Cento volturaresi ed un brigante Volume II
 
VOLUME II
CENTO VOLTURARESI ED UN BRIGANTE
Edmondo Marra

Benvenuti
nella
Terra della Voltorara

Volume II
Cento volturaresi ed un brigante












Il disegno è di Angelo


Introduzione

Alcune considerazioni su anni di studio e di ricerche,sperando di aver fatto cosa utile.
- Era usuale per ogni volturarese che combinava qualcosa che la voce popolare inventasse una canzone o dei versi. Peccato che il tutto si sia perso nel nulla del tempo.
- I nostri vecchi sapevano tutto ! Noi ce lo siamo scordato. E' strabiliante vedere che ciò che costruivano nei secoli scorsi ,secondo un intuito dettato dalla sola esperienza che ha spesso del soprannaturale, presenta una validità attuale e che molte loro invenzioni noi non saremmo mai in grado di realizzarle .
- Gli eroi sono uomini normali che in circostanze straordinarie compiono atti straordinari
- Fino alla II Guerra Mondiale la Storia scritta da pochi era la Storia di pochi. Oggi che il popolo capisce e partecipa a tutto la Storia è storia di tutti.
- Se li guardi dall’alto ti appaiono gretti e meschini. Egoisti e limitati caratterialmente . Se li guardi dal basso sembrano potenti ed inavvicinabili,fautori del destino degli uomini. Nel grande gioco della vita le misure si perdono e tutto diventa relativo. Scomparsi e dimenticati. Nulli ed inesistenti. Quando impari a conoscerli vorresti farli rivivere in un gioco dove scorrono centinaia d’anni e partecipi giudicando avvenimenti che non avresti mai conosciuto.Come può la Storia non ricordare tutti con i loro esempi positivi o negativi che siano stati .
Forse potrebbero servire come modelli per il futuro,forse è bello ricordarli solo perché sono esistiti e basta. Uomini normali come noi,in un paese senza grandi protagonisti. Uomini che si sentivano potenti perché discendevano da potenti,o che si sentivano deboli perché nati da deboli.
- Ci sono uomini che hanno determinato la storia del loro paese,senza mai comparire nei ruoli pubblici. Ci sono uomini che hanno ben rappresentato nelle Istituzioni il paese che rappresentavano. Ci sono uomini,la maggior parte ,che non hanno degnamente rappresentato il paese che dovevano rappresentare nelle Istituzioni.
- Tutti i sacrifici fatti servono per passare dalla "memoria ad uomo" ad una vera memoria storica.
- Ho avuto la fortuna di scoprire il cammino di un popolo nelle suoi piccoli e grandi avvenimenti
- a fine 700 in un processo contro un ex Sindaco accusato di non aver restituito un debito un testimone dice: << I Sindici vengono sempre significati debitori e rei di peculato >>.









Antonio Masuccio 1618 - 1682

Nato al Freddano nel 1618 dal Barone Decio ( 1574 – 1621 ), che era feudatario di Voltorara , minore conventuale , vissuto per molti anni a Napoli.
Teologo ,predicatore famoso, passò dal romanzo sacro al poema ,al trattato filosofico, alla biografia sacra.
Nel 1650 pubblicò con dedica al Principe di Avellino Don Francesco Marino Caracciolo I Panegirici sacri in numero di dodici dei quali Francesco Loredano disse che il Masuccio aveva trattato una materia ordinaria con forme sublimi per cui lo scrittore poteva pretendere maggior gloria.
Pubblicò poi
La Bizzarria di ingegno ,biografia di Giovanni Duns Scoto, operetta in stile brillante nella quale si dimostra a che può arrivare l’ingegno umano applicato a ragionamenti filosofici e teologici.
Nel 1661 il Teatro dell’amicizia ,romanzo.
Nel 1664 l’Oricalco poetico,curioso poema in 24 canti. che incomincia così
“ De la Giudea cervice a suon di lira,canto l’oppresso orgoglio.......”
E’ scritto in ottava rima e racconta la guerra incominciata da Vespasiano e finita da Tito con la distruzione di Gerusalemme.
Nel 1666 lo Sfortunato felice,in cui si fonde la tradizione sacra con la struttura del racconto.
Nel 1677 16 Novembre Calvinus Expugnatus .
Secondo Saverio Quadro, Antonio Masuccio morì a Napoli nel 1682.
Dice di Lui Vincenzo Pasquale nel 1904 nella poesia “ La Faggeta” :
Antonio Masuccio discendente da nobile famiglia baronale,nacque in Volturara Irpina,via Alessandro Di Meo,già Freddano,nel 1618: fu monaco dei Minori conventuali,sommo teologo,filosofo,letterato,romanziere e poeta,autore di otto opere edite, e di tredici inedite ( vedi notizie intorno alla vita ed alle opere di Frate Antonio Masuccio per Giuseppe Pennetti di Gerardo).Ebbe giovinezza triste e travagliata. Dirà nello Sfortunato felice
“ ereditai gl’infortunii con la nascita ”.
Compì gli studi sacri e teologici presso le scuole minori conventuali in Napoli nel Monastero di San Lorenzo,ove fu ordinato monaco.Fu chiamato Predicatore famoso ,uomo di pellegrina eloquenza.Insegnò Sacra Teologia e Filosofia.
Per il suo Oricalco poetico Francesco Loredano scrisse di Antonio Francesco Masuccci
“ Marmi non ho per eternar tuo nome
che avere eternità deve in misura.
Non tengo lauri a coronar tue chiome,
ché ogni diadema il tuo gran merto oscura”

Citato da innumerevoli scrittori nel tempo, fu oggetto di uno studio
particolare ed approfondito da parte di Giuseppe Pennetti ( 1859-1912),
fratello di Vincenzo ( 1867-1900) nel 1886.










Alessandro Di Meo 1726 - 1786 Sacerdote Redentorista .
Servo di Dio.
Prodigio di scienza e Miracolo di Santità.
Portento della Natura e della Grazia.
Figlio di Marco e Giovanna Pennetti. Discepolo di Sant’Alfonso de’ Liguori. Nacque il 3 Novembre 1726 nella Terra della Voltorara.Ha scritto “Gli Annali della Storia del Reame di Napoli nella mezzana Età”, opera monumentale in XII tomi,pubblicati postumi dai nipoti sacerdoti Giuseppe e Pasquale Di Meo.
Morì il 20 Marzo 1786 in Nola mentre predicava della vita e della morte,colpito da apoplessia, divenendo il simbolo dell’accettazione della volontà divina di fronte all’exitus e preveggendo la sua dipartita nelle ultime parole che stava proferendo.
Dalla prefazione del libro Un Eroe dimenticato .
L’opuscolo di P. Santonicola scritto nel 1936 rende omaggio al più grande personaggio che Volturara ha generato nella sua storia millenaria e merita di essere pubblicato come prima pagina della collana “Autori volturaresi” organizzata dalla biblioteca comunale “Mariano Lepore” per la completezza delle notizie che fanno riscoprire la figura e la statura di un uomo che nella ricerca storica e nel divenire della vita rappresenta un esempio ineguagliabile di rigore e capacità , ma soprattutto dà la dimensione di un Santo rimpianto da tutti i suoi contemporanei, capace di esprimere la volontà di Dio con miracoli , testimoniati ad uno ad uno, che dopo la sua morte crearono intorno al suo Nome un alone mistico delicato portandolo nei due secoli successivi di bocca in bocca ed aumentandone la fama facendone un colosso , punto di riferimento di tutti. Scientificità nella ricerca storica e fede assoluta in Dio nella vita , una contrapposizione che rende ancora più grande la sua figura e Sant’Alfonso dei Liguori ,suo maestro, amava chiamarlo “Prodigio di Scienza e Miracolo di Santità”. Di Padre Alessandro Di Meo , fonte degli storici più famosi d’Europa come Mac Smith ed altri, hanno scritto
- Padre Antonio M. Tannoia 1813
ristampato dal sac. Antonio Candela 1898
- Vincenzo Pennetti 1894
- Padre Alfonso M. Santonicola 1936
- Roberto Rezieri Di Meo 1966
- Giuseppe Chiusano 1976
- Goffredo Raimo 1986
e noi vogliamo ripubblicare uno degli scritti riguardanti la sua vita e le sue opere per impedire che la sua Figura si perda nelle nebbie del tempo , in una Società che privilegiando egoismi ed arrivismi annulla i valori della Cultura e della Fede e per spiegare che la grande statua bronzea in Piazza eretta nel 1926 ,bicentenario della sua nascita, fu il frutto dell’amore di tanti volturaresi emigrati nel mondo in onore di chi era stato forse il primo emigrante due secoli prima. E bene fece il Comitato organizzatore a riportare da Nola dove riposavano , le spoglie mortali del Servo di Dio, alla fine degli anni 80 nel suo paese nativo , depositandole in una nicchia posta tuttora nella Chiesa Madre.
Quello che nessuno ha mai detto è che Padre Alessandro Di Meo era l’ultimo di otto figli , cinque maschi ( Pietro, Domenico,Sebastiano,Luca ) e tre femmine ( Domenica,Catarina, Gioiella), che diedero origine a quattro rami di famiglie diverse che sono presenti ancora oggi a Volturara, al Freddano, al Carmine , al Campanaro e alla Pozzella.
Volturara Irpina Luglio 2003 Il Sindaco
Edmondo Marra









Antonio Pennetti 1704 - 1771 medico
di Pietro e Diana Coscia. Sposato con Giovanna Di Meo in prime nozze e con Lucrezia De Stefano di Sorbo in seconde nozze. E’ il capostipite del ramo dei Pennetti che arriverà fino alla fine del XX secolo , con medici ed avvocati che daranno lustro al paese . Laureatosi in filosofia,matematica e medicina, ottenne la direzione di una delle sale agli Incurabili ed insegnò ancora Materia Medica. Alla morte dello zio Giuseppe,medico a Volturara, fu richiamato dal padre a sostituirlo e passò il resto della sua vita al paese mantenendo una delle due condotte comunali. L’altra era appannaggio del cugino Gaetano . Fu educatore del nipote Alessandro Di Meo,figlio della sorella Giovanna. Morì dopo aver pubblicato un trattato di materia Medica ed un altro di Anatomia Umana con il titolo : Universae Philosophiae Enchiridion. Il Tannoia nella biografia dedicata ad Alessandro Di Meo,suo contemporaneo, disse di lui: Benché non sia questa terra ( Volturara) troppo ricca di doni di natura,perché posta fra i tortuosi anfratti del rigido Appennino,cospicua non però si rende pei portentosi talenti , che in ogni tempo ha prodotti. Omettendo tanti talenti uomini chiari per lettere,vaglia per tutti Antonio Pennetti,zio materno del nostro P. Alessandro. Questi oltre le facoltà fisiche ,perché eccellente medico,possedeva la poesia,la storia,le matematiche e quello che è più con stupore di ognuno le scienze civili e dogmatiche. Uomo troppo noto per si vaste erudizioni non meno in Provincia che nei luoghi adiacenti.



Giuseppe Di Feo 1725-1800° notaio al Freddano
di Nicola e Catarina Conte. Sposato con Beatrice Siniscalchi di Forino.
Un personaggio importante , anche se poco conosciuto ,del 700 . Di professione notaio. Un figlio sacerdote Don Sebastiano ed un altro legale , Don Antonio. Ha vissuto i grandi avvenimenti del secondo settecento in prima persona , forte di un rispetto che lo poneva tra i primi del paese insieme ai Pennetti. Nel 1754 , come economo dei Pii Stabilimenti , fece costruire il Campanile in Piazza a perenne ricordo di una fede popolare forte e consolidata.
Anche il figlio Antonio avrà un ruolo importante nel primo 800 come impiegato comunale fino alla sua morte avvenuta nel 1837. Il nipote Giuseppe,unico erede maschio, morirà nel 1818 a 19 anni.




Lodovico Petito 1743-1823, possidente,analfabeta. Freddano.
Sindaco 1785,1793,1794.II Eletto nel 1800.
A lui sono legati i primi interventi per la bonifica della bocca del Dragone e la costruzione del mulino sotto la Maroia.Troviamo ancora oggi il suo nome sul frontespizio delle mure alla Bocca del Dragone e sull’arco della porta del vecchio molino nel vallone sotto la Maroia.
Nel Parlamento in piazza del 1 Settembre 1793 ( fino al 1806 i Sindaci radunavano in Piazza con bandi o a suono di campana i capifamiglia e deliberavano sui problemi del paese per alzata di mano) Lodovico Petito nel primo giorno del suo Sindacato delibera di dare 100 ducati a testa ai due medici condotti Giuseppe e Andrea Pennetti,cambiando il deliberato del Parlamento del 1781 che dava 150 ducati ad Andrea,ritenuto più esperto e 50 a Giuseppe.
Andrea Pennetti nel ricorso che presenta dice “ ...ma nel 1 settembre 1793 divenuto prepotente in quella terra Don Giuseppe Pennetti fece eliggere a Sindaco Ventura Potito uomo che non poteva a tal carica aspirare perché da poco tempo era uscito dalla regia galea , a piano di infiniti altri acciacchi.Or costui nel primo giorno di Sindaco ,uniti con se pochissimi cittadini aderenti,
convocò parlamento.......”.


Giacomo Bottigliero 1759-1819
Nato nel 1759 da Don Nicola e Donna Francesca de Santoi arriva a Voltorara ancora giovane per lavoro come funzionario del Governatore del Principato Ultra. Vi rimarrà , come tanti, per il resto della sua vita sposando una volturarese, Catarina figlia di Amato Petito. Vive le vicende di fine settecento e primo ottocento da protagonista in un turbinio di avvenimenti che cambiano la vita economica e sociale del paese. Nel decennio francese assume il ruolo di cancelliere comunale fino a diventare Sindaco nel 1813 e 1814. Con il ritorno dei Borbone sul trono di Napoli si defila dalla vita pubblica e muore nel 1819 lasciando due maschi Michele e Ferdinando e due femmine Ludovica e Francesca. Da questo momento con la morte del padre le vicende della famiglia si perdono nella quotidianità e forse anche nella povertà fino a scomparire del tutto a fine ottocento per mancanza di eredi maschi. La sola nipote Rosalia Maria Michela figlia di Francesca e Vincenzo Masucci, cugino di Leonardo il notaio,avrà un ruolo di rilievo sposando il figlio di Don Carmine Benevento, Giacobbe , che sarà uno dei tanti cassieri comunali contestati di fine ottocento.



Giuseppe Masucci 1742-1835 .Erario
di Luca e Giovanna Pasquale. Sposato con Rosaria Picone ed in seconde nozze con Giuditta Trabocchi.Capostipite della famiglia Masucci.
Esattore delle tasse del marchese Berio. In 93 anni a cavallo tra 700 e 800 vede crescere il patrimonio e le fortune della famiglia fino a quando il nipote Alessandro,farmacista diviene Sindaco nel 1834 e l’altro nipote Leonardo,
notaio, ne prende il suo posto come esattore delle tasse. Aveva visto già suo figlio Michele Sindaco nel 1797 e nel 1810 e l’altro,Pasquale, decorione dal 1822 al 1825. Lui stesso in prima persona era stato I eletto dal 1806 al 1808,alla venuta dei francesi nel Regno di Napoli. Nel 1809 fa comprare al figlio Pasquale il palazzo in piazza del marchese Berio che va dal vallone Pozzella al vallone Freddano fino giù al Serrone con tre entrate che donerà una per figlio. Alessandro a sinistra , Leonardo in mezzo e Michele a destra , fino alla Chiesa di San Sebastiano,oggi sede del Comune. Sopravvivrà ai due figli Michele morto nel 1812 e Pasquale morto nel 1829 . L’altro figlio Luigi sarà l’ultimo sacerdote della famiglia. Nessuno della famiglia in futuro porterà mai il suo nome.
Giuseppe Masucci ha rappresentato un’epoca ed una mentalità costruendo la fortuna della famiglia che nelle generazioni future sarà la più importante e la più potente di Volturara ,dove ogni erede diventerà quasi sempre Sindaco.
Nel 3 ottobre 1802 in un Parlamento in Piazza il Sindaco Nicola Di Feo decide di dare per le due condotte mediche 150 ducati ad Andrea e 70 a Giuseppe Pennetti ,minacciando di licenziarli entrambi in caso di altri liti tra di loro .Il primo a votare è proprio il magnifico Giuseppe Masucci che confermando il volere del Sindaco soggiunge che l’Università sia solo tenuta per l’assenso. Cosa che puntualmente avviene scatenando le ire di Giuseppe Pennetti che in un ricorso afferma che “...... maliziosamente i cittadini hanno confermato il cenno di un certo Giuseppe Masuccio fu Luca il quale facendo da erario carcerando e scarcerando i debitori dell’utile possessore e di suoi , senza intelligenza della Corte, ha pigliato tanta mano che tutti li tiene come schiavi da catena , anche che dando denaio a cenzo bullare a nuovo, tiene tutta questa gente soppiedata.......”





Aniello Rinaldo 1772 – 1809 ,10 Ottobre , capobrigante.
Figlio di Ferdinando e nipote di Domenico , che era stato uomo rispettato ed imparentato con le migliori famiglie di Volturara. Una zia, Rosa era madre di Don Carmine Benevento,un’altra Alessandra sposata con Antonio Petito litterato figlio di Prospero altro personaggio importante del primo 700, e poi Antonia con Tommaso Di Feo,Camilla con Mattia Raimo,Lucia con Michele
Picone, Anna sposata con Bernardo Marra.
Aniello Rinaldo fu luogotenente di Lorenzo De Feo , Laurenziello , di Santo Stefano , famoso brigante del primo ottocento ucciso nel 1812.
Sposato con Cesarea Marra ha una figlia Antonia che si sposerà con Pietro Palmino ed in seconde nozze con Antonio Onofrio. Nel maggio del 1809 gli muore una figlia Nicolina , appena nata e nello stesso anno il 10 Ottobre 1809 viene ucciso in uno scontro a fuoco con le guardie.
Uno strano destino sembra accanirsi contro questo brigante anche dopo la morte.
Nel 1817 muore il suo unico figlio maschio , Carmine, all’età di 11 anni.
Nel 1829 il nipote Nicola da a suo figlio il nome di Aniello che muore all’età di 1 anno.
Nel 1837 l’altro nipote Ferdinando da il nome di Aniello al figlio appena nato ,che muore dopo pochi giorni. Ci riprova due anni dopo e anche l’altro figlio Aniello muore dopo il parto. Finisce così per sempre il nome di un brigante che ha controllato il territorio volturarese per quasi dieci anni rapinando chiunque passasse sotto il suo tiro.Brigante dai molti connotati politici finito come uno dei tanti malfattori del decennio francese.
La sua azione viene messa in risalto fin dal 1805 quando la sua banda era composta da Don Nicola Rinaldi, Don Aniello Rinaldi, Antonio Di Feo e Giosuè Raimo.
Nel Febbraio 1805 Il sopraintendente Generale della Polizia del Regno,il Duca D’Ascoli,informa il Segretario di Stato per la Giustizia e S.E. Francesco Migliorini sulla grave situazione per l’ordine pubblico venutasi a creare nel tenimento di Montemarano ,Voltorara e Montella dove bande di ladri imperversano senza controllo e richiede rigore contro quei funzionari locali nei quali ” possa concorrersi colpa o difetto in non aver impediti i delitti”.
Nel mese di marzo 1805 Il Governatore della Terra di Voltorara con vari rapporti avverte il Preside di Montefusco che la situazione nel Circondario sta degenerando e che varie comitive armate spadroneggiano sul territorio assalendo i viatecali e viandanti.
Il primo rapporto informa che il mattino del 10 Marzo alcuni viatecali di Volturara ( Domenico Raimo,Matteo Raimo,Ciriaco Di Meo,Giovanni Di Feo,Michele e Matteo Paradiso) ritornando da Avellino furono assaliti in territorio di Atripalda da “cinque ladri armati di tutto punto e non conosciuti e derubati di diverse somme di danaro con un totale di 31 ducati e 70 grana.”
Nello stesso giorno e alla stessa ora in località Piedifano altri viatecali volturaresi ( Vincenzo Marra,Emanuele Volpe,Palmiero De Feo) che si recavano a Montella ad acquistare grano furono assaliti da altri cinque malviventi. Al loro tentativo di fuga fu risposto con cinque colpi di scoppetta che li fecero desistere dalla fuga. Il bottino finale fu di 16 ducati e carlini 8 più una camiciola con quattordici bottoni d’argento asportati a Vincenzo Marra e di 7 ducati al Volpe e 43 ducati al Di Feo.
Il Governatore di Voltorara con rapporto del 25 Marzo 1805 riferisce al preside di Montefusco che la mattina del giorno prima in località Bolifano in Contrada Brecce tenimento di Montemarano erano stati assaliti da undici uomini armati i viatecali volturaresi Mattia Raimo alias raimese ,Luigi e Giovanni Discepola ed altri nonostante la scorta degli armigeri Luigi Zirpolo e Giovanni Di Marino, i quali nonostante rimanessero feriti dai tiri di schioppo dei malviventi riuscirono a metterli in fuga.. In seguito a questi avvenimenti fu inviato sul posto il Tenente dei Dragoni provinciali Lorenzo De Concilii che unì sotto il suo comando anche le forze baronali del Reparto e le forze dipartimentali del Regio Governatore caporeparto di Sant’Angelo all’Esca.
In una lettera del 10 Aprile 1805 indirizzata al Sopraintendente di Polizia di Napoli, il Preside di Montefusco Giovanni Galliani fa il resoconto dell’attività perlustrativa svolta “tra le pertinenze di Montemarano,Voltorara e Montella” dal Tenente dei Dragoni Lorenzo De Concilii insieme al Caporeparto di Sant’Angelo all’Esca.
Il tenente De Concilii “avendo dato una stretta persecuzione alla comitiva suddetta ed ascoltate varie cose sospette di Voltorara e Montemarano” cattura il 2 Aprile Giuseppe Gambale di Montemarano e Giuseppe Marra di Voltorara “rei di omicidi,uomini facinorosi e compagni della comitiva suddetta.”
Assicura alla giustizia anche Michele Masucci “protettore della medesima comitiva e detentore di armi proibite”.
Fino al 7 Aprile continuano le ricerche della comitiva ma “ nonostante le fedeli spie disposte per tutti quei luoghi e montagne ” dei malviventi nessuna traccia. Ordina al Tenente De Concilii di istituire in quei luoghi una “Guardia Paesana di persone probbe e coraggiose, ed atte alle armi “ per proteggere i viatecali e i passeggieri che vanno alla fiera di Gravina,sotto la diretta responsabilità degli amministratori locali che sceglieranno le guardie suddette .In caso di mancato rispetto degli ordini i governatori locali,per qualunque disguido, pagheranno di tasca propria l’importo di eventuali furti a norma dei reali ordini .
Istituita la Guardia Paesana,il Tenete De Concilii fa ritorno in Avellino.
Altre notizie si hanno dalla relazione spedita dal Preside di Montefusco Giovanni Galliani al Sopraintndente Generale di Polizia di Napoli del 2 Ottobre 1805 a proposito della comitiva di facinorosi di Voltorara:
“Sul proposito dei facinorosi di Voltorara,mi conviene di rassegnare a V.C. per sua intelligenza che io non ho mai mancato di fare di tempo in tempo varie spedizioni in quella terra e specialmente varie volte vi ho spedito il Tenente dei fucilieri di città Don Lorenzo de Concilli con imponente forza per assicurarli alla giustizia, ed invano è riuscito ogni sforzo,giacché essendo situata la Terra di Voltorara alla falda di una montagna,la quale ha comunicazione da un lato colle montagne di Montella,Bagnoli ed Acerno, e dall’altro con quelle di Serino, e Giffoni,perciò nell’inseguimento tali facinorosi internandosi nelle montagne suddette dalla gente di armi se ne perde la traccia,né per quante ricerche e maneggi si fussero fatti sin ora non si è potuto avere una spia fedele per essere a giorno nel luogo del loro ricovero”.
Il Preside continua il rapporto dicendo che il cinque giorni prima,il 27 settembre sulle montagne di Voltorara il Tenente De Concilii “ colle notizie prese,era riuscito ad assaltare una grotta ,sita nel folto di esse,in un luogo al più inaccessibile” trovandovi “un solo compagno di quella comitiva per nome Antonio Giggi di Chiusano,armato di tutto punto,reo di barbaro omicidio ed altri eccessi” che viene arrestato. Nella grotta rinvennero ogni sorta di cibo.Il tenente aveva quindi “ stimato impostarsi con tutta la gente per attendere la venuta di detta comitiva”,ma passata la notte aveva deciso di abbandonare quel luogo e di controllare altri rifugi che il Giggi indicava loro.Alla fine le ricerche risultarono inutili.
“Temendo i naturali di Voltorara ulteriori disordini,quella Università presentò memoriale a questo Tribunale,dimandando di porre ripari a tanti sconcerti nonché per la loro incolumità ”.
Il Preside,ascoltando la supplica,manda a Voltorara 24 miliziani sotto il comando di un ufficiale” a garantire la vita e le robbe di quei abitanti”. Avverte del fatto il Tenente De Concilii per evitare “qualche disguido in caso di incontro” e per “avvalersi di tale forza in caso di occorrenza”.
Nella lettera il Preside chiede l’autorizzazione al Sopraintendente di poter utilizzare,su suggerimento del tenente di milizia Don Giuseppe Pandolfelli,un carcerato,tal Francesco Ferrandina,che si dice disposto “ a compromettere di assicurare alla giustizia i malviventi di Voltorara” in cambio di un’amnistia dei suoi reati , consistenti in due omicidi e vari furti,per i quali il 16 Febbraio 1799 ara stato condannato “a sette anni di galea collo sfratto dal Regno”.
Sicuramente con una finta evasione il Ferrandina può unirsi ai malviventi senza alcuna diffidenza da parte loro e farli catturare senza problemi.
“ Perché si tratta di restituire la calma alla popolazione di Voltorara che vive nel massimo timore di tali malviventi mi attendo sul particolare il pronto suo savio oracolo,per ciecamente eseguirlo”.
Il 9 Novembre S.E. il Segretario di Stato di Giustizia e Grazia Francesco Migliorini da il placet all’operazione ed in una lettera al Sopraintendente Duca D’Ascoli afferma che “ Sua Maestà si è degnato di permettere che si accordi al Francesco Ferrantina il guidato di due mesi a condizione che in questo frattempo debba dare nelle mani della Giustizia la Comitiva di Voltorara”.Sarà il Sopraintendente a valutare poi il comportamento del Ferrantina e gli riserverà la sorte che vorrà decidere.Il 22 Novembre il Sopraintendente autorizza con una lettera il Preside di Montefusco a dare il via all’operazione…..
Il culmine e la fine dell’ azione di Aniello Rinaldo , insieme con Laurenziello, fu il 1809 anno pieno di efferati delitti che rientravano in un disegno politico che avrebbe dovuto vedere lo sbarco della flotta inglese per rimettere sul trono Ferdinando di Borbone.Il fallimento dell’azione determinò una serie di scontri nell’Agosto e nel Settembre dello stesso anno con molti morti.
3 Agosto
- Antonio Marra 32 anni sacerdote, .Abitava al Campanaro. ucciso dai Briganti
16 Settembre
- Palmino Imperiale 49 anni, fatigatore ucciso dai briganti.
- Andrea Imperiale 67 anni fu Nicola ucciso dai briganti.
18 Settembre
- Michele Di Meo fu Pasquale 30 anni circa ucciso dai briganti..
22 Settembre
- Eligio Lomazzo di Alessandro 31 anni ucciso dai briganti..
Il 10 Ottobre Aniello Rinaldi viene ammazzato e nello stesso giorno vengono arrestati tre sacerdoti per collusione con i briganti. Si tratta di Don Mattia Rinaldi,zio di Aniello,Don Mattia Mele e Don Lorenzo Pedecino .
Un personaggio ancora da scoprire.









