XIV Legislatura - Atto del Senato n. 1832 del 14 Novembre
DISEGNO DI LEGGE
Istituzione di un Fondo Nazionale per le donne e le famiglie
iniziativa dei senatori:
Primo firmatario:
GARRAFFA Costantino (DS-U)
Co-firmatari:
BARATELLA
Fabio (DS-U)
LIGUORI Ettore (Mar-DL-U)
BATTAGLIA
Giovanni (DS-U)
LONGHI Aleandro (Ds-U)
BATTISTI
Alessandro (Mar-DL-U) MARITATI Alberto(DS-U)
COLETTI
Tommaso (Mar-DL-U)
MURINEDDU Giovanni Pietro (DS-U)
DATO
Cinzia (Mar-DL-U)
MONTALBANO Accursio (DS-U)
FASSONE
Elvio (DS-U) NIEDDU Gianni (DS-U)
FILIPPELLI
Nicodemo Francesco (Misto, Udeur-PE)
ROTONDO Antonio (DS-U)
FLAMMIA
Angelo (Ds-U)
STANISCI Rosa (DS-U)
FORMISANO
Aniello (Mar-DL-U) VICINI Antonio (DS-U)
ZANCAN Gianpaolo (Verdi-U)
Onorevoli Senatori.-
Il presente disegno di legge intende istituire un Fondo nazionale per le donne
e le famiglie, in cui confluiscano parte delle risorse provenienti dalla quota
dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).
Tale Fondo denominato “Otto per mille - Fondo Nazionale per le donne e le
famiglie” è collocato presso la Presidenza del Consiglio e si propone di:
- garantire un reddito sicuro a donne capofamiglia;
- sostenere il diritto alla dignità dei minori;
- potenziare le strutture sociali per bambini e anziani;
- offrire un supporto formativo alle donne per lo sviluppo di
nuove professionalità;
- tutelare da un punto di vista economico e sociale le donne
vittime di abusi e violenze;
- sviluppare la conoscenza e le radici della cultura,
affermando il concetto di parità tra
uomo e donna.
Il progetto nasce dall'esigenza di rispondere alla carenza di risorse nel
bilancio dello Stato verso le politiche sociali. Infatti, gli investimenti
pubblici per politiche attive a favore delle donne e della famiglia
continuano ad essere molto insufficienti e solo attraverso uno stanziamento
programmato di nuove risorse si potrà dare un aiuto concreto ai problemi
posti da questi soggetti.
Per questo motivo si è ritenuto necessario ricorrere a parte della quota
dell'otto per mille: solo nel 1997 si trattava di ben 1.400 miliardi di lire.
L'idea di fondo del disegno di legge - originata da un progetto
dell'Associazione "Donne & Futuro" - è, dunque, quella di
ricorrere ad un Fondo nazionale unico che promuova forme nuove di tutela e di
aiuto nei confronti dei soggetti più deboli della società, vale a dire,
le donne, gli anziani e i minori.
L’articolo 1
istituisce il "Fondo" presso la Presidenza del Consiglio e si
propone di destinare una quota pari all’otto per mille dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche all’atto della dichiarazione annuale dei
redditi. La ripartizione del Fondo tra le diverse Regioni avviene sulla base
dell’ultima rilevazione della popolazione femminile effettuata dall’ISTAT
entro il 28 febbraio di ogni anno.
L’articolo 2
stabilisce che le Regioni definiscano ogni tre anni gli ambiti territoriali
di intervento e le risorse da destinare agli enti locali, anche con il
coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale i
piani territoriali di intervento (ONLUS). L’articolo 3 definisce le
finalità del Fondo, tra cui il sostegno alle donne capofamiglia, la
promozione di nuovi posti di lavoro per le donne, l'assistenza ai soggetti
in difficoltà (portatori di handicap, anziani non autosufficienti).
L’articolo 4
istituisce una Commissione di controllo composta da rappresentanti degli
enti locali e ONLUS che hanno partecipato al progetto per la valutazione dei
risultati ottenuti. Entro il 30 giugno di ogni anno le Regioni presentano
una relazione sugli obiettivi perseguiti, sulle misure migliorative da
adottare al Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, che viene resa
pubblica a livello locale attraverso gli strumenti di informazione (stampa,
TV, internet). Viene, inoltre, introdotta la previsione di una
riattribuzione delle risorse nel caso in cui le Regioni non abbiano
provveduto alle finalità del Fondo. L'articolo 5 stabilisce analoghe forme
di pubblicità a livello nazionale.
