Alessio Gioacchino
Bellandi (da religioso prese il nome di "Stanislao",
come era allora costume di cambiare il nome a simbolo di distacco
e di rinnovamento) nacque a Sant'Agata di Mugello, Comune di
Scarperia, il 13 novembre 1876, e morì a Firenze 11 luglio
1956.
Ancora piccolo
perdette la madre: il padre si risposò ed ebbe un altro
figlio. Con la famiglia rimase sempre in contatto, ma fu un contatto
del tutto particolare, più da guida e consigliere che
da congiunto, anche se al suo paese passò sempre, fino
all'ultimo, brevi periodi di riposo.
Il 15 luglio 1894 fece la professione semplice e compì
gli studi liceali e teologici a Viterbo e a Roma.
Fu ordinato sacerdote il 21 dicembre 1901.
Per i fatti che raccontava sembrava un ingenuo, un "sempliciotto",
sebbene fosse intelligente e studioso. Ai tempi della sua formazione
religiosa manifestava un forte ricordo della madre perduta, e
una altrettanta forte fede nella Provvidenza. Tale era stato
anche nel periodo del servizio militare, dove non mutò
né carattere né costumi.
Nel 1902-1903, ritornato a Roma, fece parte della comunità
agostiniana di Firenze. Di fatto vi condusse tutta la sua vita
religiosa fino alla morte. Ma la vita religiosa e di comunità
dei primi del secolo aveva carattere e condizioni piuttosto problematiche
perché i religiosi vivevano, in un primo tempo, dispersi
intorno alla chiesa di Santo Spirito, e si radunavano nel convento
in quella parte, la più infelice, che lo Stato liberale
aveva riservato ai frati come custodi della chiesa e addetti
al culto dei fedeli. Solo con il passare del tempo e con la giustificazione,
appunto, della necessità del culto e della cura dei fedeli,
si ricomposero in comunità di nome e di fatto.
Fino al 1915 occupò varie mansioni conventuali e nel tempo
libero - i tempi erano allora più astronomici: con lucerniere
a olio, un po' di riscaldamento in comune, oltre un gran daffare
in chiesa quando questa era ancora "sacramentaria"
- lesse e studiò tutto ciò che poté trovare
sulla storia dell'Ordine Agostiniano. Lesse, con buona caratura
teologica, S. Agostino per cui concepì un interesse ed
un amore grande che lo misero in posizione di rilievo nella stima
dei confratelli e nell'area degli altri religiosi e dei circoli
culturali fiorentini.
Partecipò alla guerra 1915/18 come sergente nella Sanità.
Tornato a Santo Spirito, fu nominato rettore della chiesa. Incarico
di nomina statale che tenne fino 1936. Fu di Santo Spirito più
volte Superiore, e Provinciale della Toscana nei trienni: 1924-27,
1927-30, 1936-39.
Come Provinciale riaprì il convento di S. Agostino in
San Gimignano (Siena) e quello della SS. Annunziata a Pontremoli
(Massa).
Mentre nei primi del secolo si riordinavano le comunità,
dopo la grande guerra, si cominciò a restaurare le case
e a riaprire i seminari per ridonare vitalità all'Ordine,
dato che i tempi lo permettevano e l'affluenza delle vocazioni
lo consigliava. Naturalmente sul tipo di prodotto artigianale,
ma era tutto il fattibile, e con una certa collaborazione di
tutte le provincie italiane dove lavoravano e guidavano la "restaurazione"
uomini come Bellandi e Balestri per la Toscana, De Romanis e
Moroni per la Romana, Procaccino e Balzofiore per la Napoletana,
Pasquini e Fusconi per la Marchigiana, Gulizzi e Comparato per
la Siciliana, Bartolozzi e Musitelli per la Ligure-Lombarda e
Marcelloni e Campelli per l'Umbria.
Bellandi, ormai ricco di esperienza, aperto al mondo della scuola
(insegnante di religione alle Magistrali "Capponi"
di Firenze), il 3 novembre 1924 fonda il "Bollettino storico
agostiniano" che sarà pubblicato fino al gennaio-giugno
(un solo numero) del 1953. Sembrò, a chi allora era troppo
giovane, una cosa modesta e ad uso strettamente interno;in realtà
era un piccolo seme, ma significante una grande ripresa di interesse
agostiniano. Un seme, modesto nella veste portava a conoscenza
di molte notizie utili e tuttora ricercate e valorizzate; e ci
scrivevano penne con inchiostro anche di buona marca e indelebile.
Nel 1926 (Bollettino storico agostiniano nn.2-3) dà vita
organica alla "Biblioteca agostiniana" che dirige fino
alla morte. E' la traduzione dal latino in italiano, parziale
ma di alcune opere fondamentali di Agostino, a scopo divulgativo
pienamente raggiunto; alcuni volumi di quelle opere sono tuttora
ricercati.
La Biblioteca agostiniana, edita dalla Libreria Fiorentina, ha
oltre che un suo merito proprio, qualunque ne sia il giudizio
di valore, anche un merito trasferito perché la "Nuova
Biblioteca Agostiniana" edita da Città Nuova è
appunto "nuova" Biblioteca perché figlia e in
linea di generazione e di sviluppo della Biblioteca Agostiniana
del p. Bellandi.
