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Il palazzo e i cittadini

 

 

IL PALAZZO  I CITTADINI E LA TIRANNIA DEL PRINCIPIO DI REALTA’.

 

Cari concittadini,

dopo le consultazioni amministrative del 3 aprile 2005, che hanno assicurato al nostro paese un governo ed una opposizione, sono giunto al punto di chiedermi se valesse più rimanere in silenzio o se pronunciarmi. Ossia: reclamare, ancora, il diritto di parola o rispettare il dischiuso voto amministrativo, visto che io stesso sono stato sul punto di presentare una lista elettorale.

Personalmente ho sempre pensato che il silenzio è dannoso e ritengo che assuma connotati di corresponsabilità riguardo alla storia comune di cui siamo sia spettatori che attori. Indi, come tutte le pause di riflessione anche la mia va portata a profitto: senza perdermi di coraggio e di tenacia voglio affrontare una riflessione, diciamo, a porte aperte.

Certamente è una impresa difficile rendere compiuto un pensiero per mezzo stampa, ma impegnarsi, ora , in un comizio si può scadere nella farsa. Tuttavia, pur in questa surreale situazione, penso che la parola debba sempre sostituirsi al silenzio e trovare cittadinanza. È la parola l’inestimabile valore della sana convivenza civile e forza motrice della sana dialettica tra gli individui affratellati nella prospettiva di portare a successo tutte le “questioni” di comune interesse. Soprattutto le questioni del nostro benamato paese: Rocchetta S. Antonio.

Orbene. Rocchetta è storicamente in una difficile impasse, in termini DEMOCRATICI, SOCIALI, DEMOGRAFICI, ECONOMICI, AMBIENTALI, CULTURALI, STORICO-GEOGRAFICI,  MORALI, SPIRITUALI.

Tutti i giorni si mietono in piazza tali questioni! Questioni che intossicano il paese! Qualitativamente, in modo didascalico, i problemi sul tappeto, per me  sono:

- DEMOCRATICI, scarsa partecipazione dei cittadini rispetto al processo delle decisioni; niente consigli comunali aperti; niente comitati di gestione; niente referendum sulla gestione del territorio; niente bilancio partecipato. Si fa prevalere il diritto di servitù delle istituzioni per fini impropri.

- SOCIALI, scarsi servizi alle famiglie e alle persone; scarsi luoghi di aggregazione; scarsa coesione sociale; mancanza di solidarietà e quindi mancanza di senso di appartenere ad un destino comune.

- DEMOGRAFICI, dopo i braccianti e i contadini, continua l’esodo da lavoro degli “intellettuali” e/o degli scolarizzati. Partenze che aggravate dalla caduta della natalità provocano un veloce invecchiamento e un indebolimento del tessuto socio-economico del paese.

- ECONOMICI, la base imponibile del paese rappresentata largamente da reddito da pensione e la presenza di attività agricola estensiva e non di una agricoltura intensiva frenano la crescita della ricchezza interna del paese. Occorrerebbero politiche e attività di cooperazione, mettendo a frutto il grande patrimonio demaniale e degli usi civici. E promuovere consorzi artigianali.

- AMBIENTALI, la campagna è sempre più solcata dalle rughe del dissesto idrogeologico, spoglia di macchia mediterranea. Un quadro ambientale che denuda quello che resta del paesaggio: un  mutamento delle amene colline crocifisse per aver introdotto elementi di conflitto tra natura e progresso; accettando remissivamente un modello di sviluppo imposto dall’esterno e fondato sullo scambio: svendita del territorio in cambio di soldi. E pensare che uno studio americano, tra i quattro luoghi ideali individuati in Italia per impiantare centrali eoliche, non ha fatto per niente accenno ai Monti Dauni.

- CULTURALI,  è un segnale di debolezza culturale la battaglia a favore dei centri minori. La difesa del localismo, che sembra più un concentrato di provincialismo, è un atteggiamento politico culturale di avversione ad un modello di società aperta e al nascente multiculturalismo. Atteggiamenti di questo tipo hanno gia consegnato alla storia l’orrore del nazional-socialismo tedesco. Un atteggiamento politico culturale di questo stampo, cioè che guarda più alla difesa del  sogno arcadico, alimenta un processo culturale antistorico e prepara il terreno culturale per la nascita di un pensiero pessimistico verso la possibilità di abbracciare tutta insieme l’umanità.

- MORALI, ci sono seri motivi per ritenere che si guardi alla politica per la tutela di interessi costituiti.