Art. 1
(Fondo nazionale
per le donne e le famiglie)
-
E' istituto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo
denominato "Otto per mille - Fondo nazionale per le donne e le famiglie
" (di seguito denominato "Fondo")
finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e
locale per favorire la promozione dei diritti, lo sviluppo, la realizzazione
e la qualità della vita delle donne sia come individui, sia come membri di
nuclei familiari.
-
Il Fondo è
finanziato con l'attribuzione della quota, pari all'otto per mille
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ad esso destinata dai
contribuenti all'atto della dichiarazione annuale dei redditi. A tal fine,
il Ministro dell'economia e delle finanze, in sede di approvazione dei
modelli di dichiarazione dei redditi, definisce le idonee modalità di
espressione della scelta di destinazione. Il Ministro dell'economia e
delle finanze quantifica l'ammontare destinato al Fondo entro il 31
gennaio di ogni anno. La prima applicazione del Fondo ha luogo con
riferimento alle dichiarazioni dei redditi che saranno presentate
nell'anno in cui è approvata la legge e ai fini della determinazione
delle somme da erogare entro il 31 gennaio dell'anno successivo.
-
Il Fondo è
ripartito tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. La
ripartizione del Fondo avviene sulla base dell'ultima rilevazione della
popolazione femminile effettuata dall'Istituto nazionale di statistica
(ISTAT). Alla ripartizione del Fondo provvede entro il 28 febbraio di ogni
anno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proprio decreto
emanato di concerto con il Ministero per le Pari Opportunità, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano. Una quota pari al 30% delle risorse
del "Fondo" è riservata al finanziamento di interventi da
realizzare nei comuni di Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna,
Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania,
Palermo, Cagliari.
Art. 2
(Ambiti
territoriali di intervento)
-
Le Regioni,
nell'ambito della programmazione regionale, definiscono, sentiti gli Enti
locali, ai sensi dell'art. 3, comma 6 della legge 8 giugno 1990 n. 142,
ogni tre anni gli ambiti territoriali di intervento, tenuto conto della
presenza dei Comuni commissariati ai sensi dell'art. 15 bis della legge 19
marzo 1990 n. 55, e procedono al riparto economico delle risorse al fine
di assicurare l'efficienza e l'efficacia degli interventi e la
partecipazione di tutti i soggetti coinvolti. Possono essere individuati,
quali ambiti territoriali di intervento, comuni, comuni associati ai sensi
degli articoli 24, 25 e 26 della legge 8 giugno 1990 n. 142, comunità
montane e province.
-
Gli enti
locali ricompresi negli ambiti territoriali di intervento, di cui al comma
1, mediante accordi di programma definiti ai sensi dell'art. 27 della
legge 8 giugno 1990 n. 142, approvano i piani territoriali di intervento
della durata massima di un triennio, articolati in progetti immediatamente
esecutivi, nonché il relativo piano economico e la prevista copertura
finanziaria. Gli enti locali assicurano la partecipazione delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale nella definizione dei
piani di intervento mediante una comunicazione diretta a tutte le
organizzazioni non lucrative di utilità sociale rientranti dell'ambito
territoriale. I piani di intervento sono trasmessi alle Regioni, che
provvedono all'approvazione e alla emanazione del relativo provvedimento
di finanziamento a valere sulla quota del Fondo di cui all'art. 1, ad esse
attribuita ai sensi del medesimo art. 1, nei limiti delle disponibilità
assegnate ad ogni ambito territoriale, entro i successivi sessanta giorni.
I piani di intervento sono comunicati alle associazioni che hanno titolo a
partecipare ai progetti e che risultano iscritte all'albo tenuto presso il
Comune e la Provincia inclusi nell'ambito territoriale.
-
Le Regioni
possono istituire fondi regionali per il finanziamento dei piani di
intervento ad integrazione delle quote di competenza regionale del Fondo,
nonché di interventi non finanziati dallo stesso Fondo.
Art. 3
(Finalità)
-
Sono ammessi
al finanziamento del Fondo i progetti e gli interventi che perseguono le
seguenti finalità:
a)
interventi
volti al miglioramento delle condizioni di salute psicofisica delle
donne in
relazione alle loro specificità di genere;
b) interventi
volti al sostegno delle donne capofamiglia;
c)
l'erogazione di un sussidio in misura pari all'assegno di mantenimento
stabilito dal giudice
nelle sedi competenti a favore del coniuge e dei
minori qualora l'obbligato non vi provveda;
d) interventi
volti alla creazione di opportunità lavorative per le donne;
e) tutelare
da un punto di vista economico e sociale le donne vittime di abusi e
violenze;
f) interventi
volti al potenziamento delle strutture direttamente o indirettamente
fruite dalle
donne nell'esercizio dei loro diversi ruoli, quali, tra gli
altri, asili, ricoveri o residenze per
donne anziane con reddito
inferiore a 10.000 euro, ricoveri o residenze per figli e genitori
portatori di handicap;
g) interventi
volti alla realizzazione della parità tra donne e uomini in ogni
contesto
-
Le finalità
dei progetti di cui al comma 1, lettera a), possono essere perseguite, in
particolare, attraverso attività di formazione e di ricerca, di
monitoraggio e di assistenza differenziata.
