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Tiberio "imperatore-talpa"
sepolto vivo a Firenzuola

    

[ Tiberio, Giulio Cesare Augusto ] Non a tutti i potenti della terra, sia pure grandissimi, è dato d'entrare nella leggenda popolare, anzi, è cosa riservata a pochi. Augusto, che pure ha dato il nome ad un mese, non è tra questi, mentre lo è il suo successore Tiberio, imperatore dal 14 al 37 d.C.
 
Grande amministratore e consolidatore del suo dominio, nato per il potere, che ottenne più per volontà del destino che sua, quando lo ebbe, fece sul serio e lo esercitò inimicandosi senatori e patrizi, i quali gli organizzarono contro congiure da lui represse nel sangue.
Fuggì da Roma arroccandosi a Capri, da dove governò lo Stato, con la flotta pronta a salpare in caso di insurrezione. Di là prese avvio la sua leggenda, creata in parte da storici e potenti che lo odiavano.
Fu dipinto come un mostro sanguinario, delirante nella vecchiaia. Nell'isola di Capri, dove aveva fatto costruire la Villa Jovis, si trova il salto di Tiberio, rupe a picco sul mare dalla quale faceva volare gli indovini che sbagliavano le previsioni.
La sua specialità erano le grotte che scavava in luoghi dirupati e attrezzava lussuosamente. Ne aveva una collezione, un po' dappertutto. La più famosa è la Grotta di Sperlonga (Latina), spelonca costiera che, secondo la tradizione, Tiberio incluse in una sua villa fastosa, dandole una sistemazione monumentale.
Un'altra Grotta di Tiberio si trova nel sistema di grotte marine che si aprono nella costa di Capri.
Ad Arco (Trento) la torre della rocca è detta di Tiberio, perché si dice che vi avesse fatto costruire una fortezza, munita di un immenso sotterraneo per sua sicurezza. Così a Rivola (Ravenna), in una fenditura nella roccia in cui scorre il fiume Serio si apre un grande antro nel quale si vuole nascosto il tesoro che vi fece seppellire questo imperatore-talpa.
Cosa cercasse il sovrano sotto terra si può capire però da una leggenda su un'altra non molto nota Buca di Tiberio. Questa si trova in Toscana e si apre nelle pendici della montagna, nei pressi di Cornacchiaia, non lontano da Firenzuola. Lì sarebbe morto e non a Capri, come vuole la storia.
Capitato da quelle parti un indovino gli aveva predetto che sarebbe stato fulminato da una saetta. Terrorizzato dal vaticinio, il Principe andò a ripararsi in quella tana, da dove non ebbe più il coraggio d'uscire e ordinò alle sue truppe di scavare finché la caverna fosse tanto profonda da non sentire più il rombo dei tuoni.
I soldati scavarono tanto che gli asini impiegavano un giorno intero per portare la terra dal fondo della caverna fin'all'entrata. Alla fine, stufi di quella pazzia, gli misero nella buca provviste per vivere un secolo e lo lasciarono al buio nell'antro. Tiberio ci rimase per anni beato. Però, col passare del tempo, ricominciò a far capolino alla luce, nei giorni in cui il sole spaccava le pietre, pronto al primo refolo di vento o alla prima nuvoletta a rintanarsi di furia. Una volta però s'appisolò al sole, il cielo si rannuvolò e una saetta lo incenerì. Il vento soffiò via la sua cenere, ma resta ancora sul macigno un'impronta nera che ancora, dopo tanti secoli, non è scomparsa.
 Molti ebbero simili ossessioni. Sant'Agostino si dice che vivesse gli ultimi anni in cantina, terrorizzato dai fulmini; Eschilo viveva in una grotta per il timore del crollo della casa.
Questo aspetto della leggenda di Tiberio nasce forse da un fatto che riferisce Svetonio (Tiberii vita LXIX): "Quanto a cose di religione era molto incurante, dedito qual' era all'astrologia e convinto che tutto fosse mosso dal fato. Aveva però un'eccessiva paura dei tuoni e, quando il cielo era scuro, non rinunciò mai a portare la corona d'alloro, poiché si dice che questa pianta non sia mai colpita dalla folgore."
Un tipo che se l'avesse potuto avere in analisi, Freud sarebbe andato a nozze.
       
    Carlo Lapucci - Il Sole 24ORE del 9/7/2001