E n i o W e b P a g e

 

 

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INDICE MUSEI

 

 


Un giovane che voleva ad ogni costo volare...fece nascere l'industria aeronautica  

  I  


Trento 25 aprile 2003

 

Mentre Hugo Junker (altrettanti famosi i suoi aerei tedeschi) a Dessau nel 1914 lavorava già a un prototipo di aereo tutto in metallo. Qualcuno disse che voleva sovvertire le leggi della fisica "il pesante ferro volare?". Ma questo i pessimisti, molti anni prima, lo avevano detto anche quando misero in acqua i primi scafi di ferro e non di legno. La Luftwaffe hitleriana quando nacque con i famosi Stukas, era già tutta impostata per la cooperazione tattica con le forze di terra e di mare. Influenzati dalle teorie di Douhet non rimasero a guardare nemmeno Francia, Stati Uniti e Inghilterra. Ognuna adattando i propri studi alle proprie situazioni particolari. In America già nel 1911 predisponendo una grossa nave mercantile, il pilota Ely decollava da una specie di piattaforma appositamente predisposta. L'anno dopo venne realizzata appositamente la corazzata Pennsylvania. L'idea di una "portaerei" non poteva non interessare gli inglesi (posti su un isola e da sempre a vocazione marinara su "altri" mari) ed infatti nel 1917-18 mettevano in mare una apposita nave per il decollo degli aerei, la Argus progettata da Hermes.E pure in Russia non rimasero a guardare. Ma ritorniamo in Italia. Fra il 1915 e il 1918 uscirono dalle officine Caproni centinaia di apparecchi di ogni tipo e potenza, fra i quali il "Caproni" 450 HP fu il più noto e i Ca.300. Ma non dimentichiamo i grandissimi triplani trimotori, aeroplani e idrovolanti che costituirono anch'essi una novità assoluta nel campo delle costruzioni aeronautiche. Basti pensare che i suoi grandi apparecchi furono adottati dalle aviazioni Francese, Britannica e dagli Stati Uniti, e nel 1918 si stavano organizzando grandi officine di costruzioni in America e di montaggio presso Bordeaux in Francia per la produzione in grandi serie degli apparecchi "Caproni". Quando finì la guerra ben 70.000 operai lavoravano in Italia e all'estero negli stabilimenti dove si costruivano apparecchi "Caproni". Per tre volte si svolsero le gare internazionali negli Stati Uniti, e per tre volte il biplano "Caproni" 113 conquistò il primato mondiale di acrobazia e velocità, mentre il biplano C.90 con 6 motori da 1000 HP, con pilota Domenico Antonini, di primati mondiali ne conquistò addirittura 6.

 

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Ma non basta! Dopo le cessate ostilità, la Caproni aveva costituito la privata "Società per lo sviluppo dell'Aviazione in Italia", e nonostante il disinteresse assoluto del Governo, iniziò, prima nel mondo, la costruzione di apparecchi ad uso dell'aviazione civile. Fra questi aerei venne fuori un gigantesco multiplano munito di otto motori, per la potenza complessiva di 3000 HP, la cui superficie portante era di 750 metri quadrati. Un vero e proprio gigante dell'aria. Fino al 1936 rimase il più grande velivolo del mondo. Caproni in questo settore privato-commerciale non ancora a quei tempi esploso, riuscì con enormi difficoltà a sopravvivere, fino al 1922 furono perfino critiche. Poi con l'avvento del fascismo ritornò alacremente a progettare in grande sia nel civile sia nel militare. Mussolini aveva letto Doueth, che era uscito con un suo saggio proprio l'anno precedente, nel '21, e con passione in parallelo alla lettura, aveva seguito da tempo e si era entusiasmato a tutta l'attività di Caproni. Appena preso il potere decise subito di costituire l'"Arma del Cielo" ed entrare nella nuova "fede" (lui stesso più tardi, nel '38-39 diventò pilota).Già il 24 gennaio 1923 Mussolini crea subito il Commissariato per l'Aeronautica, attribuendosene la direzione ma affidandolo de facto al vicecommissario Aldo Finzi, un fascista della prima ora fedelissimo (fin troppo), geniale oltre che dinamico. Infatti Finzi brucia le tappe; il 28 marzo dello stesso anno costituisce il corpo della Regia Aeronautica, arma indipendente, con una propria divisa, gradi e ruoli. La decisione provoca qualche brontolio fra gli alti papaveri di Esercito e Marina, che consideravano l'aeroplano un semplice supporto dei rispettivi domini, sia terrestre che navale (non avevano ancora capito le teorie di Doueth, che con il suo saggio Dominio dell'aria del 1921, ribadiva che l'aereo sarebbe stato l'arma risolutiva delle future guerre; per tanti motivi e non ultimi gli effetti psicologici devastanti dei bombardamenti sulle città. Considerazioni ciniche ma realiste, che Churchill applicò poi con molto zelo! ("bisogna, bombardare, bombardare, e ancora bombardare", "sfiancare il morale"). Quando il Duce, il 4 novembre 1923, consegna alla neonata "forza dell'aria" la sua bandiera, sul campo di Centocelle si trovano schierati ben trecento apparecchi "Caproni". La veloce crescita dell'Aeronautica fa mugugnare gli alti ufficiali di Esercito e Marina che si vedono sottrarre i fondi. Altra scelta felice di Mussolini é la nomina a capo di stato maggiore del generale Pier Ruggiero Piccio, medaglia d'oro, asso della prima guerra mondiale, che aveva diviso col grande Baracca il titolo di miglior cacciatore dei cieli italiani. Insomma, l'Aeronautica nasce come Arma autonoma, fra equilibri e compromessi. Del resto il Duce non poteva permettersi di alienarsi la simpatia delle Forze Armate, perché l'appoggio di queste voleva dire anche l'appoggio del Re e della complessa casta di potere militare che faceva appunto capo a Casa Savoia. E proprio Finzi, troppo dinamico e intraprendente per la mentalità burocratica degli alti gradi delle Forze Armate, sarà la vittima sacrificale in questo gioco di equilibri. Quando fu coinvolto nella sua qualità di sottosegretario all'interno nell'omicidio del deputato socialista Matteotti, Mussolini fu costretto a disfarsi del geniale factotum. Fu sostituito da Alberto Bonzani, un generale dell'artiglieria (quindi dell'esercito) che non sapeva nulla di volo. Sempre come Commissario e con un carattere da burocrate causò (per la sua incompetenza) altri attriti perfino fra i puristi del volo (tipo Marinetti-D'Annunzio) come se non bastassero i contrasti delle altre due armi, soprattutto quando dentro queste si mise a scegliere gli uomini più in gamba. Comunque Bonzani qualcosa di buono riuscì a fare anche lui: diede vita all'Accademia di Livorno.