- STORICO-GEOGRAFICI, Rocchetta purtroppo è divenuto un paese dove stare un momento, una sola “stagione”, e poi andar via. È un paese isolato, privato delle meraviglie, una periferia senza un palcoscenico storico-artistico perché la creatività politica non ne sa esaltare i suoi sapori. Un luogo resistente, chiuso nella sua  malinconia, che scava dentro se stesso senza riuscire a cercare qualcosa che non è ancora rivelato. 

- SPIRITUALI, controllo del pensiero culturale e politico da parte degli operatori “istituzionali” che facendo leva sullo stato di bisogno materiale e spirituale dei cittadini difatti confinano la volontà delle persone in uno stadio di libertà vigilata.

In più, in piazza, il sentimento di rassegnazione infuriava e il sentimento di rinascita reclinava, perché entrambi bruciati a causa delle scorie radioattive sprigionate da un comportamento politico culturale fondato sullo spicciolo tornaconto dei “cortigiani” e di un abbondante tornaconto dei pochi azionisti della “consorteria del salame” che sale le scale del Palazzo.

Era  per reagire a queste valutazioni, che volevo misurarmi in un confronto politico di carattere amministrativo, nostrano.

Ma cosa non ha funzionato che, alla fine, ha fatto esplodere questo progetto?

Le ragioni possono essere tante. Ognuno di noi, certamente, può abbracciare quella che più sente vicina ai propri più intimi convincimenti. Personalmente penso che la unica vera ragione riposa doverosamente nell’assunto che vuole che siano le condizioni oggettive a fare da leva all’uomo affinché egli si faccia attore e protagonista della storia. Cioè, non bastano le parole per prendere coscienza delle dure condizioni, ma bisogna aspettare che la ciotola si svuoti completamente prima che la testa da reclinata assumi una posizione dignitosa.  

Una seconda ragione risiede nel “gusto” politico-popolare. Mi spiego. Tutte le forze politiche locali, contrapposte alla maggioranza uscente, ci hanno strenuamente lusingati al fine di farci desistere dal nostro autonomo intendimento. Culturalmente non acconsentivano di vedere scendere in campo una lista “esterna” dai partiti storici o, meglio dire, fuori dal controllo di chi “organizza” la campagna elettorale dei partiti storici. Non potevano mettere a repentaglio gli equilibri di potere acquisiti. Personalmente mi si può imputare di aver tradito gli ideali, e di non aver avuto la forza di compiere quell’atto di eroismo solitario, ma seppur per questo c’è da versare qualche lacrima, mi consola il fatto che gli ideali sono salvi perché noi non eravamo “nella” alleanza ma “con” l’alleanza, cioè non organici ma separati in casa; ma l’ardore del “vento della leggenda”, che rimescola, che ossigena, si è raffreddato anche a causa della resistenza del luogo,  

RAFFREDDATO DALLA TIRANNIA DEL PRINCIPIO DI REALTA’

che segretamente vive nell’anima di ogni singolo, anche in quei pochi che inizialmente hanno promosso e creduto, con me, di poter guardare oltre (il principio di) la realtà. Ma la storia, come sappiamo, va avanti e compierà il suo corso, non si ferma all’oggi, e non si fermerà se non al suo culmine coincidente con la fine dei tempi.

Chi ha vinto le elezioni? Risposta difficile! Certamente il paese è in ginocchio ed è difficile che, per il momento, si alzi, perché nessuno sa ancora a che punto è la notte!

Ma al momento bisogna avere il coraggio di riconoscere che un passaggio si è concluso e che solo la storia si incaricherà di farsi garante delle responsabilità e della verità.

Prima di congedarmi, permettetemi di elogiare un grande meridionalista, Salvemini, che diceva: “la piccola borghesia intellettuale si è collegata alla disperazione e al malcontento dei cittadini indifesi di fronte al ricatto e alle promesse, e diventando così strumento di una politica reazionaria”; “la piccola borghesia sfrutta il potere comunale perché ogni professionista disoccupato, o aspirante a impieghi, cerca di diventare un impiegato comunale, ….. quelli che rimangono fuori da questi impieghi cercano di mettersi al posto di quelli che sono dentro; così quelli che sono riusciti a conquistarsi un reddito a carico del bilancio comunale e quelli che vogliono conquistarselo formano due partiti amministrativi e non politici”. L’epilogo di questa amara ma fortificante esperienza mi restituisce alla mia famiglia; ma….

sempre caro mi è quest’ermo colle…..

Con rispetto di me e di tutti, cordialmente FENINNO VITO.              

ROCCHETTA S. ANTONIO  25 LUGLIO 2005

 

 

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