Carmine Benevento 1784 - 1851 medico



Dottore,Fisico,Cerusico .Una vita da protagonista.Deciso,assertore convinto
del liberalismo,fa parte del nucleo storico dei carbonari volturaresi certamente con un ruolo non marginale vista la grande personalità dimostrata in trenta anni di battaglie politiche.
Nasce nel 1784 da Giacobbe Benevento (1750-1785) e Rosa Rinaldi
(1766 - 1820 ).Nel 1807 ,il 30 Dicembre si laurea in Medicina e Filosofia nella Università di Salerno.Nel 1810, il 22 Novembre si sposa con Catarina
Marrandino ( 1785 - 28.5.1813 ) di Don Matteo,farmacista e botanico dalla quale ha un figlio Giacobbe ( 1811-1884),che sarà farmacista e Cassiere Comunale.Nel 1813 a Maggio gli muore di parto la moglie e a Luglio perde anche la figlia Anna Maria di un mese.L’anno dopo nel 1814,l’8 Ottobre convola a nuove nozze con Donna Mariangela Di Meo ( 1794-1845) , 20 anni figlia del Notaio Don Nicola Di Meo (1759-1819),nipote di Padre Alessandro Di Meo ( 1726-1786), e di Donna Ludovica De Petri.
Dalla seconda moglie avrà Antonia che morirà all’età di sei anni nel 1823,
Giuseppina Petronilla che si sposerà a Salza Irpina,Antonietta che morirà nel 1848 a 18 anni, Anna Maria che sposatasi con l’agrimensore Raffaele Gioiella morirà a 20 anni nel 1841.
L’ultimo figlio Gioacchino nato nel 1830 seguirà le orme paterne diventando medico condotto di Volturara negli anni 50.Morirà anche lui giovanissimo a 31 anni nel vortice dei drammatici eventi del 1861,sicuramente di vaiuolo,
come il cognato e collega Pasqualino Masucci di Alessandro.
Nel 1820 è il coordinatore dei carbonari di Volturara contro il dispotismo borbonico insieme al cognato Don Luigi Di Meo,Sindaco in carica,ed ai cugini Don Cosmo Benevento,sacerdote e Don Domenico Benevento l’avvocato nonché al fratello della sua prima ed adorata moglie Ciriaco Marrandino, e Domenico Pedicino .La repressione che segue negli anni seguenti le vede emarginato dalla vita amministrativa del paese fino al 1834,quando viene compreso nelle Terna dei candidati a Sindaco,e sta per essere scelto dall’Intendente della Provincia di Principato Ultra, ma un ricorso anonimo partito da Volturara che lo dipinge come “nemico del Re,Gran Maestro dei Carbonari e Capitano dei Legionari che vestì gli stessi a spese ” proprie frena la sua ascesa a Sindaco a favore di Don Alessandro Masucci, il figlio di sua cugina Giuseppina. Dovrà aspettare il 1840,ormai cinquantacinquenne,per coronare il sogno della sua vita e diventare Sindaco,
quando un editto del Re libererà definitivamente dal controllo della Polizia tutti i sospettati di aver fatto parte della Carboneria del 1820. Resterà in carica come Sindaco per sei anni consecutivi,cosa difficilissima per quei tempi, avviando le prime riforme e le prime opere pubbliche per il paese con l’aiuto del genero Raffaele Gioiella,che dopo la morte della moglie nel 1841 si era risposato con una Cianciulli. Dal 46 al 51 resta come II Eletto rispettato da tutti. Gli echi del 48 lo vedono protagonista defilato per le non buone condizioni di salute e la morte lo coglierà il 4 Luglio 1851 all’età di 66 anni.
Personaggio di grosso spessore culturale,unisce alla grandezza di statura morale un senso di praticità e di azione che lo pongono tra i Grandi della Storia di Volturara Irpina con il cugino Domenico Benevento. Liberale e massonico è il fulcro ed il coordinatore di una filosofia di libertà che crea i presupposti per l’Unità d’Italia che non vedrà mai con i suoi occhi. Una vita costellata di lutti e di sacrifici ed un lavoro di medico improbo,ma svolto con amore e disponibilità. Un punto di riferimento per tanti idealisti illuminati che mal sopportavano il duro e spietato regime borbonico e che pagheranno sulla propria pelle tutto il livore delle famiglie ostili alla loro voglia di sapere e di conoscere. Casa sua per tutta la prima metà dell’Ottocento ha visto Cultura ed Idee in un paese dove tutti pensavano esclusivamente al potere ed all’arricchimento personale. Sono i tempi di Don Giuseppe Luciano e Don Nicola Marino, inflessibili esecutori dell’assolutismo del Re Borbone ed occupatori dei vertici di ogni spazio di potere,fosse il Decorionato o la Guardia Civica. Una cappa senza giustizia e senza futuro che manterrà uno status quo secolare e feudatario.
Don Carmine Benevento resta un personaggio moderno che avrebbe meritato di vedere l’Unificazione d’Italia e sicuramente l’espressione più alta di una famiglia,quella dei Benevento, che aveva avuto Sindaci e sacerdoti già nel Settecento e che alla fine dell’Ottocento scomparirà dalla scena volturarese restando come esempio luminoso di ricerca di cultura e senso di disponibilità verso i poveri in un paese dove tutti erano abituati alla lotta egoistica per la sopravvivenza.
Predestinato a recitare un ruolo di protagonista , aveva superato un’infanzia difficilissima che era iniziata ad un anno di vita con la morte del padre e con il nuovo matrimonio della madre l’anno seguente con Angelo Petretta. . Abbandonato dalla madre che si trasferisce alla Pozzella nella nuova casa, Carmine viene allevato dalla zia materna Catarina Benevento , sposata un Masucci che lo manda agli studi e gli permette di diventare medico , cosa difficilissima per quei tempi.




Domenico Benevento 1787-1852,legale



di Michele e Carmina Gioiella . Sposato con Rosa Marra. Senza figli.
Statura giusta ,capelli castagni,occhi cervini,naso grande,barba castagna,
mento regolare,colore naturale,anni trentasette,nonché apparenti cicatrice nella fronte e nella faccia destra.
Il 3 maggio 1820 riceve dalla Facoltà di Giurisprudenza di Napoli il primo grado di approvazione per poter conseguire la Carta autorizzante all’esercizio del Notariato,suo vecchio sogno.I Eletto sul Comune di Voltorara e sergente maggiore dei militi era segretario della Vendita segreta carbonara di Volturara denominata “ La Costanza Invincibile”. In casa sua si tenevano le riunioni settarie. Il fratello sacerdote Don Cosmo,maestro, era l’oratore della Vendita.Nella repressione fu esautorato dal Comune e compreso nel famoso stato nominativo dei 205 ricercati .Non smise di mantenere viva la fiamma della insurrezione e nel 1828, ai tempi dei fatti di Palinuro fu visto insieme a Don Antonio Candela,sacerdote andare spesso a Serino per promuovere incontri tra carbonari. Ritenuto socialmente pericoloso fu inserito nell’elenco dei 45 sovversivi da arrestare,insieme a Don Antonio Candela. La sua latitanza finì nel Febbraio 1829,quando arrestato insieme al suo amico,finì rinchiuso nelle Carceri di Avellino. Liberato nell’ottobre dello stesso anno,per l’interessamento del padre fu mandato al confino a Montella sotto sorveglianza del Tribunale.Nel Febbraio del 1830 fu prosciolto , ma controllato dalla polizia.In un dispaccio del 1828 si diceva di Lui e di Don Antonio Candela : “uomini di questa fatta in ogni tempo sono pericolosissimi,tanto più allorché si veggono impuniti, o perlomeno trascurati dalla Autorità incaricate di reprimere e prevenire i delitti”.Domenico Benevento era considerato incapace di ravvedimento,
amante di novità,nemico del Re,talmente erano radicate in lui le idee del Liberalismo.Nel 1840 finalmente fu liberato dalla sorveglianza della polizia.
Nel 1849 lasciò una selva al Santuario di San Michele in cambio di una messa perpetua da dirsi l’8 maggio ed il 29 settembre.
Sposato con Donna Anna Rosa Marra ( 1796-1870 ) di Stanislao e di Giovanna Di Meo non ebbe figli. Alla morte lasciò l’eredita molto cospicua alla Chiesa di Volturara,iniziando una storia di furti e di imbrogli che durerà per 40 anni in cui intervengono interessamenti finanche del Re.
Nel 1838 alla morte di Antonio Marra di Bernardo ne cita la moglie Rosa Mele come tutrice del figlio Felice ed i figli Nicola ed Angelo per 100 ducati prestati nel 1834 e con gli interessi del 10 %.E’ la punta di un iceberg che ci mostra un Domenico Benevento intento per tutta la sua vita a fare affari. Agente della duchessa Francesca Berio e di suo marito duca di San Cesareo,manovra migliaia di ducati in monete di argento per trenta anni prestando soldi a tutti ed in tutta la Provincia (Castelvetere,San Mango,Mirabella,Santo Stefano Atripalda ecc...) e denunziando chiunque non pagava.
In definitiva un personaggio complesso e anche misterioso ,difficile da valutare ed interpretare. Sicuramente uno dei personaggi più importanti della storia dell’800 , il cui nome aleggiò dall’inizio fino alla fine del secolo,anche cinquanta anni dopo la sua dipartita.
….Quando studi un personaggio ed impari a conoscerlo dopo mesi e mesi di ricerche ti ci affezioni e vivi anche i drammi che hanno caratterizzato la sua esistenza terrena.Don Domenico è sicuramente uno che ha sofferto ed ha pagato,e gliel’hanno fatta pagare fino in fondo.Ha avuto il torto di veder più avanti degli altri ,di capire le cose e di avere delle idee forti di libertà nella dignità.Entra di diritto nella galleria dei grandi per le sensazioni che riesce a trasmettere anche dopo 150 anni dalla sua morte avvenuta nel 1852,un anno dopo quelle del caro fratello sacerdote Don Cosmo e del cugino dr Carmine.
Ha sopportato con cristiana non rassegnazione ,ma determinazione; ha lottato per far valere i suoi diritti,bruciati nel fuoco del suo ardore giovanile,
quando a Napoli aveva frequentato i circoli progressisti fino al 1819. Il rifiuto del dispotismo borbonico e l’idea di un’Italia unita sotto un’unica bandiera di libertà e di progresso lo spinsero a creare insieme ai suoi amici la vendita carbonara “La Costanza Invincibile” che fu la culla della loro libertà ideale,ma anche la tomba delle loro aspirazioni di uomini.Nella repressione seguita al fuoco fatuo della finta Costituzione concessa nel 1821 subirono angherie e mortificazioni.,persecuzioni e controlli. La robusta documentazione presentata nel 1824 per diventare notaio,sua antica aspirazione, denuncia il clima intimidatorio e di diffidenza che regnava su chi si era macchiato delle colpe del 1820.
Don Domenico Benevento non diventerà mai notaio,nonostante non avesse subito alcuna condanna per i reati di Cospirazione contro il Governo di cui era accusato. Gli creeranno moltissimi ostacoli che lo perseguiteranno per altri venti anni, senza dargli spazio di manovra nella vita civile. Sopporterà nella fede tutte le angherie e con dignità difenderà le sue idee fino all’ultimo.
Muore nel 1852 senza eredi,assistito dalla moglie Anna Marra, e devolverà il suo patrimonio alla Chiesa , ai poveri ed ai suoi congiunti in difficoltà. Uno dei tanti eroi normali dimenticati di Volturara,persi nel vento del tempo,che meritava eredi degni di lui,capaci di dare un aiuto ideale e di dignità al nostro paese. Dal 1817 al 1820 Cancelliere comunale ( segretario ).
Nel 1820 I Eletto del Sindaco carbonaro Luigi De Meo.




Giuseppe Luciano 1792-1862
Sindaco 1828,29,30,31,46 e 47, I eletto nel 1825,1834,Decorione nel 1822,23,24.Capourbano dal 1850 al 1860,anno dell’Unità d’Italia.
Sposato con Irene Benevento di Romualdo.Un figlio Alessandro sacerdote e l’altro Vincenzo avvocato.
La sua vita può essere racchiusa nell’intervento in Consiglio comunale di Achille De Cristofano nel 1862 rivolto al figlio Vincenzo appena nominato segretario comunale con un colpo di mano
....e lui, e l’intera sua famiglia è stato l’oppressore, e la rovina di questa disgraziata popolazione,come potranno attestarlo i registri di sorveglianza politica che esistono in Avellino. Si sa bene da tutti che le oppressioni, e la tirannia praticate dal padre si manifestarono nell’essere sotto capourbano,
Sindaco,Eletto, e Capourbano, e tutt’altro.Si sa che i meriti della famiglia e de suoi altri fiorenti fecero meritare al nominato l’impiego in Avellino.
Si sa pure che per le sue mali portate furono destituiti, padre e figli da ogni impiego, e carica, come pure nel 1849 si portò in Caserta in commissione per rinunciare a benefici costituzionali,ciò posto si pongono le Autorità a ben riflettere tale osservazione.
Un vero accentratore di potere dal 1825 al 1860 in prima fila nella repressione del periodo post-carbonaro insieme con il cognato capourbano Nicola Marino,ucciso nel 1827 e poi con il di lui figlio Mattia Marino capourbano fino al 1849. Al suo predominio si contrappongono la famiglia dei fratelli Leonardo , Michele e Alessandro Masucci e Gennaro Vecchi in una alternanza di ripicche e vendette.















Luigi Solito 1795 - 1814 , brigante Cicerone






La sua storia comincia e finisce così.
“ L’anno 1814 a 8 del mese di Luglio , noi Giacomo Bottigliero Sindaco ed Ufficiale dello stato civile di Voltorara ,
Provincia di Principato Ultra avendo ricevuto da Nicola Di Feo ed Alessandro Di Meo notizia per l’atto di morte di Luigi Solito Cicerone di Voltorara per esecuzione di ciò che è prescritto dal codice civile ne facciamo l’inscrizione .
Quindi essendoci conferiti noi con i descritti testimoni Nicola Di Feo scoppettuolo bracciale di anni cinquanta e di Alessandro Di Meo Santimei bracciale di anni quarantasei naturali di Voltorara , in campagna luogo detto la Costa, e colà ritrovato un cadavere senza testa ; ed avendo imposto ai medesimi di riconoscerlo confrontando la testa col busto, sono venuti a dichiarare di conoscere bene essere lo stesso il disertore Brigante Luigi Solito di Sebastiano Cicerone nativo di Voltorara ” .
Notizie scarne e raccapriccianti che descrivono una scena eterna nella sua crudezza e semplicità.Siamo alla fine del decennio francese nel Regno di Napoli ed il Re Ferdinando è ancora in esilio. Luigi Solito non ha risposto alla chiamata alle armi nell’esercito per andare magari a morire in Russia e si è dato alla macchia . La sua latitanza finisce in un giorno di Luglio insieme a Felice Forino di Paterno con le teste mozzate. Si usava così allora .
Interessante il fatto che il mese successivo il fratello Michele che di mestiere faceva il secchiaro mise al figlio appena nato il nome del fratello ucciso . E circa 50 anni dopo , nel 1861, Luigi Solito venne arrestato per aver partecipato alla rivolta del 7 Aprile contro i piemontesi .
















Leonardo Martino Nicola Masucci 1805-1875. Notaio.






































1832, 31 Marzo sposa Donna Maria Giuseppina De Luca
1834 Decorione comunale. Muore la moglie di parto ed il figlio appena nato Achille.
1834 sposa D. Teresa Mazza
1834 - 1850 Esattore delle tasse
1853 Sottocapo Urbano
1855 - 58 Sindaco
1861 Capitano Comandante della Guardia Nazionale.
1861: Consigliere Provinciale
1866 - 1867 ancora esattore delle tasse

Leonardo Martino Nicola Masucci nacque,secondo figlio di Don Pasquale Masucci ( 1779-1829 ) ,possidente. Nel 1805 Il primogenito Alessandro aveva otto anni,quando Donna Giuseppina Benevento prediletta figlia di Don Romualdo lo mise al mondo. Erano tempi difficili per Volturara e per tutto il Regno delle Due Sicilie che dopo aver vissuto la primavera del 99,si trovavano a vivere un clima di repressione borbonica feroce contro chi si era schierato con i Francesi. Agli inizi del 1806 il ritorno dei Francesi di Napoleone dopo la battaglia di Austerlitz creò una situazione ancora più grave. Famiglie contro famiglie,filoborbonici contro filo francesi. I primi a sottomettersi ai secondi o a scappare sulle montagne. Cambia l’ordinamento politico-amministrativo della Provincia. Avellino diviene capoluogo di Provincia al posto di Montefusco. Mazas emana nuove leggi per modernizzare uno Stato ancora medievale. Viene abolita la Feudalità .In questo periodo chi comanda fa legge e si arricchisce con nuove terre. Leonardo trascorre l’infanzia in un clima paesano feroce con tanti morti ammazzati e con la paura continua di un futuro incerto. Il Brigantaggio volturarese sotto la guida di Aniello Rinaldi rapisce possidenti e ammazza guardie civiche. Negli anni 20-30 studia a Napoli,mentre il padre ed il nonno Giuseppe cercano di superare un difficile momento familiare. Vengono emarginati dai ruoli amministrativi importanti . Forse pagano l’essere cugini dei Benevento,accusati nelle persone di Don Cosmo il sacerdote,Don Domenico l’avvocato e Don Carmine il medico di essere stati i promotori dei moti carbonari di Voltorara. Entra in scena agli inizi degli anni 30 , appena dopo la morte del padre nel 1829 ,forse ucciso, e vi rimarrà fino alla vecchiaia ricoprendo tutti i ruoli più importanti nella società volturarese e fu il primo ad essere scelto come Consigliere Provinciale nel 1861 nell’Italia appena nata.Il 31.3.1832 sposa Maria Giuseppa De Luca.Nel 1834 entra nella vita pubblica ed è Decorione comunale con il fratello Alessandro Sindaco.In questo stesso anno muore la moglie nel dare alla luce il figlio Achille che morirà anche lui dopo un mese.Si risposa con Donna Teresa Mazza dalla quale avrà Achille notaio, Annibale( 12.2.1841-1903 ) professore di Lettere e Filosofia,Maria Giulietta 25.9.1842,Camillo Maria (27.3.1844 - 29.12.1848),Maria Francesca 16.4.1846-,Maria Virginia 2.6.1848-,Maria Alfonsina 13.2.1850 - 30.9.1854,Maria Amalia 20.1.1852.
Uomo potente e rispettato, sicuramente di poche parole,come tutti i Masucci,
ma capace di portare a termini le cose.
Nato per comandare , resta uno dei grandi se non il più grande.
<< Ron Linardo >> è rimasto negli anni come sinonimo di potere e di forza, ma anche di rispetto e forse timore da parte di una popolazione che ha avuto sempre bisogno di punti di riferimento per sopravvivere.




























