Il pittore G.Bruno
 

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Poesie

La soglia dell'esilio

Il pittore G.Bruno

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Note biografiche, Note critiche, Opere.

 

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Nella foto: da destra, il pittore Eugenio Bruno e Antonino Contiliano nel parco di Selinunte.

 

 

Eugenio Bruno

 

 

Mondi eu-genici

La pittura d'Eugenio Bruno può essere letta come una mappa marinara di racconti reali e virtuali che ancorano le possibilità caosmiche nelle quali si trova immersa la ricerca personale dell’autore. Essa si presenta, infatti, come se fosse una ricca semiosfera di reti semantiche verificate, esperenziali e ipotetiche che intrecciano la vita e l’arte.

Il richiamo alla mappatura dei sentieri marini è un modo per ricordare che le setole di quest'artista raccontano una navigazione che, passando dalle molteplici gradazioni ricorsive delle soglie telluriche, trasborda scandagli dall’azzurro del mare al cielo degli azzurri. Sono pennellate che, spesso, sembrano emergere come movimento cromatico d'onde e d'alghe e cristallizzarsi come quarzi e paesaggi di colonne e vetrate abissali.

 

Meglio è ricordare anzi che nei lavori po(i)etici d'Eugenio, l’artificio artistico e metaforico coincide con la complessa e concreta con-tingenza dell’uomo nomade della società artificiale e immateriale di oggi. Al suo incrocio, in un quasi perfetto isomorfismo analogico e/o eterologico, il cercatore della conoscenza è, infatti, un costruttore di micromondi con effetti di realtà dove storie di fatti e di sogni passeggiano bene insieme.

Nomade e straniero, come testimonia la storia dell’instabilità della sua dimora artistica (Roma, Parigi, Madrid, la Sicilia, ecc.), Eugenio Bruno è un inquieto intrigante. L’arco della sua opera, disteso sulle tele a coagulare pensieri-emozioni, è, infatti, un magnete di tensione teso ad incontrare il volto dell’altro. Ritrovatisi, insieme ci s'immerge con lui nelle verità parziali o totali che la con-tingenza esistenzia spazializzandosi fra superfici e anfratti di diversa natura.

 

Il suo compagno di viaggio e d'avventura, come nel paese delle meraviglie d'Alice, è invitato a vorticare nei percorsi della vita di questi micromondi possibili che sembrano nascere da tante esplosioni nucleari. Insieme con lui, è se-dotto ad afferrare i nuovi schizzi dell’anima che sfreccia tra coordinate spazio-temporali continue e discontinue. Insieme, allora, si trovano proiettati dentro e fuori di qull’universo microquantico dell’atomo-luce che metaforizza i suoi ultimi lavori sperimentali.

Il mondo plurale dell’atomo, fluido e fluttuante, esplosivo e coinvolgente, è, ci sembra, la chiave di lettura e d'interpretazione più adatta per seguire l'ultimo Eugenio Bruno. Egli ha trovato questa chiave, quasi magica, per narrarci/configurarci il suo universo: un plurimondo che si spacca e vuole riunirsi attorno alla figura complice ora della vita pre-testo di una donna ora di un amico.

Il motore che anima i suoi spazi evasi dalla geometria può essere anche un evento del nostro tempo che più d'ogni altro ha inciso la storia della civiltà o dell’esistenza particolare, individuale e singolare di un soggetto qualsiasi.

 

Una nostalgia idiomatica, che attanaglia la gola, che coinvolge l’ascolto e si sedimenta nella "scrittura" delle opere del nostro pittore, è sempre in agguato negli angoli più insospettati dei lavori d'Eugenio. Si può rivelare come un’afasia fonocromatica che attraversa i diversi sentieri pittorici eu-genici, e che, di tanto in tanto, soffermandosi su una pennellata, vorrebbe che quella fosse l’ultima: l’approdo che scrive la "parola" fine alla sofferenza del distacco dall’utopia.

Il pittore però sa che quel conflitto, in ogni modo, è la fonte e la gioia delle sue creazioni e invenzioni artistiche e che spegnerlo sarebbe la morte. L’opera di navigazione e di ricerca, allora, continua, e ci offre nuovi sentieri sperimentali d'oggettivazioni pittoriche.

La miscela delle sue pennellate, a volte accennate, in altri punti leggere e volanti per contrappesso allo spessore del dolore della creazione, è nodo cardinale e textum (testo, intreccio). È un racconto di silenzi con la treccia dei colori che si fa con l’andare che vicola e svicola, che posa i termini e li toglie, che dice e non dice, dipinge e cancella. Il suo narrare pittorico è così uno scivolare lungo i bordi dei chiaroscuri che s-velano velando, e che, declinandosi, coniugano un personale itinerario non lineare. Il pittore, così, ci partecipa empaticamente il dolore e il segno della libertà della propria singolarità, dell’amore e della passione, dell’impegno e del gioco che caratterizzano la sua arte. La produzione artistica è, così, offerta come dono a tutti gli ospiti che varcano i confini delle cornici che catturano il travaglio notturno e luminoso della poesia e n'accettano l’abbraccio.