Il discorso del "trapasso"
della edizione italiana delle opere di Sant'Agostino, da Firenze
a Roma è avvenuto per diverse cause, per pareri ora concordi
ora discordi, per disponibilità di mezzi (il p. Bellandi
operava con modeste offerte di amici e di estimatori) e di potere,
per ragioni editoriali e di destinazione, per rinnovamento di
livelli, per contattazione di uomini. Questo fatto può
mantenere aperta una pagina mista di segni e di affetti contrastanti.
Ma, si sa, la storia non aspetta ritardi, non copre imprese solitarie,
non garantisce i vuoti, non premia l'indifferenza. Comunque,
per il bene di tutti e per la stima specialmente per p. Bellandi
e p. Trapé, resta da dire che gli accordi, anche quando
sono inevitabili, valgono sempre come accordi.
Oltre al lavoro per il Bollettino e la Biblioteca, il p. Bellandi
nel 1934/35 inizia il suo insegnamento di Teologia Morale al
Seminario di Firenze e tiene la cattedra per 19 anni. Tutti conoscono
il testo dove Don Milani parla in schietto elogio del p. Bellandi
come suo professore di morale ( vd.Esp. P. 266/67: L. Martini,
don Milani, Atti del Convegno di Studi, Firenze 1980, pp 110,111,
nota 64).
Molti suoi alunni del periodo di docenza lo ricordano ancora
con stima, ammirazione, affetto. Il suo insegnamento non era
teorico (si conservano ancora i suoi testi d'insegnamento), ma
pratico e pastorale e talvolta anche "casistico", come
più o meno si usava allora negli studi diocesani, in vita
dell'attività futura dei seminaristi. Forse alla fine
era anche un po' ripetitivo e anche un po' sorpassato, come osserva
don Enrico Bartoletti, allora Rettore del Seminario, che voleva
già allora rinnovare il tipo d'insegnamento. Ma si sa,
ciascuno è dotato, specialmente in discipline in cui "ardire"
è (o era) compromettente. Oltre che professore in Seminario,
assolse anche l'ufficio di "Difensore del Vincolo"
nel Tribunale Ecclesiastico.
Fu confessore del Cardinale Elia Dalla Costa; ma se ordinario,
occasionale o straordinario, questo non volle mai dirlo pubblicamente.
L'affetto del Cardinale nei suoi riguardi era eccezionale. Lo
convocava molto spesso per consigli; e che poi tra i due esistesse
un'intesa profonda si può rilevare anche dalle premure
che il Cardinale dimostrò nei suoi riguardi, nel periodo
della malattia del Padre (trombosi cerebrale) che lo rese infermo
per tre anni. Il Cardinale andò più volte a trovarlo
nella sua cameretta a Santo Spirito. Andò perfino a trovarlo
nel Mugello, nel breve periodo che, infermo, fu ospite dei suoi.
E tre volte il Cardinale dette somme di denaro per curare il
"caro Padre".
Parimenti fu amico di don Giulio Facibeni, si frequentavano:
questa frequentazione amichevole richiama la possibilità
che non fosse del tutto estraneo alla conoscenza di certe visioni
che dividevano il parere dei due, il card. Dalla Costa e don
Facibeni, e che conoscesse i reciproci punti di vista e non solo
a titolo di curiosità. Del resto anche per il clero fiorentino
fu un punto di riferimento ricercato e ascoltato. E parimenti
fu consultato da uomini di studio, nonché dalle suore.
Partecipò alle riunioni che si tenevano nella "Libreria
Fiorentina" diretta dall'avv. Borgiotti, in via del Corso
a Firenze, e frequentata da studiosi, da scrittori, da religiosi:
il Bonardi, l'abate Lucchesi, il p. Orlandi o.p. direttore responsabile
di "Memorie Domenicane", Giuliotti, Papini, Lisi, Bargellini.
Papini scrisse il "Sant'Agostino" alla sua ombra; il
libro certo discutibile, ma che giovò alla fama del Santo,
anche se suscitò il risentimento polemico di due agostiniani:
Bracco e Concetti, che scrissero il "Sant'Agostino antipapiniano".
Dalla sua competenza storica, oltre che spirituale, dalla sua
conoscenza di S. Agostino e dalla fatica di ricerche della tradizione
religiosa agostiniana ed ecclesiastica, non pochi attinsero per
poi confrontarvisi. Pur riservato e restio di carattere, quando
parlava agli altri sapeva essere di un'apertura mentale e spirituale
impensabile. Era un uomo di fede, di speranza, di conforto; e
se, Dio vuole, anche con qualche difetto.
E' sepolto nel cimitero della Misericordia di Soffiano perché
da giovane appartenne e prestò servizio alla Confraternita
della Misericordia.
Molti lo hanno ormai seguito nel mistero di Dio, molti rimangono
ancora a ricordarlo con riconoscenza come un religioso che lasciò
nel loro animo il valore di una testimonianza di esemplare autenticità. |