Nunzio Girolamo Amato Pasquale ( 1806 - 1894 ) farmacista,di GiacomoAntonio
Vide da protagonista tutto l’Ottocento volturarese abitando al Freddano e con la Farmacia in Piazza laddove oggi è la porta d’ingresso sinistra della Chiesa Madre. Una posizione strategica di fronte ai palazzi dei Masucci e dei Vecchi,suoi avversari storici.
Lotte per la supremazia politico-amministrativa contro colossi che sapevano gestire il potere in modo scientifico e che tessevano alleanze con referenti all’esterno che li proteggevano nei tanti sconvolgimenti politici che attraversavano di tanto in tanto il Regno delle Due Sicilie. Nel 1817 con il ritorno di Ferdinando di Borbone sul trono di Napoli il padre
GiacomoAntonio ( 1780 - 1840 ),anche lui speziale di Medicina, fu Sindaco del paese fino al 1819 e alla sua ombra e con la sua protezione crebbe negli anni studiando a Napoli. Sicuramente gli anni dei moti carbonari del 20 frenarono l’ascesa politica della famiglia i cui componenti cercarono negli studi il soddisfacimento delle loro aspettative. Negli anni 40 suo fratello Raffaele,speziale di Medicina ,svolse incarichi amministrativi di secondario ruolo,finché nel 1848 Don Nunzio fu eletto alla carica di Sindaco.
Liberale convinto cavalcò la via del rinnovamento diventando promotore ed assertore della Costituzione che il Re promulgò in quell’anno sull’onda dei moti di ribellione che attraversavano il Regno delle Due Sicilie e l’Italia intera. Una convinzione che pagò a caro prezzo quando nel 1850 l’ondata di repressione assolutistica reale spazzò ogni anelito di libertà e instaurò un regime monolitico .Don Nunzio fu perseguitato per 10 lunghi anni fino al Luglio 1860 quando Francesco II per frenare la salita di Garibaldi verso Napoli pose fine al controllo sui liberali credendo di salvare un Regno ormai alla deriva. In questo periodo dovette affrontare ogni tipo di sopruso e difendersi dalla morsa in cui lo avevano stretto i suoi nemici di sempre. Scompare dalla scena politico-amministrativa fino all’Unità d’Italia e lo ritroviamo decorione comunale nel 1861 fino al 1866,ma con ruolo di secondo piano,quasi marginale. L’esperienza accumulata e la saggezza che pervadeva il suo animo la riversò in quegli anni sui figli Luciano ( 1852-1920) e Vincenzo ( 1841-1917) che crebbero distaccati ed in una sorta di isolamento dal potere dei Vecchi e dei Masucci che imperava in quei decenni. Trascorse una vecchiaia serena e razionale per preparare una alternativa a quei poteri della Piazza che avevano frenato l’ascesa della sua famiglia con fredda e cinica determinazione e preparando i presupposti per il ritorno al potere, anche se per interposta persona,cioè attraverso i figli che non delusero poi le sue aspettative,diventando i protagonisti della vita pubblica della fine dell’800. Muore nel 1894 , quando il figlio Luciano è Sindaco, ed il Consiglio comunale rende onore alla sua memoria.
In definitiva un personaggio di grande statura che attraversò l’800 con alti e bassi,ma superando ogni ostacolo e mantenendo una dignità ed una coerenza che hanno pochi riscontri nella storia di Volturara. Coerenza e dignità che nel figlio Vincenzo diventeranno quasi una ossessione unendo pragmatismo a cultura in un miscuglio che al di là di una pignoleria a volte esasperata daranno a Volturara una dei figli migliori.
Da “ La Faggeta” versi di Vincenzo Pasquale edito nel 1904:
Nunzio Pasquale chimico,farmacista di Volturara Irpina,mio carissimo padre,discendente da onesta ed agiata famiglia,decaduta poi dal pristino stato,per essere stata indotta da necessità e non diletto a sostenere costosissime liti in difesa dell’avito patrimonio contro il prepotente diritto della forza, e dell’ingiustizia degli uomini .Sindaco del suo Comune nel 1848,fu dal 1850 fino al 1860 sorvegliato e perseguitato politico dalla Polizia di Ferdinando II Re di Napoli. Nato nel 1806,morì,da tutti onorato e compianto il 7 Aprile 1894.
Nella prefazione dell’opuscolo “L’ipocrisia” del 1884 Vincenzo Pasquale dice di Lui:
A te
NUNZIO PASQUALE
amatissimo padre mio
che in ogni tempo
degl’ipocriti
per la tua innata bontà
vittima immeritata
fosti
a lenire l’animo tuo
esacerbato
dalle livide bisce
che amicizia fingendo
mortifero veleno
hanno sempre in cuore serbato
il tuo figlio
i sentimenti dell’animo suo
in questo scritto
consacra



Alessandro Picone 1833-1894

Nato l' 8 Agosto 1833 da Antonio,possidente, e Gaetana Picone, sposato
con Maria Marra di Antonio il 15 Maggio 1857. Secondo di quattro fratelli.
Nicola 27-1-1827, Raffaele 1-9-1838 ,Luigi 14-7-1840. Morì in via A .Di
Meo il 17-11-1896 all'età di 63 anni, contadino.Capo rivolta del 1861 insieme
con Matteo Marino. A suo nome è intestato il processo che seguì alla
repressione. Alessandro Picone è un personaggio fondamentale nella storia
volturarese che seguì l'Unita' d'Italia. Figlio di possidenti, il nonno ed il
padre erano stati nella prima metà dell'ottocento amministratori ascoltati.
Il padre Antonio nel 1854 era stato messo anche nella terna di nomi per
l'elezione del Sindaco. Sicuramente analfabeta,spirito ribelle e caustico
non sopportava il peso oppressivo delle solite famiglie di notabili che
impedivano la crescita culturale ed economica delle classi deboli.
Una gioventù normale con l'iscrizione negli anni 50 alla Guardia
Civica ed il matrimonio il 15 Maggio 1857. Amico di Matteo Marino di
qualche anni più grande di lui, ne seguiva le idee e le concretizzò nell'impegno
contro l'invasione del Regno delle Due Sicilie da parte dei Piemontesi.
Guardia Nazionale nel 1860,fece proseliti presso i suoi colleghi che lo
rispettavano e lo temevano.Di carattere allegro e pungente fu l'artefice ed
il collante delle rivolte e degli avvenimenti del 61. In una Volturara divisa
in due tronconi unì i popolani contro i notabili,cacciò fuori dai loro cuori
il coraggio di ribellarsi e di dire la propria opinione, in un modo civile anche
se polemico e concreto.
Mille e più persone lo seguirono nel corteo che la notte del 7 Aprile si snodò
per le vie del paese inneggiando al ritorno di Franceschiello e contro
i galantuomini. La capacità di aggregazione e la scomparsa di tutti i notabili
dalle strade in quella notte mette in evidenza la sua determinazione ed il suo
ascendente sulla folla che divenne un tutt'uno senza commettere grossi errori
e senza spargimento di sangue. Un capopopolo capace in cui la quasi totalità
della popolazione credeva,che nei mesi seguenti ha mantenuto le fila della
rivolta con fermezza nonostante la repressione che costò la vita a Giovanni
Volpe e la presenza di alcune frange estremiste del suo gruppo di cui faceva
parte il fratello Luigi .Il tentativo di arresto subito nel mese di Agosto ci
presenta un giovane gioviale,allegro,capace e furbo,pronto a sfruttare
l'attimo giusto per mettere nel sacco e far fare brutta figura nientemeno
che a Don Vincenzo Luciani, il figlio di Don Giuseppe , che negli anni
seguenti si rivelerà potentissimo nell'amministrazione della Cosa Pubblica
volturarese. Lo stesso Don Vincenzo nell'arrestarlo sembra mostrare nei
suoi confronti se non un moto riverenziale per lo meno un rispetto
degno di un capo.
Il fatto che nonostante ci fosse un ordine di cattura nei suoi confronti si
trovasse seduto davanti al fontanino del Freddano a discorrere con gli
amici testimonia il suo coraggio , ed il suo ardire lo mostra nelle risposte
che da al suo Ufficiale che vuole arrestarlo. Nello spazio di dieci minuti
dal Freddano al Ponte della Piazza si mobilita una folla immensa per cercare
di liberarlo opprimendo e pressando fisicamente le Guardie nazionali armate
che erano accorse al richiamo di Don Vincenzo Luciani. E' la testimonianza
di un affetto che arriva allo sprezzo del pericolo ed è la prova che Alessandro
è il Capo. La latitanza è breve e difficile. La vita sulle montagne è grama e
piena di sofferenze fisiche e psicologiche.Si costituirà nel Giugno 62 pochi
giorni prima che Pagliuchella il brigante fosse ammazzato.
Nel marzo del 1863 viene condannato a venti anni di lavori forzati .
Sarà liberato alla fine dell'anno con l'indulto promulgato dal Governo
Italiano per i reati legati al brigantaggio. Controllato,deluso ed amareggiato
passerà il resto della sua vita in una dignitosa povertà,dimenticato da tutti
ed anche dalla Storia che non guarda mai agli eroi di un giorno.
Fossero tornati i Borbone , come le altre volte, avrebbe avuto un ruolo
di primo piano ed ancora oggi parleremmo di Lui. Morì il 17-11-1896
al Freddano, due anni dopo Don Nicolino Coscia , il prete di Montemarano
che fu nel 1861 l'ispiratore del suo impegno politico, con la venuta a
Volturara del 5 Aprile a dare il via alla rivolta.


















Ferdinando Candela,Il brigante Pagliuchella 1834-1862
di Pietro e Anna Pisacreta. Celibe.
Il mio primo incontro con Pagliuchella è avvenuto leggendo dieci anni fa la Storia di Volturara di Roberto Di Meo. Non conoscendo i particolari del periodo in cui visse,mi restò per molto tempo nella mente la storia di un bandito che sul Malepasso fermava i viandanti derubandoli e picchiandoli. Mi restò anche impresso il fatto che era stato catturato ed impiccato in Piazza a Volturara sotto il mitico Tiglio secolare. Quante volte l’ho guardato cercando di capire e di immaginare a quale ramo era stato appeso. Il risultato che vedevo davanti ai miei occhi era una persona penzolante sul lato del tiglio rivolto verso il Campanaro. E quasi sempre la scena finiva con un brivido che mi percorreva la schiena,non so se di paura o di curiosità su una storia che non avrei mai conosciuto o capito a fondo.
Il secondo incontro è avvenuto nel 1999 scoprendo Edoardo Spagnuolo con le sue ricerche sul periodo post-unitario del 1861,in particolare con il libro “Rivolte antisabaude nel Circondario di Volturara,Montemarano e Castelvetere”. Uno squarcio su una realtà dimenticata. Una voglia di andare fino in fondo per scoprire che era successo veramente. Personaggi sino ad allora sconosciuti incominciarono a girare nella mia mente con cognomi e nomi familiari. Spezzoni di vita che era difficile mettere insieme senza commettere errori madornali.
In quel libro ritrovo un tal Pagliuchella,arrestato dal Governatore della Provincia Nicola De Luca nella repressione della rivolta anti-piemontese ed anti-notabili del Luglio 1861 con sua impiccagione il 14 Luglio sotto il tiglio e lasciato penzolare per alcuni giorni al “ludibrio del popolo”. Il dato che mi colpì , però , fu che Spagnuolo citava come fonte Roberto Di Meo con il suo libro ed era strano che un ricercatore di documenti come lui non fosse riuscito a trovare niente di ufficiale sulla vicenda di Pagliuchella e che si era affidato ad uno storico locale che a sua volta non aveva citato alcuna fonte. Un alone di mistero e di curiosità a volte ossessiva animò la mia voglia di arrivare fino in fondo per scoprire una storia che forse non interessava nessuno,ma che nella mia mente apriva scenari romantici e avventurosi.
Dagli archivi consultati escono piano piano nomi e volti,protagonisti e vittime di un periodo di grande turbolenza sociale che alla fine è l’inizio di un percorso che ha determinato la realtà di oggi.
Giovanni Volpe viene ucciso dai fucili piemontesi nella repressione dell’8 Aprile 1861,verso le dieci di mattina,aveva sedici anni. Cadde come un passerotto dal ramo di un albero mentre canta al primo calore del mattino e non si rende nemmeno conto di cadere.
Giuseppe De Meo,falegname e sergente della Guardia Nazionale di Volturara,viene ucciso in contrada Tavernole il 2 Luglio 1861 in uno scontro a fuoco con i briganti,sicuramente della banda di Giuseppe Nardiello.
Vengono arrestati più di cento volturaresi e condannati il 5 Luglio a pene di diversa entità e li troviamo tutti con nome,cognome e paternità,ma di Pagliuchella nessuna traccia!
Dal 1862 al 1866 le montagne di Volturara pullulavano di briganti di tanti paesi, tutti sfuggiti alle repressioni dell’esercito regolare in nome di un’unità d’Italia che nessuno voleva accettare e per non ingrossare,con la chiamata obbligatoria alle armi, le file di un esercito che consideravano nemico. Per primo viene arrestato Alessandro Masucci,Malaoi. Alla fine del Novembre 63 viene ucciso in uno scontro a fuoco sul Terminio il brigante Luigi Volta di Serino. Il 17 Dicembre viene arrestato il brigante Gaetano Picardi. Nel Giugno 1866 viene sterminata la banda di Francesco Cianci ( Cicco Ciancio) di Montella di cui Pagliuchella era luogotenente. Il capobrigante ammazzato viene trasportato al suo paese e mostrato per le strade su un carro a monito per tutti.
Alla fine si sa quasi tutto di tutti,ma il vero nome di Pagliuchella non salta fuori. Non si riesce a capire chi era,quando è morto e come è morto. Ormai si fa strada il pensiero che non sia mai esistito e che sia frutto di fantasia popolare che Roberto Di Meo ha creduto di trasportare nella storia di Volturara , per creare un alone di leggenda in un periodo che la nebbia della dimenticanza dolosa ha coperto sotto una coltre impossibile da aprire.
Nell’inverno del 1999 scopro un quaderno scritto a mano nel 1916. E’ il tentativo,mai portato a termine, di scrivere una “Storia di Volturara” da parte di Nunzio Pasquale(1879-1967) dimenticato negli anni in un baule in soffitta.
Tra le tante notizie carine riesco a decifrare una pagina dedicata al Brigantaggio:
<< Il brigante più celebre di queste contrade fu Cicco Ciancio,nativo di Montella,il quale compiva le sue gesta uccidendo e rubando assieme ai suoi degni compagni nel territorio di Volturara e di Montella. Cicco Ciancio che andava a rifugiarsi nelle recondite grotte della Faggeta e sotto le gole del Terminio era il terrore di questi luoghi. Egli il più delle volte inviava anche qualche lettera minatoria ai benestanti di Montella e di Volturara intimando loro di inviargli mediante qualche suo fido o confidente una somma rilevante in danaro,altrimenti pena la morte. Cicco Ciancio ed i suoi degni ed inseparabili compagni sequestravano anche qualche persona che incontravano nei boschi ed allora i furfanti rilasciavano i disgraziati quando la famiglia di quest’ultimi inviava loro il danaro chiesto. Cicco Ciancio per molti anni fu invano perseguitato dalla forza pubblica che non potette scovrire ed assicurare alla Giustizia il temibile e pericoloso brigante. Finalmente un giorno ben triste pel famigerato brigante, Cicco Ciancio fu ucciso a colpi di moschetto dai Carabinieri che perlustravano le campagne. La voce pubblica afferma che il cadavere di Cicco Ciancio il quale aveva commesso innumerevoli furti e delitti fu trascinato a viva forza per sfregio per le vie di Montella mettendolo esposto al pubblico per qualche giorno per farne vedere la sembianza truce su cui era impresso il marchio dell’infamia e rilevavanosi a chiare note le stigmate dei veri e grandi delinquenti nati. Furono altresì briganti e seguaci di Cicco Ciancio i seguenti volturaresi: Pagliuchella,alias Ferdinando ??? ( il cognome viene cancellato dall’autore) che fu ucciso in contrada Faggeta,in un conflitto colla forza pubblica; Pietrillo De Feo,il galeotto,che scontò in diversi penitenziari la pena di anni 36 di lavori forzati;il brigante Giuseppe di Zeza,che per sfuggire alla Giustizia,dopo aver commessi diversi delitti fuggì alle lontane Americhe clandestinamente;Alessandro Masucci soprannominato Malavoi; Cienzo (Vincenzo) e Angelo Mele lo Carpato;il fratello di Sabatiello di Camillo; un certo Sarni che fu ammazzato in carcere perché traditore dai suoi stessi compagni,briganti come lui. Altri briganti sono esistiti in queste contrade,che non citiamo per non andare alle lunghe. Tutti detti briganti capitanati dai celebri Cicco Ciancio e Pagliuchella ecc , mandavano la refurtiva a qualche ricettatore di qui ???????????? ( nomi cancellati dall’autore sul manoscritto).
Furono presi ( in quei tempi) dai briganti in ostaggio i seguenti cittadini di Volturara: Ferdinando Picardi,mentre dormiva nella sua casina; e dovette la sua famiglia sborsare una rilevante somma per essere rilasciato;Don Gennaro Vecchi e Pietro Lepore.
Pagliuchella è tornato prepotentemente sulla ribalta dei personaggi volturaresi! Nuove luci e nuove ombre si stagliano su una figura ormai assurta a personaggio leggendario e sempre più misterioso. Finalmente sappiamo definitivamente e sicuramente che Pagliuchella è esistito e che si chiamava Ferdinando,che fu ucciso in un conflitto a fuoco sul Terminio e non impiccato in Piazza sotto il Tiglio,ma perché Nunzio Pasquale scarabocchia sul suo cognome impedendone la visualizzazione?
La risposta più semplice è che la famiglia di Pagliuchella è ancora a Volturara nel 1916 e che Nunzio Pasquale ha paura di ritorsioni.
Ad uno sguardo attento però balza agli occhi che di tutti gli altri briganti citati,Don Nunzio da’ nome,cognome e soprannome:Ciò significa che la famiglia di Pagliuchella non solo sta a Volturara,ma che è soprattutto una famiglia potente e/o pericolosa.
Iniziano ricerche per arrivare a soddisfare una curiosità che sta assumendo i contorni di un giallo,ma tutto è inutile.
I ricordi degli anziani del paese si perdono in qualche non so,non ricordo. Non si può dare loro torto,sono passati centocinquanta anni .
Alcuni dicono che prima della II guerra mondiale abitava al Freddano un certo Antonio Monzione soprannominato Pagliuca con due figlie femmine di cui si sono persi i nomi. Non mi sembra una buona pista!
Altri aprono piste su una famiglia in particolare; indizi sfumati su antichi racconti che finiscono,però sempre nella stessa frase: mi diceva mio nonno che quella era una famiglia di “ breanti ”.
Altri ancora arricchiscono la loro versione con “marenghi d’oro” trovati in un tronco d’albero alla fine dell’800 da un volturarese,che secondo la versione dei loro nonni erano in verità il frutto delle rapine dei briganti di cui quel volturarese era ricettatore e parente.
Alla fine dopo tre anni di ricerche,tra tira e molla più o meno veri,resta il mistero di un breante di cui non si riesce a trovare l’identità’. Un’istintiva simpatia si affaccia sulle vicende di un uomo che nel turbine confuso dell’Unita’ d’Italia partì per difendere,come tanti,l’autonomia della sua Nazione,il Regno delle Due Sicilie,contro un invasore spietato e crudele che voleva cancellare secoli di memoria e di storia e finì col diventare preda da cacciare e da uccidere. Fossero tornati i Borbone,come nel 1799, sarebbe diventato un eroe da ricordare e da indicare ai posteri per audacia e coraggio,ma quello che e’ successo non si può cancellare e ,forse ,e’ meglio che sia andata così. Resta il dubbio assoluto che il Bene ed il Male siano frutto di circostanze casuali e che non sempre chi vince ha ragione. E se me lo si permette alla fine,forse e’ meglio non conoscere mai il vero nome di Pagliuchella ,perché un dato e’ certo.In una Volturara in cui la classe dirigente ha sempre pensato e pensa solo ed esclusivamente al proprio tornaconto personale,il Brigante Pagliuchella resta uno dei pochi che ha combattuto ed e’ morto per un Ideale.
Il dubbio sulla identità di Pagliuchella cade in una calda sera del Luglio 2002, quando in un documento del 1895 si parla nella quotizzazione delle terre di un certo Alessandro Candela fu Luigi , alias Pagliuchella.
Tutto è chiaro! Alessandro è fratello di Ferdinando Candela fu Luigi e Anna Pisacreta ,il vero Pagliuchella, ucciso il 3 Luglio 1862 sulla Faieta e sepolto per ordine del Sindaco Salvatore Sarno “extra sacellum sepulcreti ”.
Un vero Brigante ! , che già dal Marzo 1861 va alla macchia senza partecipare in prima persona alla rivolta del 7 Aprile.
12 Marzo 1861
I pastori Domenicoantonio De Napoli e Nicola Dello Russo da Chiusano verso le ore 22 nella contrada Carifi , in quel tenimento, furono sorpresi da sei individui tutti avvolti in tabarri di color zeprino ,con cappelli neri alla contadina ,dei quali cinque vestivano calzoni di cotone cenere ed uno di color grigio,tre armati di corte carabine e tre altri di scuri. I pastori volevano fuggire , ma i ladri li accerchiarono ed uno di essi scaricò pure un colpo di carabina contro Dello Russo , i cui proiettili gli fecero cadere il cappello di testa. Ma altro colpo di arma da fuoco fu allo stesso Dello Russo vibrato dalla parte di dietro , carico a palla, ma non l’offese. Pensarono quindi fermarsi , e tre dé ladri si avvicinarono al De Napoli e gli rubarono un cappotto zeprino ,una camiciola di cotone bianco ,una fascia di merinosse ,un fazzoletto , due pecore ed una scure , del valore totale di ducati tredici e grana quindici. A Dello Russo involarono eziandio un cappotto zeprino , una camiciola di scarlatto, un paia di pendenti d’oro , un rotolo di pane, tre coltelli , un fazzoletto, una salvietta,e due monete di rame di un grano l’una , del valore totale di ducati otto.
I derubati ritennero essere gli aggressori di Volturara , ma non li riconobbero. In quella congiuntura riportarono entrambi ferite giudicate lievi. Con la istruzione è rimasta assodata la prova generica né modi legali, e la specifica ha fatto risultare che gli aggressori fossero stati Elia Petito di Bonaventura , Nicola Montefusco fu Teodoro ,Ferdinando Candela fu Luigi, Pietro De Feo fu Biase e Vincenzo Pisacreta fu Angelo. Il sesto è rimasto ignoto.
2 Luglio 1862
La guardia nazionale di Volturara in perlustrazione sul Cretazzuolo , su segnalazione , accerchia il posto dove sono nascosti un gruppo di briganti. Una raduna che è rimasta famosa come il “ sierro di Pagliuchella” dove attorno ad un fuoco chiacchierano diversi briganti ignari del destino che li attende
Una pioggia di proiettili si abbatte sul povero Ferdinando,mentre i suoi compagni si danno alla fuga e si perdono nella montagna. Pagliuchella viene caricato su di un mulo e portato in piazza come monito per tutti coloro che sono contro l’ordine costituito. Appeso al tiglio da morto resta per alcuni giorni penzolante finché viene messo in una fossa senza nome e senza identità,forse per scacciare la paura di un uomo che potesse servire da esempio ad altri.




Salvatore Domenico Sarno 1817 – 1883 di Alessandro








































Nacque il 25 Agosto 1817 da Alessandro e Maria Marino. Sposato con Maria Carmela Marrandino di Ciriaco.
1851 Sindaco,viene sospeso dalla carica
1854,55,56 decorione.
1857,58,59,60 II Eletto
1861 - 1864 Sindaco
1865 - 67 assessore
1868 - 72 Sindaco
1877 Giudice supplente a Volturara.
Dal 1862 il cognome su molti documenti da Sarno diventa Sarni. Un vezzo che intende far capire l’importanza di una famiglia che fino ad allora pur avendo espresso già due sindaci ( il padre Alessandro ed il fratello Ferdinando ) , non veniva considerata di alto lignaggio,alla pari per esempio
dei Pennetti,dei Masucci,dei Di Meo o dei Del Percio.
Capiterà la stessa cosa ai Luciano che dopo l’unità d’Italia diventano Luciani. Un rampantismo sociale che si estrinseca con forza e potere amministrativo.
Una vita da amministratore , in un personaggio dal carattere forte,duro ed inflessibile. Insieme a Gennaro Vecchi , sicuramente il personaggio più importante del secondo ottocento volturarese e fondatore di una dinastia che fino all’avvento del fascismo determinerà le vicende politiche,economiche
e sociali del paese.
Entra sulla scena nel 1851 , quando è ancora vivo Don Carmine Benevento che diventa suo I Eletto, ma subito viene sospeso dalla carica. Ritorna da Sindaco nel settembre 1861 in pieno brigantaggio , dimostrandosi il più determinato nella repressione del fenomeno , agendo in prima persona già dal 7 Aprile 1861,quando tornando da Salza dove si era recato per votare il deputato della zona,vedendo il moto insurrezionale , scende ad Avellino di notte presentandosi la mattina dopo con il Governatore della Provincia Nicola De Luca e con un esercito di circa 1000 uomini che mettono a soqquadro il paese. Va a perquisire la casa di Vincenzo Mele , carpato, e si busca una fucilata , che gli sfiora la testa ,dal proprietario della casa , nascosto nella boscaglia poco distante.
Da Sindaco cattura uno ad uno tutti i rivoltosi ed i briganti,distinguendosi nell’arresto di Pietro De Feo , di Alessandro Masucci malaoi e di Gaetano Picardi , nell’uccisione di Ferdinando Candela Pagliuchella e di Luigi Volta di Serino. Nel 1872 si ritira lasciando il posto al figlio avvocato Alessandro Sarni nella vita amministrativa,che dimostrerà doti dialettiche,ma non avrà la determinazione ed il carisma di capo e parlerà per più di 50 anni senza concretizzare nessuna idea,anzi abbandonerà Volturara pieno di rancore verso tutti. Salvatore Sarno morì al Campanaro il 4 Maggio 1883,quando Gennaro Vecchi suo avversario politico per una vita era ancora Sindaco.
Padre di Pasquale Sarno,Alessandro Sarni, Achille Sarno.




































