DIALOGO e confronto
scrivete a:
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FUORI DALL’OMBRA: UN SOGNO CHE SI REALIZZA
di Anita Petruzzi / Gruppo GAYA di L'Aquila ( 22 dicembre 2004 )
gaya.cronisti_nf@libero.it
Circa un anno fa, a L’Aquila, una piccola città dell’Abruzzo, una donna da
sola, Carla Liberatore; iniziò un’impresa coraggiosa spinta dal desiderio di
avere e dare speranza e visibilità ad un mondo omosessuale sommerso da timori,
vergogna e mentalità provinciale.
L’amore della sua donna le ha dato la forza di raccogliere i cocci di tutta
una vita e, sicuramente, i frutti di quella stessa vita, le hanno permesso di
regalare parole che, come carezze, hanno dato coraggio a molte persone.
Sarò stato il suo carisma o sicuramente la tranquillità e la forza che
trasmette quando racconta di sé; sarà stata la sua positività nonostante il suo
essere estremamente provata dalla vita; fatto sta che ha iniziato a raccogliere
le energie dai sorrisi e dalle lacrime di chi le sta intorno.
Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, iniziò la stesura del suo libro che
racconta di amori lesbici e, nel frattempo rendeva il coraggio a tutti i ragazzi
e le ragazze omosessuali che incontrava per strada.
Con il passare dei mesi il gruppo ha continuato a crescere di numero sotto il
punto di riferimento che Carla costituisce.
Dopo una fortunata attività di giornalista, si rese conto che c’era bisogno
di fare qualcosa di più importante dal punto di vista dei diritti civili e
umani.
Così il 2 Settembre 2004, costituisce il gruppo Gaya – Cronisti senza
Frontiere, prima come semplice movimento e poi facendola divenire una vera e
propria associazione culturale, giornalistica e sociale.
Il gruppo Gaya oggi vanta un numero di 22 cronisti in Italia e nel Mondo, ha
inviato sul web una grossa quantità di informazioni, servizi, interviste e
comunicati stampa.
La natura delle informazioni, riguarda in particolar modo i diritti civili di
tutti, compresi quelli della comunità mondiale GLBT.
Anche grazie a Gaya, la comunità gay/lesbo aquilana, è giunta oggi al numero
di 25 membri, tra cui anche degli etero simpatizzanti.
Ogni giorno per tutti noi è una nuova scoperta ed un piccolo passo verso
qualcosa di migliore.
Alle spalle del gruppo vi sono molte associazioni di ogni tipo pronte ad
intervenire e a supportarci nei nostri obiettivi.
La cosa che rende vivo il gruppo è senz’altro l’amicizia, la gioia e la
voglia di libertà senza troppe etichette; tutto ciò unisce ogni singola persona
sia a Carla che ai nuovi arrivati.
I momenti in cui il gruppo ha scambi di opinioni diventano lacrime, sorrisi e
desideri solidi di riuscire a vivere serenamente senza paura di violenze e
discriminazioni.
Spesso gli scontri tra i più positivi e i più pessimisti, si risolvono
comunque in un comune denominatore che consiste nel senso di unità e nella fede
in Dio.
Carla iniziò poco più di un anno fa, completamente da sola; oggi siamo in
venticinque e sappiamo che un domani ci sarà sempre.
Tra l'Odio e
l'Amore
di
CARLA
LIBERATORE
copie disponibili presso il caffè
letterario:
CAFFE' POLAR
Via S.Giusta n.17-21
L'Aquila
*********
Pubblichiamo il comunicato
ricevuto dal Gruppo GAYA di L'Aquila sul grave gesto provocatorio
nel Pub "Farfarello" in Piazza
Palazzo, abituale ritrovo di giovani,
anche dell'area pacifista e di
sinistra.
SENZA BARRIERE
La piccola comunità GLBT aquilana ha un sogno come tanti. La
libertà di vivere,
esprimersi, gioire apertamente di un amore, non avere più
paura.
Una svastica "artisticamente" schizzata sul muro di un locale
pubblico non ha
permesso al giovane gruppo di ritirarsi, di fermarsi, di
cambiare.
La preoccupazione è tanta, davvero tanta. Chi usa come arma di difesa
la
violenza senza dubbio procura timore.
Al suono di quelle lettere impresse sul muro, le reazioni sono
state tante e
svariate. C’era chi proponeva di cambiare luogo di incontri per
un po’ di tempo,
chi invece sosteneva che un po’ di silenzio facesse bene ma,
nessuno era
realmente convinto di una o dell’alta proposta.
Tra sorrisi e preoccupazioni però c’è sempre una sorta di intesa
di sguardi.
