La Maestra: Martha Graham

 

Martha Graham: vita e opere

Martha Graham (1894 - 1991) è considerata la grande madre della danza moderna e una figura di primissimo piano dell'arte novecentesca. Sebbene, a suo dire, la passione per la danza fosse malvista in famiglia,  fu proprio il padre, che la accompagnò ad uno spettaolo di Ruth St. Denis, a farla innamorare definitivamente della disciplina. Nel 1916 è alla corte Denishawn; nel 1918, divenuta la pupilla di Ted Shawn, debutta con un ruolo di primo piano in Xochitl dove impersona una ragazza che difende ferocemente e vittoriosamente la propria virtù dagli assalti lubrici dell'imperatore tolteco inebriato non solo dalla sua bellezza, ma anche dal pulque, una bevanda alcolica distillata dal padre di lei. Durante la tournée del 1922 - 1923 si esibisce in Valse Aragonese, Malaguena e Serenata Morisca in cui risaltano "i suoi capelli scuri, gli alti zigomi e il corpo, piccolo e forte". 

          Lasciata la Denishawn School, nel 1926,  assieme a Evelyn Sabin, Betty McDonald e Thelma Biracree, inizia a progettare le proprie coreografie e, nel triennio successivo, si libera progressivamente dell'orientalismo Denishawn avvicinandosi, parallellamente e coerentemente, alla musica contemporanea.
          Tale ricerca, non priva delle contraddizione tra una veste formale ancora liricamente composta e un simboleggiato inquieto, produce, come forma più alta, Heretic (1929) "
in cui (...) mostra di essersi definitivamente liberata dalle sovrastrutture del passato. La danza, semplicissima nella struttura, è già indicativa di quella scarna linearità che caratterizzerà le composizioni degli anni successivi. Sulla melodia ripetitiva di un canto popolare bretone, il gruppo, schierato a muraglia, con movimenti minimi, svolge una dinamica di movimento più potenziale che attuale, compressa in posizioni piuttosto statiche e angolose, significative di ostilità e di intolleranza, mentre la figura danzante nell'assolo, l'eretica, si muove con maggiore libertà, ma producendo anch'essa l'effetto di una compressione d'energia". In Lamentation (1930) "eseguito per intero da seduta (...) sotto la stoffa di un ampio costume (...) compie un miracolo di sintesi assoluta, di concentrazione del movimento in pochi tratti interiorizzati, che ignorano lo spazio circostante per condensarsi energicamente nell'unico spazio totalizzante dell'Io". Del 1931 è Primitive mysteries, "basata sui rituali degli indios cristianizzati d'America (...)" che raffigura "con incisività pittorica un gruppo di donne che celebrano la Vergine Maria ripercorrendone la vicenda, attraverso la rappresentazione sacrale del dolore di fronte al crocefisso e l'esplosione di gioia in seguito alla resurrezione del Cristo. La traduzione del rito in termini di movimento esprime compiutamente la volontà della Graham di manifestare nell'arte il potere creativo  della religioone: volontà insita nella sua profonda concezione della danza come celebrazione dell'uomo, e dunque anche della tendenza umana costantemente proiettata verso la trascendenza, verso il superamento di sé".
          Del 1935 è Frontier, in cui l'artista "
evoca, attraverso l'ampiezza del suo movimento, il senso di dominio di un grande spazio immaginario, trasfigurandosi nel potente simbolo di una pioniera che affronta risolutamente il grande continente americano. Lo scenario (opera del fedele Isamu Noguchi) è costituito da un semplice steccato, posto all'estremità del palcoscenico. Due funi si estendono in avanti, dipartendosi dallo steccato e sparendo tra le quinte, a formare un'ampia V, che dà l'impressione di una pianura sterminata (...) Il movimento della Graham si svolge a ondate successive, come se la figura danzante, sola, afferrasse porzioni sempre maggiori di spazio. La frontiera americana pulsa di vita, di dinamismo ottimista: come una donna che si sposta intrepida, all'infinito, animata da una grande volontà di sfida, mossa dalla fiducia nel domani". Interessanti le sue dichiarazioni sull'America: "Noi ci muoviamo, non restiamo immobili. Non siamo ancora arrivati all'epoca dell'inventario".
          Nel 1940  con Letter to the world porta sulla scena la vicenda di Emily Dickinson come contrato tra la sensibilità femminile e la repressione puritana, iniziando quell'introspezione psicologica che sarà il marchio dei suoi lavori successivi, Death and entrances (1943), Hérodiade (1944), Appalachian spring (1944), Cave of the heart (1946), Errand into the maze e Night journey (1947). Nel 1955, con Seraphic dialogue,  rielaborazione di  un lavoro del 1951, The triumph of Joan, la consueta introspezione psicologica dell' eroina (Medea, Giocasta, la Dickinson, qui Giovanna d'Arco),  è complicata dalla frantumazione temporale e soggettiva: Giovanna d'Arco ricorda infatti i momenti salienti della sua vita - come vergine guerriera e martire: al diacronismo - teatrale - della rimembranza si accompagna la differenziazione della figura centrale in tre aspetti interpretati sulla scena da tre diverse danzatrici. Tale procedimento è riconfermato da Clytemnestra (1958) dove è utilizzata nuovamente la tecnica del flash back, secondo una logica psicologica che prescinde da quella temporale: "la protagonista è nell'Ade, dopo la morte. E' sola contro se stessa. Cerca di comprendere il proprio passato e il proprio destino. Cerca di far riaffiorare a uno a uno  i suoi dolorosi ricordi. E il tormento del suo spirito è infinito."
          Al 1959 risale la storica collaborazione con George Balanchine, Episodes: "
il genio del neoclassicismo ballettistico collabora con la più grande coreografa della modern dance. I due massimi tronchi della danza occidentale del Novecento, geneticamente in contrapposizione, celebrano per la prima volta il loro avvicinamento". One more gaudy night (1961), Legend of Judith (1962), Circe (1963) ne riconfermano la fama; dopo un un periodo di stasi (seguito alla sua ultima apparizione in pubblico, il 20 Aprile 1969) ritorna con Lucifer (1975) i cui ruoli principali sono affidati a Rudolph Nureyev e Margot Fonteyn; lo stesso Nureyev collaborerà, nello stesso anno, a The scarlet letter.
          Del 1981 è Acts of light, che "
ha il respiro e l'imponenza di un riassuntivo testamento spirituale, con tutta l'aria di un'opera conclusiva di un'immensa carriera di creatrice". Nel 1984, novantenne e implacabile,  firma The rite of spring, dallo stravinskiano Sacre du printemps, riproposto in Italia nell'Agosto dello stesso anno ed è insignita della Legion d'Onore da François Mitterand

