E n i o W e b P a g e

 

 

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Un giovane che voleva ad ogni costo volare... fece nascere l'industria aeronautica  

   


Trento 25 aprile 2003

 

Mussolini si accorse di tutto questo; ma con molto ritardo. Il 5 novembre 1933 all'eroe di Broadway tolse il comando in un modo improvviso. I maligni dissero perchè Balbo era diventato troppo famoso. Ma forse perchè Balbo aveva inviato al Duce -dopo la sua grande impresa- un programma di riorganizzazione di tutte le Forze Armate, con lui ovviamente nel ruolo di capo di Stato maggiore generale. Possiamo immaginare cosa accadde negli altri ambienti. Una faida! Il Duce -con due dolce-agre lettere- gli comunicò con la prima, che per "ragioni politiche" prendeva in mano il Ministero dell'Aeronautica e gli dava il contentino nominandolo governatore della Libia; ma poi con la seconda lettera dopo pochi giorni -come a volerlo rimproverare e in effetti era un rimprovero- gli rinfacciò di avergli fino allora mentito (e non era il solo) sulla vera consistenza e efficienza degli aerei dell'Arma Azzurra che lui aveva guidato; che non erano gli aerei come numero 3.121 come lui aveva sempre sostenuto, ma solo 911. In effetti erano anche meno, circa 700 e inadatti; inoltre i piani organici dell'Arma Azzurra nemmeno esistevano. Nessuno li aveva non solo preparati ma nemmeno concepiti. A parte la piccola parentesi in Spagna, quando poi l'Italia si presentò in guerra nel 1940 non fu più possibile sostituire la finzione alla realtà. E la realtà fu molto amara. In cielo c'erano "libellule" non aerei da combattimento. C'erano idrovolanti (gli amori di Balbo) anche se veloci (Il maresciallo Agello il 23 ottobre 1934 pilotò un idrovolante Castoldi MC72 con motore Fiat alla velocità di 711 km/h) ma non aerei da impiegare in guerra. Eppure nei cassetti dei tecnici "italianissimi" c'erano aerei d'avanguardia. Come un caccia in metallo, strepitoso, il P.108. Correndo poi ai ripari, in ritardo di 10 anni, si misero a costruirlo nel 1941 ma entrò in servizio a fine 1942 e solo in 24 esemplari. C'era poi il Cant Z. 1018 tutto metallico, stupendo, era più sofisticato di quelli americani e inglesi, ma gli unici cinque (!) esemplari furono terminati 10 giorni prima dell'armistizio del '43. E in un hangar di una officina a Milano per incrollabile volontà dei tecnici che si erano visti mettere i bastoni fra le ruote, quasi di nascosto stavano costruendo un gigantesco bombardiere unico al mondo. Non lo finirono mai; nel 1945 a fine guerra la carcassa rimase solo come ricordo. Quando i piloti italiani all'inizio della guerra nel '40 si presentarono con i loro aerei alla Battaglia d'Inghilterra a fianco dei tedeschi che avevano gli Stukas, e gli inglesi i Spitfire e gli Hurricane, li pregarono in ginocchio di non volare sulla Manica con quegli aerei che consideravano "libellule", "cicogne" e non caccia. Le perdite alla prima uscita furono del 50 per cento, e il motivo era che nella nebbia (ma anche senza nebbia) volando senza radio si... perdevano. L'asso Luigi Gorrini (vedi qui altri suoi ricordi) amaramente commenta ancora oggi "Francamente avevamo solo gli occhi per piangere, abbiamo fatto la guerra in queste condizioni; non avevamo neppure le carte, dal momento che già in Italia andavamo avanti seguendo le carte stradali del Touring Club. Immaginatevi in Inghilterra con le nebbie! Dopo un combattimento rientrammo in 25 in quattro nazioni diverse, non si vedeva nulla se non i campanili. Sono atterrato avendo visto una pista ma era un'autostrada, e prima di me, lo avevano già fatto in quattro: uno andò a finire in una piazza d'armi ad Amsterdam, altri finirono fra i pini".  