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DA PAESE PONENTE A PAESE LEVANTE

 

 

Rocchetta: da paese ponente a paese levante

Insieme è possibile: esiste un io collettivo.

    Si può essere delusi, o veniamo tacciati di catastrofismo o, peggio, di moralismo gratuito? Io penso che se, perfino, gli elettori  di centrodestra incominciano a manifestare delusione per il più bravo “venditore di tappeti” al mondo: Berlusconi, figuriamoci noi se non possiamo dirci delusi da mezze figure di “amministratori per caso”. Un uomo di sinistra è storicamente più severo nel giudizio, quando una compagine governativa, a lui “amica”, non sente il dovere di attivare politiche rigorosamente progressiste. E a Rocchetta purtroppo la politica permane in uno stato di autoreferenzialità.  E a dispetto delle cattive condizioni oggettive del paese, i governanti si chiamano fuori o, peggio, si dichiarano non colpevoli.

Ho già, in altri momenti, fatto conoscere le mie posizioni rispetto alle forme organizzative di una comunità. E con tenacità ho compiutamente espresso che in una comunità per consolidare la democrazia, per fortificare il senso civico, occorre creare un sistema orizzontale di responsabilità. Ovverosia incoraggiare la presenza di istituti, di associazioni, di agenzie, di fondazioni, di comitati che con il loro dinamismo culturale sul territorio portano come valore aggiunto una maggiore cooperazione tra gli individui e le istituzioni, rafforzando il senso di appartenenza.

La struttura socio-politica, a Rocchetta Sant’Antonio, era e rimane, strettamente autocratica e accentrata. Basata su un’organizzazione gerarchica e verticale. C’è solo il sindaco e poco più. Che con la legge 142/90 somiglia più ad un borgomastro. Ad un autocrate. E questo favorisce il clientelismo e lo scambio di voto. Mortifica il diritto e alimenta il privilegio di pochi. I cortigiani, appunto. Mentre la generalità della popolazione, con tutte le dovute riserve, continua ad elemosinare attenzioni. Pratica, che umiliando il diritto di cittadinanza, produce disaffezione ed emigrazione; provocando la silenziosa e progressiva morte del comune. In termini di partecipazione e in termini demografici.

 Le scienze sociali indicano che le istituzioni, tramite i loro rappresentanti, possono “influenzare la politica e strutturare il comportamento della popolazione; ma che anche le istituzioni sono condizionate dalla storia, giacché le istituzioni democratiche incarnano le traiettorie e le svolte storiche”. Ossia la storia condiziona ciò che viene dopo e che quindi l'ambiente influisce sulle istituzioni.

Per essere chiaro: l'efficienza delle istituzioni democratiche - municipalità, enti locali, ecc.- è collegata ai fattori socioculturali dei territori e allo sviluppo della "Cultura Civile". E quindi il costume di una società e l'esercizio della politica devono trovare un connubio, poiché l'una sostiene l'altra.

 Questo significa costruire una comunità “orizzontale” che recide nettamente quel "velenoso" rapporto verticale – dove con la delega i sudditi, una volta votato, sperano che “l’onorevole non si scordi di loro” - La comunità orizzontale è fatta di una rete di "luoghi di discussione", di circoli, di associazioni che incarnano e rappresentano istanze di bene pubblico, che partecipano da protagoniste nell'influenzare i programmi amministrativi.  Ed è a tale proposito che invito quei rocchettani  più laboriosi e animati da  civica sensibilità ad interrogarsi se non è il momento, questo, di metterci uno di fronte all’altro per costituire una forza politica e culturale capace di darsi una solida ragione organizzativa  da contrapporre agli interessi del cartello dei tecnici che regnano sul nostro paese.

La colpa non è nella fatalità geografica ma, come diceva l'economista Adam Smith, “delle eredità storiche e culturali”. Il Sud è in ritardo non perché i suoi cittadini siano malvagi, ma perché essi sono intrappolati in una struttura sociale e in una cultura politica che rende difficile e addirittura irrazionale la cooperazione e la solidarietà. “Anche un cittadino che sia dotato di "senso civico" se inserito in una società priva di senso civico è destinato a comportarsi in modo fatalistico e in modo non cooperativo”, ci ricorda realisticamente il ricercatore di "tradizioni civiche" Robert Putnam.

Più semplicemente, a me sembra che, mentre i cosiddetti politici ingannano i santi, la condizione sociale e culturale del mio amato paese si prefiguri ancora come luogo dove “la gente guardava fuori della mezza porta, di fronte agli avvenimenti……mentre scoppiavano i fuochi sul Basento.”

Perché questa lettera? Cosa è questa stranezza? È  semplice. Siamo contro le foglie di fico. Quelle foglie che coprono le vergogne di una cultura politica ottocentesca. Che tiene cinicamente sequestrato il voto con false promesse. Che  ricatta i bisogni della gente mentre il Principe soddisfa i suoi appetiti. Quando le stranezze cominciano, chi le ferma più? Troviamoci in mezzo alla strada - come i cafoni di Fontamara in mezzo alla via - e discutiamo sul da fare. Dieci. Venti persone. E’ una stranezza. E per essere una stranezza sarebbe un ottimo risultato. Un’ottimistica partenza.  Il nostro non è un invito ad anticipare la democrazia diretta, è solo un invito a  discutere su Che fare? Non è colpa nostra se a Rocchetta le istituzioni politiche e partitiche sono gusci vuoti! Qualcuno si può domandare! Siamo pazzi? Dove vogliamo andare? Ma la domanda è più difficile della risposta. Rispondo con una domanda: voi siete contenti? I vostri bisogni sono stati soddisfatti?  A Fontamara dopo tante pene, tante lacrime,  tante piaghe, tanto odio, tante ingiustizie e tanta disperazione, tutti i cafoni ad un certo punto si domandarono - in mezzo alla via - Che fare?

Può l’uomo rinunciare a ribellarsi se gli viene tolta la dignità? Sì. Se è nei secoli assuefatto alla sofferenza. Il sentimento di rassegnazione Rocchetta può essere estirpato se i suoi cittadini, rompendo gli schemi tradizionali, si riprendono il diritto naturale di essere sovrani e non più sudditi. Siamo nell’oscurità: che fare? Tutti abbiamo, ora, una casa, ma è chiaro che se le condizioni sociali ed economiche sono  e rimarranno sofferenti, non possiamo restarvi: che fare? Ci negano una vita dignitosa: che fare? Il sindaco è un falso avvocato del popolo (?): che fare? Nessuno discute più sul futuro di Rocchetta: che fare? Quando le stranezze incominciano, chi le ferma più. Che fare? Si vuole fare un comitato elettorale popolare che raccolga la spinta dal basso. Un comitato unitario dei cittadini tale da raccogliere le istanze di bene pubblico e farne proposta politica.

 Un vecchietto, a Rocchetta, laconicamente e amaramente, ogni volta che l’incontro e lo abbraccio, ammette: “Qui, mai nessuno ha detto stiamo N’GRAZIADDIO!” Non è più tempo di chiudersi in casa. E sbirciare dalla mezza porta il sorgere del sole. Il futuro si sta avvicinando a grandi passi. Anzi. È già qui. È oggi.

empaticamente, Vito Feninno

        

 
 

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