Questa è dovuta all’obbiettivo comune: il desiderio di lottare.
All’unisono
tutte le preoccupazioni sono morte frastornate dalla forza
dell’amicizia, del
buon cuore e del pacifismo che ci contraddistingue.
Per ora ancora niente è in grado di fermare le intenzioni di
vivere una vita
serena. Intenzioni lecite per chi crede che qualcosa possa
davvero cambiare.
Buena vida a tutti voi
Carla Liberatore e Anita Petruzzi
Gaya - CSF
RISPOSTA DEI CRONISTI SENZA FRONTIERE ALLA "RAZZA
PURA"
Ad ogni provocazione è meglio rispondere con la fermezza delle
proprie
convinzioni. Chi vive in modo limpido, corretto e leale non ha
nulla da temere.
Anche se l'istinto di risolvere le questioni con l'arroganza del
verbo o con la
violenza dei pugni è forte, è sempre meglio il dialogo, il
confronto. Per fare
capire a chi è in torto che sbaglia e continua a farlo. Dobbiamo
essere forti
con pazienza senza nasconderci. Proprio noi non possiamo
dimenticare quanto
l'aberrazione umana, l'odio, l'incomprensione abbiano annientato
i nostri
fratelli: omosessuali, lesbiche, ebrei, comunisti, zingari,
apolidi, oppositori
del regime..."il sonno della ragione genera mostri.."disse a
ragione ilFilosofo.
E se vogliamo rispondere a questa bassa provocazione possiamo
ribadire con
profondo orgoglio che sì. .siamo noi la "Razza Pura"...eletta da
Dio..: la razza
dei poveri, dei derelitti, degli umiliati e degli offesi, per
colpe mai
commesse, perchè amiamo una donna invece di un uomo o un uomo
invece di una
donna, perchè respiriamo l'aria della lotta e abbiamo il cuore
libero.. e loro sono i parassiti ...
esprimendo solidarietà al gruppo GLBT di L’Aquila e ai gestori
del Caffé
letterario il "Farfarello".
Eva Purelli
Gaya - CSF
BENEDETTO XVI
( Joseph Ratzinger ) vediamo di ricordare quale è il
suo pensiero sulla questione dei diritti civili di gay, donne, e
politica sociale, attraverso i documenti da lui stilati nel terzo millennio
appena iniziato ma intrisi di discriminazione, omofobia, e pregiudizi da
santa inquisizione..... a seguire il primo dei documenti di riferimento, i
fraseggi segnati in rosso sono quelli più discriminanti e
intolleranti.
Congregazione per la dottrina della Fede: "Considerazioni
circa il riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali" - 31
luglio2003
Congregazione per la dottrina della Fede
"Considerazioni circa il riconoscimento legale delle
unioni tra persone omosessuali" - 31 lug 2003
1. Diverse questioni
concernenti l'omosessualità sono state trattate recentemente più volte dal
Santo Padre Giovanni Paolo II e dai competenti Dicasteri della Santa
Sede.(1) Si tratta infatti di un fenomeno morale e sociale inquietante,
anche in quei Paesi in cui non assume un rilievo dal punto di vista
dell'ordinamento giuridico. Ma esso diventa più preoccupante nei Paesi che
hanno già concesso o intendono concedere un riconoscimento legale alle
unioni omosessuali che, in alcuni casi, include anche l'abilitazione
all'adozione di figli. Le presenti Considerazioni non contengono nuovi
elementi dottrinali, ma intendono richiamare i punti essenziali circa il
suddetto problema e fornire alcune argomentazioni di carattere razionale,
utili per la redazione di interventi più specifici da parte dei Vescovi
secondo le situazioni particolari nelle diverse regioni del mondo:
interventi destinati a proteggere ed a
promuovere la dignità del matrimonio, fondamento della famiglia, e la
solidità della società, della quale questa istituzione è parte costitutiva.
Esse hanno anche come fine di illuminare l'attività degli uomini politici
cattolici, per i quali si indicano le linee di condotta coerenti con la
coscienza cristiana quando essi sono posti di fronte a progetti di legge
concernenti questo problema.(2) Poiché si tratta di una materia che
riguarda la legge morale naturale, le seguenti argomentazioni sono proposte
non soltanto ai credenti, ma a tutti coloro che sono impegnati nella
promozione e nella difesa del bene comune della società.
I. NATURA E
CARATTERISTICHE IRRINUNCIABILI DEL MATRIMONIO
2. L'insegnamento della
Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi ripropone una verità
evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi
culture del mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone
umane. Esso è stato fondato dal Creatore, con una sua natura, proprietà
essenziali e finalità.(3) Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito
umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due
persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale,
loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone. In tal
modo si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e
alla educazione di nuove vite.