 

La storia dei pennelli dell'artista Eugenio Bruno è una noise floue e fluttuante dell’erranza conoscitiva. Essa, infatti, cerca e tratta l'informe come il rovescio nascosto delle forme, e lo rende visibile con le configurazioni processuali e plurali del virtuale cui egli riesce a dare un’identità egualmente familiare, sebbene insolito sia il linguaggio. In questi luoghi delle sue tele, dove le dimensioni sfumano i termini dei confini delle rappresentazioni, il ritmo dei colori è, infatti, il valore dell’ombra piuttosto che un pacchetto di frequenze ordinate facilmente leggibili.

In loro il senso polifonocromatico dei giochi oscuro-luminosi dell'artista, a volte, può richiamare la fantasia della danza dell’ape regina sulla tela. Qui, infatti, l’andirivieni zigzagato del volo artistico respira e canta la leggerezza della gravità infinita degli eventi con-tingenti, gli accadimenti riflessi e rifratti che gli danno compimento e lo ri-feriscono per poi ricominciare e risorgere dallo schianto.

L'esilio narrante delle forme, in Eugenio, lungi dall'essere una perdita d'identità e un naufragio, è piuttosto un orizzonte mobile. È una diversa carta nautica, un pentagramma e una tavolozza di colori in-colori che catturano, immergono e se-ducono l’ospite verso l’opposta faccia del sole, la luna.

La luna dell’inquieto sole d'Eugenio è, anzi, il messaggio chiaro del sogno che non è meno reale di una scommessa: è la speranza di chi cerca di mediare la durezza delle cose offrendosi con il fascino e la leggerezza dis-armonica dei suoi dipinti per incontrarsi/incontrare l’altro. Dove? Presso i luoghi di Ermes: i crocevia dove realtà, conoscenza, arte e gioco sono sia sapere, sia vita che azione.

 

Il tempo e la temporalità è, insomma, per Eugenio Bruno, un’intersezione aperta a tutte le possibilità pensate e sentite da un uomo.

Antonino Contiliano

 

 

Dalla mostra 18-28 Aprile 2000, Roma.- Centro Culturale degli Artisti:

 

Eugenio Bruno

in

"Mondi Eugenici"

Frammenti di cristallo. Olio su tela 70x90 cm.

 

SOAVITÀ E VERITÀ

 

Scrivere o parlare d'un Artista a tuttogas è pur sempre un diletto che, però, va contenuto nell'ambito del religioso rispetto delle "linee" che contraddistinguono la spiritualità delle opere. Ma scrivere o parlare di Eugenio BRUNO è come andare, spontaneamente, oltre gli orizzonti, oltre, per così dire, le connotazioni dell'individualità. E' un'ebrezza soffusa nella quale si coglie il dramma della contemplazione, che, di solito, -se approfondita e vivisezionatadiventa sofferenza interiore per la scarsa possibilità dell'intelligenza critica, a scavare in profondità, per cercare il "motivo" conduttore dell'inconfondibilità creativa dell'Artista.

Non c'è quadro, non c'è opera di Bruno in cui non si avverta la febbre di tematiche, composite e complesse, confluenti, tutte, nell'ottica di una ricerca etico-sociale in cui, tutto sommato, vibra l'esigenza della "nonviolenza", della convivenza civile, della fraternità. Tale prerogativa è la connotazione di fondo del messaggio che si incarna, appunto, nella striatura di prospettive appaganti e che i "colori" di Bruno rendono vivibili proprio per una sorta di pirotecnica in cui lo sguardo e l'anima ritrovano il brivido del Bello e anche dell'Impalpabile.

Ecco, Bruno diventa, con fortunata immediatezza, fonte di luce senza il rischio che la benché minima larva di nebulosi o di incertezza possa dissuadere l'osservatore dall'approfondire ogni segmento della magia che lo avvolge e lo costringe a dissetarsi alle energie plurisignificanti che l'Arte di questo Calabrese esprime nella pienezza dei sentimenti vari e diversificati.

Le opere, che questa "tessera d'identità" presenta attraverso ben selezionate fotografie, sono, come, del resto, non è difficile constatare, tessere d'un mosaico armonioso in cui lo studioso non ha difficoltà a cogliere il valore cosmico del messaggio artistico, inconfondibile e, soprattutto, unico!

Eugenio Bruno -calabrese purosangue- nella sua dimensione umana è come una corda di chitarra serenante, generosa nell'effusione artistica di musiche inebrianti. Una corda di chitarra che non nega l'armonia che porta con sé e che offre a tutti, nessuno escluso, come carezze morbide di giovinezza eterna. Nella sua dimensione artistica è espressione vera, fortemente individuale, inconfondibile, unica. E' come una finestra spalancata sull'Immenso, dalla quale fuoriescono armonie policromatiche e nella quale entrano emozioni e piaceri di ritorno, senza appesantimenti interpretativi o conferimenti "sudati" di appartenenza a "stili" o a "soggetti" sempre e comunque estranei alla genuinità dell'individualità non frazionabile e impermeabilizzata alla pioggia delle tentazioni emulative.

