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Il mistero del ponte sotto il Bilancino
 
 

E' auspicabile davvero che il grande e non spiegabile silenzio, che si fa in Toscana sulle eccezionali scoperte archeologiche nell'Alto Mugello e nell'alveo del lago di Bilancino, possa essersi rotto finalmente con il convegno, che nei giorni scorsi, si è tenuto a Bologna nella sala del Consiglio provinciale in Palazzo Malvezzi. In questa occasione è stato presentato il nuovo libro che l'avvocato Cesare Agostini e Franco Santi hanno scritto per fare il punto su quasi un quarto di secolo di ricerche e scoperte compiuto lungo un itinerario che, dalle porte di Bologna, conduce a Fiesole e Firenze.
E' un cammino primordiale percorso dai primi abitanti degli Appennini, in qualche tratto adattato a rudimentale strada dagli Etruschi, sul quale fu poi costruita, con tecnica romana, una via lastricata, la prima attraverso gli Appennini tra Toscana e Umbria. Poi, misteriosamente, per secoli quella via sembrò abbandonata, degradata a secondaria mulattiera per contrabbandieri e poveri pellegrini. Scomparve anche il ricordo di un grandioso ponte che lungo questo itinerario attraversava un antico letto della Sieve al Colombaiotto, vicino al Bilancino. I ruderi di quel ponte, riapparsi pochi anni fa inaspettatamente, ora sono di nuovo nascosti per sempre sotto le acque del nuovo lago.
Il libro, La strada Bologna-Fiesole del II secolo a.C. (Flaminia militare). Storia e testimonianze archeologiche di una ricerca sull'Appennino tosco-emiliano, si presenta come l'avvincente cronaca di una lunga serie di scoperte cominciate nel '77 quando Franco Santi, scultore di pietre per caminetti, spaccò una roccia sui monti fra Madonna dei Fornelli e il Passeggere, nel crinale che sovrasta il paese di Bruscoli, nel comune di Firenzuola, e da una frattura del sasso vide saltare fuori una monetina di bronzo, romana. Perché nel mezzo della selva, a mille metri di altitudine, lontano da ogni paese, una monetina si nascondeva nella fessura di quel sasso?

 

     

Nei libri di Tito Livio, lo storico romano, c'era un indizio:
nell'anno 187 avanti Cristo, il console romano Caio Flaminio, figlio del generale ucciso dai Cartaginesi sul Trasimeno, fece costruire in inverno dai suoi soldati una strada tra Bologna ed Arezzo. Secondo Tito Livio il lavoro doveva togliere dall'ozio i legionari, ma secondo gli storici, quella via aveva lo scopo di rendere facile la sottomissione delle tribù e villaggi di Liguri e di Galli che allora abitavano gli Appennini.
Gli stessi romani non dettero mai un nome a quella via che gli storici hanno chiamato in varia età "Flaminia minor" o "Flaminia militare". Questi nomi riecheggiano in qualche modo, quello della "via militare" o anche "via dei Liguri" che risale la valle del Marina in Toscana.
Qua il paesino di Legri, in antico Castrum Liguri, si diceva che fosse stato il quartier generale dei Romani nella guerra contro gli antichi abitanti mugellani. A Bruscoli un'antica leggenda diceva che, nascosta tra i faggi di quel crinale, c'era una strada che andava a Roma, ma pareva solo una favola medievale.
Nel 1979, sulla scorta di Tito Livio e cercando suggerimenti nella conformazione del terreno, finalmente Agostini e Franchi ritrovarono nei pressi di Poggio Bastione, in territorio demaniale della Regione Toscana, il primo tratto di strada lastricata con la tecnica tipica delle vie romane di montagna.

di Nereo Liverani
da "TOSCANAoggi" 21 maggio 2000