3. La verità naturale sul matrimonio è
stata confermata dalla Rivelazione contenuta nei racconti biblici della
creazione, espressione anche della saggezza umana originaria, nella quale si
fa sentire la voce della natura stessa. Tre sono i dati fondamentali del
disegno creatore sul matrimonio, di cui parla il Libro della Genesi. In
primo luogo l'uomo, immagine di Dio, è stato creato « maschio e femmina »
(Gn 1, 27).
L'uomo e la donna sono uguali in quanto persone e
complementari in quanto maschio e femmina. La sessualità da un lato fa
parte della sfera biologica e, dall'altro, viene elevata nella creatura umana
ad un nuovo livello, quello personale, dove corpo e spirito si
uniscono. Il matrimonio, poi, è istituito dal Creatore come forma di vita in
cui si realizza quella comunione di persone che impegna l'esercizio della
facoltà sessuale. « Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne » (Gn 2, 24). Infine,
Dio ha voluto donare all'unione dell'uomo e della donna una partecipazione
speciale alla sua opera creatrice. Perciò Egli ha benedetto l'uomo e la
donna con le parole: « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn 1, 28). Nel
disegno del Creatore complementarità dei sessi e fecondità appartengono
quindi alla natura stessa dell'istituzione del matrimonio. Inoltre, l'unione
matrimoniale tra l'uomo e la donna è stata elevata da Cristo alla dignità di
sacramento. La Chiesa insegna che il matrimonio cristiano è segno efficace
dell'alleanza di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5, 32). Questo significato
cristiano del matrimonio, lungi dallo sminuire il valore profondamente umano
dell'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna, lo conferma e lo rafforza
(cf. Mt 19, 3-12; Mc 10, 6-9).
4. Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire
analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul
matrimonio e la famiglia. Il
matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge
morale naturale. Gli atti omosessuali, infatti, « precludono all'atto
sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità
affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere
approvati ».(4)
Nella Sacra Scrittura
le relazioni omosessuali « sono condannate come gravi depravazioni... (cf.
Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10). Questo giudizio della Scrittura non
permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa
anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti
di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ».(5) Lo stesso giudizio
morale si ritrova in molti scrittori ecclesiastici dei primi secoli (6) ed è
stato unanimemente accettato dalla Tradizione cattolica. Secondo
l'insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze
omosessuali « devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza.
A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione ».(7)
Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la
castità.(8) Ma l'inclinazione omosessuale è « oggettivamente disordinata
»
(9) e le pratiche omosessuali « sono peccati gravemente
contrari alla castità ».(10)
II. ATTEGGIAMENTI NEI CONFRONTI DEL
PROBLEMA DELLE UNIONI OMOSESSUALI
5. Nei confronti del fenomeno delle
unioni omosessuali, di fatto esistenti, le autorità civili assumono diversi
atteggiamenti: a volte si limitano alla tolleranza di questo fenomeno; a
volte promuovono il riconoscimento legale di tali unioni, con il pretesto di
evitare, rispetto ad alcuni diritti, la discriminazione di chi convive con
una persona dello stesso sesso; in alcuni casi favoriscono persino
l'equivalenza legale delle unioni omosessuali al matrimonio propriamente
detto, senza escludere il riconoscimento della capacità giuridica di
procedere all'adozione di figli. Laddove lo Stato assuma una politica di
tolleranza di fatto, non implicante l'esistenza di una legge che
esplicitamente concede un riconoscimento legale a tali forme di vita,
occorre ben discernere i diversi aspetti del problema. La coscienza morale
esige di essere, in ogni occasione, testimoni della verità morale integrale,
alla quale si oppongono sia l'approvazione delle relazioni omosessuali sia
l'ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.
Sono perciò utili interventi discreti e
prudenti, il contenuto dei quali potrebbe essere, per esempio, il seguente:
smascherare l'uso strumentale o ideologico che si può fare di questa
tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di
unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro
limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e,
soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione
erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle
necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno
stesso. A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono procedere alla
legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi,
bisogna ricordare che la tolleranza del male è
qualcosa di molto diverso dall'approvazione o dalla legalizzazione del
male. In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali,
oppure dell'equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai
diritti che sono propri di quest'ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara
e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale
alla promulgazione o all'applicazione di leggi così gravemente ingiuste
nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano
applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto
all'obiezione di coscienza.
III.