La tecnica di Martha Graham

          "Il punto di riferimento fondamentale della tecnica Graham è l'arte della respirazione (...) l'esercizio  basilare (...) per l'allenamento alla danza: il CONTRACTION - RELEASE, movimento di opposizione di due forze contrarie e complementari che segna il flusso della respirazione. La CONTRACTION consiste in un'energica spinta della vita all'indietro, mantenendo una costante tensione dei muscoli del bacino che, per naturale conseguenza, vengono spinti in avanti 'producendo' una curva concava nella parte finale della spina dorsale (...) tramite le spinte opposte e complementari del bacino in avanti (...) e della vita all'indietro. La contrazione avviene insieme all'espirazione: nella posizione di partenza, in cui la spina dorsale era assolutamente eretta è stata compiuta l'inspirazione, subito dopo l'aria incamerata viene  viene spinta all'esterno contemporaneamente alla contrazione". Il RELEASE "si svolge insieme a una nuova inspirazione" ed è non un rilassamento, ma "una scarica d'energia che si estende in senso opposto rispetto alla contrazione, ma che viene diretta dalla forza del medesimo impulso".
          In questo senso sono da interpretare le 'cadute' alla Graham, non abbandoni come mancanze di forze, ma "
scariche di energia verso il basso, pronte a proiettarsi di nuovo verso l'alto spinte da una energia che, partendo dal bacino, muove tutto il resto".
          "
Se si tenta di dare un'immagine esemplificativa all'atto del CONTRACTION - RELEASE, si può pensare alla figura del circolo, senza inizio e senza fine: quel movimento consiste infatti nel mettere in moto una specie di circuito d'energia in cui la prima pulsione dinamica dà necessariamente vita alla seconda, che a sua volta nasce come naturale conseguenza della prima di cui al tempo stesso rappresenta già l'inizio, il punto di partenza. L'atto dialettico del CONTRACTION - RELEASE si configura, in pratica, come una sorta di visualizzazione dell'atto respiratorio: spinta in senso verticale nel RELEASE, proprio come accade durante l'inspirazione, in cui il corpo si tende verso l'alto, e spinta orizzontale nella contrazione, così come nell'espirazione l'uscita dell'aria provoca una curva del corpo nel senso della profondità".
          "
La seconda caratteristica fondamentale (...) è un costante rapporto con il suolo. I piedi naturalmente sono nudi, espressivi di un simbolico nesso con l'humus terreno (...). La costante relazione con il suolo, la battuta del piede sul terreno definiscono simbolicamente una ripresa di contatto con le forze naturali e concrete, in contrapposizione con il librarsi etereo del balletto classico"
          Altra caratteristica fondamentale  consiste nel "
rendere espressiva ogni minima parte del corpo" in modo che il "danzatore [sia] interamente coinvolto nel movimento" e "lo spettatore recepisca come significante la totalità del corpo che vede danzare". In tale modo di concepire la danza (in cui si intravedono agevolmente rielaborazioni delle teorie delsartiane apprese sotto il magistero Denishawn) "la dinamica è energica, aggressiva, fatta di scatti improvvisi e di torsioni espressive" molto "lontani dalla leziosità e dai manierismi del balletto ottocentesco, un linguaggio di movimento in cui una mano sul cuore significava amore".

