L'attenzione che alla musica di Nietzsche
hanno dedicato storici, biografi, filosofi, critici musicali e musicisti può
essere ricondotta in parte alla volontà di ripercorrere le ragioni del
conflitto con Wagner: un antagonismo
che mette in campo una complessa serie di fattori difficilmente riducibili ad un
denominatore comune.
Ad un ulteriore livello si riconosce il carattere equivoco di molte riflessioni
consegnate ai frammenti postumi. Ambiguità che riguarda il fatto che la
musicografia nietzscheana sembra muoversi in un campo di forze dominato da due
principali finalità:
valutare l'opera nei suoi fondamenti stilistici e in riferimento ad alcune scelte poetiche illuminando il suo rapporto con una visione del mondo
considerare la music alla luce di alcune reazioni di interesse psicologico indotte nell'ascoltatore.
Tali finalità, con il tempo hanno
lasciato scorgere il loro valore antinomico.
Nel delineare un tracciato dell'origine e della decadenza del Musikdrama,
Nietzsche si serve di nozioni ambivalenti: apollineo e dionisiaco esprimono due
modelli artistici, due esemplari scelte poetiche. Nietzsche ha fatto
costantemente ricorso a questi diversi piani argomentativi, finendo per far
apparire problematica la loro fusione.
L'esperienza che illumina il panorama degli anni
universitari di Nietzsche è l'incontro con Wagner avvenuto l'8 novembre 1868 in
casa dell'orientalista Hermann Brockhaus. Il contatto con l'uomo che gli
sembrava raffigurare il più alto ideale di artista del suo tempo, che aveva
realizzato capolavori come il preludio del Tristano e l'ouverture dei Maestri
cantori, finisce per rappresentare una chiave di volta nella formazione
della personalità del giovane filologo.
L'influsso si lascia avvertire chiaramente nelle conferenze lette a Basilea nel
1870. Già nel collegio di Pforta, Nietzsche aveva introdotto un parallelo fra
la tragedia e il dramma musicale wagneriano; ora nella prima conferenza, impiega
esplicitamente il termine Musikdrama per designare l'antica tragedia e
confrontarla con il grand'opéra, considerato la sua moderna caricatura.
La polifonia dell'alto Medioevo sarebbe responsabile di aver inibito un adeguato
sviluppo della tecnica musicale dei greci. La decadenza si riflette nel
passaggio dalla monodia corale all'armonia e al contrappunto: artifici che,
adulando l'occhio invece di catturare l'orecchio, riflettono una atrofia del
gusto.
Nella seconda conferenza, la fine del pessimismo tragico è interpretata come
conseguenza di un atteggiamento razionalista che ha il suo campione nella
dialettica di Socrate. Araldo della chiarezza apollinea, Socrate è il simbolo
di un processo degenerativo interno alla cultura greca. Al pessimismo tragico e
inconsapevole con cui gli eroi esprimevano le forze vitali, subentra l'ottimismo
che ha di mira l'equazione di virtù e felicità. Espulso dalla tragedia,
l'elemento musicale prende il via di uno sviluppo autonomo.
A polarizzare negativamente questo elemento è la nostalgia per l'unione
originaria delle arti, idea che si accompagna ad una implicita stigmatizzazione
dell'opera moderna.
Nell'inedito su La visione dionisiaca del mondo, scritto nell'estate del 1870,
è più evidente il proposito di riformulare questi temi alla luce della
contrapposizione Apollo - Dionisio.
Nell'impianto generale del discorso si avverte l'influsso di Schopenhauer,
che sembra orientare anche la volontà di identificare nella musica una
divisione interna fra l'elemento ritmico-spaziale e quello sonoro.
La Nascita della tragedia
espone in modo ancora più chiaro l'influenza esercitata dagli scritti di
Wagner. Wagner aveva individuato nelle sue sinfonie un passaggio dialettico
caratterizzato dall'armonia assoluta della musica cristiana, subordinato alla
necessità di un inveramento del dramma musicale.
A Nietzsche non piace molto questa spiegazione, dal suo punto di vista, così
come in quello di Schopenhauer, la poesia va considerata seconda... almeno in
senso metafisico. Al centro di questa filosofia si riconosce la tesi relativa
all'impossibilità di conoscere la volontà al di fuori dell'apparenza.
Quest'ultima perde i connotati della secondarietà per configurarsi come
un'emanazione necessaria della forza originaria. In altre parole, non basta
separare la musica dalle altre forme di espressione artistica, bisogna farla
apparire come un nucleo capace di rappresentare la dinamica interna del
sentimento.
Ecco che allora titanico e barbarico finiscono per coincidere: vi sono passi che
mettono sullo stesso piano la ritmica, l'armonia, la dinamica e ciò indica che
dionisiaco e apollineo non sono poi così estranei l'uno all'altro.
La dicotomia fa da sfondo anche alla Quarta
inattuale. Qui traspare un sentimento di profonda devozione per il
maestro capace di invertire il corso della storia, la cui opera si oppone
all'opprimente dilagare della cultura odierna.
Nella interpretazione dei drammi musicali wagneriani l'accento cade sui
grandi quadri mitologici, talmente perfetti da funzionare come un sistema di
pensiero. Costruiti espressamente per il popolo, i drammi si prestano ad essere
tradotti in concetti dall'"uomo teoretico". E' il musicista a farsi
filosofo cercando di trasmettere le emozioni fondamentali che avvengono
nell'intimo dei personaggi rappresentativi del dramma.
Dopo aver annunciato il congedo dalla metafisica attraverso la delineazione di
una storia dei sentimenti morali e una critica della vita religiosa, Umano,
troppo umano (1878) affronta il problema dell'"anima degli
artisti e degli scrittori" allargando il discorso alla cultura moderna.
Si delinea uno schizzo storico: con l'avvento dell'illuminismo, il sentimento un
tempo coltivato dalla religione s' è riversato nella sfera secolarizzata
dell'arte. In tale contesto la musica sembra correre un principale rischio,
quello di "corrompere lo sguardo del libero pensatore". La
critica coinvolge la tendenza dei musicisti moderni a improvvisare, ovvero a
scartare quell'autentico lavoro della composizione su cui si erano fondati i
capolavori del passato.
Questo processo si può leggere anche nello sviluppo delle altre arti: impegnato
a cogliere i significati e i simboli, l'ascoltatore finisce per rendere i suoi
sensi più ottusi.
In Opinioni e sentenze diverse (1879) e Il
viandante e la sua ombra (1880), poi riuniti nel secondo volume di Umano
troppo umano, l'alternativa a questo processo consiste nel riabilitare
il carattere di parvenza dell'arte.
Gli aforismi de Il viandante e la sua ombra approfondiscono la
linea di demarcazione che separa lo stile tragico dallo stile romantico.