ARGOMENTAZIONI RAZIONALI CONTRO IL RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE UNIONI
OMOSESSUALI
6. La comprensione dei motivi che ispirano la necessità
di opporsi in questo modo alle istanze che mirano alla legalizzazione delle
unioni omosessuali richiede alcune considerazioni etiche specifiche, che
sono di diverso ordine. Di ordine
relativo alla retta ragione Il compito della legge civile è certamente più
limitato riguardo a quello della legge morale,(11) ma la legge civile non
può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di
obbligare la coscienza.(12) Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha
ragione di legge in quanto è conforme alla legge morale naturale,
riconosciuta dalla retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i
diritti inalienabili di ogni persona.(13) Le legislazioni favorevoli alle
unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono
garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell'istituzione matrimoniale,
all'unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in
gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al
dovere di promuovere e tutelare un'istituzione essenziale per il bene comune
qual è il matrimonio. Ci si può chiedere come può essere contraria al
bene comune una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si
limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra
comportare ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere
innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale
come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale
legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni
dell'ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma
acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare
modificazioni dell'intera organizzazione sociale che risulterebbero
contrarie al bene comune. Le leggi civili sono principi strutturanti della
vita dell'uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse «
svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere
una mentalità e un costume ».(14)
Le forme di vita e i modelli in esse espresse
non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a
modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei
comportamenti. La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata
perciò a causare l'oscuramento della percezione di alcuni valori morali
fondamentali e la svalutazione dell'istituzione
matrimoniale. Di ordine biologico
e antropologico 7. Nelle unioni omosessuali sono del tutto assenti
quegli elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia
che potrebbero fondare ragionevolmente il riconoscimento legale di tali
unioni. Esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la
procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L'eventuale ricorso ai
mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della
fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla
dignità umana,(15) non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza. Nelle
unioni omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale, che
rappresenta la forma umana ed ordinata delle relazioni sessuali. Esse
infatti sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono il mutuo aiuto
dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla trasmissione della
vita. Come dimostra l'esperienza, l'assenza della bipolarità sessuale crea
ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti
all'interno di queste unioni. Ad essi manca l'esperienza della maternità o
della paternità. Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo
dell'adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso
che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti
che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano. Certamente una tale
pratica sarebbe gravemente immorale e si porrebbe in aperta contraddizione
con il principio, riconosciuto anche dalla Convenzione internazionale
dell'ONU sui diritti dei bambini, secondo il quale l'interesse superiore da
tutelare in ogni caso è quello del bambino, la parte più debole e
indifesa. Di ordine sociale 8. La
società deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio. La
conseguenza inevitabile del riconoscimento legale delle unioni omosessuali è
la ridefinizione del matrimonio, che diventa un'istituzione la quale, nella
sua essenza legalmente riconosciuta, perde l'essenziale riferimento ai
fattori collegati alla eterosessualità, come ad esempio il compito
procreativo ed educativo. Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due
persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni
possibili, il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con
grave detrimento del bene comune. Mettendo l'unione omosessuale su un piano giuridico analogo a
quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed
entra in contraddizione con i propri doveri. A sostegno della legalizzazione delle unioni
omosessuali non può essere invocato il principio del rispetto e della non
discriminazione di ogni persona. Una distinzione tra persone
oppure la negazione di un riconoscimento o di una prestazione sociale non
sono infatti accettabili solo se sono contrarie alla giustizia.(16) Non
attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio a forme di vita che
non sono né possono essere matrimoniali non si oppone alla giustizia, ma, al
contrario, è da essa richiesto. Neppure
il principio della giusta autonomia personale può essere ragionevolmente
invocato. Una cosa è che i singoli cittadini possano svolgere liberamente
attività per le quali nutrono interesse e che tali attività rientrino
genericamente nei comuni diritti civili di libertà, e un'altra ben diversa è
che attività che non rappresentano un significativo e positivo contributo
per lo sviluppo della persona e della società possano ricevere dallo Stato
un riconoscimento legale specifico e qualificato.
