TORINO 8 MARZO 2002

Donna, anch'io protagonista del futuro! 

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TRAPIANTO: Un altra vita!

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TRAPIANTO: Un'altra vita!   

A parte coloro che, sfortunatamente, vivono il problema sulla propria pelle, poco se ne sa sull’argomento, anche perché spesso è considerato un problema che riguarda “gli altri”. La vita di oggi, però, sempre più ci mette a rischio di incidenti, malattie “strane” e allora, chissà se il domani non ci vedrà parte interessata!

Il mio Papà vive in dialisi da 8 anni; con grande dignità, ammirevole coraggio e tanta speranza di poter “rinascere” grazie a un trapianto di rene!

Condividere in piccola parte questa sua croce, mi aiuta a non perdere di vista valori importanti come l’amore, la fede, l’altruismo, la forza di volontà per non arrendersi di fronte alle difficoltà. Mi fa capire quanto preziosa sia la salute e quanto il dono della vita sia grande.

Proviamo a renderci conto di cosa significa vivere in attesa di un trapianto di rene. Ecco come, un paziente in dialisi, descrive la sua dipendenza da una macchina: “noi dializzati per vivere abbiamo bisogno di una macchina che svolga le perdute funzioni dei nostri reni. Questa macchina si chiama “rene artificiale”. La nostra vita è molto difficile e dobbiamo guadagnarcela giorno per giorno!

Noi facciamo dialisi su letti-bilancia che servono a tenere costantemente sotto controllo il peso; infatti la “macchina” serve a sottrarre la quantità di acqua che i nostri reni non riescono più ad eliminare. Una sottrazione troppo brusca potrebbe infatti provocare un collasso.

Durante la seduta di dialisi c’è chi legge, chi ascolta la radio, chi chiacchiera coi vicini. Meglio non schiacciare un pisolino perché a volte c’è chi si sente male: si possono infatti manifestare crampi, emicranie o nausea, collassi o rotture del sistema di monitoraggio. La cosa peggiore, comunque, è stare fermi per ore, con gli aghi nelle vene ad aspettare che il sangue si purifichi. Quando i veleni e i sali sono tornati a livelli accettabili e non ci sono più liquidi accumulati nei tessuti, la seduta finisce e possiamo essere staccati dalla macchina.

Ma la dialisi non ci ha fatti guarire: ha solo svolto per un po’ la funzione dei nostri reni ormai inefficienti. Così, appena staccati dal filtro, le scorie e i liquidi ricominciano a crescere dentro di noi.”

“Qual è la frequenza di questa terapia?”- chiedo a questo personaggio di bell’aspetto, alto, sulla cinquantina, che non presenta alcun indizio di difficoltà. E’ proprio questo il problema maggiore: terminata una seduta, dopo appena un giorno, ne occorre un’altra, altrimenti ricompaiono i sintomi pesanti dell’intossicazione. Così, per poter vivere, noi siamo costretti a sottoporci all’emodialisi a giorni alterni.

E’ difficile spiegare cosa significhi: pensate ad esempio che tra Natale e Capodanno dobbiamo fare 3 dialisi, e questo settimana dopo settimana, per tutta la vita! La nostra esistenza è tutta nella lentezza con cui le scorie si accumulano dentro di noi: lentezza che ci regala un giorno o due di benessere durante i quali possiamo vivere senza rene artificiale, come le altre persone.

Chi ci incontra, tra una dialisi e l’altra, e non conosce la nostra situazione, non immagina certo che viviamo solo grazie ad una macchina. Sembriamo persone come tutte le altre, che si muovono, studiano, lavorano; ma trascorso questo breve intervallo, noi dializzati non possiamo mancare all’appuntamento col “rene artificiale”, perché saltare una seduta significherebbe ricominciare a star male e saltarne più di una significherebbe rischiare di morire.