Gennaro Vecchi 1827 - 1901


Gennarino figlio di Don Andrea, e di Donna Carolina Di Feo nacque a Voltorara il 21 Gennaro 1827 .Morì il 12-3-1901.
Sposò il 27-3-1852 Beatrice Bastano (1820-1861) di Giuseppe e Teresina Barra di S .Lucia di Serino. Il nonno Gioacchino Vecchi da Cassano Irpino venne a Volturara ai primi dell’ottocento come medico . Abitava in Piazza sul Ponte del torrente Freddano. Il figlio di Gioacchino, Andrea ricoprì vari incarichi amministrativi e divenne ben presto uno degli uomini più potenti di Volturara. Avevano una masseria sulla via Provinciale vicino all’incrocio per Montella in localita Peraine.
Gennaro per cinquanta anni fu padre padrone della politica volturarese svolgendo il ruolo di Sindaco dal 1858 sotto Ferdinando di Borbone al 1861 sotto Francesco II di Borbone e sotto Vittorio Emanuele II,Re d’Italia e suo figlio Umberto I. Ritenuto troppo morbido nei confronti dei rivoltosi filo-borbonici fu sostituito nell’ottobre 1861 dal suo rivale di sempre Salvatore Sarno,anche perché nel corso dell’anno fu provato dalla perdita del cognato il dottore Pasqualino Masucci e soprattutto dalla morte dell’adorata moglie Beatrice appena quarantenne.In questo periodo fu anche rapito e poi rilasciato dietro pagamento di riscatto dai briganti volturaresi.
Ritornò come Sindaco nel 1865 per cedere alla fine del 1867 sempre a Salvatore Sarno. Per la terza volta Sindaco dal 1873 al Marzo 1876. L’ultima apparizione come Primo cittadino la fece dal 1883 al 1885 ,assistendo alla morte del suo rivale e firmandone il certificato di decesso. Nel 1891 lo troviamo ancora come Consigliere Comunale. Una vita per il Comune e sul Comune , protagonista di battaglie amministrative memorabili e di cambiamenti sociali radicali. Amato ed odiato, o comandava o perdeva ed aspettava la rivincita che quasi sempre otteneva. Imparentato ed alleato con i Masucci e con i Luciani sempre contro i Sarno e i Pasquale usava ogni mezzo per frenare la loro ascesa al Comune ed era combattuto non senza esclusione di colpi dagli avversari anche con opuscoli pubblici che sono una testimonianza del tempo.
Nel 1874 era il Procuratore della Chiesa di S. Nicola ed incaricato di riscuotere la loro pensione ricevendone da ciascuno la “vilissima somma di 20 centesimi” come dice Alessandro Sarni in un pubblico opuscolo che lo definisce “piccolo pascià in abito da sagrestano”.
Diceva di Lui nel 1884 Don Vincenzo Pasquale nella “Ipocrisia della votazione di Volturara”:
“ Si desidera un quadro di un ipocrita? Ecco là,poco lungi da quelli individui uniti in capannello,un tale dall’aspetto cretino,col capo chinato,sonnecchia, o furbescamente simula sonnecchiare, per udire,senza sospetto altrui, a suo bell’agio quello che si dice; per vedere e spiare ad occhi socchiusi quello che si fa e quello che si opera,per farne delazione prima in casa, e poi a chi di dritto e non di dritto. Chi non ravvisa in costui l’impronta della ipocrisia, della delazione e della ignoranza ? Eppure questo individuo che la carta imbrattando di sgorbi,sapendo appena scorrettamente segnare il proprio nome,senza coltura,senza lettere,per non averle mai apparate,vestito del manto dell'astuzia e della malizia,in ogni tempo si è sforzato di parere quel che non è , e di dichiararsi necessario.”
Un aspetto importante per capire il personaggio è il rapporto con il mondo ecclesiastico.Due fratelli sacerdoti Antonio e Ferdinando,un figlio sacerdote e una voglia durata una vita di dare al paese una chiesa madre che fosse la più grande di tutte in provincia, e la più bella.
Tutto il suo impegno politico coincide con l’abbattimento della vecchia chiesa e la costruzione della nuova in un arco di quaranta anni . Come un gioco del destino appena inaugurata tra la notte del 31 Dicembre 1899 e il primo giorno del nuovo secolo la sua vita vede un lento declino che lo porta alla morte nel 1901

























Achille De Cristofano
1833 - 1911 farmacista

Nato il 4 Maggio 1833 da Sebastiano e Michelina Benevento. Ebbe come figli Enrichetta Vincenzina 1860 ,
Luigi Michelino 1863 farmacista ,Eduardo 1865 -
1898, Fernando , medico a Salerno.
Farmacista,partecipò in prima persona alle sommosse del 1861. In un primo momento sembrava neutrale,ma fu incriminato , dietro lettera anonima sicuramente della famiglia di Vincenzo Luciani per le rivolte del Luglio 61 come convinto filo-borbonico. Alla fine fu prosciolto. A chi gli chiedeva cosa pensasse del fratello Ferdinando ,ufficiale della Guardia Nazionale rispondeva “aggi’accire prima a isso e po’ a Garibaldi”. Ma il fratello ,
impiegato sul Comune fu messo in pensione per non aver firmato al Plebiscito di annessione all’Italia del 20 Ottobre 1860.
Curò il capobanda Giuseppe Nardiello,ferito alla mano in uno scontro con i piemontesi il 2 Luglio 61 e gli regalò la sciabola del fratello Ferdinando.
Molto attivo nella vita pubblica e amministrativa per tutta la vita,lo ritroviamo dal 1860 alla sua dipartita nel 1911 sempre come consigliere comunale ed assessore, con alcuni memorabili interventi polemici contro l’esasperazione continua del potere. Possente il suo intervento nel 1862 contro Vincenzo Luciani ,nastro nascente della politica volturarese,figlio di Giuseppe Luciano.
6 Aprile 1862
Al posto del giubilato e messo in pensione Don Vincenzo Pennetti, reo di non aver firmato al Plebiscito di Annessione dell’ottobre 1860 , il Consiglio Comunale nelle persone di
Sarno Salvatore Sindaco,assessori: Vincenzo Luciani,Gennaro Vecchi, Achille Cristofano,Michele Masucci. Assessori supplenti Marco Marrandino,Raffaele Gioiella. Consiglieri Giovanni Cianciulli,Cesare Pasquale, Pietro Antonio Pennetti, Nunzio Pasquale ,Donato Cristofano,Pietro Lepore,Generoso Masucci,Giovanni Del Percio,Bernardino Luciani,Nicola Cristofano fu Angelo,Vincenzo Di Feo,Sebastiano Candela,Cesare Pasquale,Nicola Marino,Leonardo Cristofano , Nicola Cristofano fu Michele
elegge con 14 voti a favore e tre contrari come segretario Comunale
Don Vincenzo Luciani,legale di Giuseppe.
votano contro Gennaro Vecchi ,Vincenzo De Feo e Achille de Cristofano.
Prende la parola Il Consigliere Achille De Cristofano il quale
“ fa osservare che il Segretario di ogni Comune deve essere adorno, e fornito di tutte le qualità che ispirano alla fiducia , ed al contento dei Naturali
( cittadini) , non solo di essere soddisfatti nei loro rispettivi bisogni,ma nell’attendere con tutta precisione e scrupolosità agli interessi del medesimo Comune,che si considera come un vero popillo. Gli espressati riquisiti , e qualità non si verificano affatto nella persona di Don Vincenzo Luciani,poiché non da pochi anni, e lui, e l’intera sua famiglia è stato l’oppressore, e la rovina di questa disgraziata popolazione,come potranno attestarlo i registri di sorveglianza politica che esistono in Avellino. Si sa bene da tutti che le oppressioni, e la tirannia praticate dal padre si manifestarono nell’essere sotto-capourbano,Sindaco,Eletto, e Capourbano, e tutt’altro.Si sa che i meriti della famiglia e de suoi altri fiorenti fecero meritare al nominato l’impiego in Avellino.
Si sa pure che per le sue mali portate furono destituiti, padre e figli da ogni impiego, e carica, come pure nel 1849 si portò in Caserta in commissione per rinunciare a benefici costituzionali,ciò posto si pongono le Autorità a ben riflettere tale osservazione.














Vincenzo Luciani 1828-1903° legale

Figlio di Giuseppe Luciano,uomo forte dal 1830 al 1860 volturarese, ha una carriera in crescendo appena il padre si ritira dalla scena politico-amministativa volturarese. Avvocato,consigliere comunale e poi assessore, Capitano della Guardia nazionale durante e dopo la rivolta del 7 Aprile 1861, insieme a Salvatore Sarno danno il giro di vite contro i rivoltosi e i loro amici perseguendoli e perseguitandoli negli anni. Tipico notabile volturarese antipatico,cattivo , duro ed inflessibile riuscirà nel dopo unità d’Italia a farsi scegliere come segretario comunale creando una spaccatura in Consiglio che si ripercuoterà nel tempo,mettendo famiglie contro famiglie .Chi non è con me è contro di me, fino a che licenziato diventa segretario particolare dell’on. Michele Capozzi ,il Re Michele seguendolo per un trentennio nella sua attività politica. Suo figlio Giuseppe ,avvocato in Napoli morirà senza figli chiudendo una dinastia potente e temuta.


























































PietroAntonio Pennetti 1837-1918 medico




Nato da Giuseppe,medico e Clementina Cindolo. Sposato con Carlotta Raimondo.Fratello dell’Avv. Gerardo .Medico,partecipa alla vita
politico-amministrativa di Volturara per moltissimi anni dal 1861 in poi.
E’ Sindaco dal 1910 al 1918. Il 1 Novembre del 1918 è sul Comune
in piena attività come primo cittadino .L’Italia festeggia la vittoria della Grande Guerra .Il 2 Novembre resta a casa per i primi sintomi dell’Influenza denominata Spagnola. Nello spazio di una settimana muore all’età di 81 anni. E’ l’8 Novembre 1918.
Laureato in Medicina e Chirurgia il 4 Agosto 1860 all’Università di Napoli
Cassiere comunale dal 1873 al 1876. Direttore della prima scuola elementare nel 1890.
Un personaggio fondamentale nella storia del secondo ottocento e del primo novecento.
Dalle perizie sui morti e feriti della rivolta antipiemontese del 1861 alla Spagnola del 1918 .Una carrellata lunga sessant’anni coronata con un sindacato, pur se arrivato in tarda età, ininterrotto dal 1910 alla sua morte.



















Vincenzo Santoro 1839-1910, medico

nacque il 31 Maggio 1839 da Mariano Santoro,che era Sindaco in carica da due anni e da Anna Di Meo (1800-1868).
Le poche notizie sulla sua vita lo rendono un personaggio misterioso ed affascinante.L’ unica certezza è il violento attacco al Clero di Volturara con un opuscolo del 1868.Il documento suscitò reazioni di critica violenta da parte dei benpensanti del paese.
Abbiamo le frasi più pungenti grazie alla risposta che Don Vincenzo Pasquale di Nunzio diede alle stampe nel Dicembre dello stesso anno, dopo che il Clero ad Ottobre aveva già dato incarico di denunciarlo al Procuratore del Clero Don PietroAntonio Di Meo.
Il ritratto che il farmacista dà del Santoro è duro e spietato.Lo addita come cattivo esempio di figlio,di studente e di uomo, dedito ai vizi , che invece di studiare aveva passato la sua gioventù tra bettole e belle donne , dandosi al Protestantesimo.
Ferito in una rissa da ragazzo,che gli aveva lasciato come ricordo una vistosa cicatrice sul volto, cacciato dal Seminario di Nusco per indisciplina, aveva sposato la figlia di un bettoliere facendo morire di crepacuore il padre e la madre ( sembra il protagonista di ò zappatore )
Ma la distruzione cinica e sistematica della vita di un uomo fa riflettere,
soprattutto quando c’è da difendere,senza perdere o spendere niente,gli interessi di un ceto come quello ecclesiastico,che a Volturara determinava Sindaci e potenti. Vincenzo ebbe il coraggio di scrivere cose che in altri tempi gli sarebbero costate il rogo;affermazioni suscettibili di critica e di biasimo,ma frutto di un’esperienza di vita e ribellione ad uno stato sociale troppo potente. Ciò che spinse Santoro a pubblicare l’Opuscolo è e resta per adesso misterioso .L’interessante è leggerlo per quel poco che abbiamo e farcene un giudizio personale.Non vorrei però che il linciaggio morale a cui fu sottoposto Vincenzo con la pubblicazione della risposta di Don Vincenzo Pasquale sia uno dei soliti frutti di una classe tipica volturarese ed italiana in generale. Per minare la credibilità di un’Idea,il primo passo è sputtanare i comportamenti di vita di chi la esprime!
Soprattutto quando c’è da difendere qualcuno,come il Clero, che può essere utile come alleato politico-amministrativo in futuro.
Un dato di fatto importante è fornito dallo stesso Vincenzo Pasquale con l’opuscolo del 1884,nel quale lui stesso riceverà,come Vincenzo Santoro le stesse accuse di ateismo dal gruppo di potere contrapposto al suo che faceva capo al Sindaco in carica Don Gennaro Vecchi.Ci sarebbe allora da dire “Chi di spada ferisce,di spada perisce!”
La risposta di Vincenzo Santoro all’attacco frontale e spietato arrivò nel 1869 con un opuscolo rivolto ai volturaresi in cui ribadiva le proprie idee negative sui Papi e sui Preti e offendeva i tre che lo avevano attaccato pubblicamente, cioè l’Arciprete Alfonso M. Pennetti, il frate Padre Pio Paradiso ( che chiama ironicamente Inferno) e lo stesso Vincenzo Pasquale asserendo di non essere protestante,né animato da rancori personali verso l’Arciprete per questioni di eredità, ma di far capire alla gente i trucchi messi in atto dai preti per arricchirsi alle spalle del popolo gonzo.
L’anno dopo , nel 1870 Vincenzo Santoro si laurea in Medicina e a fine 1871 provocatoriamente scrive al Sindaco chiedendogli di mettere a concorso la Condotta medica e chirurgica , che egli vorrebbe esercitare gratis. La sua proposta viene accettata , ma alcuni mesi dopo nella primavera del 1872 se ne scappa a Giffoni Valle Piana , dove è risultato vincitore di concorso. A fine anno in un infuocato Consiglio Comunale , il consigliere Vincenzo Pennetti chiede di cercare a nome del Comune il risarcimento danni al dr Santoro,colpevole di aver abbandonato la condotta medica senza spiegazioni e all’improvviso. Il Sindaco non accetta e provvede a nominare subito al suo posto il fratello Achille che alcuni anni prima era stato licenziato.
E’ l’ultima vendetta di Vincenzo Santoro , costretto ad emigrare e a scomparire per sempre dal suo paese nativo,dopo le tante polemiche degli anni precedenti! Se ne va all’improvviso,quando nessuno dei suoi denigratori se lo aspetta . Peccato che se ne va per sempre,senza mai più ritornare,mentre i suoi avversari alla fin fine poterono gongolare per esserselo tolto davanti, i Pennetti in primis.
Non sappiamo dove è morto Vincenzo Santoro e a che età ,ma è certo che non fu un cattivo Volturarese,perché le ricerche ci hanno insegnato che chi ha criticato nei secoli, la classe politico- amministrativa locale e non sono molti in verità, non solo non ha mai rubato come invece hanno fatto in tanti,che non hanno mai parlato,ma ha avuto sempre vita difficile e sono stati sputtanati nelle loro azioni e o allontanati da un potere tetragono attraverso i loro accoliti cascettoni , che di porta in porta con malafede chirurgica hanno creato correnti di opinioni negative in un popolo a cui è spesso convenuto credere a chi comanda per sudditanza atavica,insegnata e diventata poi nei secoli patrimonio cromosomico.
1868:
Vincenzo Santoro scrive un Libello contro il Clero di Volturara -“ Ai Preti del mio paese o giu’ la maschera ”.
Ottobre
Il Clero lo denuncia .

Dicembre :
Il farmacista Don Vincenzo Pasquale risponde allo scritto con un libretto in cui stigmatizza la vita ed il comportamento di Vincenzo Santoro,
attaccandolo come uomo:
“ Vincenzo Santoro suoi errori e menzogne ,smentite pel farmacista Vincenzo Pasquale da Volturara Irpina”.
1869:
Vincenzo Santoro viene attaccato pubblicamente dall’Arciprete Alfonso M. Pennetti e dal frate Padre Pio Paradiso.
Vincenzo Santoro pubblica un altro libretto:”Vincenzo Santoro ai suoi Concittadini Civiltà ,unione,progresso” .
Don Vincenzo Pasquale riporta le vicende della vita di Vincenzo Santoro secondo una sua versione dei fatti molto personale,improntata a rancore e disprezzo:
Nelle vene di Bruto non al certo iscorreva il sangue del padre tiranno; come pure in quelle di Vincenzo Santoro non circula il sangue di Mariano e di Anna di Meo suoi genitori gente dabbene di semplici ed integerrimi costumi, Da costoro ai 31 di Maggio del 1839 nacque Vincenzo Santoro in Volturara Irpina patria di Alessandro e Giuseppe De Meo scrittori illustri degli Annali delle Due Sicilie. Fin dai primi anni delineata osservavasi una indisciplinatezza nel suo volto, per la quale un meritato mortal colpo di coltello riportò, vibratogli da un compagno che il fè essere in forse della Vita Riavutosi per le non poche cure da'suoi prodigategli fu dall' accorto genitore (Facendo di se e della famiglia tutta gran sacrifizio ) al Seminario di Nusco mandato, acciochè morigerandosi ed approfittandosi delle lettere, divenisse il sostegno della sua casa ; se non che Vincenzo, invece di dedicarsi allo studio, divenne il martiro dell'ottimo ed erudito rettore
D. Vincenzo Palermo, e dei superiori tutti i quali vedute infruttuose le loro cure pel miglioramento morale del Santoro, lo espulsero dal Seminario. L’addolorato genitore mandollo in Avellino a compiere i mai intrapresi studi di letteratura. E Vincenzo libero e patron di se stesso diedisi in preda delle più abbominevoli lordure. Altre lettere a leggere non imparò che quelle scritte sulle porte delle lupanare e dell’ospedale celtico. Di Avellino in Napoli si conferì allo studio di medicina , ma il Santoro d’Ippocrate e di Escolapio nemico Venere e Banco amò. Abbandonato dal padre, che troppo tardi si avvidde della depravata vita del figlio, in preda della disperazione anima e corpo si vendè alla scuola protestante allora in Napoli stanziata. Dopo non molti mesi il salario dei novatori mancatogli, necessità stimò ritornare alla soggezione e dipendenza del Padre a dismisura adirato contro il prevaricato figlio ingrato Vincenzo avresti dovuto ora sovvenirti della pietà e carità cristiana verso di te esercitata dalla maggior parte dei nostri sacerdoti , e di più di ogni altro dell’ottimo Arciprete Pennetti, il quale pregando tuo padre fè si , che questi te qual figliuol prodigo di nuovo accogliesse in seno della sua famiglia. E ora come ti soffre il cuore , o sciagurato , immeritevolmente infamare i sacerdoti tuoi concittadino e benefattori ?!!! Ma il cieco non vede avanti. Divenuto apostata; più per iscroccar danaro dal padre che per rimorso di coscienza si conferì in Nusco ai piè di quel dotto e pio vescovo da lui posto in caricatura a pag. 11 e segnò la sua ritrattazione. Ritornato nel novembre in Napoli sua prima cura fu di visitare i suoi simpatici luoghi e così a vivere come nacque continuò.L’inconsolabile genitore ricordandosi in fine dell’antico adagio lupus sempre lupus totalmente abbandonllo, e d’allora mai più avanti al suo cospetto vedere lo volle. Vincenzo dalla miseria afflitto , credè per lui gran fortuna sposar per vivere , una donna figlia di un certo bettoliere di Napoli. Tale matrimonio fu la spada che più amaramente trafisse il cuore degli sventurati genitori,sicché la madre di dolore ne moriva nel passato novembre. Del corrente anno con testamento disponendo della sua mediocre proprietà a doversi dividere in parti uguali tra le figlie ed il traviato figliuolo.Questi che avrebbe voluto,servendosi della sua frase, farla da arraffa tutto, ha supposto che il confessore tanto abbia consigliato alla moribonda genitrice.Ed ecco nota a tutti è già fatta la causa,che ha spinto Vincenzo Santoro all’infamia, alla menzogna, alla sempre continuata cantilena di contradizioni, di bestemmie, e contumelie. Povero stolto ! se avesse esaminata la trascorsa e la presente sua vita, non avrebbe al certo degli atti di sua madre che ultimi di giustizia compiva, incolpati i nostri sacerdoti , che per zelo ,senno,giustizia e carità cristiana in ogni tempo han saputo distinguersi , meritando gli elogi dei suoi. Mi è sembrato necessario dar contezza ai lettori della vita del Santoro acciocché sappino chi esso sia , e non aggiustassero fede al suo librettaccio , che altro non è , che un cumulo di bestemmie contro Dio , contro quanto ha di divinità la nostra Religione, e contro l’esemplarissimo nostro Clero:
bestemmie gratuitamente asserite, infamie,calunnie non provate , ma riaccapitolate come in una bigoncia prese dai libri di quella religione , di cui egli stesso ne fu un dì salariato ; perciò non è mestieri confutare ciò che senza dimostrazione gratuitamente si asserisce , in vece confuterò tutti quei luoghi, ove ha fissata una proposizione; ed incomincio dalla pagina 7






Come riferito in precedenza quindici anni dopo, nel 1884 , Vincenzo Pasquale subì la stessa sorte di Vincenzo Santoro e dovette difendersi dall’ attacco pubblico sia del Clero che del frate Pio Paradiso che con il suo voto impedì al farmacista di entrare nel Consiglio Comunale. Fu chiamato ateo e avverso la Chiesa dagli amici di Gennaro Vecchi, ottenendo l’appoggio del solo Alessandro Sarni ( 1842-1924),avvocato ed altro grande protagonista delle vicende volturaresi di fine ottocento, che a sua volta morirà dimenticato da tutti , esule volontario in Napoli. dopo una vita spesa a dare idee lungimiranti di progresso ad un paese sordo a qualsiasi innovazione.































Annibale Masucci 1841-1903







































Figlio di Don Leonardo e di Donna Teresa Mazza nacque il 12.2-1841 e morì nel 1903.Laureato in Lettere e Filosofia,fratello di Don Achille,notaio.
Un uomo potente e rispettato con molti figli.
-Antonio,medico trasferitosi a Mercogliano agli inizi del 900.
- Teresa ,andata in sposa a Don Luigi Pennetti,medico e futuro podestà.
-Armando,possidente sposato con Donna Carmelina , figlia di Don Pasquale Sarno,segretario comunale.
-Rosa,sposata con Aristide Marino,famoso oculista volturarese.
-Olimpia sposata con Alfredo Marino,fratello di Aristide,farmacista,senza figli
-Maria e Giuseppina,le gemelle, protagoniste di una storia sfortunata e drammatica,morte nel pieno della giovinezza nel 1910 per complicanze influenzali,fidanzate rispettivamente con Don Vincenzino Pasquale e Don Matteo Marrandino,medico di belle speranze.
La carriera amministrativa di Don Annibale fu nel segno di contrasti e ricorsi.Sindaco nel 1879,80 e 81 .Nel 1888 Sindaco per un solo anno,nel 1899 Sindaco mai entrato in carica per diversi ricorsi .

























Francesco Discepola 1849-1900 farmacista


Nel 1875 apre la farmacia al Freddano,vicino alla Piazza.
Personaggio particolare che ha il momento di gloria con il suo Sindacato nel 1885. Farmacista,sposato con Rosina Santoro sorella di Vincenzo e figlia di Mariano , che era stato Sindaco dal 1837 al 1839,nonché impiegato comunale fino agli anni sessanta,quando per non aver firmato al plebiscito venne messo in stato di accusa e licenziato con prepensionamento.
Nel 1880 vota contro il Sindaco Annibale Masucci che vuole una gratificazione economica per la sua carica , affermando che tale carica è puramente onorifica e non da diritto a prebende.
Molto significativo il pubblico elogio in Consiglio comunale da parte di Don Giuseppe Di Meo,suo collega farmacista nel 1885 che ne mette in risalto le qualità umane e morali .
Alla fine del mandato nel 1887 scompare dalla scena amministrativa e non lo si ritrova in nessun documento, un dato strano in confronto agli altri che scendevano a qualunque compromesso pur di stare sul Comune a controllare gli altri ed a cercare di arraffare per aumentare il proprio patrimonio .
Nel 1899 ancora strascichi con il Comune per il prestito di 80.000 contratto durante il suo sindacato di cui deve rendere conto.
Nel 1900 la moglie Rosina Santoro chiede di poter portare i documenti in suo possesso alla Prefettura per scagionare il marito che potrebbe essere morto. Il Consiglio Comunale accetta.







