Stagione teatrale conclusa con
successo. Era tempo di tirare i
bilanci: ”tutto bene” fu la
costatazione comune.
Con l’inizio del 1977, le file della
Compagnia si erano ingrossate con
l’adesione di numerosi giovani di
diversa estrazione sociale. Nella
sede, che era sita in via Martelli,
intanto, ci si incontrava sempre più
spesso: dibattiti e scambi di
opinioni amalgamavano, giorno dopo
giorno, persone di diversa mentalità
e cultura.
Questo incremento societario
inaspettato, stimola la fantasia
del gruppo dirigenziale decidendo,
nonostante le difficoltà e l’impegno
economico a cui si andava incontro,
a migliorare gli arredi con acquisto
di impianto luci, suono e quanto
necessario a fornire una migliore
visuale e ricezione allo spettatore
e, perché no, dare anche un tocco
suggestivo all’apparato scenografico
dei lavori che da li a poco andavamo
a preparare. |
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PROTAGONISTI |
Lucio
Falvo
nella parte di Don Augusto Ravello,
Serafino Mauro (Carlo Ravello), Rita
Lipari (Renata), Antonella Maellare
(Patrizia), Gennaro Mazza (Giustino
segretario di Don Agusto),
Francesco Meloni
(maggiordomo di casa Ravello).
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Un apprezzamento, come sempre
doveroso ai tecnici, ai costumisti,
agli addetti al trucco, ai
mobilieri, a quanti si avvicendarono
dietro le quinte, a tutti coloro
insomma, che offrivano come sempre
la loro opera del tutto gratuita:
Marcello Squillace, Ferdinando
Magisano, Angela Sanzo, Antonio
Corrado, Domenico Rauti, Sorelle
Iozzo, Nicola Pirritano, Rossella
Nardo, Francesco Vitale, fratelli
Ponteduro, Francesco Candiloro
(Organizzazione)
e per finire,
Peppe Sestito
presentatore di turno.
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TRAMA |
“Quel simpatico zio parroco”
una commedia che, per la sua semplicità di
linguaggio, colpisce subito lo spettatore e
lo fa immedesimare in uno dei tanti
personaggi che vive, quasi fuori del tempo,
nel mondo della finzione scenica. Sembra un
mondo creato apposta per farci comprendere
che i personaggi teatrali non sono altro che
la nostra controfigura. Adoriamo il denaro e
ci soffochiamo nel lavoro dimenticando,
come ha fatto Carlo Ravello interprete della
commedia, distratto, nervoso e non si
accorge di avere accanto parenti ed amici
bisognosi del suo affetto. A ciò si
aggiunge la morte prematura della consorte.
Insomma ci troviamo di fronte un
imprenditore indaffarato, con figlie prive
del dialogo e delle coccole del papà e un
maggiordomo tutto fare. Renata, la minore,
presa dalle faccende sentimentali
consapevole di essere “una ragazza moderna”,
forse perché è elegante, superba, ignorante,
pigra e viziata; Patrizia, la maggiore, ha
sempre una espressione dolce, educata,
studiosa e un po’ timida, si sente inferiore
all’uomo e solo col matrimonio raggiungerà
la tanta desiderata parità. A mettere una
pezza, come suole dirsi a tutta questa
situazione, don Augusto Ravello, il
simpatico zio mediatore, presente
all’occorrenza, parroco di campagna, per
dieci anni cappellano degli alpini.
Indossava un abito talare pulito, ma più
volte rammendato. La sua semplicità era
espressione di cordialità e di allegria ago
della bilancia nelle controversi familiari.”
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“Quel simpatico zio parroco” venne proposto al pubblico la
sera del 20 maggio 1977. Anche se per questo lavoro non
esistono in archivio recensioni di uomini di cultura, voglio
ricordare di persona la bravura degli attori.
Lucio Falvo, nella parte di Don Augusto Ravello, parroco di
campagna, Serafino Mauro nella parte di
Carlo Ravello, Commendatore, Rita Lipari e
Antonella Maellare nella parte di Renata e Patrizia,
Gennaro Mazza,
Giustino segretario di Carlo Ravello.
E poi non poteva mancare il momento
distensivo per il pubblico dell’occasione con la perfetta
interpretazione di
Francesco Meloni
nel ruolo
dell’integerrimo maggiordomo di casa Ravello. |
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Con la loro intraprendenza sono riusciti a rendere un
semplice lavoro teatrale, che apparentemente poteva
sembrare tale, in un vero e proprio momento di riflessione:
rapporto genitori e figli, rapporto tra gente di ceto
sociale diverso.
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L'imprevedibile, la generosità, il ringraziamento
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Uno vero trionfo per la commedia, la mattina
seguente il dramma. Un incendio, durante la
notte, aveva distrutto parte della bocca
scenica del “Cinema Teatro Impero” e quanto
essa conteneva per l’occasione: arredo avuto
in prestito dai mobilieri, impianto luce e
impianto voce acquistati per rendere più
suggestive le serate in teatro e offrire
momenti distensive e di relax a chi aveva
voglia di trascorrere una serata all’insegna
della cultura, era andato in fumo. Due sono
stati i momenti che hanno caratterizzato
quella vicenda: quando alle ore 12, entrando
nel Cinema Teatro Impero, ci trovammo di
fronte a “quella scena”, tutti con
diversità di sentimenti: sdegno,
risentimento, paura; un brivido ci percorse
e lacrime copiose segnarono i nostri volti.
Fatalità, corto circuito, sbadato fumatore?...
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E poi la generosità dei chiaravallesi e dei
nostri emigrati che, sempre attenti e vigili
al richiamo della nostra terra natia
aderirono, con la loro solidarietà,
all’iniziativa della ricostruzione. Questa
spontaneità andava premiata e in una tiepida
serata d’estate, all’aperto, nel piazzale
del Liceo Scientifico di Chiaravalle,
l’associazione allestì una bocca scenica con
quinte e sipario. Lì, gli attori i tecnici,
risvegliati come per incanto, proposero la
commedia brillantissima “Quel simpatico Zio
Parroco”, “Spettatrice inerme”, che vide
svanire nel fumo sogni e speranze: “La
quiete dopo la tempesta”, ecco la bella
risposta che venne fuori dalla ribalta del
piccolo teatro. Il pubblico, sempre attento
e composto, capì e il lungo applauso
suffragò l’occasione. |
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