Un sorriso mite, uno sguardo color del cielo
Il 21 dicembre scorso ha concluso la sua vita terrena
Aldo Miceli.
Il suo nome, negli ultimi anni, è stato legato al ruolo di web
master: era infatti il curatore del sito internet della Comunità
Papa Giovanni XXIII. Ma per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo Aldo
è stato e rimane anzitutto una persona meravigliosa. Ai lettori
di Sempre offriamo un breve profilo e una riflessione scritta dallo
stesso Aldo in occasione della Pasqua, su quella croce che ben conosceva.
Un sorriso mite, uno sguardo color del cielo, uno
spirito allegro, nonostante le difficoltà, i pensieri per il
domani, e quelli per l’oggi nelle mani di qualcuno che più
o meno amorevolmente lo aiutava nelle mansioni più elementari.
Aldo, affetto da distrofia muscolare, su una carrozzina dall’età
di 19 anni, ha vissuto nella vocazione della Comunità Papa Giovanni
XXIII, donando la sua vita, il suo cuore a chiunque l’abbia conosciuto.
Una vita segnata dalla malattia e dalla sofferenza che lui ha saputo
affrontare serenamente. Ha incontrato Maria, sua moglie, con cui ha
vissuto solo due anni, perché la sua vita si è spenta
alla sola età di 27 anni.
Aldo non si è perso d’animo, ha aperto la sua casa a chi
aveva bisogno, ha donato la sua famiglia a chi non l’aveva mai
avuta, è diventato padre, fratello, amico di chi l’accudiva,
ha condiviso il suo bisogno fisico, con il bisogno spirituale di chi
gli stava vicino, diventando un punto di riferimento, un sostegno per
tanti.
Ha donato i suoi talenti con la semplicità del cuore.
Tutto quello che ha potuto donare lo ha donato incondizionatamente e
quasi quasi non si accorgeva di farlo.
Non si accorgeva di essere una presenza forte, una persona ricca, capace
di commuovere l’animo, di far riflettere, di dare conforto, speranza,
di trasmettere pace. La pace di chi in Dio ha trovato rifugio, pur nel
dubbio, pur nella rabbia, qualche volta, di non riuscire più
a fare quello che qualche mese prima sarebbe stato un gesto consueto,
come bere da un bicchiere senza l’aiuto di una cannuccia.
Fare i conti tutti i giorni con una malattia che non perdona, che ti
paralizza gli arti, non la mente, né il cuore, vigile, attento
non solo a se stesso ma agli altri al mondo, mai sconfitto dalla croce,
anche se inerme di fronte al calvario.
L’amore per la vita era il motore che lo animava, un amore di
cui si innamorava chiunque lo incontrasse, anche solo per poco.
Viveva la sua vocazione nella segreteria generale della Comunità
Papa Giovanni, lavorando al computer che gli era amico, nonostante non
riuscisse quasi più ad usare la tastiera, poiché le sue
piccole mani ormai chiuse a pugno non gli permettevano i gesti più
normali.
Se ne è andato in punta di piedi, quasi senza disturbare.
Si è forse solo un po’ rattristato di non aver fatto in
tempo a salutare le tante persone a cui voleva bene. Se n’è
andato senza avere la consapevolezza di aver donato tanto, ognuno lo
porterà nel cuore.
Era un essere speciale, di quelle persone che il Signore ti mette sulla
strada per ricordarti che Lui esiste.
Adesso che forse è un angelo mi piace ricordarlo con la stessa
tenerezza che lui stesso ha saputo dare.
Roberta Olmeda (cognata di Aldo)
Gesù è inchiodato sulla croce di
Aldo Miceli
Io bisognoso degli altri per ogni cosa, dipendente dagli altri per
qualsiasi azione voglia compiere, dall’aprire un semplice foglio
di carta piegato in due, a girare le pagine di un giornale, ad accendere
la luce della sala, a rispondere al telefono, a grattarmi il naso, a
farmi imboccare da mangiare se non ho il mio tavolo alto e il mio pezzo
di legno su cui poggiare il braccio, ad andare a letto, a girarmi di
notte nel letto, ad alzarmi, ecc…
Io inchiodato nel mio corpo: una croce vivente, sostenuto da una carrozzina
elettrica che alleggerisce la mia croce.
Gesù, vero Dio e figlio di Dio inchiodato sulla croce! Un grido
sorge forte e spontaneo: perché?
Non c‘era forse altra strada diversa da questa?