Vincenzo Pasquale 1841 – 1917 , farmacista




Figlio di Nunzio ,farmacista in Piazza come il padre è uno dei personaggi più rappresentativi del secondo ottocento volturarese e merita un posto nella galleria dei grandi .
Dal 1861 fu Ufficiale della Guardia Nazionale,Consigliere Comunale,
assessore supplente,Componente della Congrega di Carità,della Commissione scolastica,della commissione di vigilanza al carcere,della commissione sanitaria,vice conciliatore,sopraintendente alle feste religiose di pubblico concorso,Sopraintendente scolastico.
Autore di numerosi opuscoli pubblicati a proprie spese ci avvicina con le sue considerazioni alla realtà dell’epoca dandoci un quadro ben preciso della situazione politico-sociale e amministrativa di Volturara .
In alcuni scritti diventa l’espressione più acuta di una mentalità che era propria del ceto medio alto della provincia meridionale riferita ai signorotti di paese. Bacchettatore di costumi,mentalità progressista ma dura,inflessibile con chi non la pensava come lui. Pignolo e preciso fino all’esasperazione. Rigido di comportamento,sobrio nei costumi con una dialettica forbita e concreta.
Amico di un altro grande volturarese l’avv. Alessandro Sarni condivise con lui battaglie politiche e sociali contro una classe amministrativa rappresentata da Gennaro Vecchi, dai Masucci ed dai loro amici. Numerose volte Consigliere comunale,divenne Sindaco di Volturara nel 1896 fino al 1899,subentrando al fratello Luciano,Sindaco dal 1892 al 1894. Erano anni di lotte aspre per il controllo del potere, in una Volturara che andava trasformandosi con il bilancio comunale dissestato e Consigli comunali dichiarati decaduti con l’avvento di vari Commissari regi straordinari.
Non si può capire Volturara senza leggere i suoi scritti. Non si può amare Volturara senza soffrire come Don Vincenzo e Don Alessandro ! Contro un muro di gomma che fa diventare zizzania ogni Idea per il progresso e per il miglioramento della realtà sociale,pronte a ritorcersi come calunnie su chi le ha espresse con dignità e fierezza.E’ stato sempre così e credo che lo sarà ancora per sempre. Vittime e carnefici di una realtà bloccata da interessi spiccioli in cui calunniare e meglio che costruire.
Lo stesso Don Vincenzo fu in definitiva vittima e carnefice.In cinquant’anni di vita pubblica ne vide di tutti i colori; e fu accusato delle stesse infamie delle quali aveva accusato altri. Ironia della sorte,alla fine il figlio Vincenzino si fidanzò con una Masucci,in una storia d’amore e di morte di levatura superiore,degna di una tragedia greca. L’epilogo tragico per la prematura scomparsa della ragazza fu a suo vantaggio economico,ma attirò per sempre il rancore di quella famiglia che aveva combattuto politicamente per decenni.Il figlio Vincenzo,per rispetto della fidanzata persa non volle mai sposarsi. L’altro figlio Don Nunzio rimase celibe , ponendo fine , per mancanza di eredi maschi ad una famiglia che aveva dato a Volturara quattro Sindaci e tanti professionisti di ottima levatura. Nel 1884 nelle votazione del 30 Luglio per il rinnovo del quinto del Consiglio comunale non venne eletto per un solo voto,per l’ostruzionismo dei suoi avversari che gli tolsero i consensi del clero definendolo pubblicamente “incredulo”,cioè non credente,ateo e massone. Lui che nel 1868 aveva difeso lo stesso Clero dagli attacchi di un opuscolo pubblico a firma del dr. Vincenzo Santoro che li aveva definiti rovina del mondo.
Tra i suoi scritti ricordiamo
- Il Capourbano ( 1896) , che stiamo per dare alle stampe. E’ un romanzo che narra le vicende di una famiglia calabrese, trasferitasi a Napoli nel dopo unità d’Italia fino alla fine del secolo in un intreccio articolato e complesso che rende bene la realtà di fine ottocento dell’Italia del Sud.
- Su Vincenzo Santoro ( 1868) , suoi errori e menzogne
- L’ Ipocrisia smascherata ( 1884)
- la Faggeta, poema in versi ( 1904)
- Le Gemelle ( 1912)
oltre ad un innumerevole numero di opuscoli su situazioni politiche ed amministrative.
Curioso un opuscolo su come portare avanti il bilancio familiare ( 1875).



















Alessandro Sarni 1842-1924,avvocato





































Nato l’1 Dicembre 1842 da Salvatore Domenico Sarno ( 1817-1883 ),che era stato uno dei personaggi più influenti della seconda metà dell’ottocento volturarese,a più riprese Sindaco dal 1850 al 1875,sempre in contrapposizione a Gennaro Vecchi, e da Donna Maria Carmela Marrandino,appartenente ad una delle famiglie più antiche di Volturara ricca di medici,sacerdoti e amministratori. Fratello di Don Pasquale Sarno Sindaco dal 1888 al 1890 e Segretario Comunale fino all’avvento del Fascismo. Amava farsi chiamare e si firmava con il cognome Sarni a differenza dei familiari che restarono Sarno. Avvocato di chiara fama con studio a Napoli in via Duomo rimase legato per tutta la vita con le catene dell’amore al suo paese nativo. Fu consigliere comunale non ascoltato per diversi anni dal 1870 fino al 1908 quando si dimise per protesta contro il Sindaco in carica Leonida Picardi. Personaggio complesso,ha lasciato decine di scritti tra Programmi Elettorali ed arringhe difensive.Una dialettica forbita spesso eccedente in retorica,capace di capire i problemi sociali e amministrativi con semplicità estrema,fu vittima della sua modernità ,in un paese da sempre e per sempre legato a schemi preconcetti e consequenziali in modo pedissequo. Moralista fino all’inverosimile,viene accusato,spesso,dai suoi avversari di interessi personali.Con l’arte della maieutica riusciva a convincere di aver sempre ragione,ma nel momento decisivo veniva accantonato e le sue proposte mai accettate. Morirà lontano da Volturara, a Napoli, dimenticato da tutti con dolo. A livello locale ebbe intuizioni eccezionali soprattutto per risolvere i due grandi ed annosi problemi della vertenza demaniale con Montella e la bonifica del Lago Dragone, a livello nazionale fu in contatto con Garibaldi e Mazzini per una Scuola aperta a tutti anche alle classi meno abbienti perché sapeva che nel progresso di tutti i ceti sociali vi era il progresso dell’intera Nazione.
Nel 1856 fu espulso dal Seminario di Nusco per le idee troppo avanzate per “quei tempi tristi”.Nel 1913 pubblicò l’Eco di Volturara.
Nel 1921 scrisse una lettera al nipote il Prelato Don Amilcare Sarni,dalla quale si evince la sua personalità e la sua storia terrena.
Fu socio benemerito della Società Operaia Mutuo Soccorso di Volturara alla fine dell’800.
Nel 1884 diceva di Lui D. Vincenzo Pasquale:

Ha mente e cuore nobile e gentile,
fa guerra agl’ ignoranti e bacchettoni;
ama il vero ed il bello, ed ostile
ai delatori,ipocriti,spioni.

Ama Religione ed ama Cristo,
non come fa di piazza il gracchiatore;
Libertà va cercando, e al secol tristo
porto,dice,il Vangel sculto nel core.

Noi stretti uniti tutti a un patto solo;
tutti ci aggrupperemo intorno a lui;
Giustizia amando, ed abborrendo il dolo,
crepar faremo gl’inimici sui.

Lettera scritta al nipote sacerdote Don Amilcare Sarno di Pasquale
8-12-1920
Caro Amilcare
Ho letto il giornale il “ Corriere d’Italia”del 21 scorso portante la notizia che S.S. Papa Benedetto xv siasi degnato di nominarti “Cameriere Segreto soprannumerario” titolo onorifico,nella gerarchia ecclesiastica in omaggio e premio alla tua cultura letteraria scientifica,alla giovanile e feconda attivita’nel Provicariato generale della Diocesi Ulifana, ed al tuo apostolato di fede e d’amore per il bene della tribolata Umanità,che e’ pure il bene di tutti e di ciascuno.
Tale attestazione di benemerenza ti eleva e distingue dalla folla anonima dell’odierna società dell’homo hominis lupus.
Ed ora che la gotta mi concede un po’ di calma e lascia libera la mia mano, ti scrivo la presente per esprimerti tutto il mio compiacimento,e farti i più sentiti complimenti auspicanti alle maggiori ascensioni.
Con questo augurio mi sia lecito un monito di mia personale esperienza,perché possa servirti di norma nell’aspro cammino della vita e nello sconvolgimento generale,politico,economico,sociale,e morale,di tutto un vecchio mondo di negazione,di oppressione,e di miseria,crollante sotto il peso di orrendi delitti e di nequizie umane!
Quando io venni al mondo nel primo Dicembre del 1842 in Volturara Irpina antichissimo territorio della distrutta Sabazia dal ferro romano regnava ancora la Santa Alleanza dei Potentati della Terra e la ragione umana,che distingue l’uomo dal bruto,e lo avvicina a Dio,non aveva posto tra gli uomini!
Il Diritto era la forza, e la violenza legalizzata ridotta a sistema di governo.Il Dovere l’ubbidienza al più forte.La Morale una sfacciata ipocrisia.La Giustizia rifugiata in cielo in grembo a Giove di là da venire!
Tutto lo scibile umano,l’educazione e l’istruzione, veniva impartita dai Preti,nelle Scuole Pie e nei Seminari Diocesani.ed ai preti era ancora confidata la Polizia di Stato! La indagine del Perché di tutte le cose e del mondo,nel quale si vive, e senza del quale l’uomo non può vivere , e cesserebbe di esistere,costituiva un Delitto, ed era punito con la morte civile dell’individuo,assai più feroce dell’antica schiavitù pagana !Dalla Scuola Pia io passai ben presto al Seminario Nuscano;quotato per uno dei migliori sotto il governo della negazione di Dio.Re Bomba Ferdinando II di Borbone così appellato dalle stesse Corti di Europa!!!
Quantunque io primeggiassi per sapere e per condotta disciplinare in tutti i Corsi ed in tutte le classi sopra ai miei compagni di studio,da meritare costantemente l’ottimo distinto tra tutti gli alunni ottimi,e conseguire il premio mensile,che elargiva l’Eccellentissimo Vescovo Monsignor Adinolfi,pure la mia rapida ascensione doveva spezzarsi di fronte al veto del Perché,ed essere colpito dalla pena della morte civile dell’anima e del corpo,che costituiscono la personalità umana!
Io volevo sapere il Perché delle cose e del mondo,che ci circonda. E spesso e volentieri ne domandavo ai miei Maestri e Superiori.La risposta,che ne avevo,era questa:” Allorché tu entrasti in Seminario,il Perché lo lasciasti abbasso alla Postiera ”.Naturalmente io non ero soddisfatto di questa loro risposta. E ad ogni occasione volevo reiterarla.La risposta era sempre la stessa,con qualche appendice o monito, e pena contravvenzionale al veto del Perché .Finché,al meglio dei miei studii,a 14 anni appena, quando io ignoravo che cosa fosse Politica di governi o di Stato,un’enciclica episcopale del medesimo R.mo Ill.mo Vescovo,che mi premiava tutti i mesi ed in tutti i corsi annuali ,decretò la mia espulsione dal Seminario nuscano e l’annotazione nella lista degli assendibili politici dello Stato.
Era questa la pena della morte civile,inflitta senza essere inteso e senza pubblico giudizio,con la quale si isolava e bandiva dalla Società l’individuo-uomo,lo si escludeva dal frequentare altri Istituti culturali, e lo si privava di conseguire qualsiasi diploma professionale,negandogli per tal modo il diritto alla vita,che e’ annessa e connessa alla produzione e riproduzione delle sussistenze!
La mia condanna era irreparabile in quei tristi tempi!.Ma il pensiero e la volontà vincono le difficoltà:Anche Cristo fu condannato alla pena infamante della Croce come fellone! Ed il Cristianesimo doveva redimere l’Umanità dagli dei falsi e bugiardi del Cielo e della Terra!
Io venni ricoverato occultamente ,ed ammesso nel Convitto dei padri Dottrinari in Sorbo Serpico,mediante la cooperazione di un mio zio Nicola Benevento,che aveva in moglie la sorella di mia madre,vicegiudice del Regio Giudicato di Volturara,titolare il Mainente oriundo di Bagnoli Irpino.
Nel detto Convitto proseguii gli studii letterari e filosofici,e divenni professore nello stesso Convitto.I tempi precipitavano.Il Re Bomba,negazione di Dio,era decesso,e saliva al trono il figlio Francesco II.
All’alba del 1860 io fui rivoluzionario, e ribelle a tutte le oligarchie e consorterie.Consegui diplomi e Laurea in Giurisprudenza nella Università di Napoli,che fu e rimase la mia sede principale.
Nel 1866 capitanai il grande movimento della gioventù studiosa,proclamando pel primo in Italia “il principio della libertà d’insegnamento,libera Università ed abolizione dell’istruzione ufficiale”.Posi il Siloca alle porte del Regio Ateneo e ne consegnai le chiavi al risorto Municipio di Napoli,che appoggiò il movimento divenuto popolare,indi represso con la forza da un governo frangifede!
Quel mio grido di libertà,che per oltre mezzo secolo,si ripercuote nelle Aule Parlamentari dell’attuale legislatura,tarlata e rachitica,uscita dal suffragio dell’ignoranza!
Collaborai nel giornalismo avanzato per la redenzione dei popoli oppressi.Previdi la immane catastrofica guerra mondiale dei decorsi anni 1914-1918,a distanza di un secolo dalla Santa Alleanza del 1815,non peranco cessata con la pace,peggiore ancora della guerra!
Pubblicai nel 1867 il Giornale per tutti,Politico-letterario-scientifico,per la reintegrazione della coscienza umana.Indi il battagliero Fieramosca per combattere le ingiustizie sociali.Non volli entrare nella Magistratura togata,che e’ un punto interrogativo?,complice di tutte le nequizie umane, e se ne lava le mani come Pilato !.Non accettai impieghi,ne’ croci.Conobbi Camerille di Corti e di Stato, ed ebbi orrore!!!
Ho avuto fede,e speme,nell’avvento di un nuovo mondo della Verita’ e della Legge della Vita,che armonizzi il Pensiero con la Natura,e faccia del Cielo e della Terra il Paradiso comune; e cessi l’Inferno delle tribolazioni di questo nostro basso Pianeta,che pure e’ opera divina
Ed ora abbi fede,e credimi sempre aff.mo Zio
Alessandro Sarni

Sposato con Immacolata Lo Iodice ebbe tre figlie . Una di loro Clelia nel 1925 presenta una richiesta al Commissario prefettizio D. Pasquale De Feo , per una delle tante cause iniziate dal padre e mai finite.
E’ sepolto in qualche cimitero di Napoli , lontano dalla sua amata, e qualche volta odiata ,Volturara.



Vincenzo Pennetti 1867-1900 avvocato,giornalista,




La lettera dell’avvocato Vincenzo Pennetti ( 1867-1900) figlio di Gerardo ,
scritta nel 1896 ed indirizzata allo zio Pietroantonio ed al cugino Luigi Carlo,ambedue medici e residenti a Volturara nella sua semplicità,
immediatezza e spontaneità rappresenta una delle pagine più belle tra quelle scritte da un volturarese. Un dolore sincero e romantico mettono in evidenza un personaggio pieno di valori e di cultura. D’altronde Vincenzo nel suo tempo era considerato una gloria irpina e se l’oblio ha coperto il suo nome,la riscoperta delle sue opere danno il giusto merito alla statura culturale e di ideali di un uomo che per vivendo poco, lasciò tracce indelebili tra i suoi contemporanei.
Avvocato,giurista,scrittore e giornalista tra Napoli e Avellino trascorse una primavera breve , ma intensa, frequentando i migliori salotti ed annoverando tra i suoi amici le più alte personalità della cultura del suo tempo,tra cui Gabriele D’Annunzio e Salvatore di Giacomo,nonché Carlo del Balzo ed altri.
Morì a trentatre anni di tifo,appena nominato professore di Diritto internazionale all’Università di Napoli. Fondò e diresse quotidiani che creavano opinione tra gli intellettuali e mai si dimenticò del paese natio,pur frequentandolo poco,per i troppi impegni.
Volturara lo ricordò fino all’avvento del fascismo con un circolo giovanile culturale in Piazza e con l’intitolazione della strada che aveva visto nei secoli precedenti le gesta e l’impegno costante dei suoi antenati, rivolti al progresso e all’amore per Volturara e per i volturaresi.
Impegnato politicamente contro Michele Capozzi “ Re Michele “,deputato di Salza ed espressione del potere del fine ottocento irpino, sotto lo pseudonimo di Bisturi lanciò battaglie denigratorie e moralizzatrici contro di lui che non sortirono alcun effetto .D’Altronde Cicarelli il candidato alla Camera che lui appoggiava rimediò sconfitte su sconfitte e poté essere eletto deputato solo dopo il ritiro di Michele Capozzi nel 1905,quando il Nostro era ormai scomparso da alcuni anni.









Giuseppe Gaspare Baldassarre Pennetti 1859-1912 Ingegnere e Storico

nato a Volturara il 1859 ,morto a Stigliano l’11-8-1912 all’età di 53 anni, ingegnere.Figlio di Gerardo Stanislao e Teresa Raimondi . Sposato con Severina Guerriero.
Fratello del più famoso Vincenzo ha dato tanto al paese , anche se alla fine si trasferisce a Stigliano. Pubblicò diversi opuscoli tra i quali
- Storia di Volturara Irpina nel 1901
-Notizie intorno alla vita e alle opere di frate Antonio Masuccio
-Contributo di ricerche sulla vite e le opere di Frà Geronimo da Sorbo
-Per la Storia di Cervinara
Fu primo Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Volturara Irpina all’età di 23 anni nel 1883,poi socio benemerito,insieme ad Alessandro Sarni.
Consigliere comunale nel 1889 viene dichiarato decaduto per non essersi mai presentato in Consiglio. Rieletto nel 1895 vi resterà fino al 1909 come consigliere comunale.Merita maggiore attenzione.




















Luigi Carlo Pennetti 1864-1935



Nato nel 1864 dal dr. Pietroantonio subisce la forte personalità del padre fino all’età adulta. Si sposa con Teresa , una delle figlie di Don Annibale Masucci sancendo un’alleanza tra le due famiglie che consente loro di mantenere sotto controllo il Comune nelle infuocate lotte di fine ottocento. Medico come il padre si dimette da consigliere comunale per fare il medico condotto.
Appassionato di geologia e meteorologia diventa nel 1922 Consigliere provinciale e nel 1930 subentra ad Attilio Cappiello come Podestà rimanendo fino alla fine del 1934, quando malato e alla fine cede il passo all’astro nascente Costantino Sarno,terzo podestà.
Morì nel Febbraio 1935 e la sua salma fu portata sotto il Municipio per rendergli l’estremo saluto e gli onori.




























Pasquale De Feo 1863-1929, Questore





Nato da Giovanni (1835°-1900°) e Agnese Picone ( 1836-1900°) sorella di Alessandro Picone ( 1833-1896),l’eroe della rivolta anti sabauda del 1861,è ricordato ai nostri giorni per la strada a lui intitolata che dalla Piazza va al Campanaro.
Sposato con Leonilde M. Carmela Del Percio,figlia di Don Ippolito protagonista della vita amministrativa volturarese di fine ottocento.
Legale,assurse alla carica di Questore in molte città italiane tra cui Napoli,dove fu Questore al Porto dimostrando capacità e carattere.
Nel 1923 fu Questore di Forlì.
Nel 1924 ritornò nella natia Volturara assumendo il ruolo di Commissario Prefettizio per un anno,precedendo il Podestà Attilio Cappiello.Per non aver aderito al Fascismo fu posto a riposo e trascorse gli ultimi anni della sua esistenza in una dignitosa povertà.La sua coerenza fu di penalizzazione ai figli. Morì il 20 Gennaio 1929 e riposa a Volturara,come tanti illustri dimenticato da tutti.
Ispettore dei Monumenti,Commendatore della Corona ,Ufficiale dell’Ordine Mauriziano,Questore del Porto di Napoli,Questore di Forlì nel 1923.
Commissario prefettizio nel 1924-25 a Volturara.























Leonardo Masucci 1870 - 1941,notaio.


di Achille . Sposato con Teresa Di Guglielmo. Sindaco1900,1901,1902,1905,1906,1907,1908,1919,1920 .
Ultimo notaio della famiglia, non esercitò mai la professione,dedicandosi alla cura delle proprietà ed alla vita amministrativa .A cavallo tra l’ottocento ed il novecento fu un grosso protagonista , sostituendo ai vertici del Comune lo zio Annibale. La sua parabola incominciò a scendere con il fascismo , periodo in cui la sua famiglia rimase ai margini della politica per circa venti anni. Solo alla caduta della dittatura ed alla fine della guerra il figlio Renato aiutato dal fratello Achille ritorna da protagonista restando come Sindaco ininterrottamente per 19 anni fino al 1964.
Era campione riconosciuto di scherma.





























Matteo Marrandino Medico 10. 2. 1876 / 13. 12. 1939













Un grande uomo,un grande medico,un amico del popolo.
Aveva rinverdito con il suo impegno il lustro di una famiglia che aveva avuto grandi uomini nel 700 e nell’800. Farmacisti e botanici di idee liberali che avevano pagato caro il loro impegno politico ed ideale.
Alla sua morte,avvenuta in un ospedale psichiatrico di Napoli ci fu dolore popolare con una partecipazione immensa.
La salma composta nella Chiesa del Carmine a Volturara fu fatta oggetto di rispetto e di saluto da tutta la popolazione in lacrime.
Sembra retorica,ma a distanza di sessanta anni non c’è un volturarese che non lo ricordi con rispetto ed ammirazione.
Per un collega è il massimo della vita e della morte, e provo un senso di invidia per la prima volta verso una persona che non ho mai conosciuto.
Raccoglieva in se tutte le qualità che forse tutti gli altri medici della storia di Volturara, e sono stati tanti e molto valenti, solo messi insieme potevano esprimere.
Eppure la vita,soprattutto negli ultimi tempi, gli aveva procurato solo dolori e sofferenze.
Non chiedeva,ma dava.Dava quello che, secondo deontologia doveva dare, ma dava anche quello che poteva anche non dare.Conforto e aiuto economico ai bisognosi,che erano tanti.Professionalità e amore. Disponibilità e affetto.
un gentiluomo,sfortunato!
Agli inizi del 900 appena ventenni di belle speranze Lui e don Vincenzo Pasquale si fidanzarono con le figlie di Don Annibale Masucci. Maria e Giuseppina, gemelle giovani e graziose,appartenenti ad una delle famiglie più in vista ed importanti di Volturara. Nella primavera del 1910 si ammalarono di influenza e nello spazio di un mese l’una dall’altra morirono di broncopolmonite lasciandoli nel più assoluto sconforto .Il giuramento sul letto di morte fu solenne e doloroso .Decisero di non sposarsi mai più!
Don Vincenzo mantenne la promessa fino alla sua morte avvenuta nel 1957.
Don Matteo Marrandino se la dimenticò 24 anni dopo sposando Donna Amelia Masucci di Edoardo .Qualcuno dice che la sua pazzia fu la vendetta per il giuramento mancato,altri dicono che già era esaurito e che nella malattia aveva mancato al giuramento.






