La tecnica di Manhattan

di Ruth Waterbury

 

"Vivo solo per la mia arte" disse Louise. "Leggo solo libri istruttivi". Guardò in su, da sotto le lunghe ciglia, per vedere se la cosa funzionava.
          "Sii te stessa" le consigliai.
          Il suo sorriso è pigro come il suo modo di parlare. "Allora non avrò niente da dire", mi avvertì.
          La incoraggiai: "Questo non ha mai impedito di fare un'intervista". Stavolta l'occhiata che mi raggiunse proveniva da due occhi come quelli della regina di Saba.
          "Mi uccide questa gente del cinema" disse strascicando le parole "Non ne avevo mai incontrata, fino a quando non feci il mio primo film. All'inizio non riuscivo a dar loro retta. Vanno in giro, continuano a ripetere 'questa è un'idea favolosa', oppure 'senti questa, bambola'" - fece una pausa come per cercare l'espressione giusta, poi sospirò. "Mi uccidono", confessò alla fine.
          Descrivere Louise non è certo facile. E' così tipicamente "Manhattan". Molto giovane. Squisitamente spietata. I suoi occhi neri, e i suoi capelli lisci dello stesso colore sono lucenti come lacca cinese. La pelle è bianca come una camelia. Le gambe sono liriche. E' stata per tre stagioni uno degli elementi decorativi della vita notturna di New York. George White la presentò per primo, in Scandals, Ziegfeld la scritturò per la stagione seguente, per le sue Follies.
          Le stette attaccato finché il cinema non se la portò via.
          Il suo debutto cinematografico avvenne in The American Venus; faceva solo una piccola parte. Dopo tutto, per quel film era stata appositamente ingaggiata Fay Lanphier, allora Miss America; e c'erano pure Esther Ralston e tutta l'intera parata delle bellezze di Atlantic City per lustrare gli occhi allo spettatore, mentre Ford Sterling, Edna Mae Oliver e Lawrence Gray dovevano recitare un poco.
Nessuno pensava che Louise dovesse essere particolarmente importante, e Louise non si prese la briga di ricordare a nessuno che, invece, lo era.
          Poi alla Paramount videro le scene in cui compariva, e la scritturarono per cinque anni: dimostrazione lampante di quanto sia brava.
          Quando cominciò a lavorare nel suo secondo film, A social celebrity, di Menjou, si accorse che le avevano affidato il ruolo di una manicure. Era un ruolo marginale, ma nessuno si ricorda che abbia protestato. Disse che l'avrebbe fatto. Il regista era Mal St. Clair.
          Ma, non si sa perché, Greta Nissen rinunciò al film e al ruolo di protagonista. La parte fu praticamente rifatta, e prima che chiunque se ne accorgesse, Louise se la prese. Lei interpretava sempre il ruolo della manicure,ma era quello, ora, il ruolo principale. Menjou e St. Clair dicono che è una delle più grandi attrici che abbiano mai visto, e lo staff pubblicitario della Paramount è d'accordo con loro. Sì, Louise è davvero brava.
          Era a letto quando ho suonato alla porta, quasi completamente coperta da una veste da bagno di spugna turca. Era mezzogiorno, ma si era alzata presto per una cavalcata. E dopo una cavalcata, mi ha spiegato, lei deve ricevere a letto.Ha cominciato la sua carriera presso Denishawn, la scuola di danza di Ruth St. Denis e Ted Shawn. Ha studiato due mesi, dopo di che l'hanno scritturata per danzare nel loro tour, come solista. "Dovevi aver dimostrato molto talento se ti hanno affidato subito un ruolo di solista" le dissi.
          Un'altra occhiata saggia volò verso il cielo.
          "Avevano bisogno al più presto di qualcuno. Qualcuno che fosse giovane e poco costoso" mi spiegò. La possibilità che si faccia imbrogliare mi sembra molto remota.
          "Miss St. Denis è molto severa", aggiunse. "Non ci lasciava fumare, né mangiare dolci, e non potevamo stare alzate fino a tardi. Non facevamo altro che lavorare e ballare. Alcune ragazze, così, diventano vere artiste. Io ho viaggiato per tutta l'Europa, con loro, e sono stata due anni con la loro compagnia".
          "Dopo di che, Scandals"
          Gli angoli della bocca di Louise si alzarono impercettibilmente.
          "" disse con quella voce calma e pigra "subito dopo. Figurati" Languide luci di soddisfazione apparvero nel profondo degli occhi.
          Ha appena diciannove anni.
         
"Per il mio terzo film" mi spiegò, spostandosi lentamente "vogliono che sia la partner di W. C. Fields in The old Army game. Ho già recitato con lui nelle Follies, e ora pensano di farmi di nuovo lavorare con lui. Ma io non lo farò". "Ma ti hanno già annunciato nel cast" protestai debolmente.
          "Sì, lo so" disse Louise, oh, con una tale calma! "Credono che io sia disposta a farlo, ma io non lo sono. Non voglio fare il ruolo con un buffone che mi gironzola sempre attorno, e non lo farò"
          Non ha mosso nemmeno una ciocca dei capelli nel fare una simile dichiarazione di guerra. E' di una semplicità meravigliosa. Senz'altro saprà fare in modo, per tutta la durata del suo contratto, che la vita familiare degli studios della Paramount non diventi mai noiosa.
          "Voglio fare delle cose tipo Gloria Swanson" confessò "Tutta questa gente del cinema" si interruppe, in cerca di una frase "Mi uccidono", concluse "Ma Gloria l'ammiro, ammiro la sua carriera. E' andata dritta per la sua strada e ha fatto solo quello che voleva, e questo mi piace"
          Louise e Gloria, nel profondo, potrebbero davvero essere sorelle, anche se io dubito che la giovane Swanson avesse la calma di Louise e la sua perfetta conoscenza del proprio futuro. Ma l'ambizione, la capacità di togliersi da tutto ciò che è inutile e ingombrante lungo la strada del successo, il magnifico, irresistibile fascino di una personalità giovane, completa, queste sono qualità che hanno in comune. Gloria, la magnetica, difesa dal baluardo del successo, è sicuramente materna.
          La camera da letto di Louise è piena di bambole, tra le quali campeggia un cane di pezza grande come Nana, la cagna bambinaia di Peter Pan.
          Mi spiegò che è originaria di Wichita. "La tua famiglia non è eccitata dal tuo improvviso successo?" le chiesi. Mi guardò con attenzione e smosse lievemente le coperte. "Non ne sanno niente", disse strascicando le parole. Aspettò un momento, e poi sorrise.
          "Mia madre e mio padre si sono separati quando io ero ancora una bambina ", mi spiegò. "Mio padre pensa che io sia qualcosa di terribile". I suoi occhi neri erano languidi.
          "Nella nostra famiglia ognuno doveva arrangiarsi da solo". Sorrise ancora una volta, poi mosse la piccola mano bianca a indicarmi l'appartamento: il suo appartamento di Park Avenue, e a Manhattan non c'è niente di più solennemente solenne di un appartamento di Park Avenue.
          "Bene" disse Louise "io ce l'ho".

Ruth Waterbury, The Manhattan tecnique, "Photoplay", April 1926

 

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