La nazione che aveva inventato la radio nel 1894, e già potenzialmente progettato un radar nel 1922! Ma se per l'"Aria" non avevano predisposto nulla, a "Terra" fu ancora peggio. Nessuno allo Stato Maggiore delle tre armi all'inizio della guerra aveva mai pensato a una contraerea per gli aerei nemici che volavano (e non per fare solo record) già a 600 all'ora, inoltre avevano la radio a bordo, la fusoliera in metallo, la cabina pilota chiusa e la mitragliatrice davanti sincronizzata all'elica. I tedeschi si presentarono alla vigilia della guerra con circa 6000 aerei, la Francia e l'Inghilterra ne schierarono 5000 ciascuna, e incredibile ma vero la Russia ne possedeva più di tutti: 10.000 velivoli. Già nel 1923 aveva creato la flotta civile Dobrolet (che nel 1932 prese il nome Aerflot) e le officine contemporaneamente e segretamente avevano sfornato migliaia di aerei militari. Nonostante questa supremazia (come nei famosi carri armati T 34) in Russia mancavano gli uomini capaci; a guidare l'esercito all'inizio dell'invasione c'erano solo gli inetti generali, i servi di Stalin. L'America invece come grande potenza non aveva proprio per nulla sviluppato un'aviazione come arma militare; la sua industria aeronautica si era sviluppata moltissimo e principalmente nel settore del trasporto civile e delle merci, del resto il grande territorio lo esigeva. Numerose le varie compagnie di bandiera già nel 1932 con in cielo i potenti Douglas DC-3 (già in 13.000 esemplari), poi i potenti Boeing 247, e nel 1935 i B-17; famosi poi in guerra come "fortezze volanti". Infatti quando scoppiò la guerra in Europa gli americani non erano pronti, ma gli bastò girare la "chiavetta della produzione", convertire gli impianti e in breve tempo le sue industrie (250 acciaierie contro le 4 italiane) iniziarono a buttar fuori dalle supercollaudate catene di montaggio decine e decine di migliaia di aerei. Ininterrottamente ne produssero 175 moderni ogni 1 (vecchio) aereo italiano che cadeva; qualcosa come oltre 100.000 aerei. In Italia era rimasto invece tutto in stallo fin dal 1936 e perfino sprovveduti nella stessa difesa aerea. Gli alti costi e i debiti fatti per l'"avventura" abissina avevano falcidiato tutte le spese di rinnovamento delle tre armi. Depennate fino al 1939-40. Dopo pochi giorni dall'inizio delle ostilità, gli italiani nel 1940, a Torino i bombardieri inglesi li scambiarono per aerei italiani e rimasero impotenti a guardarli mentre bombardavano gli stabilimenti, mentre 18 giorni dopo in Africa a Tobruck fecero l'incontrario, spararono su quelli italiani con una banale mitragliatrice Breda da 20 mm. Ma sufficiente per abbattere proprio l'aereo di Italo Balbo, che era un Savoia Marchetti 79; un telaio di tubi rivestito da una specie di tela cerata alluminizzata. 
Dieci giorni dopo, il 9 luglio 1940, a nemmeno un mese dall'inizio della guerra, l'aeronautica alla sua prima missione sullo Ionio in uno scontro a Punta Stilo con gli inglesi, era così poco coordinata che i gli aerei italiani arrivarono a dar man forte, ma invece delle navi inglesi bombardarono le navi italiane; 50 dei 126 aerei in missione si "sbagliarono" (!!!) e attaccarono le navi di bandiera. Gli SM 79, 80, 81, 82 erano comunque degli ottimi bombardieri, con tre potentissimi motori, purtroppo furono usati male, usati per fare trasporto, o peggio ancora, per fare (come Balbo) voli di ricognizione. Cioè come dire suicidarsi. Erano potentissimi ma estremamente vulnerabili perchè quando volavano basso bastava un buon fucile da caccia, per perforare i serbatoi e abbatterli. Per questo furono nominati "le vacche", o "debolezze volanti".GIANNI CAPRONI fece in tempo ad assistere a tutto questo sfacelo. Morì nel 1957. Non conosciamo la sua amarezza nell'aver assistito a una tragedia "annunciata". Proprio lui che aveva concepito fin dal 1930 e messo in cielo l'aereo che abbiamo riportato in apertura pagina: il Caproni 123. Caproni comunque resta un "grande"; un geniale italiano di tutti i tempi. Purtroppo incompreso (come abbiamo letto) fin dal primo giorno, quando aveva deciso di...volare anche lui, con... un suo aereo, subito dopo aver visto volare Wright. Il novello Icaro ci riuscì, ma anche a lui gli tarparono le ali!