Diversamente Abili

Incoerenze strutturali
di Aldo Miceli

Spesso nel vivere quotidiano di una persona disabile si notano cose che gli altri non vedono e questo non semplicemente per cattiva volontà, ma probabilmente per il fatto che dall'altezza di una carrozzina si può contare su una prospettiva "migliore" per notare certi fatti. Ma proviamo a scendere sul concreto, parlando ad esempio dell'Ospedale "Ceccarini" di Riccione.

Davanti a questa struttura c'è uno scivolo molto largo, anzi ce ne sono addirittura tre: uno di fronte, uno un po' più piccolo a sinistra e un altro sulla destra! E fin qui niente di negativo, più ce n'è, meglio è!

Arrivando al portone, però, cominciano i guai: sicuramente un disabile da solo in carrozzina non può entrare, ci vogliono infatti almeno due persone, una per tenere la mezza anta di destra e un'altra per quella di sinistra. Una soluzione? Sarebbe bastato fare una mezza porta un po' più larga! A complicare il tutto, poi, la metà di sinistra è bloccata, e a corredo di tutto ciò c'è un bel cartello sul vetro con scritto "Chiudere la porta"!

Passiamo agli ascensori. Ce ne sono molti, ma nessuno di essi è predisposto per persone disabili in carrozzina o per non vedenti. I primi perché il tasto di chiamata è in alto, i secondi perché i tasti non hanno il codice Braille in rilievo sulla plastica.

"OK, tanto con lui c'è sempre qualcuno, quindi si farà aiutare...": quest'ultima affermazione può forse servire a smuovere la sensibilità delle persone, ma il problema non è certo questo!

Arriviamo ai bagni. Entriamo dalla prima porta utile e qui la legge che prevede l'antibagno è rispettata. Prima scelta: una porta di fronte e una a destra, ma l'indicazione è chiara, su quella di fronte c'è un grande cartello con la scritta: "Bagno riservato per disabili". Felice di queste attenzioni, mi faccio aprire la porta con la frenesia di vedere quali comode soluzioni siano state adottate apposta per me, ma non appena entro, vedo che il "bagno per disabili" è utilizzato in realtà come ripostiglio dagli incaricati delle pulizie.

Non riesco naturalmente ad entrare, ma mi consolo pensando: "Le pulizie saranno efficienti, non siamo certo in uno di quegli ospedali dall'igiene scarsa e - altro vantaggio - potrò lavare il mio `pappagallo' con dei prodotti efficaci!".

Per concludere, qualcuno disse: "Non sia dato per carità ciò che è dovuto per giustizia". Un'utopia, forse, ma è bello pensare che un giorno questo concetto potrà diventare una concreta realtà. E in ogni caso non si può certo tacere di fronte a certi fatti. Se si è d'accordo ad adeguare una struttura perché tutti possano usarla autonomamente, bisogna farlo dalla A alla Z, e inoltre si deve vigilare per far sì che quelle strutture predisposte siano usate per il motivo per cui sono state fatte.

C'è bisogno, insomma, di una "coerenza strutturale" che nasca da una coerenza mentale e sociale. Non facciamo le cose "all'italiana", non mettiamo semafori ad un incrocio solo dopo che sono morte delle persone, non correggiamo le cose solo perché qualcuno si lamenta o minaccia di ricorrere alla legge. Facciamo semplicemente ciò che può servire a tutti per trascorrere meglio la propria esistenza.

La persona disabile, infatti, vive maggiormente la sua disabilità quando incontra ostacoli - fisici o mentali che siano - che si frappongono tra la sua difficoltà e il raggiungimento dell'obiettivo. Non mettiamo perciò a tacere le nostre coscienze, accontentandoci di lavori fatti a metà. E denunciamo ciò che vediamo sbagliato, portandolo a conoscenza di chi ha il dovere e il potere di fare qualcosa.

Non vogliamo un semplice contentino!

Articolo tratto da DM 137/138, numero doppio, giugno 2000.
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