Le unioni omosessuali non svolgono neppure in senso
analogico remoto i compiti per i quali il matrimonio e la famiglia meritano
un riconoscimento specifico e qualificato. Ci sono invece buone ragioni per
affermare che tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società
umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza
effettiva sul tessuto sociale. Di ordine giuridico 9. Poiché le coppie matrimoniali
svolgono il ruolo di garantire l'ordine delle generazioni e sono quindi di
eminente interesse pubblico, il diritto civile conferisce loro un
riconoscimento istituzionale. Le unioni omosessuali invece non esigono una
specifica attenzione da parte dell'ordinamento giuridico, perché non
rivestono il suddetto ruolo per il bene comune. Non è vera
l'argomentazione secondo la quale il riconoscimento legale delle unioni
omosessuali sarebbe necessario per evitare che i conviventi omosessuali
perdano, per il semplice fatto della loro convivenza, l'effettivo
riconoscimento dei diritti comuni che essi hanno in quanto persone e in
quanto cittadini. In realtà, essi possono sempre ricorrere - come tutti i
cittadini e a partire dalla loro autonomia privata - al diritto comune per
tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse. Costituisce invece
una grave ingiustizia sacrificare il bene comune e il retto diritto di
famiglia allo scopo di ottenere dei beni che possono e debbono essere
garantiti per vie non nocive per la generalità del corpo
sociale.(17)
IV. COMPORTAMENTI DEI POLITICI CATTOLICI NEI CONFRONTI
DI LEGISLAZIONI FAVOREVOLI ALLE UNIONI OMOSESSUALI
10. Se tutti i
fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni
omosessuali, i politici cattolici lo
sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In
presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da
tener presenti le seguenti indicazioni etiche. Nel caso in cui si proponga per la prima volta
all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento
legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere
morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare
contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un
testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto
gravemente immorale. Nel caso in cui il parlamentare cattolico si
trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in
vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua
opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità.
Se non fosse possibile abrogare
completamente una legge di questo genere, egli, richiamandosi alle
indicazioni espresse nell'Enciclica Evangelium vitae, « potrebbe
lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni
di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della
cultura e della moralità pubblica », a condizione che sia « chiara e a tutti
nota » la sua « personale assoluta opposizione » a leggi siffatte e che sia
evitato il pericolo di scandalo.(18) Ciò non significa che in questa materia
una legge più restrittiva possa essere considerata come una legge giusta o
almeno accettabile; bensì si tratta piuttosto del tentativo legittimo e
doveroso di procedere all'abrogazione almeno parziale di una legge ingiusta
quando l'abrogazione totale non è possibile per il
momento.
CONCLUSIONE
11. La Chiesa insegna che il rispetto
verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione
del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni
omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e
proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria
della società. Riconoscere legalmente
le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non
soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo
un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che
appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può non
difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la
società. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nell'Udienza concessa
il 28 marzo 2003 al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato le
presenti Considerazioni, decise nella Sessione Ordinaria di questa
Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione. Roma, dalla sede della
Congregazione per la Dottrina della Fede, il 3 giugno 2003, Memoria dei
Santi Carlo Lwanga e Compagni, Martiri.
Joseph Card. Ratzinger Prefetto
Angelo Amato,
S.D.B. Arcivescovo titolare di
Sila Segretario ------------------------------------------------- NOTE
(1)
Cf. Giovanni Paolo II, Allocuzioni in occasione della recita dell'Angelus,
20 febbraio 1994 e 19 giugno 1994; Discorso ai partecipanti dell'Assemblea
Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 24 marzo 1999; Catechismo
della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359, 2396; Congregazione per la Dottrina
della Fede, Dichiarazione Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 8; Lettera
sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986; Alcune
Considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non
discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992; Pontificio
Consiglio per la Famiglia, Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali
d'Europa circa la risoluzione del Parlamento Europeo in merito alle coppie
omosessuali, 25 marzo 1994; Famiglia, matrimonio e « unioni di
fatto », 26 luglio 2000, n. 23.
(2) Cf. Congregazione per la
Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti
l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre
2002, n. 4.
(3) Cf. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium
et spes, n. 48.
(4) Catechismo della Chiesa Cattolica, n.
2357.
(5) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona
humana, 29 dicembre 1975, n. 8.
(6) Cf. per esempio S. Policarpo,
Lettera ai Filippesi, V, 3; S. Giustino, Prima Apologia, 27, 1-4; Atenagora,
Supplica per i cristiani, 34.
(7) Catechismo della Chiesa Cattolica, n.
2358; cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura
pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986, n. 10.
(8) Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359; Congregazione per la Dottrina
della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º
ottobre 1986, n. 12.
(9) Catechismo della Chiesa Cattolica, n.
2358.
(10) Ibid., n. 2396.
(11) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera
Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 71.
(12) Cf. ibid., n.
72.
(13) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 95, a.
2.
(14) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo
1995, n. 90.
(15) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Istruzione Donum vitae, 22 febbraio 1987, II. A. 1-3.
(16) Cf. S.
Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 63, a. 1, c.
(17) Occorre
non dimenticare inoltre che sussiste sempre « il pericolo che una
legislazione che faccia dell'omosessualità una base per avere dei diritti
possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a
dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo
scopo di sfruttare le disposizioni della legge » (Congregazione per la
Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a
proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24
luglio 1992, n. 14).
(18) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica
Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 73.
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