Dobbiamo limitarci strettamente nel bere poiché tutti i liquidi che ingeriamo restano dentro di noi fino alla dialisi successiva (la sudorazione è certamente insufficiente ad eliminarli). In soli due giorni si può così aumentare di peso di alcuni chili! E non si può certo crescere all’infinito, perché l’acqua comincerebbe ad accumularsi anche nei polmoni ostacolando la respirazione. Quindi dobbiamo bere poco!

Ma proprio a causa della nostra malattia, abbiamo più sete di una persona normale. Rifletto su questa affermazione e mi rendo conto che, mentre i reni sani lavorano 24 ore su 24, la dialisi -funzionando per poche ore a giorni alterni - lascia che le scorie nel sangue raggiungano valori ben al dì sopra dei livelli normali.

Il mio interlocutore continua: “Tutti noi dializzati siamo più o meno anemici, abbiamo cioè nel sangue meno globuli rossi di una persona normale. I reni, infatti, producono un ormone (l’eritroproietina) che stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi.

Ma la macchina non può svolgere questa funzione ed il nostro midollo osseo diventa quindi pigro. Il potassio è un sale molto importante che l’organismo utilizza per il funzionamento del cuore, dei muscoli, e dei nervi; l’utilizzazione del potassio è una delle funzioni che svolge il rene sano ma che la dialisi non riesce a sostituire completamente. Perciò, noi dializzati abbiamo facilmente un accumulo di potassio nel sangue, le cui conseguenze possono essere gravissime: grave debolezza muscolare, aritmie e addirittura arresto cardiaco. Anche il fosforo è un elemento che dobbiamo tenere sotto controllo”.

Ritengo importante sottolineare che il potassio è contenuto in tutti gli alimenti, ed alcuni ne sono particolarmente ricchi come il cioccolato, la frutta e la verdura in genere, mentre formaggi e proteine sono ricchi di fosforo.

“ La dialisi permette - pur con tanti sacrifici e limitazioni - una buona sopravvivenza, ma per noi dializzati c’è un sogno: il ritorno ad una vita normale e questo sogno ha un nome: TRAPIANTO!” esclama il nostro intervistato. Un nuovo rene funzionante, la libertà dalla macchina, la salute riacquistata! Ecco ciò che desidera più d’ogni altra cosa un paziente che sopravvive grazie alla dialisi!

Mi sono documentata ed ho appreso che il trapianto di rene è un’operazione chirurgica che permette l’inserimento nel corpo di un individuo di un rene rimosso da un’altra persona deceduta. L’intervento di trapianto dura circa 4 ore. Non tutti i dializzati, in ogni caso, possono affrontare un trapianto, dipende dall’età e dalle condizioni generali di salute. Quando un dializzato è considerato idoneo al trapianto, ha inizio la lunga attesa... spesso di anni!

“A noi 10.000 dializzati che attendiamo il trapianto si contrappone, in modo drammatico, il numero di trapianti eseguiti in Italia -1.000 all’anno!

Quando uno di noi è iscritto in lista di attesa presso un centro trapianti, le sue caratteristiche immunologiche vengono inserite in un computer che, quando si renderà disponibile un rene - prelevato da un cadavere - sceglierà il fortunato ricevente in base alla somiglianza del codice genetico.

Il problema principale del trapianto, non ancora del tutto risolto, è la possibilità di un rifiuto dell’organismo ospite, nei confronti del nuovo rene, considerato dal nostro sistema di difesa come un estraneo, un nemico da attaccare in forza. Occorre quindi intervenire per ridurre il meccanismo di difesa dell’organismo con farmaci particolari chiamati immunosoppressori, che però riducono le difese anche nei confronti dei virus e delle infezioni.

Le speranze di noi malati si poggiano su dati concreti: in Italia abbiamo trapiantati che hanno superato il traguardo dei 20 anni! Questi risultati rendono ancora più ostinato e tenace, il desiderio di noi dializzati di conquistarci un avvenire migliore che, con la solidarietà di tutti, sarà più forte delle difficoltà.

Il nostro amico termina emettendo un lungo sospiro, pieno di significato....

Giulia Carpanedo (13 anni)

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