Mariano Lepore 1897-1952 ,medico






Il Dr Mariano Lepore nasce l’8 Agosto 1897 da Costantino e Donna Maria Picardi .
Partecipa alla I ed alla II Guerra Mondiale con decorazioni. al valor militare
Sposa Genoveffa Landolfi nel 1923,dopo la Laurea in Medicina.
Nel 1925 è medico condotto di Sorbo Serpico e poi di Salza Irpina
Direttore della Banda Musicale da lui creata suona in molti paesi dell’Irpinia e nella Chiesa di Volturara.
Negli anni seguenti lavora a Napoli come Capitano Medico della Regia Marina. e in Avellino come Dirigente dell’INAM.
Muore l’ 1 Marzo 1952 lasciando cinque figli Costantino,Alessio,Rita,Maria e Chiara.
MEDICO,MUSICISTA,SCRITTORE AMO’LA PATRIA,LA FAMIGLIA, IL LAVORO E LA MUSICA SOSTENUTO DA UNA FEDE INCROLLABILE ED UNA SEMPLICITA’ D’ANIMO DISARMANTE
INCARICHI
Componente del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Medici
Componente del Consiglio Provinciale del Sindacato dei Medici
Direttore e fondatore dell’ ”Irpinia Sanitaria”,Organo dell’Ordine dei Medici della Provincia di Avellino. Vice Presidente Associazione Provinciale Mutilati ed Invalidi di Guerra.Socio dell’Associazione della Stampa Irpina. Cavaliere Ufficiale della Corona d’Italia. Consigliere comunale nel secondo dopoguerra , non partecipò quasi mai ai consigli comunali.
DIPLOMI
1925 L’Arte melodrammatica fondata a Palermo nel 1894: Diploma di Merito per un “Tantum Ergo in Fa”
1926 Ufficio Musicale “ N.Salzano di Nocera Inferiore: Gran Diploma d’onore di medaglia di bronzo per una sua composizione “Inno della Milizia Forestale”
1927 Concorso musicale del Giornale bandistico “L’amico dei musicisti” di Perugia: Diploma di merito per una sua meditazione sul Coro del Nabucco
1928 Ufficio Musicale “ N.Salzano di Nocera Inferiore: Gran Diploma d’onore e croce d’oro per una sua composizione dal titolo “ Canzoncina
popolare a Maria SS. Di Montevergine
Grande Concorso Internazionale Musicale pro monumento ai musicisti caduti in guerra: Gran Diploma d’onore di Croce d’oro per una sua composizione dal titolo “ Da Pacem”
1933 Accademia Lancisiana di Roma: Nomina nella seduta dell’8 Giugno il dr Lepore Mariano Socio Corrispondente
SCRITTI
1937 “Nella Spagna senza Dio” due volumi sugli orrori della guerra civile spagnola.
Alla sua morte emeriti uomini di cultura e di scienza dissero di Lui
La Luce della Fede e la fiaccola della Scienza fecero di lui:
“ Il Medico che curò la carne inferma e mostrò all’anima le via del Cielo”
“ Il Musicista che nella perenne giovinezza della sua anima cantò il Creatore”
“ L’Apostolo che alla società bisognosa aprì i tesori del suo grande cuore”
“ Lo Studioso che al sapere diede il suo prezioso contributo”
” Il Giornalista che lottò per la difesa dei Diritti e l’ossequio dei Doveri”
“ Il soldato che la Patria amò e servì e sulle cui rovine pianse”
“ Lo sposo che alla santità del matrimonio sempre credette ”
“ Il padre che ai figli insegnò onestà,amore e perdono”
Visse da tutti benedetto,morì da tutti rimpianto. ( P . Basilio )
Di rettitudine ed onestà fulgido esempio Dio,Famiglia e Patria
Belli e nobili ideali Consacrò nella vita Medico polemico scrittore
Musicista compositor Di immenso valor. ( Prof Romei )
Tre belli e nobili ideali,Ebbe cari nella vita,Mariano Lepore,Dio-Famiglia e Patria,Anima d’artista,Attinse dal dolor Nuove e più vive energie Per elevarsi nelle superiori regioni Dell’arte e della scienza Musicista polemico scrittore Ritenne la sua professione di medico Come una sacra missione
E lasciò immensa eredità d’ affetti In tutti quelli che ammirarono in lui
Eroiche virtù cristiane Ed indiscusso valor Non da tutti compreso
La Fede incrollabile e vissuta quotidianamente, La Musica,La famiglia,La Scienza,La Cultura,La Patria,La Semplicità,L’Intelligenza,Il Dolore
L’Amicizia,La Precisione,La Frugalità,Il Rigore Morale,La Semplicità
L’Immediatezza. Cronista del suo Tempo con intuizioni che
mantengono la sua modernità e l’attualità del suo impegno.
Nel 1930 Roberto Di Meo ,Seminarista presso il Pontificio Seminario Regionale Pio XI di Salerno:
“ Umile,alla ridente alba di grazia, Levasi il cor,lo spirto,l’alma anela.
Le anime trovar presso i tuoi piedi,La grazia,il cuor,la voce del Signor,
Mentre irrigava il cielo prosperante,Frutti di bene all’intelletto e al core.
Già la piccola trama,che segnato,Aveva la mano provvida del cielo,
ingigantisce ed apre alla tua mente,Di più ampi orizzonti il bianco velo.
Or gl’indomati palpiti divini,Ad anime novelle porterai;
Ad esse amor, zel ,vita,sorriso,Il tuo aureo libro ognor darà
E noi,devoti,ti seguiam da lungi,Viver di trionfi e di conquiste,
Salir giulivo,come i nostri vati,Ad alte vette,anche se impreviste.
-Orgogliosi di te noi siamo felici.-,Esulta Volturara! Il tuo figlio aurato
oggi onora con i fiori e col canto;,Mariano,lo Spirito Santo
in te scese con vivi fulgor.,Il gran Nicola,nostr’almo Patrono,
Sorridendo ti guarda dal Cielo,Dei suoi doni ti infiora e di zelo
Nuova fiamma ti sveglia nel cor.”
Dotato da natura di pronta e sveglia intelligenza,arricchita di soda cultura,tutta la Provincia ammirò in lui il medico insigne,il chirurgo esperto,il musicista appassionato. Studioso di tutti i problemi che nel campo medico più di vicino riguardano la Società ha lasciato oltre 200 pubblicazioni di indiscusso valore ed il giornale “Irpinia sanitaria”,di cui era fondatore e Direttore e’ l’espressione più genuina della sua preparazione culturale. Docente di Puericultura e di cultura militare dal 1927 al 1940; Dirigente provinciale sanitario dell’INAM dal 1943 al 45 riscosse amore dagli alunni ed elogi incondizionati dalle Autorità provinciali e centrali.
Ufficiale superiore di Marina nella 1° e 2° guerra mondiale guadagnò tre onorificenze al valor militare fra cui la medaglia di bronzo sul campo .Egli intese la sua professione come una vera missione e le dottrine e la morale evangelica di cui era plasmato il suo animo ne fecero un esemplare sposo,un inimitabile padre,un infaticabile apostolo della Società. Lascia di sè un caro ed imperituro ricordo e la sua scomparsa riscuote un unanime rimpianto.
L’imponenza dei funerali ai quali presero parte e seguirono la bara in Avellino intellettuali e popolo che egli amava e soccorreva con la generosità del suo grande cuore ed a Volturara,dove il feretro venne trasportato per essere tumulato nella tomba di famiglia,una folla immensa e piangente,sono stati la prova più eloquente della stima e dell’affetto di cui era circondato.
Al caro scomparso che chiuse la esistenza nella rassegnazione ai voleri divini il riposo ed il premio dei giusti,alla vedova,ai figliuoli,ai congiunti tutta l’espressione del nostro più vivo e sentito cordoglio.(Don Michele Marzullo)
Agli amori della sua vita che furono il Lavoro,la Musica ,la Famiglia e la Patria se ne deve aggiungere un altro e forse il più importante ,da quanto traspare dai suoi sentimenti più intimi: VOLTURARA sempre punto di riferimento delle sue fatiche,a cui ha sempre dato senza chiedere e che splende come faro di serenità e fermezza nei momenti difficili della sua intensa vita terrena.
Da Volturara e’ partito per dare un esempio luminoso all’Irpinia e a Volturara e’ ritornato perché dal ricordo della sua esistenza possano nascere altri figli che rendano il nome di Volturara luminoso nel tempo. Le sue spoglie mortali sparse nella natura rigogliosa di questo paese si uniranno a quelle dei grandi che lo hanno preceduto.

Attilio Cappiello 1900°-1970°, Podestà


Nato alla fine dell’ottocento ad Orsara di Puglia fu inviato come primo Podestà a Volturara nel 1926,sostituendo il questore volturarese Pasquale De Feo,reo di non essere fascista convinto.
Si stabilì nella casa di Don Michele Masucci di Edoardo in piazza.
Occhi chiari,capelli biondi,distinto e potente fu padre padrone del paese per quattro anni fino al 1930 quando venne sostituito come podestà da Don Luigi Pennetti,il dottore.
Donnaiolo,espansivo con gli amici,inflessibile con la popolazione è uno dei pochi personaggi che ha resistito all’oblio del tempo. E’ rimasto nella memoria collettiva ed ancora oggi i vecchi rimpiangono ” i tempi di Cappiello”,come per dire che allora tutto funzionava e che si aveva il coraggio di amministrare la cosa pubblica con rigore,onestà e lungimiranza.
La fama non è per niente immeritata e Cappiello resta come esempio di sana amministrazione per la collettività .Non per niente espropriò del terreno a Don Michele Masucci, nonostante abitasse nella sua casa,per allargare la strada che dalla Piazza va al Carmine che fino ad allora era larga si e no un metro e non consentiva “il passaggio di due traini”.
La validità del suo impegno storicamente resta la chiusura della Vertenza demaniale con Montella che era iniziata tre secoli prima e che era costata un numero impressionante di cause,sofferenze ed omicidi.
I confini con Montella furono stabiliti con precisione e con forza. Per settimane Cappiello girò sul Terminio senza mai ritornare a Volturara,
seguito da tecnici dei due paesi. Dove metteva i paletti,lì era il nuovo confine. Sarà stato sbagliato,sarà stato giusto,occorre dire che chiuse una questione grave e dannosa e forse la definì salvando la dignità di Volturara contro le prepotenze,i soprusi e le angherie dei montellesi,continuando un discorso che per cinquanta anni l’avvocato Alessandro Sarni ( 1841-1924 ) aveva portato avanti senza grossi risultati concreti.
Tra i suoi meriti anche la costruzione della scuola elementare di Viale Rimembranza,i ponti sui torrenti Freddano e Pozzella che fino ad allora erano ad arco, e l’elettrificazione del paese. Fece abbattere i due grossi tigli a destra al Campanile e spostò la fontana pubblica che era davanti ai due tigli sul lato del torrente Freddano
Singolare del 1928 la tassa sui cani che secondo la leggenda popolare fu istituita per evitare i troppi incontri con le fameliche bestie nelle sue escursioni amorose notturne per Volturara. Sta di fatto che per evitare di pagare la tassa,molti volturaresi si disfecero dei loro amici a quattro zampe andandoli a buttare nel vallone sopra il vecchio mulino che da allora prese il nome di “Butto dei cani”.
Nel 1930 venne sostituito da Don Luigi Pennetti e se ne andò a malincuore da Volturara.
Ci ritornò 17 anni dopo come Segretario comunale fino al 1950, ma i tempi erano cambiati e molti si erano dimenticati di quello che aveva fatto. Singolare resta la protesta del Consiglio comunale e della popolazione per farlo rimanere nel 1948 , dopo che era stato sostituito dal Prefetto.
Morì ad Avellino negli anni settanta.


Achille Masucci 1910-1967 medico,di Leonardo e Teresa Di Guglielmo. Celibe.



Medico,ha esercitato la sua attività fino alla fine degli anni 60,quando è dipartito. Figura storica del dopoguerra,erede dei Masucci che hanno gestito il paese negli ultimi due secoli,rappresenta il ”Don” per eccellenza.
Ha determinato tutte le situazioni politiche dal 46 in poi facendo eleggere il fratello Renato a Sindaco per venti anni. Aveva carisma ed ascendenza sul popolo che era pronto a salire le scale della sua casa per tutto,dalla salute al problema familiare o di lavoro. Don Achille era temuto ed amato in egual misura. Celibe,non ha lasciato eredi.Un Grande.





























Renato Masucci 1920 - , insegnante, di Leonardo e Teresa Di Guglielmo













Figlio di Leonardo e Teresa Di Guglielmo, fratello di Achille e Silvio
Renato Masucci ha parecchi record nella storia amministrativa di Volturara.
Ha svolto il ruolo di Sindaco per 19 anni ininterrottamente dal 1946 al 1964.
Forte dell’appoggio del fratello Achille, il medico, ha traghettato Volturara dalla guerra al boom economico , attraverso una emigrazione terrificante , trasformando il paese e modernizzandolo nelle sue strutture primarie.
Di poche parole , come i fratelli, serio e compassato , aveva fama di risparmiare su tutto sul Comune e con i tempi che correvano e corrono , non è poco.
In un paese chiuso , emarginato e arretrato ha fatto quello che ha potuto , costruendo strade e fognature senza clamori supportato da un seguito fedele e determinato. Deciso , a volte duro, ha frenato gli avversari che pensavano di avere sempre la vittoria in pugno ad ogni elezione con astuzia e determinazione , mettendo gli uni contro gli altri.
Dal 1954 si trasferisce a Napoli con la famiglia e né la moglie né le due figlie hanno mai voluto sapere niente di Volturara, pur conservando la masseria a Cruci, ricostruita dopo il terremoto.
Nel 1988 ormai anziano si candida nella terza lista “ La Spiga” del dr. Santaniello contro la Colomba e la Stretta di Mano , ma i tempi sono cambiati e non entra nemmeno in Consiglio comunale. Come Cappiello i cavalli di ritorno non hanno la riconoscenza di nessuno.
Da allora le sue visite in paese diventano sempre più sporadiche. Forse il migliore Sindaco dal dopo guerra.















Altri Personaggi





Vincenzo Masucci 1666-1750°
sposato con Francesca Eltes 1670°1730° . Abita alla Pozzella . Barbiere e chirurgo nel 1725 ( era pratica usuale che i barbieri - cerusici curassero i malati e/o incidessero e medicassero ferite infette) .

Francesco Masucci 1682-1750° Magnifico Possidente.
Sindaco nel 1734. Sposato con Porzia Capone di Montella (1692-1770°),
senza figli.

Domenico Benevento 1690 – 1760 Possidente.
Sposato con Camilla Picone (1694-1770°)
Sindaco nel 1720 e nel 1722. Abitava al Campanaro.
I figli: Alessandro,letterato,nato nel 1714 ,sposato Maria De Stefano (1722-1790°),Nicola nel 1739,Felicita 1724,Lucia 1727

Camillo Maurelli. , Magnifico
Sindaco nel 1745.
Abitava al Freddano. Senza figli .

Nicola Di Feo 1680-1745° Sindaco 1717. Eletto 1726.
Sposato con Catarina Conte 1689-1760°. E’ il padre del notaio Giuseppe Di Feo e del sacerdote Pompeo di Feo.

Luca Masucci 1703-1790°
di Vincenzo e di Francesca Eltes .
Barbiere come il padre , abita alla Pozzella. Sposato con Giovanna Pasquale. Lo si trova con il titolo di Magnifico nel secondo 700 , quando sicuramente diviene esattore delle tasse del Marchese. Un figlio Nicola (1741 - 1800°) e l’altro Giuseppe (1743 - 1836) , che continuerà ad essere l’esattore del Marchese .



Pietro Pennetti 1734 – 1824
Due matrimoni , il primo con Catarina Di Feo ed il secondo con Isabella Di Marino.Figlio di Giovanna Di Meo e del dr Antonio, grande personaggio del primo 700 ,cugino di Padre Alessandro Di Meo, rappresenta l’unico ramo dei Pennetti che darà continuazione alla dinastia con il figlio Giuseppe ed i nipoti Gerardo 1829-1905°), l’avvocato e PietroAntonio ( 1836-1918 ) il dottore.In 90 anni di vita assiste a tutti i grandi avvenimenti di Volturara , ricoprendo la carica di Sindaco nel 1772-73. Dieci figli .

Mattia De Cristofano 1690°-1760°
di Vincenzo . Sindaco dal 1748 a 1751 per quattro anni consecutivi , un fatto anomalo nel 700 , quando i Sindaci duravano in carica un solo anno dal 1 settembre al 31 Agosto dell’anno successivo. In una causa durata 50 anni per un prestito non restituito, il sacerdote Alessandro Pennetti diceva di Mattia De Cristofano che era analfabeta e che era uomo credulo e per essere troppo buono era stimato per uomo semplice ed ignorante.
Altri testimoni dicevano che Mattia De Cristofano era uomo di taglio antico, di buona fede e prestava credenza a tutti; cosicché pagando qualche debito non curava di farsi restituire o lacerare le scritture che veniva ad estinguere. Altri dissero che era un villano
Queste testimonianze si ritrovano negli atti di un processo durato 50 anni fino agli inizi dell’800 per un debito contratto per far fronte alle spese del suo sindacato con degli atripaldesi che chiesero i soldi anche al figlio ed al nipote . Antenato di Achille De Cristofano , farmacista e grosso personaggio del secondo ottocento.

Nicola Di Feo 1747 – 1805°
di Ferdinando e Geronima di Cristofano.
Sindaco nel 1780 e nel 1802. Principale affittuario della difesa Dragone.
Nel Parlamento in Piazza del 18 Febbraio 1781 decide di dare Al Dr. Andrea Pennetti 150 ducati e al dr. Giuseppe Pennetti 50 ducati ,perché ritenuto meno valido del primo. Nel 3 ottobre 1802 dopo 20 anni in un secondo Parlamento,sempre come Sindaco, dà 150 duc. ad Andrea e 70 a Giuseppe Pennetti. Andrea Pennetti in un ricorso afferma “ .......essendo caduta la elezione del nuovo Sindaco in persona di Nicola Di Feo alias Cola Razzo,persona inquisita di omicidio ,messo in tal carica dai suoi simili , da quanti ne abbonda questa terra e da Don Mario Capozzi della vicina terra di Salsa ,che fa da avvocato in partibus di quella Università e che è il protettore e ricettatore di tutti li malviventi di quelle vicinanze .Questo buon Sindaco ligio del Capozzi nemico dichiarato mio ed amico di Giuseppe Pennetti......

Ferdinando De Cristofano 1773-1863,possidente.
figlio di Michele De Cristofano e di Agnese Di Feo
Morto il 26.11.1863 all’eta’ di 90 anni. Abitava al Campanaro.
Sposato con Antonia Del Percio. Sindaco nel 1811 fino ad Aprile 1812.

Nicola Di Meo 1759 – 1819,notaio.
di Domenico ( 1719-1780°) e Carmina Picone.
Sposato con Ludovica Petri di Napoli. Figlio del fratello di Padre Alessandro Di Meo. Abita al Freddano. Suocero di Carmine Benevento, di cui era estimatore e padre di Luigi ( 1785 - 1843 ), medico,Sindaco e carbonaro .
Sessanta anni di impegno lavorativo , con una grande produzione notarile,oggi unica testimonianza del suo tempo. Non vide l’alba dei moti carbonari, ma dovette per forza inculcare nei suoi familiari le idee che porteranno poi avanti , senza remore e senza paura. Perse un figlio Gaetano di 23 anni nel 1818 forse causa della sua morte. Decorione dal 1805,
II eletto nel 1811 e 12.







Giuseppe Di Meo 1753 - 1831 a Pagani. Sacerdote.
di Domenico e Carmina Picone . Fratello di Nicola e nipote di Padre Alessandro Di Meo . Insieme all’altro fratello Pasquale ( 1865 - 1814 ), sacerdote come lui curò la pubblicazione degli Annali dello zio , in un numero limitato di copie che oggi hanno poche famiglie e nessuna più residente a Volturara



Gennaro Petretta 1760 - 1816
di Francesco (1740-1800°) e Anna Aniello. Sposato con Nicoletta Sanna 1770-1810.
Sindaco nel 1795,1800 e 1801. Nel 1798 sostenne una causa contro il marchese Francesco Maria Berio per costruire un muretto a protezione del suo fondo nel torrente Candelone che attraversando la strada Laura si immetteva nel Dragone.Al di là delle previsioni riesce a vincere la causa.
Fu Sindaco al ritorno dei borbone a Napoli dopo la fine della Repubblica del 1799 e come molti suoi coetanei , scomparve dalla scena politica dopo il 1806 al ritorno dei francesi. Il fratello Angelo sposò Rosa Rinaldo,vedova di Giacobbe Benevento e madre di Don Carmine Benevento , dalla quale ebbe Andrea Petretta.

Nicola Salierno 1767 – 1837
di Sabbato e Antonia Di Meo. Sposato in prime nozze con Rosa Di Meo ed in seconde nozze con Rosa Luciano,sorella di Don Giuseppe , uomo forte della prima metà dell’800. I Eletto nel 1800 e Sindaco l’anno successivo. Scompare con il decennio francese . Resta il vicolo alla Pozzella che porta il nome della sua famiglia.

Carlo Pennetti 1752 - 1827 Notaio
di Giuseppe ed Eufrasia Gramignano
Sposato con Donna Maria De Luca ,senza figli. La moglie lo seguirà un mese dopo la sua dipartita . Sindaco nel 1803,04,05,22,23,24,25. Segretario comunale dal 1812 al 1815. Una vita passata sul Comune come amministratore e con Nicola Di Meo a stendere documenti per tutti .
Bellissima la sua lettera di presentazione di Domenico Benevento suo allievo nel 1824 per farlo diventare notaio,ma con esito negativo di fronte ad un governo reazionario che mal sopportava gli ex carbonari.
Sicuramente sensibile alle nuove idee liberali.

Giuseppe Savina 1754 – 1834
di Matteo e Geronima Pisacreta. Sposato con Alessandra Marra . Abitava alla Pozzella in un vicolo che porta ancora il nome della sua famiglia.
Eletto nel 1798 . Sindaco dal 1806 al 1808. E’ il primo Sindaco del periodo francese con il primo consiglio comunale ( Decorionato ) eletto tra i possidenti . Con lui finisce il Feudalesimo e le terre del Marchese vengono date al Comune. Il Sindaco per rimpinguare le casse comunali , cariche di debiti si fa prestare i soldi dai possidenti locali , dando loro in cambio terre da coltivare. Con lui finisce il ramo Savina per mancanza di figli.

Don Pasquale Savina ( 1744 – 1815 ). Sacerdote
di Matteo e Geronima Pisacreta. Tutti gli storiografi locali lo indicano come valente oratore ed uomo di cultura, nonché predicatore egregio. Nel 1814 diviene Arciprete , per la morte di Don Nicola Benevento , ma il suo sogno dura poco, perché l’anno seguente muore di spavento in seguito all’incontro con una banda di briganti che vogliono derubarlo.

Pietro Gioiella 1772 – 1834 , barbiere
di Pasquale e Anna Marra sposato con Maria Di Meo ed in seconde nozze con Giovanna Del Percio. Sindaco nel 1825,26,27.
L’ anomalia di un barbiere sindaco.

GiacomoAntonio Pasquale 1773 – 1840 , farmacista
di Nicola ( 1736 - 1817 ) e Angela Marra ( 1749 - 1829). Sposato con Donna Teresa Novellino di Montemarano. Capostipite di una famiglia potente e rispettata, liberale e colta, oggi estinta per mancanza di eredi maschi. Sindaco 1817,18,19. Aveva la farmacia in piazza a sinistra della Chiesa Madre antica,poi incorporata nella nuova Chiesa oggi esistente. Padre di Nunzio ( 1806 – 1894 ).

Giosuè Raimo 1774 - 1870 ,alias Trigna.
di Giuseppe e Carmenella Calabrese sposato in prime nozze con Maria Rinaldi , in seconde nozze con Felicia di Genua ( 1778-1840°) di Montella. ed in terze nozze con Catarina Pasquale. Una figlia, Carmela ( 1815-1890°), ostetrica comunale .
Cento anni da protagonista iniziando come brigante nella banda del cognato Aniello Rinaldi , proseguendo come amministratore fino agli anni 60 e come commerciante di legnami ed assistendo all’omicidio del figlio settantenne Nicola nel 1868. Il nipote Marino Raimo continuerà il lavoro di commerciante di legname , mentre l’altro ramo vedrà il nipote Antonio, figlio di Angelo arrestato per brigantaggio agli inizi del decennio che va dal 1860 al 1870. Il nipote di Antonio , Giosuè , sarà un altro centenario che arriverà fino a dopo il terremoto del 1980. Toccante è la storia del figlio Ferdinando che nel 1831 viene richiamato alle armi , con un sorteggio di bussolotti truccati, dal Sindaco Giuseppe Luciano. Le sue proteste ed i suoi ricorsi sono vani. Il figlio parte per il soldato e l’anno dopo morirà di tubercolosi n un ospedale di Napoli.


Nicola Marino 1779 - 1827 Capourbano
di Angelo e Antonia Picone , sposato con Giovanna Luciano (1778 – 1863) , sorella di Don Giuseppe .Personaggio chiave del primo ottocento volturarese. Capourbano,comandante cioè della milizia urbana che comprendeva circa 100 uomini,scelti per censo. Incarnava l’assolutismo, il rigore e la cattiveria del regime borbonico . Con il cognato Giuseppe, Sindaco ed eletto, faceva il bello e cattivo tempo in un paese povero ed arretrato. Venne ucciso nel 1827.
La leggenda racconta che il figlio Mattia,notaio e capourbano alla sua morte,
fumò nella pipa i capelli di un brigante, ritenuto responsabile dell’omicidio del padre.


Antonio Candela 1774 -1849,
sacerdote,carbonaro
di Giovanni ( 1748 - 1842) e Margarita Catarinella.
Una lapide, scritta nel 1894 dal nipote omonimo e sacerdote, in piazza ancora ricorda la sua figura di carbonaro , arrestato nell’ottobre del 1820. Viene compreso nel famoso stato nominativo dei 205 da mandare a morte. Al tempo degli avvenimenti di Palinuro , nel giugno del 1828, egli ed il compaesano,Don Domenico Benevento restarono sospettati per i continui viaggi che facevano in Serino ed in altri paesi di avere rapporti diretti con i fuorbanditi Ferdinando Celi e Felice Vestuto. Entrambi rimasero nell'elenco dei 45 individui più sospetti da rastrellare nella Provincia di Avellino.

Cosmo Benevento 1789 - 1850 sacerdote , carbonaro
di Michele e Carmenella Gioiella . Fratello di Don Domenico.
Maestro pubblico perse l’insegnamento nella repressione del 1821. Oratore della “Costanza invincibile”, la vendita carbonara di Volturara al Campanaro in vico Sidonne. Interessanti alcune notizie sul suo stato di salute alla fine degli anni quaranta, quando ammalato di cirrosi epatica con ascite , lui che era già ammalato di Lue , viene curato grazie al fratello non più da medici,come il cugino Don Carmine , che ormai lo avevano licenziato , ma da un guaritore famoso nella zona, che purtroppo non riesce a farlo guarire. Non bastano nemmeno i tanti ducati d’argento spesi , di fronte ad una malattia irreversibile.

Pietro Di Meo ( 1798 – 1815 )
Pietro Di Meo figlio di Nicola e Alessandra Di Feo viene ucciso in campagna da brigante all’età di 17 anni.

Pasquale Masucci 1779 - 1829
di Giuseppe e Rosaria Pasquale. Sposato con Giuseppina Benevento .Nel 1809 compra dal marchese Berio, ex feudatario di Volturara , del quale era esattore insieme con il padre , il palazzo baronale in piazza . E’ padre di Leonardo , Michele e Alessandro Masucci , i pilastri del potere dell’800 volturarese. Decorione nel 1825. Muore nel 1829 , forse ucciso.

Alessandro Masucci 1799 - 1872 , farmacista
di Pasquale e Giuseppina Benevento.Sposato con Donna Concetta De Luca .
E’ il primogenito dei Masucci ,con il portone a sinistra della piazza , vicino al torrente Pozzella.
Sindaco nel 1834,35,36,37. Nel 1846 perde 4 figli per malattie e nel 1861 il figlio Pasqualino medico di 30 anni forse di vaiuolo in pieno clima di rivolte popolari.

Nicola Raimo 1805-1868 ucciso.
di Giosuè e Felicia di Genua.Sposato con Giovanna Volpe.
Un personaggio complesso e di difficile interpretazione. Capostipite di una famiglia potente nei decenni successivi . Ebbe un ruolo importante nelle sommosse del 1861 quando nel processo a carico dei rivoltosi si scoprì che aveva riferito tutte le mosse di Don Nicolino Coscia e dei suoi amici a Don Serafino Soldi , facendo conoscere in anticipo alle autorità le intenzioni di chi voleva il ritorno dei Borbone, con conseguente fallimento delle rivolte.