-
Le finalità
dei progetti di cui al comma 1, lettera b) ed e) possono essere
perseguite, in particolare attraverso:
a)
l'erogazione
di un minimo vitale a favore delle donne capofamiglia prive di reddito
incrementato in rapporto al numero dei figli minori e assimilabili e dei
figli
maggiorenni studenti;
b)
sostegno
economico di prima assistenza al genitore nei casi di prima necessità e
gravi difficoltà economiche, per provvedere a spese legali per
separazione,
riconoscimento del figlio, spese mediche, ricerca e
trasloco di abitazione, nonché a
favore delle donne vittime di abusi e
violenze;
c)
l'erogazione
di un sussidio integrativo per le donne ultrasessantacinquenni con
reddito inferiore a 10.000 euro, da incrementare tenuto conto
dell'aumento del
costo della vita.
-
Le finalità
dei progetti di cui al comma 1, lettera d) possono essere perseguite, in
particolare, attraverso l'istituzione di corsi di formazione mirati,
diretti, in particolare, alle donne prive di professionalità e alle donne
di nazionalità estera.
-
Le finalità
dei progetti di cui al comma 1, lettera f) possono essere perseguite, in
particolare, attraverso la realizzazione di asili-nido, asili, strutture
alternative di accoglienza temporanea dei minori in età prescolare e
scolare, nonché ricoveri o residenze per donne anziane con reddito
inferiore a 10.000 euro annui, da incrementarsi tenuto conto dell'aumento
del costo della vita, ricoveri o residenze per figli e genitori portatori
di handicap.
-
Le finalità
dei progetti di cui al comma 1, lettera g) possono essere perseguite, in
particolare, attraverso attività di formazione, studio e ricerca
riguardanti la specificità di genere femminile.
Art. 4
(Valutazione
dei risultati)
-
Per la
valutazione dei risultati verrà costituita in ciascuna regione, secondo
le modalità previste in un apposito regolamento, una commissione di
controllo, composta dai rappresentanti dei soggetti, quali enti locali,
istituzioni locali e organizzazioni non lucrative di pubblica utilità,
che hanno partecipato alla fase decisionale degli interventi.
-
Entro il 30
giugno di ciascun anno le Regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano presentano una relazione al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente
legge, sulla loro efficacia, sugli obiettivi conseguiti e sulle eventuali
misure migliorative da adottare. Il contenuto della Relazione è reso noto
a livello locale anche mediante utilizzo di strumenti di comunicazione di
pubblico utilizzo, come gli strumenti audiovisivi e informatici e la
stampa quotidiana o periodica.
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Qualora,
entro due anni dalla prima ripartizione del Fondo, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano non abbiano provveduto all'impegno
contabile delle quote di competenza del Fondo e all'individuazione degli
ambiti territoriali di intervento di cui all'art. 1, il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero per le Pari
Opportunità, sentita la Commissione permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, provvede
alla riattribuzione delle risorse alle Regioni e alle Province autonome di
Trento e Bolzano.
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Per
garantire la tempestiva attuazione degli interventi di cui alla presente
legge nei comuni commissariati, ai sensi dell'art. 15 bis della legge 19
marzo 1990 n. 55, il Ministro dell'Interno con proprio decreto, emanato di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede a
definire le funzioni delle Prefetture competenti per territorio per il
sostegno e l'assistenza ai suddetti comuni.
Art. 5
(Relazione al
Parlamento)
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Entro il 30
settembre di ciascun anno, tenuto conto delle relazioni presentate dalle
Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'art.
4, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro delle Pari Opportunità, trasmette una relazione al Parlamento
sullo stato di attuazione della presente legge.
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Il contenuto
della Relazione è reso noto a livello nazionale anche mediante utilizzo
di mezzi di comunicazione di pubblico utilizzo, come gli strumenti
audiovisivi, informatici e la stampa quotidiana o periodica.
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