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Gian Galeazzo Visconti (? 1351 - Melegnano 1402)
Filippo Maria Visconti (Milano 1392 - ivi 1447)
Beato Angelico (nacque a Vicchio Mugello tra il 1395-1400 - 1455)
Jacopo Bellini (Venezia 1396? – 1470?)
Filippo Brunelleschi ( 1377 - 1446 )
Cosimo de' Medici detto il Vecchio
Dante Alighieri
(Firenze 1265 - Ravenna 1321)
Petrarca Francesco poeta e letterato italiano (Arezzo 1304-Arquà 1374)
Il Trecento:
Il secolo vede la dissoluzione degli istituti politici e culturali del Medio Evo e il nascere di elementi che contribuiranno a formare la sensibilità umanistica. La letteratura del Trecento è dominata dalle personalità di Dante, Petrarca e Boccaccio che nelle loro opere descrivono il luogo di frontiera tra due epoche; i tre autori influenzarono inoltre massicciamente la cultura del secolo, costituendo un modello per i contemporanei.
Durante il Trecento è ancora fiorente la letteratura religiosa, di carattere prevalentemente agiografico o grottescamente realistico, lontano dalle ragioni di crisi che la Chiesa sta attraversando.
Anche la storiografia prosegue la tradizione delle cronache e narra le vicende della vita comunale di cui l'autore ha diretta conoscenza. Nel Trecento perdura la fortuna della materia carolingia, rielaborata da parte dei cantastorie nella metrica (uso dell'ottava) e nel contenuto (la dignità e il decoro cavalleresco vengono sostituiti dal realismo plebeo).
I principali autori sono: Caterina da Siena, Domenico Cavalca, Jacopo Passavanti; l'opera I Fioretti di San Francesco è di autore anonimo.
Imitatori del Decameron di Boccaccio sono: Ser Giovanni Fiorentino e Giovanni Sercambi. Autore più originale è Franco Sacchetti.
Il maggiore cronista è Dino Compagni mentre Giovanni Villani è, oltre che cronista, anche storico a più ampio raggio.
Nel Trecento hanno grande fortuna i cantari (poemetti di argomento prevalentemente epico), di cui i più famosi sono la Spagna in rima e l'Orlando, di autore anonimo; va ricordato inoltre il compositore Antonio Pucci.Scrisse invece romanzi in prosa, sempre riprendendo la materia cavalleresca, Andrea da Barberino.
Alla fine del XIII secolo la pittura in Italia assumerà un carattere esclusivo e privo di contraddizioni; prerogative, queste, dovute a maestri sublimi quali Cimabue, Pietro Cavallini, Giotto, e Ambrogio Lorenzetti.
Cimabue, fu sempre legato e sensibile sia alla vena neo ellenistica bizantina e sia a quella vena romanico-espressionista dei mosaici del Battistero fiorentino cui prese, sporadicamente, parte.
La sua opera più nota e più antica è il “Crocifisso” di S. Domenico di Arezzo, come quello, più tardo, nel Museo di Santa Croce in Firenze in cui si avverte una forza espressiva di valore drammatico nuovo, entro gli schemi della composizione medioevale, dove l’immagine è ancora statica.
La più importante opera di Cimabue è la pittura degli affreschi, tra l’altro molto rovinati, della Chiesa superiore di Assisi, dipinti intorno al 1288 in cui si percepisce il segno di rinnovamento fondato su una nuova monumentalità.
Pietro Cavallini, pittore romano, assorbì la cultura bizantina neoellenistica guardando anche al mondo classico attraverso l’arte paleocristiana.
Uno dei suoi capolavori più noti è il “Giudizio Universale” affrescato in S.Cecilia in Trastevere a Roma; opera di altissimo valore in cui il senso di forte umanità trasmessa agli apostoli addolcisce la solennità bizantina dello stile.
Per alcuni studiosi dell’arte, la conoscenza del giovane Giotto, influenzerà lo stile di pittura degli affreschi del Cavallini relativi alla “Madonna e Santi” della tomba del Cardinale Matteo d’Acquasparta in Santa Maria d’Aracoeli in Roma.
Chi rappresenta veramente la svolta pittorica, tramite il superamento delle tradizioni e degli schemi bizantini, è il discepolo di Cimabue, Giotto, che compie il processo di cambiamento della pittura i cui aspetti fondamentali sono: impostazione della rappresentazione secondo coordinate spaziali che danno il senso della profondità perciò il dipinto non risulta più piatto e statico ma comincia ad acquistare una percezione prospettica; evidenziazione del soggetto dipinto mediante la gradazione del chiaroscuro.
Ambrogio Lorenzetti, pittore senese, molto vicino alla pittura di Giotto soprattutto nell’esaltazione dei valori plastici e nella strutturalità dell’immagine dove nella sua ultima opera l’”Annunciazione” (Pinacoteca di Siena) si evidenzia una sorprendente intuizione precorritrice di alcuni fondamentali principi della prospettiva lineare che diventeranno basilari nel secolo successivo.
In Toscana, d’altra parte, avrà forte peso anche la complessa cultura pittorica senese che unisce l’esperienza giottesca alla raffinatezza del gotico internazionale.
I nomi più illustri della pittura senese sono: Simone Martini e Duccio di Boninsegna oltre ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti.
La cintura di castità
La cintura di castità appare per la prima volta nel XIV secolo in Italia. Utilizzata per proteggere dalle frequenti violenze, si rivelò uno strumento efficacissimo anche per coloro che temevano il tradimento delle “proprie” donne.
La cintura di castità femminile aveva una struttura di metallo con due piccole aperture (una sulla parte anteriore e una su quella posteriore, entrambe orlate di spunzoni acuminati...) che permettevano le normali funzioni fisiologiche ma che, ovviamente, impedivano la penetrazione di qualsiasi tipo, sia vaginale sia anale.
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