Michele Masucci 1812 - 1882 , farmacista di Pasquale e Giuseppina Benevento . Sposato con Ludovica Di Meo di Don Luigi,medico. Dal 1852 al 1855 da primo eletto mantenne il Comune senza far nominare un nuovo Sindaco. Cercò la nomina in prima persona , ma non l’ottenne . Si fece da parte solo quando il nuovo Sindaco fu scelto nella persona di suo fratello Don Leonardo . Fu protagonista anche nel dopo unità d’Italia sostituendo come capitano della guardia nazionale lo stesso Don Leonardo,chiamato alla carica di consigliere provinciale.



Mariano Santoro 1808-1870°, impiegato comunale
di Vincenzo e Angelarosa Sanna. Sposato con Anna Di Meo. Padre di Vincenzo Santoro ( 1839-1910 ) medico , famoso per i suoi opuscoli contro il clero di Volturara del 1868. Mariano inizia come decorione dal 1934 al 1938. Nel 1838 viene scelto come Sindaco fino al 1840 ,quando dimessosi si fa nominare dal consiglio impiegato comunale . Nel 1860 non firma al plebiscito per l’annessione all’Italia e per questo motivo nell’ottobre 1861 viene sospeso dal lavoro dal sindaco in carica Salvatore Sarno e da Vincenzo Luciani e messo in pensione. Gli ultimi anni li vive con amarezza , per colpa del figlio , che gli procurerà un sacco di guai. Muore di crepacuore per le amarezze e le brutte figure che il figlio gli fa fare nel paese. Lui che lo aveva fatto studiare ,nonostante la espulsione dal seminario di Nusco, nonostante che a Napoli invece di studiare si fosse dedicato al divertimento ed alle belle donne,finendo per sposare la figlia di un bettoliere e convertendosi al protestantesimo . Di fronte ai litigi con le sorelle per l’eredità ,dopo la morte della madre , riceve l’ultimo colpo, dal quale non si riprenderà più.

Achille Vecchi 1836 - 1910°,medico
di Andrea e Carolina Di Feo. Sposato con Donna Peppina Masucci di Alessandro.
Fratello di Gennaro , lo accompagnò nella sua vita amministrativa fino alla fine. Medico stimato da tutti per 50 anni , va in pensione nel 1902. Simpatiche le varie minacce che faceva al consiglio comunale con dimissioni da medico condotto , con conseguente rinnovo del contratto, ed aumento di stipendio e con lodi pubbliche.

Raffaele Gioiella 1808 – 1880 agrimensore ( geometra )
di Lorenzo e Antonia Palomba. Sposato in prime nozze con la figlia di Don Carmine Benevento il medico, Anna Maria , che muore a 20 anni nel 1841 quando il padre è Sindaco ed il marito ne è il II eletto. I figli gemelli Anna Maria e Antonio moriranno in tenerissima età nel 1848 a 14 anni, quando è già sposato in seconde nozze con Adelaide Capone dalla quale avrà 7 figli . Uno di essi Michelangelo , sarà il padre di Olimpia Gioiella, segretaria e referente dell’on Amatucci , nonché esattrice delle tasse nel primo novecento.
Don Raffaele è il primo geometra ( agrimensore ) di cui si ha notizia e ha un ruolo di primo piano nel periodo dal 1840 al 1862 quando scomparirà dalla scena politica e lavorativa .

Mattia Marino 1806 – 1849 notaio e Capourbano
di Nicola e Giovanna Luciano. Sposato con Artelaide De Cristofano.
Personaggio di difficile interpretazione . A detta degli eredi pessimo di carattere. Si racconta che abbia fumato nella pipa i capelli di un brigante, forse responsabile dell’omicidio del padre , Capourbano , ucciso nel 1827 e di cui prese il posto fino alla morte . Nipote di Giuseppe Luciano, era notaio in Sorbo alla via Capocasale. Morì a 43 anni.

Giovanni De Feo 1831-1902
di Michele e Antonia De Cristofano.
Sposato con Agnese Picone.
Figlio dell’esattore delle tasse Michele , imparentato con i Vecchi, è un personaggio abbastanza rilevante dell’ottocento volturarese.Conosciuto come padre di Pasquale De Feo ( 1863-1929) ,il Questore che ha dato lustro a Volturara ed al quale è dedicata la strada del Campanaro , fu manutengolo dei briganti nel dopo unità d’Italia del 1860.
Nelle ricerche verbali di miei concittadini nascondeva i briganti finanche in un pozzo sotto casa.. Cognato del capo rivolta Alessandro Picone,avendone sposato la sorella Agnese aveva l’altro cognato Luigi Picone brigante arrestato e condannato.
Legato alla famiglia della moglie ne condivise le sofferenze e l’ideale del ritorno dei borboni Sicuramente aiutò i cognati ricercati per molti mesi dalle guardie nazionali e non li abbandonò al loro destino quando furono arrestati ed imprigionati .Dopo la fine del brigantaggio entra nella vita amministrativa ricoprendo ruoli importanti nella gestione del potere comunale . Nel 1893 è assessore e resta nel Consiglio fino al 1901.
Nel 1858 nello stato delle anime viene indicato come carcerato, con un segno di cancellazione per nasconderlo. Sicuramente il fratello sacerdote Nicola De Feo ha cercato di nascondere una realtà di un giovane con grossi problemi caratteriali e personali che nel tempo ha cercato di superare e che ha concretizzato mandando il figlio Pasquale a scuola. Il figlio avvocato gli darà grandi soddisfazioni diventando questore in varie città tra cui Napoli e nel 1923 Forlì.

Generoso Masucci 1837 – 1888 farmacista
di Alessandro e Adelina Scandone. Sposato con Mariannina Natellis.Entra nel Consiglio comunale nel 1863 e nel 1876 diviene Sindaco , per breve tempo .Mostra pacatezza e calma. Si defila agli inizi degli anni 80 , per tornare nel 1885 con Francesco Discepola.






Achille Masucci 1834- 1905 notaio
di Don Leonardo e Donna Teresa Mazza .
Fratello di Annibale e padre di Leonardo. Non troppo impegnato nella vita amministrativa per la presenza forte del fratello Annibale. Fu consigliere comunale dal 1868 al 1872 , sostituito poi dal fratello. Continua la tradizione del padre come notaio.





Gioacchino Benevento (1831- 1861),medico
di Don Carmine e Mariangela Di Meo , sposato Emilia Masucci
e Pasqualino Masucci ( 1830-1861),medico
di Don Alessandro e Adelina Scandone. Sposato con Clorinta Vecchi .
Stesso destino a 30 anni. Morirono nell’anno delle rivolte e dell’Unità d’Italia , sicuramente in trincea a combattere il vaiuolo che mieteva decine di vittime.
Era successo lo stesso nel 1854, sette anni prima al loro collega Luigi Carlo Pennetti ( 1823 - 1854), figlio di Don Giuseppe e Clementina Cindolo , morto a 30 anni per combattere il colera.
Uomini di grande avvenire , che sarebbero stati sicuramente protagonisti nel lavoro di medico e nella vita amministrativa del paese ,quando un destino crudele li ha falciati, mentre già stavano mettendo in mostra le loro grandi qualità .
Pasquale Masucci nel 1855 era stato compreso nella terna dei consiglieri provinciali, mentre Gioaccchino negli anni 50 era amministratore apprezzato da tutti e nell’anno della sua dipartita mostrò il suo attaccamento al Regno dei Borbone , insieme al suo amico farmacista Don Achille De Cristofano.

Matteo Marino 1821 - 1880°
di Giuseppe,fratello di Don Angelo il parroco e di Mariano è da considerarsi tra i capi della rivolta del 1861. Amico di Alessandro Picone,con il quale preparava tutte le azioni da intraprendere contro i filo sabaudi.Deciso e con forte personalità ebbe un ruolo importante nello svolgersi dei fatti. Era un grande bevitore e famosa restò la scena in piazza quando ubriaco tolse la coppola di guardia nazionale e la calpestò sotto i piedi al sergente Giuseppe De Meo , poi ucciso il 2 Luglio dai rivoltosi , reo di aver risposto “viva a Garibaldi” alla richiesta di Matteo di “viva a chi? “ . Nel processo del 15 Luglio 1861 abiurò i suoi principi , affermando di non aver avuto niente a che fare con la rivolta e con i rivoltosi. Per questo fu scarcerato . Suo figlio Onorio ( 1846- 1900 ) fu Procuratore del Re a Spoleto a fine 800.
Altri figli furono Rachele 2-9-1841,Giovanna 8-1-1844,Rosaria Maria 25-3-1849,Giuseppe 20-4-1858, Angelo 2-1-1861, morto a sei mesi quando il padre era ancora in carcere,Maria Giuseppa 11-9-1862




Gerardo Pennetti ( 1829 – 1905) avvocato
di Giuseppe,medico e Clementina Cindolo . Sposato con Teresa Raimondo.
Padre di Vincenzo ( 1867 - 1900 ) , avvocato e giornalista celebre e Giuseppe Pennetti ( 1859 - 1912 ) , ingegnere e storico. Fratello di Pietroantonio ( 1836 - 1918) . Nella prefazione ad un libro il figlio Vincenzo fa capire che Gerardo fosse stato maltrattato a Volturara e che la causa del suo allontanamento agli inizi degli anni 60 era stato dovuto a fatti politico amministrativi.

Giovanni Volpe 1843 – 1861 , 8 Aprile
di Antonio e Giuseppina Di Meo
A 18 anni la mattina dell’8 Aprile 1861 in via Molino viene ucciso con una fucilata dai piemontesi mentre sta scappando verso la Costa insieme a centinaia di volturaresi fuggiti per paura di una rappresaglia per la rivolta del giorno prima.

Pasquale Sarno 1857 – 1927
di Don Salvatore e Maria Carmela Marrandino . Sposato con Maria Teresa Masucci ed in seconde nozze con Donna Cleonice Pennetti ,
sorella di Gerardo. Grosso personaggio di fine 800 ed inizi 900 fino al fascismo, quando viene pensionato da segretario comunale dal podestà Attilio Cappiello , dopo 30 anni di lavoro, insieme al fratello Achille , impiegato comunale. Era entrato in politica dopo la morte del padre Salvatore , che era stato Sindaco per più di 10 anni e dopo aver fatto lui stesso il Sindaco dal 1888 fino al 1890.

Leonida Picardi 1859 – 1928 agrimensore ( geometra)
di Ferdinando e Arcangela Santoro. Sposato con Adelina Pico.
Sindaco dal 1908 al 1910. Amministratore per un trentennio.
Simpatico un suo intervento del 21 Aprile 1909
“Ed è necessario che si dia loro un attestato di doverosa riconoscenza ,attestato che sarà dalla Storia ,rivelatrice di verità,tramandato con senso di altissimo ossequio ai nostri più tardi nipoti e che valga a far loro continuare, con coscienza forte ,convinta ed illuminata l’opera così bellamente da altri iniziata a favore di questo Comune e con maggiore lena ,con maggiore intelletto d’amore.”






Vincenzo Di Meo 1854-1945 cassiere comunale
di Nicola e Gaetana Petito. Sposato con Giovanna Raimo
Novanta anni da protagonista. Funzionario del Comune a fine 800, viene richiamato come segretario comunale dal Podestà Luigi Pennetti nel 1930 a quasi 80 anni.





Giuseppe Alfonso Generoso De Feo 1869 -1935 sacerdote
Nato l’1 Marzo 1869 da Generoso e Costanza Corbino ( 1844-1900 ).
Il suo nome di battesimo era Giuseppe. Fu ordinato sacerdote con il nome di Alfonso da S.E. Mons. Luigi Del Forno, vescovo di Nocera Inferiore, il 21-12-1891.
A 24 anni ebbe l'incarico in Ciorani di formare i novizi e di restaurare la sede per renderla più idonea alla formazione delle giovani reclute.Per curare la sua salute fu trasferito a Materdomini nel 1894 e qui tenne la cura spirituale dei fratelli coadiutori. Nel 1901 fu nominato superiore di Materdomini per smussare e riempire le molte lacune esistenti tra le autorità ecclesiastiche e civili. Quivi il 24-6-1901 fondò il primo bollettino mensile "Il Bollettino di Gerardo Maiella del SS. Redentore" e nel 1905 la Tipografia che porta all’ingresso ancora la sua foto.
”Scrisse molto, molto parlò, nulla trascurò. Le parole e gli scritti rassomigliavano al fuoco: dovunque cadevano o svegliavano altro fuoco o bruciavano e ne lasciavano il segno. Come da un travaglio profondo della terra bruna sboccia la messe a giocondare la vita, così dall'azione sofferta del nostro Alfonso balzavano fonde associazioni eucaristiche a letiziare le anime di autentica pietà celestiale .Tra i principali scritti ricordiamo:
1) Manuale ad uso dei Gerardini e Gerardine;
2) Rapporto sulla devozione verso il Cuore Eucaristico, presentato al Congresso di Malta;
3) Un'ora di adorazione al Cuore Eucaristico di Gesù;
4) Elogio funebre al P. Antonio Losito;
5) Nozioni circa la sublime devozione verso il Cuore Eucaristico di Gesù;
6) rapporto sulla devozione verso il Cuore Eucaristico di Gesù; presentato al Congresso diocesano di Campagna (1925).
7) Un'ora di amore e di riparazione al Cuore Eucaristica di Gesù (1930);
8) Apparecchio e Ringraziamento alla Santa Comunione per i fanciulli, gli adolescenti, i giovani, gli adulti e le giovinette (1932);
9) Un tesoro nascosto: il dolce patire per Dio e per la propria eterna felicità;
10) Ufficio del Cuore Eucaristico di Gesù ;
11) Veni mecum. Per le anime devote del Cuore Eucaristico di Gesù (1934).
Il Bollettino aggiunge: Aveva stoffa autentica del propagandista sempre pronto all'azione. Quando parlava era torrente impetuoso: procedeva nei discorsi senza pause: a me che lo conobbi nel 1919 a Pagani, dava l'impressione che non adoperasse mentalmente virgole e punti. Mai pause: il tono che sembrava monotono, convinceva però e faceva proseliti; c'era nel petto di lui un fuoco che bruciava, incantando gli spettatori meno fervidi. ( da R.R. Di Meo).



Nicola Eleuterio Di Meo
1884-1946, impiegato comunale
di Vincenzo e Giovanna Raimo. Sposato con Angelina Cianciulli,senza figli.
Don Nicola fu impiegato comunale come il padre per oltre 30 anni.
Nel 1932 scrisse un opuscolo molto bello sulla Bonifica della Bocca del Dragone, con la prima foto aerea del paese, scattata in occasione delle Manovre aeree del 1926. L’intento era quello di far interessare le autorità fasciste al problema ed in fondo vi riuscì.
Resta anche come testimonianza di un’epoca.









Olimpia Gioiella 1874 - 1851. Esattrice delle Tasse e segretaria politica dell’On Francesco Amatucci .
Figlia di Michelangelo e Rachele Solito Sposata con Michelangelo Marino. Senza figli.
Donna bella e affascinante che tornata dall’America , inizia una scalata al potere diventando l’esattrice delle tasse di Volturara nonché segretaria ,confidente e amica dell’on. Francesco Amatucci.


Alberico Sarno 1880 - 1930 enologo
di Generoso e Maria Antonia Carlucci. Celibe. Fratello di Costantino Sarno, il podestà. Sindaco dal 1920 al 1923 , quando si dimette in contrasto con il nuovo regime fascista prima da Sindaco e un mese dopo da consigliere comunale.
Dal discorso programmatico in seguito alla investitura a Sindaco , “Alberico Sarno sente la necessità di rivolgere sentite raccomandazioni ai membri del Consiglio comunale. Prima di ogni altro fa rilevare l’obbligo morale da tutti assunto di fronte al paese di cooperare per il bene del popolo .Formalmente dichiara di essere un rigido interprete delle leggi, e di impegnare fin da ora tutte le sue forze per il trionfo di tutti i calpestati diritti volturaresi . Raccomanda di dimenticare le animosità proprie delle lotte elettorali e di trattare tutti i contribuenti con equanimità e senza spirito di partito.” Era impiegato all’ispettorato agrario di Sant’Angelo dei Lombardi.



Nunzio Pasquale 1879 - 1967 celibe.
nacque l’1 Maggio 1879 da Don Vincenzo e da Donna Luisa Molinari .
Discendeva da una delle pi antiche famiglie di notabili volturaresi.Il padre,il nonno e il bisnonno erano stati Sindaci di Volturara e farmacisti rispettati. Abitavano al Freddano,con la Farmacia di famiglia in Piazza alla sinistra della Chiesa Madre.Studiò con profitto al Liceo Classico.Una brutta malattia,il tifo petecchiale, minò il suo fisico e la sua mente negli anni,ma la bontà e la semplicità del suo animo le riversò nelle cose della vita e nell’opuscolo che scrisse nel 1916 sulla Storia e sulle condizioni di vita di Volturara.Tipico borghese illuminato del primo Novecento,lo ritroviamo protagonista della vita amministrativa intorno al primo dopoguerra.Dal 1920 al 1922 ricopre la carica di assessore.Nel 1923 è Sindaco F.F.,dopo le dimissioni di Don Alberico Sarno.
Nei miei ricordi di fanciullo rivedo un vecchio,ben vestito,con il tipico borsalino ,bastone lucido ed elegante,la testa e la schiena piegate in avanti,robusto e di altezza medio alta.Me lo ricordo perché camminava lentamente,troppo lentamente, a passettini di un centimetro alla volta.Ci metteva ore per arrivare al Carmine,da casa sua posta al Freddano.
Morì,celibe, nel 1967 all’età di 89 anni,assistito amorevolmente dalla zia Donna Maria (Di) Vece,luminoso esempio di educatrice di intere generazioni di Volturaresi. Finisce con lui una grande famiglia,che per più di due secoli ha partecipato attivamente alle vicende politico-amministrative e sociali del nostro paese.Il suo opuscolo è rimasto per settant’anni chiuso in una cassapanca e solo l’amore di Carla nei riguardi dei suoi antenati ha permesso che non venisse distrutto nella baraonda del dopoterremoto e che oggi venisse “licenziato alle stampe”,usando una frase cara a Don Nunzio.
La Storia di Volturara scritta nel 1916 è un fulgido esempio di attaccamento alle radici,è una testimonianza eccezionale di un mondo scomparso,ma nostro.Non riviverlo è come perdere un pò del nostro passato.La semplicità di linguaggio,la freschezza di contenuti,la precisione nella descrizione rende il tutto brioso e fresco,riportandoci un mondo che fino al boom economico degli anni 60 ha rappresentato per secoli l’habitat dei nostri antenati.Il ricordo di un mondo contadino ed immediato;povero,ma allegro,durato secoli e secoli può farci capire quanto sia effimero il risultato del progresso che ha dato sì tanti miglioramenti economici e culturali,ma ha tolto quei valori di rispetto e di spontaneità nei rapporti,distruggendo quei valori etico-religiosi che per secoli hanno rappresentato il fulcro della vita collettiva volturarese.L’esasperato individualismo,cui è subentrato un egoismo materialistico di soddisfacimento personale, ha eliminato il senso della comunità,del vicinato,dello stare insieme con allegria e senza interessi,e ha creato mostri di disinteresse per cui lo sfascio generale non interessa più a nessuno.Se prima vi era ignoranza individuale con analfabetismo,oggi esiste un’ignoranza collettiva con tanti scienziati, perché ognuno concorre solo ed esclusivamente per il proprio piccolo mondo di interesse egoistico.Come un serpente che si morde la coda, perseverando in questi atteggiamenti personalistici condurremo Volturara allo sfascio economico e sociale.Con questo scritto un invito ed un monito a migliorarci nei buoni sentimenti per migliorare il nostro Paese.Il risultato di ritorno sarà una vivibilità nel rispetto delle regole,in cui i valori positivi prevarranno su tutte le malignità degli ultimi decenni. Si creerà una dimensione di vita in cui il rispetto per gli altri sarà l’orgoglio di una Volturara migliore.
L’opuscolo di Don Nunzio è la chiave di accesso ad un mondo dimenticato ma bello;ricco di personaggi e di situazioni degni di essere conosciuti e gustati.La mano del Destino e del Tempo ha cancellato centinaia ,se non migliaia di uomini e donne che hanno determinato la nostra cultura,la nostra mentalità.Il nostro sforzo di riportarli alla luce deve significare che l’esempio degli altri possa servire da esempio a noi stessi, e che gli errori del passato non si debbano ripetere come si stanno ripetendo adesso.
Dobbiamo passare da una “Memoria ad uomo”, ad una Memoria Storica obbiettiva e immutabile,che aiuti il nostro paese nel cammino del progresso,ma soprattutto nella ricerca di quei valori positivi, e ce ne sono stati tanti, che permettano una crescita lenta ed ottimistica con amore e rispetto per gli altri, con aiuto verso i deboli ed emarginati,con tolleranza per chi sbaglia.
La vera conoscenza della realtà che ci circonda,determinata da situazioni passate e non dimenticate serva,però anche da condanna dura per chi semina la zizzania dell’odio nella disinformazione e nell’affarismo male maledetto di questa Società dei Consumi. Ed il “divide et impera” deve far posto ad una conoscenza nell’Informazione ed a una partecipazione alla vita pubblica ricca di significati positivi per tutti.
Volturara ha voluto bene a tanti,ma pochi le hanno corrisposto amore .
L’opuscolo di Don Nunzio é un atto d’amore e merita un posto di rilievo nella Galleria del Tempo.













Giacinto di Meo 1885 - 1965 di Giuseppe e Celeste Petretta
Medico e Farmacista

Personaggio importante della prima metà del novecento , non ha mai partecipato in prima persona alle dispute amministrative pur avendo un peso personale nelle scelte del paese , soprattutto fino al l’arrivo di Costantino Sarno come podestà.
Fu proprietario dell’unica farmacia del paese rimasta nel tempo e continua la tradizione di famiglia da più di 150 anni con le figlie Elena e Celeste.










Mario Ercolini 1890°-1959
notaio

Arrivato a Volturara per lavoro resta con la famiglia recitando un ruolo importante durante il periodo fascista. Promotore tra l’altro del dopolavoro fascista inaugurato nel 1936 che era uno dei pochi punti di incontro e di svago dei giovani e punto di informazione delle vicende nazionali con tutti ad ascoltare per ore la radio ufficiale del Governo . Durante le Grandi Manovre del 31 Agosto 1936 mise a disposizione di Mussolini e della famiglia Reale le sedie, ancora esistenti , vicino al palco sul Toppolo.Fu commissario prefettizio sul Comune nel 1940 , quando Costantino Sarno fu richiamato alle armi.




Nicola Picardi 1898 - 1991 ,maestro elementare
di Leonida e Adelina Pico.Sposato con Carlotta Pennetti ( 1899-1976) di Don Luigi.
Un maestro vecchio stampo che ti faceva mettere le dita unite per poi batterle con una bacchetta di legno o ti faceva mettere in ginocchio vicino alla lavagna con dei chicchi di granturco sotto.
Nel 1942 e 1943 fu anche podestà di Volturara , dopo Costantino Sarno.




Giuseppe Di Feo, Peppone (1923 - 1980,23 Novembre ore 19,35),
di Nicola e Giuseppa Marino. Sposato con Virginia Gioiella. Senza figli.
Ingegnere,famoso perché studiava in gioventù guardando le mucche pascolare nel Dragone. Esempio per decenni di chi si è fatto dal niente raggiungendo traguardi importanti nella vita. Fu insegnante e Preside dell’Istituto per Geometri di Avellino.
Libero professionista ha fatto politica dal dopoguerra agli anni 70,quando nauseato dagli avvenimenti si ritirò a vita privata.
Prima con Don Achille Masucci e il fratello Renato, negli anni cinquanta per contrasti si allontana e diventa capo dell’opposizione,sperando un giorno di scalzare i Masucci e diventare Sindaco. Un sogno mai realizzato!.
Dopo alcune sconfitte in prima persona nel 1956 e nel 1960,decide nel 1964 di appoggiare Raimo Marino,figlio di Don Ferdinando ,sconosciuto ai più e residente ad Avellino ,di professione segretario comunale .I suoi amici più stretti diranno poi che era convinto di non vincere nemmeno quella volta e che si era tirato da parte per non subire un’ulteriore sconfitta contro Renato Masucci,Sindaco da quasi vent’anni e papabile ad una ennesima vittoria.
Il risultato del 1965 invece fu storico. Raimo Marino stravinse le elezioni .In seguito l’ingegnere Di Feo amareggiato e contrariato ben presto si allontanò da Raimo Marino, ritirandosi dalla politica attiva .Una morte strana e simbolica la sua , avvenuta quella maledetta sera del 23 Novembre 1980. Era solito salire a Volturara ogni giorno e giocare una partita a carte nel bar .
Capì prima di tutti che si trattava del terremoto e cercò la via più breve e più logica per uscire ,ma la porta nei sussulti della terra non si apriva. Gli altri trovarono un varco aperto dietro al bancone e quando lui li seguì si vide crollare addosso il primo piano della casa di sopra.
Personaggio complesso ,pieno di slanci positivi,aveva creato una fortuna costruendo un intero quartiere a viale Rimembranza nella I traversa. Trent’anni di politica contro un gruppo che vedeva il dr Achille Masucci troppo forte per scalzarlo.Quando poteva coronare il suo sogno e si intravedeva il cambiamento mise al suo posto uno che la Storia avrebbe poi
considerato insieme a Gennaro Vecchi il simbolo del Sindaco .






