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Il XIV° Secolo - Il 1300
La cosa più eclatante avvenuta nel XIV secolo, dal punto di vista sociale, è forse l'epidemia di peste del 1348. Nell'immaginario fu un evento terribile, un'epidemia di morte misteriosa e inspiegabile, che colpiva a caso e senza apparente motivo: si invocarono ovviamente la presenza di demoni e altri spauracchi di questo tipo. Oggi noi crediamo di sapere che fu colpa del 'Pasteurella pestis', il bacillo della peste trasportato, tramite pulci, dai ratti neri presenti in gran numero per le strette vie delle città dell'epoca agli uomini. Un'epidemia che veniva da lontano, dall'estremo oriente.
L'accresciuta mobilità delle carovane e dei traffici marittimi e le contemporanee invasioni dei mongolo in Cina e il loro espansionismo verso l'occidente, portarono i focolai endemici dell'estremo oriente verso il mediterraneo. Nel 1331 la peste si manifesta in Cina, corre verso l'India, raggiunge le terre islamiche: nel 1346 scoppia in Crimea tra le truppe mongole che assediano la città di Caffa. Da qui raggiunse sulle navi il mediterraneo. Palermo, Napoli, le città italiche e poi quelle europee.
Nel dicembre 1347 inizia dalle coste del Tirreno l'invasione delle terre italiche (ma Milano subirà meno perdite che altre città italiche). Le fonti cronachistiche parlano di morti, per Firenze del 30% della popolazione, per Siena Pistoia Messina del 50%. Un anno dopo assale le campagne e le città della Spagna e della Francia, arriva nel giugno 1349 a London: alla fine del 1349 raggiunge le terre scozzesi e poi la Svezia piegando a oriente. Un altro fronte si apre verso la Germania, ma non tocca le terre polacche che a quanto pare rimangono immuni. Anche London non rimane colpita duramente così come invece avverrà nel XVII secolo per una nuova ondata.
La Francia che prima della peste aveva 21 milioni di abitanti, nel 1470 (un secolo dopo la peste) era scesa a 14 milioni: solo nel 1620 riuscì a tornare al numero di abitanti pre-peste. In Inghilterra erano nel 1340 4 milioni e mezzo di persone, scese a 3 un secolo dopo: tornerà sui 5 milioni nel primo ventennio del XVII secolo.
Carestie e sovrappopolazione sono tra i fattori scatenanti, ma è anche vero che le popolazioni europee a quanto pare non erano immunizzate per questo bacillo, dopo il 'buco' demografico dei secoli successivi alla caduta dell'impero romano. L'immunizzazione e l'indebolimento del ceppo avvenne solo dopo alcuni secoli e diverse ondate di epidemie.
In campo culturale, non sembra che il gusto per il macabro e il mortuario tipico del cristianesimo degli anni dopo il mille sia diverso da quanto viene a prodursi dopo la peste. Certo la pandemia ebbe il potere di rafforzare la 'paura della morte' e la sua espressione, rendendola in qualche modo più concreta forse - e simbolica della morte universale. Scrittori dell'età della peste sono Petrarca e Boccaccio, che vivono e parlano della peste attraverso i filtri di due personalità diverse e in fondo spiazzanti rispetto al fenomeno: l'uno con le sue velleità classiciste e intellettuali, l'altro come occasione di racconto e di favola tra giovin signori.


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Gian Galeazzo Visconti (? 1351 - Melegnano 1402)

Filippo Maria Visconti (Milano 1392 - ivi 1447)

Beato Angelico (nacque a Vicchio Mugello tra il 1395-1400 - 1455)

Jacopo Bellini (Venezia 1396? – 1470?)

Filippo Brunelleschi ( 1377 - 1446 )

Donatello (1386 - 1466)

Cosimo de' Medici detto il Vecchio

Paolo Uccello ( 1397 - 1475 )

Caterina da Siena

Dante Alighieri (Firenze 1265 - Ravenna 1321)

Petrarca Francesco poeta e letterato italiano (Arezzo 1304-Arquà 1374)

