Premetto
che sono un'assistente sociale.
E' una mattina di ottobre. Sono libera e decido di andar per
mercatini: la mia passione!
Sto arrivando in auto in piazza delle Cure; un violento ed improvviso
temporale -tipo estivo- (ma che è successo anche al tempo...)
non mi fa vedere niente.
Rallento. Meno
male perché devo piantare una frenata. Sbuca dal marciapiede
ed attraversa senza guardare né a destra né a sinistra,
un barbone, davvero in male arnese; età indefinibile,
strascica lentamente i piedi barcollando e tira con uno spago
un cagnuccio recalcitrante e zuppo.
Ci mettono un'eternità ad attraversare.
Al finestrino della guida, incurante del temporale, mi appare
un signore elegantemente vestito sui quarant'anni. Impreca perché
ho fermato il traffico.
«Ma non potevo metterlo sotto!» dico indicando il
barbone, che sta entrando nella famosa gelateria Cavini e si
volta indietro stralunato. Il cane aspetta fuori.
«Certo che si! Quella gente lì, va levata dal mondo!»
Urla, gesticola, è sempre più fuori di sé
sotto l'acqua che pare inghiottirlo.
La fila di auto comincia a suonare i clacson. Ma lui non se ne
cura. Né di loro, né del torrente di pioggia.
E qui viene fuori la deformazione professionale:
«Giriamo l'angolo e sediamoci al bar. Le va? Parleremo
con più comodo.»
Non aspetto risposta, ingrano e giro in Viale dei Mille, mi fermo
al Sax.
Nello specchietto, con mio stupore, vedo che mi segue.
«Qualcosa non va?» esordisco (sempre per via della
professione!). Siamo seduti su un divanetto uno di fronte all'altra.
Non c'è nessuno.
Comincia a piangere disperatamente con singhiozzi che troncano
lui e me... anche se dovrei esserci abituata.
Il barista arriva discreto e silenzioso, gli porge degli asciugamani
di carta perché se li passi sui capelli. Poi torna e porta
due caffè ed un bicchier d'acqua di sua iniziativa.
L'arrivo del sole ed il cessare del fiume di lacrime sono quasi
contemporanei.
Si scusa e poi aggiunge:
«Sa, tre anni fa, un barbone ubriaco alla guida di un'auto
rubata ha investito mia figlia, sulle strisce, che tornava da
scuola. A due passi da casa. Lei non c'è più. E
lui, niente, è stato dichiarato incapace di intendere
e volere nel momento... lei capisce. Non punibile.»
Che dirgli? Rimaniamo in silenzio per un bel po'.
Uscendo ringraziamo il barista, che non ha voluto pagassimo.
Ci salutiamo un po' imbarazzati: aprire un giardino segreto costa
quanto entrarvi.
Schegge ... di legge,
penso mentre me ne torno a casa.
Mi è passata la voglia di andar per mercatini. |