Giuseppe De Feo 1900°-1985°
Professore e Preside del Liceo Classico di Avelino “ Pietro Colletta”
Uomo di grande cultura e di grande spessore.Figlio di Vincenzo De Feo,
sarto,noto con il soprannome di Mosciarella,insieme all’omonimo ingegnere e con qualche altro costituirono nella Volturara degli anni 20-40 espressione di chi di umili origini riesce ad emergere nella vita nella cultura e nella conoscenza. Stabilitosi ad Avellino aveva frequenti contatti con Volturara nella quale ritornava appena poteva. Famoso per la severità di giudizio era spietato con gli studenti volturaresi che si iscrivevano al Liceo Classico. Negli anni molti di loro dovettero cambiare scuola e diplomarsi in altri Istituti. Pochi riuscirono a diplomarsi. Nel 1970 il Preside De Feo ,sotto i colpi del movimento studentesco del 68 si dimise ,accusato di classismo e di essere ancorato su posizioni superate dal tempo. Il suo posto fu preso da un altro “grande “ di sangue volturarese,Aurelio Benevento.
Di media statura,robusto,occhi neri su viso quadrato avanzava con incedere austero e fermo. Non dimentico mai quando nell’ottobre del 1965 entrò nella IV Ginnasio sezione B , e guardando gli studenti con espressione severa disse davanti a tutti
<< ho saputo che in questa classe c’è un volturarese,mio compaesano .
Ebbene ! o è venuto con la voglia di fare e di farmi fare bella figura, o è meglio che si metta in testa che se ne deve andare come molti prima di lui.>>.
Non so se fece bene o fece male,se fu crudele o semplicemente cattivo,ma è sicuro che sono state quelle parole a farmi galoppare negli studi e non farmi arrestare di fronte ai tanti ostacoli che dovetti negli anni affrontare e superare.
Ultimo baluardo di una cultura classica e romantica non poteva avere la modernità di affrontare un periodo strano e confuso come il 68. Si mise contro anche molti docenti che firmarono un documento pubblico contro di lui e scelse di andare in pensione con discrezione e coerenza.
Non amato dai volturaresi,sconosciuto ai più e dimenticato da tutti come tanti illustri compaesani prima di lui,resta nei miei ricordi come un uomo tutto di un pezzo,magari spigoloso di carattere,che vedeva nell’insegnamento l’unica aspettativa di vita. Lo rividi quasi ottantenne dopo l’esperienza romana, nel reparto di Ortopedia dell’Ospedale di Avellino,dove prestavo servizio appena dopo la Laurea. Addolcito nell’espressione e nelle parole , amava dialogare su problemi di ogni genere e parlava ancora di Volturara e della sua strana bellezza. La sua morte passò sotto silenzio come lo era stata la sua vita,ed anche nella dipartita mostrò la sua grande voglia di non apparire.

Raimo Amabile 1908-1985
di Marcantonio e Teresa Sarno
Sindaco dal 1972 al 1975 , scelto da Raimo Marino che si era dimesso per le note vicende legate allo sviluppo del Terminio con la creazione di piste da sci , fu fedele al suo capogruppo fino alla fine , dimostrando coerenza e coraggio che ai suoi avversari appariva fanatismo. Veniva da un famiglia che aveva avuto dal 700 sempre amministratori , per cui aveva nei cromosomi la voglia di partecipare alle vicende pubbliche del paese.

Giuseppe Marrandino 1914-1978
di Onorio e Alfonsina De Cristofano. Sposato con Pasqualina Panariello.
Ultimo grande protagonista della famiglia Marrandino nella vita amministrativa del paese. Vice Sindaco di Marino Raimo era uno dei fedelissimi della Stretta di Mano che gestì il paese dal 1965 al 1975.
“Don Peppo” era tutto di un pezzo come si conveniva ad un notabile e famose erano le sue passeggiate in piazza in un atteggiamento caratteristico che lo contraddistingueva.
Alla sua dipartita i figli se ne andarono , perdendo qualsiasi contatto con il paese.

Silvio Masucci 1925 - 2003, ginecologo. Primario ospedaliero
di Leonardo e Teresa Di Guglielmo. Fratello di Don Achille e Renato Masucci fu Sindaco dal 1978 al 1983 nel periodo più brutto per il paese dal dopoguerra. Trovatosi immischiato nel dopo terremoto non poteva mettere ordine in un disordine organizzato. Era di poche parole come i fratelli e niente poté in un momento complesso e pieno di improvvisazioni. Si impegnò molto , ma i risultati non furono brillanti. Non venne più ricandidato nel 1983 e la Colomba perse malamente contro la Stretta di mano di Raimo Marino. Come tutti i Sindaci dal dopoguerra al 2000 visse sempre lontano da Volturara e dopo l’esperienza sindacale si allontanò definitivamente dalle vicende del paese restando con la famiglia ad Avellino.
Con la sua dipartita finisce l’avventura amministrativa dei 4 figli di Don Leonardo Masucci che aveva avuto due Sindaci ( Renato e Silvio) , un assessore nell’immediato dopoguerra ( Domenico) e un grande leader come Achille , che essendo medico condotto non poteva candidarsi , ma gestiva il potere tramite Renato che aveva fatto il Sindaco per venti anni , grazie al suo appoggio.

Vittorio Di Meo 1921-1971, imprenditore
di Generoso e Erminia Petretta. Sposato con Bosco Alessandrina ( 1930-2003).
Nel dopo guerra ha creato una fortuna con investimenti in molti settori come l’edilizia e i trasporti. Trasferitosi ad Avellino con l’intera famiglia ha continuato ad investire fino ad una dipartita prematura che non ha impedito ai figli di continuare la sua opera. Oggi raffinato e conosciuto è il marchio di famiglia “Di Meo”, legato ad una azienda vinicola di Salza Irpina, nei locali del castello dei Capozzi che Vittorio nella sua lungimiranza aveva acquistato e restaurato.

Roberto Rezieri Di Meo 1920°-1990° maestro, storico
di Giovanni.
Roberto Di Meo fu amministratore nell’immediato dopo guerra con il ruolo di vice Sindaco, poi impiegato comunale licenziato dopo le infuocate elezioni del 1956. Dopo un periodo trascorso in Haiti , tornò a Volturara dove svolse il ruolo di maestro elementare per un trentennio.
Persona riservata e pacata vide nella cultura la molla della conoscenza . Dedicò molta parte della sua esistenza alla ricerca storica, pubblicando nel 1988 La Storia di Volturara Irpina , opera corposa ed importante che sicuramente è tra le migliori pubblicazioni del 900 volturarese.
Il prof. Roberto ha letto tanto e ha visto moltissimi documenti antichi che ha saputo riportare nel suo libro, dando una identità al paese. Bellissima la descrizione del bombardamento del 1943 vissuto in diretta .
1945 vice Sindaco e da Ottobre a Dicembre f.f. da Sindaco al posto di Alessandro Di Meo.
1946 caponucleo di Volturara del partito dell’Uomo qualunque.
1966 pubblicò una biografia su Padre Alessandro Di Meo , suo antenato.
Negli anni 70 collaborò come storico alla rivista parrocchiale “ Raduno” con un inserto completamente dedicato alla storia del Castello di San Michele.
Dopo venti anni di impegno riuscì a riportare a Volturara negli anni ottanta i resti mortali di P. Alessandro Di Meo.
Dal 1993 al 1997 il figlio Andrea,otorino a Napoli , ha ricoperto la carica di Sindaco.

Eliseo Michele Catarinella 1927-1993 di Ferdinando. Sindacalista .
Il primo ricordo che ho di Eliseo risale agli anni sessanta. Chissà perché era il mio idolo.Più di ogni altro senza conoscerne i risvolti della personalità,divenne il mio punto di riferimento politico.Divenne il Don Chisciotte dei miei sogni liceali,l’unico che lottava per i poveri e gli oppressi. Per seguirlo mi iscrissi al PSIUP di Riccardo Lombardi. Allora significava essere scritto negli elenchi della Polizia,da controllare come sovvertitori.Lo persi di vista negli studi universitari.
Lo ritrovai negli anni ottanta impiegato nel sindacato ad Avellino.
Una seicento scassata,piena di studenti che chiedevano l’autostop.
Nel 1988 partecipai con lui all’amministrazione di Luigi Di Cristofano. Era assessore Anziano,volevano fargli fare il vicesindaco e per questo mi guardò in cagnesco,mio malgrado che non capii.
Un uomo sensibile ai problemi della gente bisognosa,a tale punto da soffrirne anche sul piano fisico e mentale.
Un rivoluzionario in gioventù che non era riuscito a diventare geometra,un vero comunista in una Volturara piena di comunisti,un leader,un punto di riferimento per tanta povera gente che si rivolgeva a lui per i suoi piccoli problemi.
Forse non è stato un grande politico,un raffinato tessitore di alleanze,ma in un marasma di cascettoni era l’unico a combattere pagando spesso e volentieri sulla propria pelle e quella della sua famiglia. Nel 1965 con Raimo Marino pose termine al Sindacato ventennale di Renato Masucci,ma si allontanò subito insieme ad Edoardo Masucci e Peppone .Da allora conservò una repulsione nei suoi confronti che durò fino alla morte con scontri politici a volte esaltanti.
Gli impegni da assessore nel 1990 piegarono la sua forte fibra,alla fine cadde su quel campo di battaglia sul quale aveva combattuto una vita.

Nicolina Catarinella 1940°- insegnante, scrittrice di Nicola e Carmela De Feo
L’attività creatrice di Lina Catarinella vede il suo periodo migliore appena dopo il terremoto del 1980 con una produzione letteraria che va dalla ricerca delle tradizioni, ai saggi , alla descrizione dell’ambiente volturarese nei suoi molteplici aspetti.
Libri pubblicati
- La dialettica delle Idee 1981
- Terremoto 1981
- Decifrare un ambiente 1988
- Volturara Irpina ,molto curato e con foto bellissime 1997.

Nunzio Nick Discepola , deputato al parlamento canadese
Nato a Voltura il 27-11-1949,emigrato a otto anni nel 1957 in Canada con la famiglia .Abita a Montreal. Laureato in Scienze,con specializzazione in Matematica.
M.B.A. in Marketing e gestione Impresa.
Nel 76 crea un’Impresa di Informatica.
Nel 1983 viene eletto Consigliere comunale in Kirkland e rieletto nel 1987.
Nel 1989 è eletto Sindaco con il 93% dei voti.
Nel 1991 viene rieletto Sindaco.
Nel 1993 diviene Deputato Liberale Federale
Nel 1996 è segretario parlamentare.
Nel 1998 è Membro del Comitato della Giustizia,delle questioni giuridiche,delle Finanze e dell’Industria In questo anno viene in visita ufficiale a Volturara ed ha la sua grande giornata con festeggiamenti in Piazza e nella scuola .

















Appendice


























L’ultima dei Vecchi

Dopo anni di attesa riesco a prendere appuntamento con la signora Giuditta Vecchi e suo figlio Fulvio Pagliuca.
Io e mio fratello Fabrizio ci presentiamo ad Avellino in via Trinità e l’appartamento che ci accoglie è un sacrario della famiglia con notizie minuziose e precise che indicano rispetto per gli antenati. La sicurezza di essere stati grandi si manifesta e si concretizza con lettere e foto che testimoniano la certezza di un passato pieno di gloria che va dallo stemma di famiglia intarsiato nel legno del letto matrimoniale al reliquiario dei Santissimi Martiri di antichissima data,dagli annali del 1785 di P. Alessandro Di Meo agli articoli sul Mattino del 1914 sulle nozze di Gennaro Vecchi junior con la presenza di invitati eccellenti del capoluogo irpino.
Un’arzilla vecchietta di 83 anni,piena di artrosi e di lucidità ripercorre con classe e dignità una leggenda persa nell’oblio del tempo.
Si parte dal 400 che vede una famiglia spagnola trasferirsi in Italia e dividersi in vari tronconi campani,pugliesi ed al Nord .I Vecchi,per distinguerli,forse,dai giovani,nei secoli mantengono la loro identità ed un loro ramo approda ai primi del 700 a Cassano,esprimendo Sacerdoti e Medici.
Una data precisa quella del 1926,come distacco storico da Volturara della famiglia per permettere ai figli di studiare,come capita spesso nelle migliori famiglie di Volturara scomparse nel tempo ed anche per la voglia della signora di allontanarsi dall’aria umida e pesante di Volturara che le procurava terribili mal di testa,a lei che veniva dal mare di Sorrento. Si stabiliscono in via Matteotti,posto centrale e abbastanza lussuoso.
Un’altra data precisa è quella del 23 Settembre 1943,quando i bombardamenti americani su Volturara distrussero completamente la casa in Piazza facendo andare perduto il ricco patrimonio immobiliare della famiglia.
La recisione completa con il paese e poi la decisione negli anni cinquanta di regalare la ricchissima biblioteca di famiglia all’Abbazia di Montevergine.
Finisce un feeling durato 150 anni,da quando Gioacchino Vecchi a fine settecento da Cassano viene ad esercitare per un periodo la professione di Medico Cerusico a Volturara,lui che era anche Architetto.
Una parte della famiglia resta a Cassano,mentre il figlio Andrea si stabilisce a Voltorara dove sposa Carolina Di Feo figlia di Antonio Di Feo,avvocato e figlio di Giuseppe Di Feo,notaio e grande personaggio del settecento volturarese.Quattro figli maschi ed una femmina che saranno protagonisti della seconda metà dell’ottocento.
Andrea,pur non assurgendo mai alla carica di Sindaco,forse per l’atavico odio dei nostri compaesani verso chi era considerato un forestiero,ricopre varie cariche che vanno da Cancelliere comunale a decorione, a esattore delle tasse in una escalation di potere e di ricchezza che lo porta ad allearsi con i potenti del paese. Sua figlia Clorinta si sposerà nel 1858 con Pasqualino Masucci ( 1831-1861) ,il dottore figlio di Alessandro Masucci,farmacista in Piazza . Grande Vecchio di Volturara Andrea muore vittima di una grande epidemia di vaiolo nel 1854 e quattro anni dopo suo figlio D.Gennarino Vecchi ( 1827 - 1901) diventa Sindaco di Volturara,succedendo a Don Leonardo Masucci,il notaio fratello di Don Alessandro .Rimane in carica fino al 1861 restando tra i protagonisti dell’unità d’Italia e vittima di un rapimento da parte dei briganti con rilascio dietro pagamento di sostanzioso riscatto. Uno dei personaggio della galleria dei grandi.
Morirà nel marzo 1901 ed il Consiglio Comunale appena dopo la sua dipartita gli intitolerà la strada che dalla Piazza porta al Carmine.
Il fratello Don Achille è Medico rispettato per cinquant’anni .L’altro fratello Don Ferdinando,orbo dell’occhio dx per ferita da calce viva è sacerdote,insieme al quarto fratello Don Raffaele .
La saga dei Vecchi continua con i tre figli di D. Gennaro , Giovanni ,
possidente,Antonio,sacerdote ed Andrea celibe.
Giovanni( 1858 - 1915),sposato con Giuditta Moscati,sorella del Santo protettore dei medici,metterà al figlio il nome di Gennarino ( 1888-1968 ),in ricordo del nonno e Gennarino,avvocato,sposatosi con una forestiera lascerà Volturara per stabilirsi in Avelino nel 1926 lasciando al paese il fratello Andrea,celibe,ultimo custode della casa di famiglia che cadrà completamente sotto i bombardamenti del 23 Settembre 1943 seppellendo quasi tutta la famiglia di Ettore De Meo.
Gennaro avrà una figlia di nome Giuditta ( 1919-2004 ),sposata Pagliuca,che a loro volta avranno Fulvio ed un fratello Giudice a Verona.
Resta il ramo di Achille,il dottore, con eredi maschi,ma scomparsi da Volturara già a fine ottocento. Si ha notizia di un erede con lo stesso nome dell’avo che dovrebbe trovarsi a Salerno e dovrebbe essere Medico anche lui.A Volturara dei Vecchi resta il nome di una contrada sulla strada provinciale dove era ubicata la loro masseria in località Occhitelli;il portale della loro abitazione rimesso al suo posto dopo la ricostruzione dell’abitazione oggi proprietà del Dr. Andrea Di Meo di Roberto Rezieri ,
una Cappella al Cimitero costruita 100 anni fa e completamente abbandonata e diruta,un altare nella Chiesa Madre che aspetta da venti anni di essere aggiustato ed il nome di una via che ricorda un uomo che è stato a più riprese Sindaco sotto quattro Re diversi da Ferdinando di Borbone e suo figlio Francesco II,franceschiello a Vittorio Emanuele II primo Re d’Italia e a suo figlio Umberto I.


Le donne dei Picone
Una delle famiglie più antiche di Volturara che troviamo già alla fine del Seicento.
- Camilla Picone ( 1694-1760°) e’ la moglie di D. Domenico Benevento,Sindaco nel 1720 e 1722.
-Carmina Picone( 1720°-1790°) e’ la moglie di Domenico Di Meo e madre di D.Nicola Di Meo( 1759-1819), notaro,nonché dei Sacerdoti Giuseppe e Pasquale Di Meo,nipoti di P.Alessandro Di Meo.
-Giuseppina Picone( 1750°-1820°) e’ la moglie di D.Bernardo Marra,figlio di D.Gaetano Marra,giudice a contratto e sindaco 1789,che pianto’ il Tiglio in Piazza ancora oggi esistente.
- Rosaria Picone ( 1760°-1820°) e’ la moglie di D.Giuseppe Masucci e madre di D. Pasquale Masucci capostipite di una famiglia che ha governato Volturara negli ultimi duecento anni.
- Adelaide Picone 1760°-1830° e’ la moglie di Vincenzo Luciano e madre di D.Giuseppe Luciano,uno dei protagonisti dell’800 volturarese,Sindaco e Capourbano.
-Rosa Picone (1775°-1840°) e’ la moglie di Domenico Pasquale,la cui figlia Giovanna ha dato origine alla famiglia di Marino Raimo,sposando Domenico Raimo.
-Antonia Picone (1740°-1810°) e’ la moglie di Angelo Marino e madre di Nicola Marino,ucciso nel 1827,Capourbano e capostipite di una famiglia di notabili con notai e medici.
- Anna Picone 1810°-1880° e’ la moglie di D.Michele Bottiglieri,figlio di Don Giacomo,Sindaco nel 1814.
- Agnese Picone sorella di Alessandro Picone caporivolta del 1861 è la moglie di Don Giovanni De Feo e madre del questore Don .Pasquale De Feo





La nipote di Raffaele Picone

Bassa,minuta,sveglia. Avrà 86-87 anni.Raffaella inizia a parlare della sua famiglia senza reticenze,meravigliandosi che io conosca tutti i suoi antenati .
Si sente importante e ricorda del nonno.Ricordi vaghi di 80 anni fa,che mano a mano diventano chiari e quasi presenti.Aneddoti che squarciano un’epoca che sembra vicina.Cerca di delinearne il volto e la persona.Ricorda che era buono di cuore e che lei era quasi signorina quando è morto .
Raffaele Picone ritorna da un mondo che sembrava sepolto.La sua figura si staglia su un prato mentre la chiama dopo che lei con una mazzata aveva fatto stramazzare a terra una “porcella”.Aspettava di essere picchiata,ma il nonno voleva solo che gli desse la mazza e dopo averla spezzata con il ginocchio l’aveva usata per risollevare la povera bestia che si era ripresa in un attimo.
Alto,snello,non curvo nonostante l’età un paio di piccoli baffi su una folta chioma bianca. I suoi occhi neri sembrano guardarla ancora mentre lei ripensa al racconto che le faceva vicino al fuoco di quel coniglio che fece sette giri di corsa nel forno acceso in cui era penetrato per caso prima di cadere arrosto suo malgrado.
Mostra una punta di fierezza quando dice che il nonno era “uno buono” e che “gli puzzava il baffo”,come per far capire che era di carattere forte.
Sapeva sbrigarsela da solo in una esistenza di povertà e sacrifici.Abitava al Freddano la prima casa verso il Candraone a sinistra salendo,con due maschi e quattro femmine. Rosina,Filomena e Pasquale risucchiati dal vortice dell’emigrazione di fine secolo che dimezzò Volturara;Genoveffa sposata con Emanuele alias Macchione che negli anni venti seguirono il figlio Angelo in America per finire poi,soli,la loro esistenza dopo che la nuora non li aveva voluti a casa sua. perché vecchi, Gaetana sposata con Fabio Carlucci,il fratello del Parrocchiano;Luigi suo padre, sposato con una donna di pessimo carattere. Ricorda la miseria sua e di tutti e sua madre che sperava sempre che gli “americani” non tornassero,per mantenere quel poco di proprietà che gli avevano lasciato partendo. Raffaele Picone era nato il primo settembre 1838 terzo figlio maschio di Antonio,possidente e di Gaetana Picone, sua seconda moglie.Una famiglia felice,che contava al Freddano,dopo i Pasquale e i Marino di cui erano amici. Antonio aveva sempre saputo stare con i “Chiazzaiuoli” ed era da sempre decorione comunale,seguendo le orme del nonno Matteo.La proprietà cresceva e molte famiglie “freddanisi” campavano sui loro raccolti.Si accontentavano di essere “mezze caozette”, aiutando i “fessa” ed avendo rispetto da loro.Nel 1854, in pieno colera, era stato incluso nella terna per l’elezione del Sindaco,segno di rispetto e di considerazione da parte dei notabili. Dei figli
né Nicola nato nel 27,né Alessandro del 33 riuscirono a fare il salto di qualità .Luigi poi,che era del 40 aveva un carattere duro e ribelle,anche se era il più buono di tutti.Una infanzia ed una adolescenza controllando i garzoni appresso alle vacche senza voglia di studiare che li portò giovani a sposarsi e a crearsi una famiglia,Nicola nel 49,Alessandro nel 57 un anno prima della morte del padre,mentre le tre sorelle Teresa,Rachele e Agnese che erano le più corteggiate del rione,si sposarono con giovani di belle speranze,le prime due con i fratelli Sebastiano e Pietro Candela loro vicini,mentre Agnese sposò nientemeno che Giovanni De Feo,il fratello del Parroco Don Nicola e si trasferì al Campanaro.
Nel 1858 la morte del padre li rese responsabili e tetragoni. Alessandro perse il suo primo figlio appena nato.Nel 1860 Garibaldi saliva dalla Sicilia e si acuiva lo scontro nei paesi tra notabili che aderivano alla nuova idea dell’unità d’Italia e quelli più conservatori e seguaci della Chiesa che vedevano nei Piemontesi stranieri colonizzatori da scacciare.
I pragmatici Sarno e Luciani con i Pasquale ed Masucci si schierarono con Garibaldi,mentre i Picone,un ramo dei Marino,i Marra mantennero la fedeltà alla Chiesa ed ai Borboni. Alessandro Picone fu portavoce di un malessere popolare che sfocerà in rivolte,arresti e repressioni in cui perderanno tutto quello che avevano costruito negli ultimi secoli e si perderanno nel dimenticatoio dei bracciali ed ex possidenti in disgrazia.Dopo la rivolta del 7 Aprile 1861 Nicola viene arrestato e liberato dopo tre mesi di carcere per essere estraneo ai fatti. Raffaele viene rilasciato il 20 Giugno 1862 dopo 15 mesi di carcere. Luigi nel 1865 viene condannato a 7 anni di lavori forzati. Alessandro si costituisce nel Giugno 62 e nel Marzo 63 viene condannato a venti anni di lavori forzati. Accetta l’indulto del Dicembre 1863,ritornando libero sotto sorveglianza per il resto dei suoi giorni,che finirono nel 1894 dimenticato da tutti..

Famiglia Maurelli
Famiglia scomparsa alla fine del 700 per mancanza di eredi maschi.
Rispettati e potenti ,sono insieme ai Pennetti l’unica famiglia di Magnifici del seicento e primo settecento volturarese.
Camillo ( 1682-1760°) sposato con Francesca Coraggio da Bisaccia figlio di Don Gaetano e Vittoria Primicile nel 1745 è Sindaco ,mentre il fratello Don Nicola Maurelli ( 1680-1750°) ,sacerdote ricopre un ruolo di primaria importanza in una Voltorara che vive di fede e povertà.
L’altro fratello,Cesare( 1683-1760°) ,muore celibe ,determinando la fine della famiglia .
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