Storia della guerra cecena

LA PRIMA GUERRA CECENA

 

 

 

La guerra in Cecenia è da ricondurre alla secolare rivalità esistente tra le popolazioni della Russia e del Caucaso già causa, nei precedenti secoli, di innumerevoli e sanguinosi conflitti, dipendenti da tensioni etniche e, soprattutto, dalle forti mire espansionistiche russe verso i territori meridionali della regione. Tra battaglie e massacri, la situazione resta invariata fino ai primi del '900, quando la Cecenia raggiunge una relativa condizione di stabilità, bruscamente interrotta dalle deportazioni ordinate da Stalin nel 1944 (100.000 vittime), a causa del sospetto di complicità dei locali con il regime nazista.

In seguito al crollo dell'URSS, il 28 ottobre 1991 il Presidente ceceno Dzhokhar Dudayev proclama l'indipendenza della Cecenia, voluta con un apposita consultazione referendaria. La decisione suscita una violenta reazione da parte della "nuova Russia" di Boris Eltsin. Infatti, a seguito della proclamazione d'indipendenza, Mosca perdeva il controllo su un'area di enorme importanza strategica, in quanto ricca di giacimenti petroliferi e di gas naturale e, soprattutto, attraversata da importantissimi oleodotti e gasdotti. La sua riconquista, anche per non perdere un importante avamposto nell'Asia centrale, sempre più in mano a leadership musulmane filoccidentali, era un imperativo. Secondo gli strateghi russi, inoltre, l'indipendenza della Cecenia avrebbe potuto innescare volontà separatiste analoghe in altre repubbliche islamiche confinanti o dell'Asia centrale. Dopo tre anni di forte isolamento politico ed economico, la Russia dà il via all'invasione militare della provincia ribelle: è il dicembre del 1994. Le truppe russe, tuttavia, si scontrano subito con la forte resistenza delle milizie guidate da Basayef. Dopo due anni di scontri e 140.000 morti, di cui oltre 100.000 fra i civili, la guerriglia comandata da Aslan Maskhadov, succeduto a Dudayev che era morto nel corso di un bombardamento russo, scatena una violenta controffensiva ed infligge pesanti perdite alle truppe federali. Preso atto della sconfitta, costata a Mosca migliaia di vittime, alla fine di agosto del 1996 vengono firmati gli accordi di pace a Khasaviurt. Segue un periodo di transizione, in cui il governo russo accetta di riconoscere la Cecenia come repubblica indipendente. Nel frattempo Aslan Maskhadov deve spartire il potere con gli influenti signori della guerra locali, tra i quali primeggia il sanguinario comandante Shamil Basayev. La popolazione, già stremata dalla guerra, si trova sotto il giogo di mafiosi, contrabbandieri e criminalità comune. Un clima sociale così disastroso favorisce l'arruolamento di centinaia di giovani nei gruppi islamici radicali, promossi da "predicatori" spesso provenienti da Paesi arabi. Questi, unitamente agli uomini di Basayev e del giordano Amir Khattab, accarezzavano l'idea di trasformare la Cecenia in un "principato islamico", esteso anche alla vicina Repubblica autonoma del Daghestan. Tutto avviene con la blanda opposizione da parte di Maskhadov, inizialmente moderato e secondo alcuni trascinato quasi con la forza in queste attività, allo scopo di impedire il dilagare di scontri interni.
(ottobre 2004)

 

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