La risposta di noi cristiani è “no”, l’unico
mezzo per Dio di redimerci e di farci capire qualcosa era il sacrificio
della croce.
Un’altra domanda grida forte in un ragazzo che
cresce e contemporaneamente vede crescere la difficoltà di muoversi,
di non poter correre e giocare con i suoi amici: una domanda forte in
attesa di risposta: perché proprio a me? Perché proprio
io ho questa malattia?
E il pensiero spontaneo a un futuro pieno di difficoltà e di
fatiche da affrontare mi invade. E pian piano la malattia progredisce,
l’autonomia regredisce fino ad arrivare al punto di scegliere
spontaneamente l’uso di una carrozzina.
Ma quando l’autonomia che diminuisce ti porta al punto di dover
chiedere per cose private, per cose minime ed essenziali, la fatica
e l’odio per quella croce crescono e c’è bisogno
di una risposta precisa!
Perché?
È difficile avere una risposta chiara e precisa che ti lascia
totalmente sereno. Ma Gesù comincia ad entrare nella storia della
mia vita, a darmi delle risposte. Filippesi 2,6: “Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro
geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso, assumendo
la condizione di servo…”.
Cristo Gesù rinunciò al vantaggio che poteva trarre da
questo e scelse la strada più difficile, prese la sua croce lui
che era Dio, scelse quindi di dovere morire. E aggiunge Matteo: “Il
mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
Allora se Gesù ha scelto la croce e promette che se stiamo con
lui questa croce diventa più sopportabile, anch’io che
non sono Lui, la porterò, certo della sua parola. E quando vedi
attorno a te migliaia di persone messe peggio di te di fronte alla Grotta
di Maria a pregare nell’assoluto silenzio, tocchi con mano la
fede come avesse una consistenza materiale, e allora capisci che quelle
parole sono vere, hanno effetto, e lo hanno avuto.
Era il primo passo di Gesù verso di me.
Ed altri passi pian piano verso di me il Signore ha compiuto, nell’incontro
con la Comunità. Nel farmi accorgere che la mia vita era preziosa
per gli altri, se Gesù scegliendo di farsi inchiodare sulla croce,
quindi la strada della sofferenza, ha redento il mondo; così
la nostra croce, se è scelta con il suo aiuto, porta frutti di
redenzione.
Così la forza della condivisione, io che accompagnavo Diego,
lui che mi aiutava ad entrare in macchina.
Io scoprivo di valere, lui altrettanto.
Secondo passo di Gesù verso di me.
E il Signore chiede con forza, pretende, vuole sempre di più.
Ti dà una cosa bella, e poi te la toglie.
Ti porta in una condizione e poi te la cambia ancora…
Mi ha donato Maria e poi me l’ha tolta… perché?
Mi sono accorto che la fede non sono parole, che la morte non è
la fine. Ma anzi ti accorgi che la fede è una risposta concreta,
tangibile, l’unica.
Forse anche questo passo, quest’altro chiodo sono serviti a completare
la croce.
Questo è il terzo passo di Gesù verso di me.
Grazie Gesù.
Tra le tante persone colpite da Aldo anche Tatiana,
che nella sua tesina sul significato del “dolore innocente”
scritta poche settimane fa cita esplicitamente “l’amico
Aldo” e gli dedica questo canto:
Io, dentro questo mio corpo
pellegrino di Dio senza movimento.
Seduto su un altare offro ogni momento
Non è vita da gettare ma mistero da contemplare
Ecco il mio Sì ad ogni Tuo pensiero
Io dico di Sì a questo mio Vangelo
Ecco il mio Sì ti lascio ogni desiderio
Io dico di Sì, solo Sì
Ho gli occhi come il cielo perché è blu che mi abita dentro
Il mio sostegno è lassù, è chi mi ha dato questo
blu
Ti insegnerò ad amare anche senza poterti toccare
E saprò ringraziare per il solo respiro che mi passa dentro
Eccoti qui su questi miei sentieri
Eccomi qui nelle tue mani e nei piedi
Eccoti qui m’incontro col tuo viso
Eccoti qui mi abbraccia il tuo sorriso
Tornerà il sole quando la pioggia finirà
Ed io sarò l’arco che abbraccia terra ed eternità
Arriverà vento che questo mio corpo muoverà
Ti afferrerò le mani e insieme si partirà
Ecco il mio Sì
Io dico di Sì… “solo” Sì.