|
Uno alla volta, per carità
Marco Travaglio
Non per disturbare il
dialogo tra maggioranza e opposizione, meritato premio a
questo meraviglioso governo e al suo premier, noto statista. Ma forse,
parlando con pardòn e chiedendo scusa alle signore, specie a quelle di nome
Anna,
va segnalato che lo splendido governo in questione, prim’ancora di
cominciare, è già riuscito ad aprire una
mezza dozzina di crisi
diplomatiche. Ricapitolando, sulla scorta dell’ottimo
articolo di Umberto de
Giovannangeli.
Il Libano
ci guarda in cagnesco perchè l’ottimo
Antonio Martino
propone di ritirare la missione Unifil e lo Statista di Milanello
annuncia nuove regole d’ingaggio, poi smentito dal neoministro
La Rissa. Il
quale però apre subito un nuovo fronte in
Afghanistan,
annunciando una bella “missione di guerra”. Poi c’è la
Libia, che non dimentica la decina di morti a Bengasi a
causa della brillante
t-shirt di Calderoli. Il quale, puntualmente promosso
ministro, si scusa. Ma poi provvede
Bossi a
riaprire il fuoco (“Gli immigrati? Sono i libici che li mandano. La lingua
di Gheddafi è sempre stata lunga”).
La Romania
è allarmatissima per i raid e le ronde nei campi rom, nonché per
gli annunci di espulsioni di massa.
Frattini,
esauriti gli estintori, corre ai ripari. Ma intanto gli scappa la
Spagna, che
accusa l’Italia di xenofobia.
Maroni ci
mette una pezza, ma riecco Bossi col fuciletto a tappo: “Sono gli spagnoli
che sparano sugli immigrati”. Una ministra spagnola, memore della sparata
del Cainano sulle “troppe donne nel governo Zapatero”, sostiene che gli
servirebbe un bravo psichiatra, mentre altri suoi colleghi insistono sul
clima razzista in
Italia. Apriti cielo: ambasciatori convocati, tensione
diplomatica, Frattini intima Zapatero di “richiamare all’ordine i suoi
ministri”. Si risente persino
Piercasinando: gli spagnoli si facciano i fatti loro.
Strano: ogni qualvolta
Zapatero osa legiferare senza il permesso del Vaticano,
Piercasinando dichiara guerra alla Spagna. E nel 2003 i suoi alleati di An e
Il Foglio diedero il benvenuto al neopremier Zapatero dicendo che con lui
aveva vinto Al Qaeda. A questo punto, per non restare solo, anche Frattini
dà fuoco alle polveri:
rivedere il trattato di
Schengen sulla libera circolazione in Europa. La Commissione
europea manda a dire che se lo può scordare. Ma lo spensierato ministro
degli Esteri, noto moderato, ha già pronta una nuova dichiarazione di
guerra, e non, per dire, alle Isole Andemane o alla Lapponia, due nemici che
sarebbero persino alla nostra portata. No, Frattini attacca l’Iran.
Da solo. Così, pacatamente, en passant.
Restiamo nella
sgomenta attesa del prossimo obiettivo: esauriti in una
settimana tutti i paesi più a tiro, temiamo che ora tocchi alla Cina, già
più volte massaggiata da Tremonti e Bossi con terribili minacce di dazi
doganali (un miliardo e mezzo di cinesi sta ancora tremando) e sistemata dal
Cainano, che nel 2006 rivelò come i cinesi fossero specializzati nel
bollire bambini neonati per
farne concimi per i campi. L’aveva letto sul Libro Nero del
Comunismo, a cura di Gabriella Carlucci. Ora, per carità, non ci sogneremmo
mai di turbare il bucolico clima di dialogo tra governo e opposizione (si fa
per dire). Ma vorremmo
sommessamente e pacatamente invitare il nostro meraviglioso governo a darsi
una calmata: avete cinque anni davanti, non potete sparare
tutte le cartucce in una settimana. Per la dichiarazione di guerra alla Cina
aspettate qualche giorno, se no poi fino al 2013 ci si annoia. Oltretutto,
son passati solo due anni dagli ultimi
successi internazionali del
Cainano e, almeno all’estero, non sono ancora dimenticati.
In Danimarca
è sempre vivo il ricordo di quando il Cavaliere di Hardcore offrì la sua
signora al premier Rasmussen, “molto più bello di Cacciari”. In
Turchia non si
scordano i suoi tentativi, alle nozze del figlio del presidente Erdogan, di
dare una toccatina alla sposa tutta fasciata di veli e, per il rito
islamico, assolutamente inavvicinabile. In
Finlandia la
presidente Tarja Halonen non può scordare quando il Latrin Lover brianzolo
svelò di averle “fatto la corte, riesumando le mie doti di playboy”, perché
lei cedesse all’Italia l’Agenzia alimentare europea; poi tentò di rimediare,
raddoppiando la gaffe: “Io corteggiare una così? Ma l’avete vista bene?”. Ci
resta, per ora,
l’amico Putin. A meno che gli sovvenga quel che accadde in
una fabbrica Merloni vicino a Mosca, dove l’amico Silvio tentò di baciare
un’operaia, che purtroppo fuggì terrorizzata. Ma pacatamente. E sempre
dialogando.
(fonte
unità
del 20 maggio 2008)
(La repubblica di tersite, 24 maggio 2008) |
|