Martha Graham e Louise Brooks

          Qui di seguito, in inglese, un estratto dall'autobiografia di Martha Graham Blood memory, Doubleday, 1991 (ed. it. Memoria di sangue, Garzanti, 1992, presentazione di Leonetta Bentivoglio). I due episodi raccontati dalla Graham sono presi di peso (o rubati) dall'intervista di Kenneth Tynan del 1979, The girl with the black helmet, sul New Yorker. Che una egocentrica come la Graham ricordi tuttavia con affetto la sedicenne Louise  vale sicuramente più di un paragrafo originale.

"Louise Brooks was a member of the Denishawn company and breathtakingly beautiful. She wore her hair always in that pageboy. Everything she did was beautiful. I was utterly absorbed by her beauty and what she did. Even before she was introduced to me, I remember watching her across the room as she stood with a group of girls from Denishawn, all dressed alike. Louise, though, was the absolute standout, the one. She possessed a quality of strenght, an inner power that one felt immediately in her presence. She was very much a loner and terribly self - destructive. Of course, it didn't help that everyone gave her such a difficult time. I suppose I identified her as an outsider. I befriended her, and she always seemed to be watching me perform, watching me in the dressing room. She later said, "I learned how to act watching Martha Graham dance".
Louise was quite young, sixteeen or so, and had a habit of wearing a very tight pair of shoes. Well, this made me angry, and before we were to go on the stage one evening for a performance, I grabbed her, shook her, and yelled at her that she was going to ruin her feet with those tight shoes.
i remember one time with Louise in the wings when we received a phone call from Ted Shawn. We were on the road, on the circuit, without him, and he was calling to tell us that our work was unsatisfactory. He wanted us to return home to Los Angeles. I don't know who received the call and was relaying his message to the rest of us. All I know is that that particular phone was the old - fashioned kind you had to crank I said, "The hell with you, I will not be talked to that way".
I got up from my chair, went to the wall, pulled the telephone right off the wall, and threw it onstage. I think that Louise and the rest of the dancers were stunned, but when called upon, my temper was ready. I was a heller! I was capable of great violence, which those around me called my 'black Irish rages'. I had a very bad temper, very bad. I still have it though I do not use it often. I've learned not to allow myself to indulge in it. But I can use it, if need be, on occasion.
Once, Louise and I were backstage preparing to go on, and I was pinning flowers into my hair, arranging the bottles of makeup that were in front of me, deciding which creams to apply. We had our own Denishawn body cream that we used to cover our skin, and since it was specially made for us, we had to carry around our own bottles on tour. Louise was on my right in the dressing room, and a few other girls were there as well.
I cannot say for certain what I was thinking of, but some anger seized me - and I took one of the bottles and smashed it against the mirror, which shattered into a thousand pieces. I said nothing. Louise said nothing. I simply gathered my belongings and moved to another mirror. I happily applied my makeup; we went onstage"

Louise Brooks e Martha Graham

Qui di seguito un breve estratto da The girl with the black helmet, di Kenneth Tynan, pubblicato sul New Yorker l'11 Giugno 1979

"[Martha Graham] whose genius I absorbed to the bone during the years we danced together on tour. She had rages (...) that struck like lightning out of nowhere. One evening when we were waiting to go onstage - I was sixteen - she grabbed me, she shooked me ferociously, and shouted, "Why do you ruin your feet by wearing those tight shoes?". Another time, she was sitting sweetly at the makeup shelf pinning flowers in her hair when  she suddenly seized a bottle of body makeup and exploded it against the mirror. She looked at the shattered remains for a spell, then moved her makeup along to an unbroken mirror and went on quietly pinning flowers in her hair


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