Bonifacio VIII

Enrico VII

Giovanni XXII

Edoardo III d'Inghilterra

1339-1453: guerra dei cento anni in europa tra Francia e Inghilterra

Carlo IV di Boemia

1368: in Cina l'imperatore mongolo è rovesciato, inizia la dinastia Ming

1309-1378 sede papale trasferita ad Avignone

1377: scomunica di Wycliff Gregorio XI riporta la sede papale a Roma

Il Trecento:
Il secolo vede la dissoluzione degli istituti politici e culturali del Medio Evo e il nascere di elementi che contribuiranno a formare la sensibilità umanistica. La letteratura del Trecento è dominata dalle personalità di Dante, Petrarca e Boccaccio che nelle loro opere descrivono il luogo di frontiera tra due epoche; i tre autori influenzarono inoltre massicciamente la cultura del secolo, costituendo un modello per i contemporanei.
Durante il Trecento è ancora fiorente la letteratura religiosa, di carattere prevalentemente agiografico o grottescamente realistico, lontano dalle ragioni di crisi che la Chiesa sta attraversando.
Anche la storiografia prosegue la tradizione delle cronache e narra le vicende della vita comunale di cui l'autore ha diretta conoscenza. Nel Trecento perdura la fortuna della materia carolingia, rielaborata da parte dei cantastorie nella metrica (uso dell'ottava) e nel contenuto (la dignità e il decoro cavalleresco vengono sostituiti dal realismo plebeo).
I principali autori sono: Caterina da Siena, Domenico Cavalca, Jacopo Passavanti; l'opera I Fioretti di San Francesco è di autore anonimo.
Imitatori del Decameron di Boccaccio sono: Ser Giovanni Fiorentino e Giovanni Sercambi. Autore più originale è Franco Sacchetti.
Il maggiore cronista è Dino Compagni mentre Giovanni Villani è, oltre che cronista, anche storico a più ampio raggio.
Nel Trecento hanno grande fortuna i cantari (poemetti di argomento prevalentemente epico), di cui i più famosi sono la Spagna in rima e l'Orlando, di autore anonimo; va ricordato inoltre il compositore Antonio Pucci.Scrisse invece romanzi in prosa, sempre riprendendo la materia cavalleresca, Andrea da Barberino. Alla fine del XIII secolo la pittura in Italia assumerà un carattere esclusivo e privo di contraddizioni; prerogative, queste, dovute a maestri sublimi quali Cimabue, Pietro Cavallini, Giotto, e Ambrogio Lorenzetti.
Cimabue, fu sempre legato e sensibile sia alla vena neo ellenistica bizantina e sia a quella vena romanico-espressionista dei mosaici del Battistero fiorentino cui prese, sporadicamente, parte.
La sua opera più nota e più antica è il “Crocifisso” di S. Domenico di Arezzo, come quello, più tardo, nel Museo di Santa Croce in Firenze in cui si avverte una forza espressiva di valore drammatico nuovo, entro gli schemi della composizione medioevale, dove l’immagine è ancora statica.
La più importante opera di Cimabue è la pittura degli affreschi, tra l’altro molto rovinati, della Chiesa superiore di Assisi, dipinti intorno al 1288 in cui si percepisce il segno di rinnovamento fondato su una nuova monumentalità.
Pietro Cavallini, pittore romano, assorbì la cultura bizantina neoellenistica guardando anche al mondo classico attraverso l’arte paleocristiana.
Uno dei suoi capolavori più noti è il “Giudizio Universale” affrescato in S.Cecilia in Trastevere a Roma; opera di altissimo valore in cui il senso di forte umanità trasmessa agli apostoli addolcisce la solennità bizantina dello stile.
Per alcuni studiosi dell’arte, la conoscenza del giovane Giotto, influenzerà lo stile di pittura degli affreschi del Cavallini relativi alla “Madonna e Santi” della tomba del Cardinale Matteo d’Acquasparta in Santa Maria d’Aracoeli in Roma.
Chi rappresenta veramente la svolta pittorica, tramite il superamento delle tradizioni e degli schemi bizantini, è il discepolo di Cimabue, Giotto, che compie il processo di cambiamento della pittura i cui aspetti fondamentali sono: impostazione della rappresentazione secondo coordinate spaziali che danno il senso della profondità perciò il dipinto non risulta più piatto e statico ma comincia ad acquistare una percezione prospettica; evidenziazione del soggetto dipinto mediante la gradazione del chiaroscuro.
Ambrogio Lorenzetti, pittore senese, molto vicino alla pittura di Giotto soprattutto nell’esaltazione dei valori plastici e nella strutturalità dell’immagine dove nella sua ultima opera l’”Annunciazione” (Pinacoteca di Siena) si evidenzia una sorprendente intuizione precorritrice di alcuni fondamentali principi della prospettiva lineare che diventeranno basilari nel secolo successivo.
In Toscana, d’altra parte, avrà forte peso anche la complessa cultura pittorica senese che unisce l’esperienza giottesca alla raffinatezza del gotico internazionale.
I nomi più illustri della pittura senese sono: Simone Martini e Duccio di Boninsegna oltre ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti.
La cintura di castità
La cintura di castità appare per la prima volta nel XIV secolo in Italia. Utilizzata per proteggere dalle frequenti violenze, si rivelò uno strumento efficacissimo anche per coloro che temevano il tradimento delle “proprie” donne.
La cintura di castità femminile aveva una struttura di metallo con due piccole aperture (una sulla parte anteriore e una su quella posteriore, entrambe orlate di spunzoni acuminati...) che permettevano le normali funzioni fisiologiche ma che, ovviamente, impedivano la penetrazione di qualsiasi tipo, sia vaginale sia anale.

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