Le opere di Bruno si fanno spontaneamente "parola" e diventano un rincorrere nell'universo le sensazioni che traducono in messaggio la soavità e la verità dei colori. Armonia che è pianto o gioia.

E' carne e spirito!

 

Giuseppe Miceli

 

 

Eugenio Bruno, nel "nuovo" della pittura

 

Per il prossimo quarto di secolo, il Secolo XXI, i pittori delle generazioni cui appartiene Eugenio Bruno saranno protagonisti di quella maturità che si associa al titolo di "maestro". Si troveranno, come è per il nostro Bruno, fra in passato recente di sintesi di ciò che ha provocato e prodotto il Novecento, e tra il nuovo che i giovanissimi sicuramente tenteranno di realizzare. Forse, con innovazioni che per le arti visive non immaginiamo, dato che l'arte figurativa cugina, prodotta dalla fotografia, è destinata a progressi quantomeno tecnici. Eugenio Bruno, fermandoci dinanzi ai suoi quadri (quelli qui in mostra, e la minima ma densa antologia alla collettiva sacra del Salvadanaio d'Oro a Battipaglia, in questo stesso aprile) si afferma con capacità di essere tra i protagonisti. Come? Perché?

Eugenio Bruno ha non solo captato, ma assimilato ed è questo che conta, l'ormai avvenuta, e resa già classico-moderna, fusione tra l'immagine della tradizione figurativa e le conquiste dell'Informale e dell'Astratto. Dipinge sapendo di essere nel futuro, con alle spalle E' scontro e ideologie della pittura secondo tradizione e di quella secondo le rivoluzioni del Novecento. E già nell'oltre: rapido a intuire il nuovo, formativamente pronto a realizzare un'arte di fusione tra le due strade, rese unite. Salvo quello che faranno le prossime generazioni di giovanissimi. Eugenio Bruno realizza una pittura figurativo astratta, - il termine è sommario, - che può considerarsi una tappa di avvicinamento al futuro, pronto - e glielo auguriamo perché ne ha strumenti tecnici ed ispirazione - ad essere egli stesso nel futuro "nuovo" del Secolo M.

Giuseppe Selvaggi

 

DALL’EMOZIONE AL "COLORE"

Non è facile presentare un artista come Eugenio Bruno, penetrare nel profondo del suo pensiero sempre in movimento, nella sua filosofia. E' certamente un ricercatore, ma di che cosa? Cerca disperatamente, con frenesia, direi, di esprimere quanto ha nella mente e nel cuore. Sembra che cammini lungo l'itinerario di un sogno: sale, sale... sempre più in alto in cerca della sua stella. Sembra trovarla, vi si adagia e poi... ridiscende giù verso mari in tumulto, verso grotte sudanti sorrisi, ma sempre in anfratti d'azzurro.

 

 

 

 

Mare in tumulto. Olio su tela 120x80 cm.

 

 

Abbevera di luce la sua sete d'amore ed inseguendo la luce che diventa l'essenza della sua tavolozza, la sua fantasia si allarga nella visione dell'oltre... Nei suoi colori ora soffusi e cangianti, ora vibranti e passionali esprime una forte personalità coerente ma dolcemente amalgamata dal sorriso dell'uomo buono. La sua "scrittura" in cromia è leggibile a chi sia dotato di sensibilità ed intelligenza. E' affascinato dalla maestosa voce del silenzio del mare, in tutti i suoi umori, che riversa sulla tela come puro atto d'amore. Sia con il colore, sia con la scultura, s'immerge in tematiche varie che abbracciano il mistero del tempo, il simbolismo, l'uomo dell'antichità e la sua memoria, l'uomo di oggi e il... troppo progresso. Eugenio Bruno è un artista particolare: le sue opere nascono sempre da un fatto emozionale e sono un lungo appassionato colloquio tra il suo "io" e il mondo e riesce ad imprimere alla sostanza la vitalità dinamica di una interpretazione personale nella quale affiorano sorrisi di pace, speranze di cieli sereni... per risvegli di Luce. Osservando i suoi frammenti di cristallo mi torna alla memoria la poesia di Antonio De Marco: L'artista raccoglie in astratto/ il cuore del mondo/ legato al pensiero/ col cuore fanciullo/ tra segni e colori/ disciolti nell'anima/ su tele volanti/ sull'ala del vento/ nel cuore le stille/ degli occhi sognanti/ le dolci illusioni/ dell'uomo di sempre ... / Dell'uomo che nasce/ dell'uomo che muore/ sul ritmo eterno/ ... del sole... e del cuore." Il messaggio poetico e pittorico di Eugenio Bruno sgorga come acqua pura e cade come pioggia d'amore sopra un mondo sempre più alla deriva.

Ferloni

Biografia

Eugenio Bruno é nato ad Altomonte (CS) il 25.09.1951. E' docente di Educazione Artistica. Il suo impegno culturale di artistica riflette, come si può notare dalle diverse fasi della sua produzione, nella ricerca costante di forme e configurazioni che meglio tra-ducano esperienze e riflessioni sui nodi che attraversando il nostro tempo attraversano anche le sensibilità intellettuali di ciascuno.

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