iniziale

Tu, Padre misericordioso, gioisci di più per una sola anima pentita

che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

E noi, con grande gioia sentiamo narrare quanto è felice il pastore

nel riportare sulle spalle la pecora che si era smarrita,

e strappa lacrime di gioia la festa che si fa nella tua casa

quando si legge il racconto del tuo figlio minore

che era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato.

Tu gioisci in noi e nei tuoi angeli, resi santi da un amore santo;

sei infatti sempre il medesimo,

sempre nel medesimo modo conosci tutte le cose,

   che pure non esistono sempre nè sempre allo stesso modo.       

Sant’Agostino

 

Prima Parabola ...Sono venuto a chiamare i peccatori

Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori? ”. Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,10-13)

Un invito a mensa è sempre una festa: luogo privilegiato del dialogo. Egli desidera il sacrificio del nostro cuore: attende che prendiamo coscienza del nostro peccato e accogliamo con gratitudine l’invito alla mensa della sua misericordia. Gesù passa e chiama, non ci chiede nulla, ma si dona: è il medico che sana le umane ferite.

 

In Dio e’ piu’ grande la Giustizia o la Misericordia?

     Al tribunale di Jahvè cento angeli accusano un uomo: ”Costui è veramente malvagio”. Solo un angelo si attesta in suo favore: “Ma ha compiuto un’opera buona!” Jahvè fa inclinare la bilancia in favore del peccatore e sentenzia: “Niente Geenna” Ma non sapete quale è l’orario di Dio. Ecco come la pensavano gli “Abbas” del deserto: “Per tre ore al giorno Jahvè siede in tribunale a giudicare il mondo. Ma quando il male prevale sul bene, si alza dal trono della giustizia e, con un sospiro di sollievo, si siede per il resto della sua giornata sul trono della misericordia”.  (Detti dei Padri del deserto)

Canto:  

Seconda Parabola: ….Oggi la salvezza e’ entrata in casa tua

Entrato in Gerico, Gesù attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.  In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore! ”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo;  il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. (Luca 19,1-10)

L’incontro tra la miseria umana e la misericordia di Dio è il miracolo quotidiano. Colui che viene a cercare e a salvare chi era perduto non segue la logica della giustizia umana. La giustizia di Dio, infatti ha sempre sapore di misericordia.

La preghiera della devota Vishu’

     Signore, ti chiedo perdono per tre miei peccati gravi:  il primo è che mi sono recata in pellegrinaggio in molti santuari, senza pensare che tu sei presente in ogni luogo;  il secondo è che ho invocato spesso il tuo aiuto, dimenticando che tu sai meglio di me ciò di cui ho bisogno;  e infine, ecco che vengo a chiederti perdono dei miei peccati, pur sapendo che sono già stati perdonati prima ancora di essere commessi.

(Anthony de Mello – La preghiera della rana)

 

Breve pausa di silenzio con sottofondo musicale

 

Terza Parabola.........e gli condono’ il debito

Il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!..........Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto.  Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?  (Matteo 18,23-28.31-33)

 
IL MESTIERE DI DIO È PERDONARE

     I cattolici sono soliti andare dal prete a confessare i loro peccati e ricevere da lui l’assoluzione in segno di perdono da parte di Dio. C’è però spesso il rischio che i penitenti si servano di tutto ciò come di una garanzia, un certificato che li protegga dal castigo divino e pongano così maggiore fiducia nell’assoluzione del sacerdote che non nella misericordia di Dio. È proprio quello che fu tentato di fare in punto di morte il Perugino, un pittore italiano del Rinascimento, il quale decise di non confessarsi finché non fosse stato sicuro che non era la paura a spingerlo a farlo. Per lui sarebbe stato un sacrilegio e un’offesa a Dio. Un giorno la moglie, che era all’oscuro di questo suo atteggiamento interiore, gli domandò se non avesse timore di morire senza essersi confessato. Il Perugino replicò: «Mia cara, ecco come io vedo la cosa: “il mio mestiere è dipingere e sono stato un ottimo pittore. Quello di Dio è perdonare e se lui sa fare il suo lavoro come io ho saputo fare il mio, non vedo perché dovrei avere paura”.                                                  (La preghiera della rana  - di Anthony de Mello)

Canto:

 

Quarta Parabola - Neanche io ti condanno....

Gli scribi e i farisei conducono (a Gesù) una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? ”.  Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.  Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”.

E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più”.        (Giovanni 8,3-11)

 

Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia

Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati. Gesù levò gli occhi verso di lei. Abbiamo sentito la voce della giustizia, sentiamo ora la voce della mansuetudine. Credo che più degli altri fosse rimasta colpita e atterrita da quelle parole che aveva sentito dal Signore: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Quelli, badando ai fatti loro e con la loro stessa partenza confessandosi rei, avevano abbandonato la donna col suo grande peccato a colui che era senza peccato. E poiché essa aveva sentito quelle parole: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei, si aspettava di essere colpita da colui nel quale non si poteva trovar peccato. Ma egli, che aveva respinto gli avversari di lei con la voce della giustizia, alzando verso di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: Nessuno ti ha condannato? Ella rispose: Nessuno, Signore. Ed egli: Neppure io ti condanno, neppure io, dal quale forse hai temuto di esser condannata, non avendo trovato in me alcun peccato. Neppure io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va' e d'ora innanzi non peccare più (Gv 8, 10-11). Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l'uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti condanno; va', vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell'inferno. Ma non disse così.

(Dal Commento al Vangelo di S.Giovanni di S.Agostino – in Io Ev. tr. 33,4-6)

 

Pausa di silenzio con sottofondo musicale

 

Quinta Parabola ……La pecora perduta

Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.  I farisei e gli scribi mormoravano: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”.Allora egli disse loro questa parabola:  “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. (Luca 15,1-7)

 

Dalle Confessioni di S.Agostino – (libro 8 cap. 3,6-7)

Dio buono, cosa avviene nell’uomo, che per la salvezza di un’anima insperatamente liberata da grave pericolo prova gioia maggiore che se avesse sempre conservato la speranza, o minore fosse stato il pericolo? Invero anche tu, Padre misericordioso, gioisci maggiormente per un solo pentito che per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di penitenza ; e noi proviamo grande gioia all’udire ogni volta che udiamo quanto esulta il pastore nel riportare sulle spalle la pecora errabonda , e come la dracma sia riposta nei tuoi tesori fra le congratulazioni dei vicini alla donna che l’ha ritrovata; e ci fa piangere di gioia la festa della tua casa, ogni volta che nella tua casa leggiamo del figlio minore che era morto ed è tornato in vita, era perduto e fu ritrovato.  Tu gioisci in noi e nei tuoi angeli santificati da un santo amore, perché sei sempre il medesimo, e le cose che non esistono sempre né sempre nel medesimo modo tu nel medesimo modo le conosci sempre tutte.

 

Pensiero di Santa Teresa d’Avila

Mi sono stancata prima io ad offendere Gesù che non Lui a perdonarmi. Egli non si stanca mai di donare, né le sue misericordie possono esaurirsi. Non stanchiamoci noi di riceverle.

 

Canto

 

Sesta Parabola….La dramma perduta

O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”. (Luca 15,8-10)

 

Dimenticare e... Ricordare.

Una storia racconta di due amici, che camminavano nel deserto. Ad un certo momento, durante il viaggio, cominciarono a discutere animatamente, ed uno dei due diede uno schiaffo all'altro che, addolorato ma senza dire nulla, scrisse sulla sabbia: “il mio migliore amico, oggi, mi ha dato uno schiaffo”. Continuarono a camminare, finché trovarono un'oasi, dove decisero di fare il bagno. Colui che era stato schiaffeggiato, perse l'equilibrio e rischiava di annegare, ma il suo amico lo salvò. Dopo che si fu ripreso, scrisse su una pietra: “ il mio amico, oggi, mi ha salvato la vita”. Colui che aveva dato lo schiaffo e aveva salvato il suo migliore amico domandò: "Quando ti ho percosso hai scritto nella sabbia, e adesso che ti ho salvato la vita lo scrivi su una pietra, perché? L'altro rispose: "Quando qualcuno ci ferisce, dobbiamo scriverlo nella sabbia, dove i venti del perdono possano cancellarlo, ma quando qualcuno fa qualcosa di buono per noi,  dobbiamo inciderlo nella pietra, dove nessun vento lo possa cancellare." Così fa il Signore con noi: le nostre colpe le occulta alla luce del suo volto, i nostri peccati li dimentica, le nostre opere buone, invece, saranno per sempre. Impara a scrivere le tue ferite nella sabbia, e ad incidere nella pietra le tue gioie.

 

Pensiero del Santo Curato d’Ars

Non è il peccatore che torna a Dio per chiedergli perdono, ma è DIO che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui.

 

Pausa di silenzio con sottofondo musicale

 

Settima Parabola……Il figlio prodigo

Disse ancora Gesù: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.  Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.  Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;  ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. (Luca 15,11-32)

 
NON ASPETTARE A CONVERTIRTI AL SIGNORE

        Prima della guerra mondiale, mentre in tutte le parrocchie di Aquisgrana si tenevano le Missioni per il popolo, un Padre mis­sionario raccontò dal pulpito il seguente aneddoto: «Una madre stava per morire; tutti i figli circondavano il suo letto di morte, eccetto uno, un figliol prodigo che aveva, con la sua cattiva condotta procurato molti affanni e preoccupazioni a sua madre. L’unico desiderio della morente era che anche questo figliolo potesse esser presente in quel momento supremo. I figli si misero in relazione col Comandante del carcere - il cui fratello si trovava in quel momento in prigione - e ottennero che egli, sotto la scorta di due soldati, fosse accompagnato al letto di morte della madre. La povera donna era ormai troppo debole per poter rivolgere al figlio anche una sola parola, ma potè guardarlo ancora una volta. Questo sguardo della morente lo vinse. Egli, che fino ad allora non aveva voluto saperne di un sacerdote, pregò - di ritorno alla sua cella - che gli chiamassero un confessore e fece con animo contrito un’umile e sincera confessione generale. La gra­zia continuò a lavorare nel suo cuore. Uscito di prigione, riprese gli studi e diventò prete». «E quel prete concluse il Padre missionario sono io». Questo esempio, che il missionario aveva preso dalla propria vita, esercitò un azione più profonda di qualunque predica: molti che da dieci, venti, trenta anni non si erano più accostati ai sacramenti, trovarono di nuovo la via del confessionale. (R. Graf -  il sacramento della divina misericordia )

Preghiera Finale - Tardi Ti amai

Tardi Ti amai, bellezza così antica e così nuova, Tardi Ti amai. Sì, perché Tu eri dentro di me ed io ero fuori. 

Lì Ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme  delle Tue creature. Tu eri con me, ed io non ero con Te.

Mi tenevano lontano da Te le tue creature, inesistenti se non esistessero in Te. Mi chiamasti, e il Tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il Tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la Tua fragranza, e respirai ed ora anelo verso di Te; gustai ed ho fame e sete;  Mi  toccasti, ed arsi di desiderio della tua pace.        

                                                                    S.Agostino - Conf.10,27,38

 

             

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